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Autore: Fanny Jumping Sparrow    10/09/2012    9 recensioni
" È successo diverse lune fa, ma lo ricordo ancora assai bene …"
"Odio lui, che è la malvagità fatta persona, e me stessa, che non l’ho capito subito e gli ho permesso di entrare a sconvolgere la mia vita."

La burrascosa storia di Jack e Angelica dal loro primo incontro al loro addio, secondo il mio punto di vista e attraverso i testi di alcune canzoni che serviranno, come una sorta di voce fuori campo, a tentare di rendere i pensieri contraddittori o nascosti dei personaggi. Farò riferimento anche a dettagli noti solo attraverso i commenti degli sceneggiatori e ad alcune scene eliminate.
Questa è anche e soprattutto la storia di un singolare triangolo amoroso formato da un capitano pirata, affascinante, inaffidabile e restio ai legami, da una donna sedotta, abbandonata e vendicativa, e da una nave contesa, ambita e inafferrabile.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angelica, Jack Sparrow
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Always have, always will.'
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Salve mia adorata ciurma di lettori! Capitan Fannysparrow è lieta di presentarvi il capitolo conclusivo di questa long-song fic introspettiva e sentimentale sulla coppia Jack & Angelica!
È stato un progetto che mi ha impegnata ed appassionata molto, tant’è che ci ho messo quasi un annetto a concluderla, tralasciando altri racconti pur di renderla quanto più curata possibile nello stile e nei dettagli, documentandomi e lavorando un po’di psicanalisi.^^
Non so se sia riuscita sempre a cogliere i reali pensieri e sentimenti di questi due personaggi eccentrici, ma sicuramente mi sono divertita a scriverla e il sostegno di chi in questi mesi mi ha seguita, letta e recensita, o ha inserito questa mia ff tra preferite e ricordate, è stato un importante stimolo per continuarla, anche e specialmente nei momenti di blocco.
Credo che dei ringraziamenti siano d’obbligo. Non volendo fare disparità devo comunque citare innanzitutto 3 persone:
- stelly sisley che ritrovo a seguire con lo stesso affetto e la stessa costanza praticamente ogni mia produzione sui Pirati.
- Kengha, che io continuerò a chiamare Dolly, la quale mi ha aiutata in alcuni capitoli fornendomi consigli e informazioni, oltre ad avermi affibbiato l’attributo di “somma” che mi riempie di imbarazzo e gioia;
- LordBeckett con cui spero di poter presto riallacciare i contatti, che da grande esperto dei pirati con le sue recensioni attente, dettagliate e sempre colme di gentilissime parole, mi ha dato conferma di aver centrato l’obiettivo con le mie a volte contorte versioni e speculazioni sui personaggi.
La mia riconoscenza va ugualmente a Fauna96 e alla sua presenza puntuale, discreta e precisa, e a 22volteME che si è aggiunta più tardi alla schiera di lettori ma con i suoi commenti (e indirettamente con le sue storie) mi ha spesso dato modo di riflettere sulla mia modalità di scrivere, leggere gli animi dei protagonisti e articolare la struttura della song-fic.
Un grazie di cuore anche a chi, pur arrivando alla fine, mi ha espresso il suo apprezzamento per come ho trattato la narrazione dei fatti e la resa di questi due complessi personaggi:_Vivienne e Ladeppins.

Riguardo questo finale, premetto che non ho voluto sbilanciarmi troppo rispetto a ciò che ci è stato mostrato nel film. Ho aggiunto solo un flashback che avevo pensato da tempo e che sarebbe dovuto andare nel capitolo scorso, e un paio di scene e battute da me ideate per compensare dei vuoti di sceneggiatura, che spero apprezzerete.
La narrazione è ancora una volta doppia, mentre la canzone adottata è "Makes me wonder" dei Maroon 5.
Non vi trattengo ulteriormente dalla lettura, che sarà più lunga delle altre volte dato che non ho saputo accorciare più di tanto, se avete osservazioni o richieste di chiarimento basterà scrivermele nei vostri commenti, e vi risponderò, come sempre!

Mi auguro davvero di non deludere le vostre aspettative, e attendo curiosa i vostri pareri.

Al prossimo approdo!)



XVI: MAKES ME WONDER


- È stata la notte di passione più lunga della mia vita – le avevo mormorato ansante all’orecchio, distaccandomi appena dal suo collo profumato di pioggia e liscio come seta - … ed anche la più bella. – avevo giurato con un sorriso ruffiano e fallace, stendendomi al suo fianco senza smettere di scorrere le dita sulla sua pelle accaldata.
- Sì, incluso para mí – mi aveva confessato avvicinandosi per rubarmi un altro rapido ma intenso bacio, accarezzandomi il pizzetto.
- Migliore perfino della prima?! – avevo sbottato meravigliato, sollevandomi un po’ dal cuscino e sbattendo involontariamente la nuca sulla spalliera, tornando disteso.
Angelica si era lasciata sfuggire una risatina e, passando amorevolmente le mani sull’incipiente bernoccolo, mi aveva lisciato con un’ultima occhiata languida, invitandomi ad appoggiarmi sul suo seno e poi aveva ciarlato in un misto di inglese e spagnolo, come faceva sempre quando non riusciva a controllare l’irruente tempra latina: - La primera vez è stata la más emozionante. Pero esta vez ho pensato solo alla mia felicidad. E alla tua.

