Ringrazio tutti per la
calorosa accoglienza che ha avuto il prologo, in meno di un paio di ore
dalla pubblicazione c'erano già un sacco di visualizzazioni
e commenti... e grazie per la fiducia a tutti quelli che hanno
subito messo la storia tra i preferiti, i seguiti o le storie da
ricordare, anche solo leggendo la breve introduzione :P
Ne approfitto per
ringraziare anche quelli che hanno letto (e continuano a leggere) la
precedente fanfiction dopo che l'avevo conclusa e che mi hanno fatto
sapere che gli era piaciuta, dandomi ancora più voglia di
scrivere questo seguito.
Grazie di cuore! *___*
*******
Capitolo primo
Two months ago - part one
Panico.
Jane Foster sente l'ansia serrarle la gola, come se qualcuno stesse
cercando di strangolarla. Tra un attacco di tachicardia e l'altro,
riesce persino a farsi prendere dall'euforia, ma il panico rimane la
sensazione predominante.
Fissa per l'ennesima volta le foto stampate su fogli in formato A4
delle immagini rilevate dal telescopio elettronico. Si è
consumata gli occhi a forza di guardarle.
Il dipartimento di astrofisica per il quale lavora – il
fighissimo
dipartimento di astrofisica che l'ha assunta all'improvviso, senza una
ragione precisa ma con sua somma gioia – è vuoto a
quell'ora, tutte le luci sono spente, eccetto quelle del suo studio.
La giovane scienziata si spinge sui talloni, facendo scorrere le
rotelline della sedia da ufficio fino alla soglia della porta e lancia
uno sguardo lungo il corridoio: è deserto e silenzioso, con
solo le luci di emergenza verdi accese sopra le porte antipanico. Lo
scenario perfetto per un thriller in cui un pazzo psicopatico spunta
dal nulla e fa a pezzi la giovane sprovveduta.
Il portapenne di alluminio, pericolosamente in bilico nell'angolo della
scrivania, cade sul pavimento con un fracasso impensabile per un
oggetto tanto piccolo. Il rumore improvviso la fa quasi cadere dalla
sedia e Jane si ritrova a boccheggiare, facendosi aria con le mani e
tentando di riprendersi dallo spavento.
Sì, c'è decisamente qualcosa di strano nell'aria
e lei non può essersi sbagliata, sa bene cosa ha visto in
quelle immagini che ora sono sparpagliate sulla sua scrivania come i
pezzi di un puzzle, lo sa perché è qualcosa che
ha già visto in passato e si sente così agitata
perché è certa che le probabilità che
uno scienziato ha di vedere più di una volta nella vita quel
fenomeno sono pressoché nulle.
Un warmhole. Come quella volta in New Mexico, come quando aveva
incontrato Thor per la prima volta – e Darcy lo aveva steso
con il taser, e Eric aveva passato giorni a ripeterle che era una
pessima idea. E lei ci era caduta dentro mani e piedi. E, in mezzo a
tutto ciò, era arrivato lo S.H.I.E.L.D. e le aveva portato
via il lavoro di una vita.
Succederà anche stavolta, Jane lo sa, se lo sente dentro le
ossa. Forse è per questo che è così
agitata, tra l'euforia della scoperta e il panico per tutte le
implicazioni, scientifiche e non, che la cosa potrebbe avere. Anche
perché la domanda fondamentale rimane: se la volta
precedente si è formato un ponte di Einstein-Rosen in
seguito a una tempesta magnetica ed è piovuto giù
Thor in tutto il suo divino e buffo splendore, adesso cosa è
arrivato dallo spazio? Le immagini non danno alcuna risposta in merito.
Dopo attenta e acuta riflessione, la dottoressa Foster prende una
decisione solenne. Più che altro, è l'unica cosa
da fare, dato che non ha alternative.