Le ultime sillabe le erano uscite in un bisbiglio appena accennato, forse se ne era vergognata lei stessa, e in seguito aveva taciuto. Aveva indiscutibilmente straparlato; colpa del rum e delle troppe emozioni forti della serata, che era iniziata con una fuga rocambolesca sotto un acquazzone da una taverna dove erano capitati due tizi che non avevano buona memoria di me.

Felicità. È una cosa che sembra facile da capire, ma non è facile da acciuffare.
Felicità non è certo una donna; una donna è solo un piacevole diversivo, o più spesso uno scocciante incidente.
Felicità è navigare in mare aperto, ritrovare per caso una bottiglia di rum quando pensavi fossero finite tutte, fregare clamorosamente chi ti vorrebbe morto.

Avvertendo il suo respiro divenire più lento, mi scostai tornando a distendermi supino nella stretta metà del letto, con lo sguardo fisso al soffitto, dove tremolante si scuoteva l’ultimo barlume prodotto dall’unica candela sistemata su una cassa.
Felicità.
C’era mai stato qualcuno che avesse pensato alla mia? Spesso non ci avevo pensato nemmeno io. Vivevo alla giornata, dopotutto.
Perché stava cominciando a volersene occupare proprio lei?
Non chiusi occhio tutta la notte.


Mi sveglio con gli occhi iniettati di sangue

sforzandomi di ricordare
come mi sentivo fra le tue cosce.


Chissà se, dietro al sarcasmo e all’acredine con cui seguita puntualmente ad apostrofarmi, è rimasta qualche traccia della fanciulla che, ebbra di una inopportuna infatuazione, mi prometteva il suo bene disinteressato …

L’odore intenso di erba umida e terra mi ridesta da tali lontani ricordi nel bel mezzo di una giungla che pullula di molesti insetti e ciangottanti uccelli. Le foglie larghe di una palma mi riparano dal sole ormai alto.
Sono appoggiato a quest’albero già da un bel pezzo per riprendermi dall’allegra sgambettata mattutina in una radura vicina a caccia di maiali selvatici, in cui ho coinvolto anche il buon vecchio Gibbs.
In realtà avrebbe dovuto occuparsi lui di tutto quanto. Disgraziatamente è diventato troppo pesante e stagionato per certe mansioni che richiedono agilità, forza, arguzia. Così sono stato costretto ad aiutarlo, e mannaggia se correva la bestia! Sparargli sarebbe stato un gioco da ragazzi, mi serve vivo, però. Anche se a Joshamee non ho spiegato il perché.
Mi diverte troppo osservare il tripudio di smorfie che gli sgualciscono la faccia rubiconda. Gli ho affidato il guinzaglio del setoloso quadrupede pregandolo di trattenerlo fino alla mia indicazione, senza illustrargli l’ingegnoso piano che ha richiesto la sua collaborazione.

È così bello essere cattivi.

Nel silenzio punteggiato di esotici versi di ignote creature e di borbottii irritati del mio primo ufficiale, il fruscio dei loro passi e l’eco delle loro chiacchiere si coglie immediatamente per un udito fino quale il mio, allenato a distinguere latenti minacce.
Angelica, potendo permettersi di fare la gradassa con l’ausilio della mia bussola, è a capo della combriccola. Pochi metri ci separano, l’ho intravista tra il fogliame: - Com’è che non riusciamo a vederci senza che me punti contro qualcosa? – commenta ironicamente la spada che le ho sguainato contro sbarrandole la strada.
La trovo inconcertabilmente di buon umore. Devo preoccuparmi? Probabilmente sì. Per adesso tuttavia devo concentrarmi per giostrare al meglio i miei assi nella manica.
Finora questa contorta vicenda mi ha visto agire solo come uno sfruttato comprimario. Facile dettare condizioni quando si ha il coltello dalla parte del manico come il Signor Nera, ma in quanto a provarci disarmati ci vuole una certa dimestichezza e un’ammirevole sfacciataggine; qualità delle quali grazie al cielo non difetto.
Mi accingo dunque a trattare con il burbero Barbanera, tenendolo in scacco con la minaccia di regalare al suino indigeno i calici di Ponce de Leon che ho così audacemente recuperato, come promesso: - Ora, prima di consegnarvi il dovuto, avrei una o due condizioni.
Capitan Teach ha evidentemente fretta ma accondiscende per timore di perdere il mio indispensabile apporto: - Sentiamo.
Ora o mai più: devo approfittare della sua ruvida disponibilità per tutelare i miei discreti tornaconti.
- Prima cosa: ridatemi la mia bussola. No, no, no. È la seconda – mi correggo precipitosamente – Prima cosa: parola vostra che non farete del male ad Angelica – gli impongo; non perché se lo meriti, ma non voglio ritrovarmela sulla coscienza fra qualche anno pensando che avrei potuto evitarlo. Con Hector di mezzo già si profila uno scontro cruento, e intendo lasciargli campo libero per la sua furente e giustificata vendetta. Né io né lei dovremmo rientrarci.
Lei mi scruta perplessa, mentre noto una leggera offesa sul truce volto del Capitano: - Non giuro a quelli del tuo stampo, Sparrow – mi incenerisce sdegnato – Ma non mi costa niente dover ammettere che non è mai stata davvero in pericolo – assevera ipocritamente stringendole una spalla, un gesto all’apparenza premuroso e innocuo che tuttavia mi comunica chiaramente di non intromettermi più tra di loro, come ho già ardito fare.
È diventata una delle sue bambole. L’ha plagiata a dovere con il suo nero carisma, lei si fida e gli si affida. Come è possibile non si accorga quanto menta sui suoi sentimenti? Non vede o non vuole vedere chi ha accanto. Forse perché sono della stessa pasta.
È intrappolata in una ragnatela di menzogne che ha avviluppato anche me.
Io l’ho avvertita con la necessaria schiettezza sull’insanabile malvagità di quell’uomo.
Ma lei non usa la testa, è umorale, permalosa, cocciuta: femmina. Completamente vacillante circa i suoi propositi.


Non vale le conseguenze dopo quello,
dopo quello cercare di riportarti indietro.


- Secondo, che prima era primo: dovete ridarmi la mia bussola. Per favore, me la merito – li sollecito, lasciando prevalere per un attimo la vena egoistica.
Sarei stato tentato di regalarla ad Angelica quella scatoletta magica, per vedere se riuscirebbe a trovare finalmente una direzione.
I calici sono ciò che gli preme avere, così me la restituisce. C’è un’ultima cosa da sistemare perché il mio piano proceda: risparmiare mastro Gibbs. Sciorino un discorso talmente elaborato da costringere il Capitano alla resa. Richiesta accordata, a lui affido la bussola con un messaggio in codice, augurandomi che lo afferri: - Ti guiderà verso la libertà.

Con il cuore già sognante sul ponte della Perla Nera, inizio a tentare di scoprire l’ingresso per la bramata fonte.
Questa ricerca non mi attizza più quanto avevo immaginato. Forse perché mi sto convincendo che sia un’altra la sfida che sto affrontando in questi giorni: beffare il grande e temuto Barbanera …
E non solo.
Dacché ho intrapreso questo viaggio più che ad assaggiare quell’acqua mi sono prodigato a difendere Angelica dalla sua ingenua incoscienza.
Ho sempre nutrito un interesse esclusivamente pragmatico per gli altri.
Un pirata d’altronde non può affezionarsi a qualcuno, perché deve sempre essere pronto ad andare via, a tradire. Noi siamo, liberi, mobili e incostanti come il mare che ci da la vita.
Di lei però mi sento responsabile, ed è una sensazione che non mi capita spesso di provare.
Ci siamo conosciuti in labili circostanze, ci siamo persi senza pentircene, ci siamo ritrovati quando cercavamo tutt’altro che noi. Ma in fondo le nostre aspirazioni non sono poi tanto diverse.
Tempo e redenzione. Due motivi che senz’altro si intrecciano: disperi di lambire la seconda se ti sta sfuggendo il primo. Lei vuole entrambe le cose per il suo adorato papà; quanto a me, se non potrò avere altri anni mi accontenterò di dare un colpetto di spugna alla mia sporca coscienza, che andrebbe strigliata con vigore per parecchie primavere prima di tornare linda.
Perché sono stato io, non volendo, a gettarla nelle fauci di quel demonio. E mi è sorto il sospetto che trascinandomi in questa impresa abbia voluto lanciarmi una tacita richiesta di soccorso.
L’ho sottratta al baratro della morte due volte ma prevedo che non sia ancora al sicuro.
La questione è: perché mi ci applico tanto?
Non è cambiata molto, nonostante quello che vorrebbe darmi a bere.
Continua a bistrattarmi, ed io ad un certo punto non sono mica un santo martire!


Io non ho ancora un motivo,
e tu non hai il tempo.
E davvero mi chiedo
se me n’è mai fregato qualcosa di te.


Mi sorprende e mi imbarazza il suo apparente interesse per la mia incolumità.
Con quale impudenza rivolge certe infide insinuazioni a mio padre? L’unico uomo che mi abbia davvero voluta con sé non pretendendo nulla.
Jack mi getta sabbia sugli occhi con queste sue inspiegabili uscite. Fino all’ultimo si sta comportando esattamente al contrario di come avrei giurato facesse. Per lo meno non ci ha fatto la vigliaccata di disperdere le sue tracce, ma so di non potermi fidare ciecamente di lui.
E sento crescere l’apprensione e la rabbia ad ipotizzare quello che potrebbe tramare. Tanto più che ci ha confermato che l’uomo senza una gamba è nei paraggi, e sospetto lui lo conosca.