La ricerca del cellulare si rivela un'impresa ardua, in mezzo al caos
che regna nel suo studio – non lo fa di proposito, ma non ha
mai tempo per sistemare tutta quella roba che si va accumulando in giro
su ogni superficie orizzontale disponibile. Alla fine lo trova dentro
la scatola di biscotti con i quali è solita fare merenda
–
come
diavolo ci è finito lì? -
e cerca il numero nella rubrica.
Si mordicchia nervosamente il labbro, ascoltando gli squilli a vuoto
nel telefono. Alla fine, dall'altro lato, le rispondono.
«Eric!» esclama subito.
«Jane, che bello sentirti. Come stai?» dice il
dottor Selvig, sinceramente contento.
A quel punto Jane comincia a parlare a raffica.
«Prossima all'infarto. Io ho trovato delle cose, Eric e non
so cosa fare... insomma, tu lavori per lo S.H.I.E.L.D. adesso, a
qualcosa di molto bello, molto grosso e molto segreto, e wow!
Però io ho bisogno che qualcuno di competente mi aiuti in
questa cosa, senza che saltino fuori tizi in giacca e cravatta a
saccheggiarmi lo studio. Potrei fare una strage se succedesse ancora,
sai?».
La ragazza si scopre ad ansimare agitata nella cornetta, il viso
contratto in un'espressione ansiosa.
«Che vuol dire che hai trovato qualcosa?» chiede lo
scienziato in tono paziente.
«Ricordi la tempesta magnetica in New Mexico e tutto quello
che ne seguì?»
«Come potrei scordarlo?»
«Ecco, è successo di nuovo. Ma stavolta non so
cosa sia piovuto dallo spazio».
Eric Selvig resta muto, tanto che lei per un attimo crede che sia
caduta la linea. È più che certa che
lui abbia deglutito nervosamente dall'altro capo del telefono, ha la
netta sensazione che il suo vecchio mentore stia sudando freddo, anche
se non può vederlo. E ha anche come l'impressione che lui
ora le darà qualche consiglio molto paterno e molto poco
gradevole.
«L'ultima volta che ho visto aprirsi un passaggio
interspaziale è spuntato fuori Loki, il fratello di Thor. E
non era uno che andava molto per il sottile» afferma l'uomo,
in un tono che è diventato improvvisamente freddo e serioso,
forse persino spaventato.
Il fratello di Thor?
Si chiede Jane.
Quel
fratello? Cioè, quello che aveva cercato di ucciderlo
inviando sulla Terra un enorme robot automatizzato che sputava fuoco?
Jane a quel punto si domanda anche se il famigerato fratello di Thor
non abbia qualcosa a che fare con quello che è successo a
New York qualche mese prima. Ma non è importante, o forse
sì, visto il tono di Eric, solo che non è
qualcosa di cui lei deve preoccuparsi nel suo futuro prossimo.
«Eric...»
«Quello che sto cercando di dirti, Jane, è che da
questi fenomeni possono venire fuori cose serie, molto serie e che
dovresti venire qui allo S.H.I.E.L.D.» asserisce lo
scienziato, ritrovando il suo tono pacato e paterno.
«Io non voglio che lo S.H.I.E.L.D. si appropri delle mie
ricerche!» protesta lei.
Il sospiro del dottor Selvig fruscia basso nella cornetta.
«No, Jane, ma puoi venire qui e continuare il tuo lavoro
insieme a loro o lasciare che lo S.H.I.E.L.D. ti porti via tutto e
faccia a modo suo».
*
Il viaggio in aereo le è sembrato lungo
un'eternità.
Ci sono cose che Nadia ha preferito non dire, alle quali preferisce non
pensare, ma quando ha guardato dal finestrino e ha visto sotto di
sé solo il nulla delle nuvole sopra l'Oceano ha sentito un
senso doloroso di perdita, c'è qualcosa che si è
spezzato dentro di lei e adesso una parte della sua anima è
ridotta a un moncherino sanguinante, privo di un pezzo. Dopo tanto
tempo passato a sognare di andare via da casa, non credeva che lasciare
la sua città e la sua famiglia le avrebbe fatto
così male.
Non è che così che voleva che andassero le cose.
L'aereo privato atterra sul nastro di asfalto di una pista che sembra
incastrata in una cornice di palazzi le cui sagome svettano immobili
contro il cielo.
L'America è il luogo dove ristagnano i sogni del mondo, dove
l'immaginario di tutte le persone colloca avventure ed eroi, ma Nadia
adesso sente solo la realtà dura e incolore del cemento che
copre l'orizzonte.
La ragazza saluta Steve e Natasha, chiedendosi se e quando
rivedrà gli altri della squadra. Le hanno spiegato che Clint
è via in missione e che Bruce... beh, il traffico cittadino
può essere una cosa molto stressante.
Alla fine, Nadia si ritrova sul sedile posteriore di una Rolls Royce,
in mezzo a Tony e Pepper.
Tony solleva il coperchio di un vano dal quale comincia a uscire subito
il fumo del ghiaccio secco. Dal vano spuntano tre bicchieri di martini,
con tanto di oliva.
«Un brindisi di benvenuto, Colombina».
Quando il primo sorso di liquore le arriva nello stomaco, Nadia lo
sente bruciare e accoglie con piacere la sensazione di leggerezza una
volta finito il drink.
New York scorre oltre i finestrini oscurati della vettura, quel
paesaggio strabiliante ed estraneo sfila davanti ai suoi occhi e lei
è incapace di concentrarsi e coglierne i particolari,
insensibile all'effetto di straniamento che quella mastodontica
città dovrebbe produrre su una ventiseienne che ha trascorso
tutta la vita incastrata tra le calli veneziane.
Nadia cerca di fare un breve riepilogo mentale di quello che le hanno
detto durante il viaggio.
Tony le ha fatto preparare un appartamento al penultimo piano della
Stark Tower. Lei non ha idea di cosa sia, ogni volta che ci pensa le
viene in mente una costruzione simile al campanile di San Marco, con la
scritta STARK a caratteri cubitali in lettere di ottone fissata ai
mattoncini rossi.
Si stabilirà lì mentre lo S.H.I.E.L.D. si
occuperà di fare esami e indagini sulla pietra e sugli
effetti collaterali dell'energia che emette. Sembrano tutti sicuri che
troveranno qualcosa, come se si trattasse di semplici analisi cliniche
per risalire a una malattia curabile con un cucchiaio di sciroppo.
Nadia vorrebbe essere ottimista quanto lo sono loro, ma né
Tony né gli altri hanno sentito quello che ha sentito lei
quando il suo sangue è entrato in contatto con quello di
Thor, quella sera sull'isola di San Michele. Non hanno visto
cosa è
quell'energia e il modo in cui si spande attraverso il corpo, come un
veleno, come il calore bruciante di una febbre. Non hanno idea di cosa
significhi, e nemmeno lei lo capisce fino in fondo. Sa solo che
è qualcosa di estraneo, di alieno, qualcosa che le fa venire
voglia di strapparsi la pelle, di scavare con le unghie nella carne per
cercarla e tirarla via.
Si passa una mano tra i capelli, si sente infinitamente piccola e la
sensazione di essere sola con le sua sciagure sta quasi per assalirla
di nuovo quando vede la Stark Tower svettare in fondo alla strada
trafficata e allora quasi le scappa un singulto: il palazzo costruito
da Tony non poteva che essere così, una costruzione
ultramoderna ma che sembra voler avere lo stesso significato delle
antiche piramidi egizie.
«Un bel monumento alla megalomania» dice Nadia,
ridendo per la prima volta da quando è partita dal San Marco.
Tony fa una smorfia fingendo un'aria offesa e inforca un paio di
occhiali da sole.
Qualche minuto dopo sono in un'ascensore con gli interni in radica che
sale silenziosa verso la sommità dell'edificio. Le porte
lucide si aprono su un pianerottolo che ha ancora il sentore di pittura
fresca.
«Abbiamo dovuto far sistemare il soffitto,» spiega
Pepper, «rischiava di crollare in corrispondenza del solco
sul pavimento al piano di sopra, dove Hulk...». Si
interrompe, mordendosi le labbra. Non c'è tempo per il
silenzio imbarazzato perché dal nulla arriva la voce di
Jarvis.