Sono trascorsi interminabili minuti da quando ci siamo lasciati alle spalle la verde giungla incamminandoci nei cunicoli insidiosi di questa labirintica caverna senza aria né luce.
Gli uomini si stanno giustamente innervosendo. È da stamane che li abbiamo obbligati a marciare in mezzo all’intricata vegetazione tropicale dopo una febbrile nottata di attesa alle pozze.
Ancora non so se rilassarmi, gioire o preoccuparmi. Ad ogni svolta attendo impaziente di scorgere un segnale che richiami il possibile ingresso della fonte. Non so che aspetto possa avere, nessuno di noi lo sa, perciò siamo costretti a fare affidamento a Capitan Inaffidabile.
Lui dice di esserci stato, o quanto meno di possedere le conoscenze e il senso d’orientamento necessari ad individuarlo.
Ma mi sembra che si muova a vuoto, come un pesce fuor d’acqua.
Si infila in un’altra curva, ormai siamo arrivati al fondo: - Vicolo cieco.
Mio padre controlla a stento la collera montante: - Cieco e morto.
- Solo cieco – ci assicura Sparrow saettando però con spaesamento gli occhi alle pareti compatte, prive di segni che facciano pensare ad un’apertura, un passaggio.
Ci sentiamo tutti raggirati, e per di più, se giungesse qualcuno saremmo davvero in trappola.
Tutti i nostri occhi sono fissi speranzosamente e ansiosamente su di lui. E mi rendo conto di essere in parte anch’io responsabile di questo probabile fallimento per avere caldamente raccomandato la sua partecipazione a questa temeraria spedizione.


Dammi qualcosa in cui credere
perché io non credo più in te.


Mi decido a riscuotere dall’intontimento il nostro tentennante condottiero: - Jack comincio a pensare che tu non sappia dove vai.
- È il viaggio che conta non la destinazione – mi risponde prontamente senza scalfirsi, quindi chiede al quartiermastro di consegnargli i calici. Per un attimo credo che adesso abbia la situazione in pugno, ma mi ravvedo quando comincia a far tintinnare le coppe d’argento una contro l’altra.
Il silenzio che si crea attorno a lui è percorso da un tacito sacramentare.
Che sta facendo? Qué idiota! Mi mette in ridicolo! Mi sto spazientendo, ne ho piene le tasche di questi suoi stupidi scherzi, sempre che di scherzi si tratti ...
Devo intervenire di nuovo prima che qualcuno gli faccia schizzare fuori quel cervello bacato, anche se non li biasimerei: - Jack, hai mai, di fatto, visto con i tuoi occhi la Fonte della Giovinezza? -– lo provoco avvicinandomi tanto da potermi specchiare nel suo sguardo offuscato dai dubbi.
Mi fissa come se pendesse ipnotizzato dalle mie labbra: - Ero distratto. Com’era la domanda, scusa?
Sta tirando troppo la corda e non posso non pensare che sia tutto studiato per qualche cosa che deve avere architettato durante la nostra separazione.
Devo tenerlo d’occhio. Dovrei evitare di credergli, devo provare a fidarmi.

Mi chiedo se provarci farebbe la differenza.

Su ordine di mio padre il quartiermastro gli spara un colpo, lui si ripara con gli stessi calici tenendoci con il fiato in sospeso: se si rompessero perderemmo completamente le speranze di attuare il rituale.
Quando ecco accade qualcosa di straordinario: Jack legge le iscrizioni incise sul bordo dei boccali argentei e al solo pronunciarle avvertiamo uno scroscio d’acqua invadere tutta la caverna. È ovunque attorno a noi, scorre sotto i nostri piedi e riempie il tetto sulle nostre teste, senza scolarci addosso. Un fenomeno che va oltre il razionale.
Jack mi lancia una fugace occhiatina superba e dispettosa, poi si fa sorreggere da Scrum in modo da poter raggiungere il soffitto in cui si è formato uno specchio liquido attraverso cui abbiamo con meraviglia visto sparire un uccello. Jack vi svanisce ugualmente, come risucchiato.
A turno io, mio padre e gli altri della ciurma decidiamo di seguirlo.
L’emozione mi mozza il respiro in gola, subito dopo i polmoni mi si gonfiano assaporando l’aria mite e pulita di questo piccolo paradiso di natura selvaggia e incontaminata. Avanziamo cauti ammirando un paesaggio che pochi altri uomini nella istoria hanno avuto occasione di contemplare e calpestando un suolo che forse pochissimi altri piedi percorreranno.
È un luogo che traspira antichità e magia, dove il tempo sembra essersi fermato.
Fra una leggera nebbiolina creata dall’umidità  finalmente scorgiamo il nostro tesoro.
La mia felicità sfuma in un soffio: ho avvistato delle sagome avanzare verso di noi, come fantasmi portatori di sciagure. Davanti a tutti si distingue lui: - Padre!
- L’uomo senza una gamba – mormora consapevole Capitan Teach, senza aver bisogno nemmeno di voltarsi.
La mia voce tremula e angosciata l’ha adeguatamente edotto. Io invece cerco immediatamente il volto del responsabile: - L’hai portato qui – riconosco affranta e delusa.
È come se uno stiletto mi fosse stato conficcato nel petto a pochi centimetri dal cuore.
- Lo farei mai? – si discolpa con assoluta insolenza.
Mi ero quasi ricreduta sul suo conto.
Diablo de uno Sparrow! Vorrei avere la fuerza de strozzarte non una, ma cento volte! Non lo sopporto più. Sono stanca delle sue bugie. Gliela farò pagare cara, stavolta.