«Signore, signorina Potts, bentornati» dice con
quel suo tono atono da robot. «Signorina Nadia, benvenuta. Ho
regolato il climatizzatore del suo appartamento in modo che ci sia una
temperatura ottimale tale da non creare sbalzi con l'esterno, e ho
messo in funzione il frigorifero e verificato che tutti gli
elettrodomestici siano perfettamente funzionanti, come pure la linea
telefonica e la connessione a internet».
La ragazza ha un attimo di smarrimento, si guarda attorno cercando un
punto in cui fissare lo sguardo per rispondere all'intelligenza
artificiale, ma non ci sono nemmeno degli altoparlanti a vista, Jarvis
sembra essere fatto di aria.
«Ehm... grazie, Jarvis. Sei stato molto gentile»
farfuglia, confusa.
«Dovere, signorina».
Ci credo che Tony
è mezzo pazzo, impazzirei anche io con un maggiordomo
invisibile...
L'appartamento che le hanno preparato è a pianta circolare,
segue il perimetro della parte più alta della torre. Oltre
la porta di ingresso c'è una grande sala con il pavimento di
marmo. A sinistra un'immensa cucina piena di cose che Nadia non
userà mai, in parte perché non le serviranno
– non ha mai ben capito l'effettiva utilità di uno
spremiagrumi elettrico – in parte perché
non saprebbe nemmeno come accenderle. Accanto alla cucina
c'è una sala da pranzo e un bagno. Dall'altro lato
c'è una camera da letto grande come uno stadio, uno studio
con una libreria enorme – e vuota – e un altro
bagno. Dalla sala principale si accede anche a una terrazza a mezzaluna
con la ringhiera di metallo lucido e pannelli di vetro satinato.
Nadia ha appena fatto il giro della sua nuova casa e già non
vede l'ora di darsela a gambe.
«È meravigliosa. Grazie, Tony» dice,
allargando il miglior sorriso che riesce a mettere su. Non sta
mentendo, la casa è davvero stupenda, solo che non fa per
lei ed è talmente grande per una persona sola che amplifica
il molesto senso di vuoto che le stringe il petto, ma tutto questo non
c'è bisogno di condividerlo con i suoi ospiti.
Tony la prende del tutto alla sprovvista, avvicinandosi a lei e
cingendole le spalle con un braccio per poi stamparle un bacio tra i
capelli.
«Tu inizia a prendere confidenza con l'ambiente, noi andiamo
di sopra a preparare la cena... ovvero ad ordinare la pizza»
le dice.
«Se hai bisogno di qualcosa, chiama. C'è un
interfono in ogni stanza» spiega Pepper.
«Fantastico!».
Inquietante...
Ce la può fare.
Lo ripete più volte, per convincersene. Ce la può
fare, può risolvere quella situazione e uscirne viva,
può gestire la nostalgia di casa, può pensare
solo alle cose positive, tipo vedere quel viaggio come una lunga
vacanza da sogno... e può anche capire come miscelare
l'acqua in bagno visto che non c'è il rubinetto.
Ora che è senza vestiti, a fissare come un pesce lesso la
cabina della doccia, comincia anche a sentire freddo. Dove dovrebbe
esserci la manopola di un rubinetto c'è solo una placca di
metallo con due linee, una blu e una rossa, segnate sulla superficie di
acciaio satinato.
«Le occorre aiuto, signorina?». La voce di Jarvis
la fa quasi ribaltare per lo spavento.
In un gesto automatico, Nadia si porta una mano all'inguine e un
braccio a coprire il seno.
«Jarvis!» strilla, irritata.
«Sì, signorina?». La voce del robot
è sempre compita e incolore.
Se trovo la tua parte
hardware la distruggo a martellate!
«Jarvis, sono senza vestiti» borbotta la ragazza.