Capitan Teach sta affrontando con coraggio un duello con il feroce emissario del fato; io mi occuperò del suo insospettabile complice. Seguo le sue mosse come una leonessa che attende di scagliarsi sulla sua preda; ha raggirato il povero Scrum, ora dovrà affrontare me.
È inutile che tenta di fare il furbo.
- No, Jack, te l’ho detto. Mi servono anni e adesso prenderò i tuoi – è una vana minaccia la mia.
Per riuscirci dovrei costringerlo a bere dell’acqua, cosa che non gli ho mai visto fare.
È sufficiente che mi distragga con questa sciocca considerazione che lui si riprende la lacrima e i calici, fregando Scrum e me. Poi lancia la sacca vicino alla sorgente e ci precipitiamo tutti e due a recuperarla.
All’improvviso gli scontri si interrompono. Altra gente ci ha raggiunti, sono soldati e dal loro accento riconosco che sono spagnoli. Siamo circondati, perciò Jack vigliaccamente mi appioppa i calici che aveva preso prima di me ed io li afferro, convinta di poterli nascondere e difendere.
Il capitano dell’armata li ha adocchiati e mi viene incontro con espressione austera chiedendomi di consegnarglieli. Li stringo, non mi arrendo: dovranno strapparmeli con la forza!
Nessuno si intromette e me li sottraggono con facilità.
- Solo Dio può dare la vita eterna, non quest’acqua pagana! – sentenzia lo spagnolo schiacciando i calici sotto gli stivali e buttandoli nelle profondità di una pozza. Con essi anche le mie ultime speranze di riscatto precipitano in un immenso baratro.

Quindi questo è un addio.

Assistiamo impotenti all’inesorabile devastazione di questo luogo leggendario.
Le loro ragioni un tempo le avrei condivise, la vita vera fuori dal convento ha rimesso in discussione le mie superstiziose convinzioni. Non esistono limiti quando si ama. Non ci sono neppure quando si odia.
E il misterioso uomo dalla gamba di legno deve essere infervorato da questo letale sentimento. Non ho neppure la prontezza di avvertire mio padre scorgendo la sua lama mortale brillare sinistramente alle sue spalle. Lo trafigge. Spietato, freddo, brutale, livido.
Mi libero della fastidiosa stretta di due soldati piombandomi a soccorrerlo, temendo però che sia troppo tardi.
Quell’uomo si è preso tutto quanto in un baleno: la sua anima, la mia, i nostri uomini e la nostra Revenge.
- No! Angelica! Ferma! È veleno! - Jack mi urla qualcosa ma la paura e la disperazione che mi attanagliano sono talmente devastanti da non consentirmi di afferrare distintamente le sue parole. Ne colgo dopo il valore.

“Dannazione, mi gira la testa.”

- Jack!

Ecco. Lo sapevo che finiva male.
Barbossa è stato davvero in gamba con Barbanera … ma se mi porta via anche lei la pagherà.
Certo che pure Angelica ha le sue colpe: si comporta da novellina! Quante volte l’ho ammonita ad impugnare la spada dall’elsa?
Questo posto sta diventando un cimitero, altro che fonte di vita eterna.
Che sfiga! Decenni di ricerche distrutti. Non c’è quasi più acqua, non ho quasi più tempo.
I calici sono spariti. Mi chiedo quanto sia profondo questo lago. C’è qualcosa che luccica, forse non è fondo che qualche metro, farei in tempo a nuotare e tornare. Ma … un attimo … Sono i calici che stanno venendo da me. Com’è possibile?

- Non sprecare la mia lacrima.

Era la sirenetta che avevano catturato.
Non ho intenzione di favorire Capitan Teach, permettendogli di tirare avanti qualche altro anno per seminare altro terrore, perché sono sicuro che se ne servirà esclusivamente per questo. Checché ne pensi la sventurata figlia quel tizio è stato plasmato dal Diavolo ed è destinato a ricongiungersi ad esso.
C’è un rivolo sottile, poche gocce, spero che basteranno. Non solo a guarirla dal veleno.
Quegli anni li avrei voluti ottenere per me. Sto contravvenendo alla mia stessa indole che dovrebbe ignorare chi resta indietro.

Adesso devo riposare
sulle decisioni che hanno fatto il mio letto
e affrontare le cose che ho lasciato non dette.



Sono allo stremo delle forze, mi avvento avidamente sul calice che Sparrow mi ha offerto e dal quale mio padre mi ha chiesto di bere. Io sono in pace. Posso andarmene serenamente da questo mondo di sofferenza.
Senza di me lui potrà salvarsi? Vorrei poter vegliare sul suo cammino.

Voglio tuffarmi dentro di te.

- Fermi tutti! Mi sa che invece era tutto il contrario.

No.
Jack mi ha ingannata ancora una volta.
Ha deciso per me. Ha condannato mio padre.
- Sei un bastardo! Come hai potuto! – gli vomito tutto il mio cocente risentimento, mentre un turbine si sta trascinando via il mio genitore, ripetendo un incubo che mi ha tormentata sin dall’infanzia.
- Tuo padre ti ha salvata. La sua anima forse ora è redenta, eh? – tenta maldestramente di consolarmi. Non potrà mai convincermi che sia giusto quello che è successo.
Mi ha uccisa insieme a lui, non sarò più la stessa. Il cuore mi si sta colmando di dolore e di livore, sento che potrebbe benissimo spaccarsi, sgretolarsi in polvere come lui.


Rimango una porzione incalcolabile di tempo ad osservarla.
Il dolore può infiammarti oppure congelarti per sempre. Lei appare una scultura di pietra, prostrata sul pavimento, sembra diventata quasi parte delle decorazioni architettoniche di questa grotta. Devo parlare.
- Hai una lunga vita davanti. Non vorrai seppellirti qui? – la rimbrotto con debole sarcasmo e inconfessata angustia.

Dimentica quello che stai passando.

Non reagisce, copre i resti frantumati del pirata più temuto dei Caraibi sfilandosi la giacca e il cappello. L’ha amato per davvero; quale spreco. Non lo meritava.
Le passo accanto con indifferenza: - Fa’ come vuoi. Io tolgo le tende. Là fuori il mondo mi aspetta – dichiaro impenitente allungando una gamba.

Io resto indietro, fa’ la tua mossa.
Dimentica la verità.

L’ho già tirata fuori dai guai decenni fa quando l’ho mollata al suo destino, ma quella, non contenta, ha usato il lanternino per cercarsi il peggio in circolazione. L’avrà compreso?
Sento frenare il mio incedere, è lei che mi si è aggrappata alla fusciacca. Guardandomi muta e cupa si alza e mi fa cenno con uno sguardo scontroso di muovermi.
Mi scanso dai suoi occhi vuoti e velati di lacrime, cercando di ritrovare il passaggio dal quale siamo arrivati. Vi pongo i piedi e dopo qualche secondo come d’incanto mi accorgo di essere stato trasportato sulla costa, in uno dei punti di approdo all’isola.

Una trovata geniale della natura per rendere irreperibile la fonte.


La Queen Anne’s Revenge è sparita.
Siamo soli. Io e lui.
Solo ora mi rendo conto di quello che ha speso, di quello che ha perso. Ci tiene a me, sebbene ha una maniera tutta sua di dimostrarmelo. Mi ha fatto soffrire, non smetterà. È nella sua indole, non voglio illudermi più.
C’è una scialuppa ormeggiata poco sotto la ripida scogliera. Come ha intenzione di agire?
Ci sottraiamo ad un contatto visivo. Jack mi nasconde il suo viso, rivolgendo lo sguardo all’orizzonte che brama di riconquistare, io gli celo il mio, rivolgendo gli occhi alla foresta dove è rimasta una parte importante di me. Ci muoviamo piano, accennando intenti che sono ignoti a noi stessi, come ragazzini impacciati e timorosi di esporsi a qualcosa di nuovo che inizia a turbarli, benché non sappiano bene cosa sia.
Noi forse lo sappiamo, l’abbiamo provato, apprendendone le molteplici e segrete armi che ci hanno lasciato segni indelebili.
D’un tratto le sue braccia mi avvolgono; non c’è prepotenza né dolcezza in questo abbraccio.
È solo conforto, è solo bisogno. Le mie membra non rispondono.
È troppo presto per dimenticare, ma la sua presa, salda e indolente, con mio dispetto sta accendendo un piccolo fuoco che le sue labbra tra i miei capelli alimentano.
 - Mi dispiace – mi sussurra accalorato e dolente, intrecciando le dita alle mie e portandomi le braccia dietro la schiena – Non posso lasciarti andare, tesoro – sostiene con un guizzo di cattiveria.
E solo ora mi accorgo che sta allacciandomi i polsi: - Toglimi le tue sporche mani di dosso! Assassino! Traidor! Perro! – mi metto a strillare divincolandomi, così favorendolo perché il nodo diventa più stretto. Mi tiene sotto tiro con la sua pistola, obbligandomi a salire sulla scialuppa.
Gli obbedisco: tanto questi lacci non mi tratterranno.
Non dovevo voltargli le spalle! È sempre subdolamente pericoloso! Come ho potuto sottovalutarlo?
Ci sono cascata proprio come la stupida novizia che gli ha aperto la porta della sua stanza a Siviglia. È entrato di nuovo, approfittando meschinamente della mia persistente debolezza. Credevo di conoscerlo, forse invece non l’ho mai capito cosa voglia.
Ed in quanto a me?


Io non ho ancora un motivo,
e tu non hai il tempo.
E davvero mi chiedo
se me n’è mai fregato qualcosa di te.



Melodrammatica! Sta sbandierando i pretesti più scriteriati per indurmi a non lasciarla su questo accogliente sputo di terra.
Lo faccio per lei, prima ancora che per me. L’ingrata deve imparare dai suoi sbagli. Se è sopravvissuta sulla nave di Barbanera scamperà egregiamente a qualche giorno di solitudine e digiuno meditativo. Non potrà che risultarle benefico.
Non voglio più sentire un’altra delle sue improbabili frottole. Avverto i suoi passi concitati sulla sabbia: - Fermo! – insiste a trattenermi, tirandomi bruscamente per un braccio; la ascolto annoiato e pronto a confutarla.
- Fermo, c'è una cosa che devi sapere. È da tanto tempo che te la voglio dire, dal primo momento che ci siamo visti...
Adesso sembra quasi dolce e sincera. Quanto è brava!
- Coraggio – la sostengo curioso e accomodante, temo si stia giocando l’ultima carta, ormai.
Il suo volto incantevole mi abbaglia, risplendendo di adorazione: - Ti amo.
Tutto qui? Una dichiarazione scontata.
È proprio disperata. Sapesse quante donne mi hanno sospirato questa laconica frase in frangenti che non implicavamo il timore di essere abbandonate su un’isola deserta.
Non mi tange. Non può bastarmi, non dopo le ingiurie con cui mi ha diffamato, non dopo il sacrificio che ho compiuto e quello che è accaduto alla Perla.


E tu mi hai detto quel che provi
ma io non credo più sia vero.


Voglio godermi questo momento. Si merita una risposta altrettanto incresciosa.
Ricambio le sue iridi languide vagando con le mie pupille sul suo sorriso, mentre le poso delicatamente le mani sotto il mento: - Anch’io ti amo. Sempre amata, sempre ti amerò – affermo con misurata enfasi da sentimentale, socchiudendo le palpebre all’unisono con le sue, ma un millimetro prima di riassaporare le sue labbra prudentemente mi sottraggo – E ti saluto!


Mi chiedo se farebbe la differenza piangere.
Allora questo è un addio.



Se ne sta andando! In che altro modo avrei dovuto convincerlo? Che altro voleva sentirsi dire?
Ho cercato di aggrapparmi a lui. Non si fida più di me.
Magari se si ferisse un braccio, non potrebbe remare … Cerco la pistola che mi ha lasciato e gli sparo contro, prima che sia troppo lontano.
- Mancato! – esclama beffardo.
Sono stata impulsiva. E adesso?
Questo gusto amaro che mi impasta la bocca lo conosco bene: è la sconfitta.

Ci sono stata prima
un giorno a settimana
e non farà più male.

Sono sconfitta e sono viva. Avrei preferito vincere e morire. Perderme e non perdere lui.
Dopotutto Jack aveva ragione di odiare entrambi, però ha voluto salvare me.
Mi detesta così cordialmente da avermi condannata a vivere senza di lui.
E mi adora così insopportabilmente da avermi dispensato la sua rara bontà.

Mi hai intrappolata in una bugia
non ho alibi.

Il suo orgoglio suppongo di averlo sfregiato, con quello cui l’ho costretto.
Gli ci vorrà del tempo per riprendersi.


Le parole che dici non hanno senso perché ...
Io non ho ancora un motivo,
e tu non hai il tempo.
E davvero mi chiedo
se me n’è mai fregato qualcosa di te.



I suoi strepiti mi arrivano confusi e lontani, la sua figura quasi non si distingue più, non seguiterà ad assillarmi.
Continuo a remare, verso la mia salvezza e il mio unico amore. Agogno riammirarla.
L’ho scampata per un pelo, anche stavolta. Non è andata a mio favore, ma sono vivo.
Sono solo; lo sono sempre stato in realtà. Non crederò mai che un giorno potrebbe andare diversamente.
E poi io e Angelica non abbiamo proprio nulla in comune, se si esclude la propensione a calamitare fregature. Se restassimo insieme questo circolo vizioso si rafforzerebbe.
Lei e la Fonte della Giovinezza sono un capitolo chiuso.

Allora questo è un addio.

Il mio ricongiungimento con la Perla Nera resta un’annosa ambizione.
Un amore impossibile il nostro, troppo contrastato, perennemente ardente.
Confido ancora che la nostra storia abbia un lieto fine. E se non riuscissi a liberarla da questa ignobile prigione di vetro, la porterei con me fino alla tomba in ogni caso.

- Jack! … E quella ragazza?

Gibbs, Gibbs … Sempre a girare inconsapevolmente il coltello nella piaga.
- È al sicuro. L’ho lasciata su un’isoletta disabitata dove non potrà arrecar danno a nessuno, spero – lo informo indispettito, affrettando l’andatura.
Un cozzare di bottiglie mi si appressa: - Scusami tanto, ma non dovevi salvarla?
Quant’è puntiglioso! Lo squadro di sbieco: - L’ho salvata, infatti – gli confermo esasperato, aggiungendo fugace – Da suo padre, Barbanera.
Joshamee apre e chiude la bocca ad una cotale rivelazione: -  … La donna di Siviglia era la figlia di Barbanera?
Annuisco rassegnato: - Eh, sì.
- Pensa un po’ – ribatte di contro stupito il mio compare.
Tesori inventati, gravidanze senza concepimento … Con tutte le fandonie che mi ha rifilato non l’ho mica capito se alfine quella parentela fosse autentica.
- Questo spiega la sua innata inclinazione per il crimine – gli spiego con ovvietà.
Perciò l’ho ripudiata.

Dammi qualcosa in cui credere
perché io non credo più in te.
Mi chiedo se provarci farebbe la differenza.

- Non per essere indiscreto, Jack …

Persevera! Lo è, eccome!

- Non pensi che adesso quella donna sia ancora più maldisposta nei tuoi riguardi?

Ha rinnegato l’orgoglio, si è pure prostrata a manifestarmi i suoi sentimenti.
E io sono fuggito.

E tu mi hai detto quel che provi,
ma io non credo più sia vero …

Scuoto la testa con decisione: - Avrà molto tempo per riflettere e capirà che ho agito per il suo bene, in buona fede. E mi perdonerà – asserisco tranquillamente.
- Se lo dici tu … - gorgoglia dubbioso Gibbs, scaricando il pesante fagotto sulla sabbia per riposare la schiena.
Mi metto davanti a lui con le mani sui fianchi: - Avverto una vaga derisione nel tuo tono, Joshamee – lo rimprovero incavolato.



Un macigno mi opprime il petto.
Rabbia, rimpianto, rimorso, tristezza, mi infestano il corpo, non trovano sfogo.

Mi chiedo se farebbe la differenza piangere.

Il sole sta tramontando, dovrei organizzarmi per la notte, accendere un falò.
Non so quanto sono rimasta seduta qui nell’attesa di avvistare un segno che potesse ridestare il mio spirito.
Cielo e mare si fondono ma c’è qualcosa che galleggia, la risacca lo sta conducendo da me.
Mi alzo per raccoglierlo e una burrasca mi scuote le budella.
Questa è opera di mio padre.
Funzionerà ancora? Bastano due dita, tentare non nuoce … me.

La nostra contesa è riaperta, Jack Sparrow.

Allora questo è un arrivederci.


- Stai bene? – Gibbs si premura di domandarmi strabuzzando.
Mi è fuoriuscito un rauco rantolo e mi sono piegato in due.
Diamine, non può essere! L’ho percepita. Il tocco malefico di Angelica, il suo femmineo profumo.

Allora questo è un arrivederci.

È soltanto suggestione.




I wake up with blood-shot eyes,
struggled to memorize
the way it felt between your thighs,
pleasure that made you cry.
Feels so good to be bad,
not worth the aftermath, after that
after that
try to get you back
I still don't have the reason
and you don't have the time
and it really makes me wonder
if I ever gave a fuck about you
Give me something to believe in
cause I don't believe in you anymore
anymore
I wonder if it even makes a difference to try
(Yeah)
So this is goodbye
God damn my spinning head
decisions that made my bed
now I must lay in it
and deal with things I left unsaid
I want to dive into you
forget what you're going through
I get behind, make your move
forget about the truth
I still don't have the reason
and you don't have the time
and it really makes me wonder
if I ever gave a fuck about you
Give me something to believe in
cause I don't believe in you anymore
anymore
I wonder if it even makes a difference,
it even makes a difference to try
and you told me how you're feeling
but I don't believe it's true anymore
anymore.
I wonder if it even makes a difference to cry
(Oh no)
So this is goodbye
I've been here before
one day I'll wake up
and it won't hurt anymore
you caught me in a lie
I have no alibi
the words you say don't have a meaning.
Cause
I still don't have the reason
and you don't have the time
and it really makes me wonder
if I ever gave a fuck about you
and I...and so this is goodbye
Give me something to believe in
cause I don't believe in you anymore
anymore
I wonder if it even makes a difference,
it even makes a difference to try
and you told me how you're feeling
but I don't believe it's true anymore
anymore
I wonder if it even makes a difference to cry
(Oh no)
So this is goodbye.
So this is goodbye, yeah.
So this is goodbye.
So this is goodbye.
   
 
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