«Sì, signorina, i miei sensori visivi lo hanno
rilevato»
«E il tuo cervello elettronico non ti suggerisce l'idea che
non è... decoroso?»
«Mi scusi, non riesco a capire cosa intende, signorina. Ad
ogni modo, se si sta chiedendo come far funzionare la doccia deve
sapere che il miscelatore dell'acqua funziona con un comando tattile:
faccia scorrere il dito sulla striscia rossa per il caldo e sulla blu
per il freddo. Spero di esserle stato d'aiuto».
Nadia scuote la testa,
«Immensamente, Jarvis. Ora potresti, tipo, non so,
sparire?» borbotta.
Jarvis non dà alcuna risposta. La ragazza si guarda
istintivamente in giro, cercando sempre un punto di provenienza per la
voce del robot, ma ancora una volta non trova niente.
Si gratta la nuca imbarazzata, chiedendosi se non è stata
scortese con il maggiordomo invisibile e se lui non si sia offeso,
prima di ricordarsi che, dopotutto, si tratta di un robot.
«Perfetto, sto impazzendo anche io!» conclude prima
di infilarsi nella cabina doccia e mettersi ad armeggiare con i comandi
tattili del miscelatore dell'acqua.
*
In quel luogo non esiste il tempo.
Non c'è alcuna luce che scandisce il passare dei giorni, non
esiste il riposo e nemmeno il silenzio, c'è solo il continuo
rumore del vento che sferza ululando le pareti della sua prigione, che
si infila nelle fessure aperte nella pietra soffiando gelo sul suo
corpo nudo.
Loki non sa da quanto tempo è giunto lì, tornato
sul pianeta dei Chitauri.
Ha trascorso quelli che dovevano essere stati i primi due o tre giorni
nella sua nuova prigione, una grotta di pietra situata in cima ad
un'altura, con l'ingresso chiuso da sbarre di metallo gelido e scuro.
Lo hanno lasciato lì, senza dire nulla, senza che nessuno si
faccia mai vedere, con la sola compagnia di quel vento continuo ed
insistente.
Gli sembra alienante, ma ha come la sensazione che dovunque vada per
lui ci sia solo dolore e prigionia, non c'è un solo angolo
dell'universo infinito che non gli sia ostile. Il principe caduto non
ha più un posto dove stare, non ha più un luogo
che gli appartenga o che possa chiamare casa. Gli era parso
un sacrificio accettabile quando tutto era cominciato, e adesso, anche
se nessun rimpianto o nessun sentimentalismo osa sfiorargli la mente,
il dio dell'inganno vede con chiarezza ciò che ha perduto e
questo non fa altro che far montare ancora più la sua
rabbia. La sensazione di perdita e il bruciore del fallimento sono la
spinta che continua a far battere il suo cuore di pietra e
ombra.
Lì, seduto con la schiena contro la parete di roccia, Loki
ha cominciato a porsi delle domande. Si è chiesto come
abbiano fatto i Chitauri a trovarlo e a raggiungerlo mentre era in una
galassia tanto lontana dalla loro; il loro capo aveva parlato di nuovi
alleati e adesso il dio si sta domandando chi siano questi alleati e
quali siano le loro risorse.
Il tempo è trascorso pesante e vuoto, immobile come acqua
stagnante.
Forse la punizione di Thanos consiste nel voler lasciare che lui muoia
di inedia.
Ha trascorso quindi i primi giorni in elucubrazioni e in ragionamenti,
facendo congetture e ipotesi e, di tanto in tanto, abbandonandosi ai
ricordi dei fatti più recenti.
Gli avvenimenti di Venezia brillano nella sua memoria come fuochi che
esplodono all'improvviso in mezzo all'oscurità. Ricorda la
frustrazione dello scoprire di non potersi impossessare della pietra di
Borr, ricorda quella rabbia che non smetteva di ribollire dentro le sue
vene e che aumentava ad ogni ora passata in compagnia di insulsi esseri
umani. Ricorda l'irritazione per le tante cose che aveva visto passare
sotto i suoi occhi – e anche sotto la sua pelle –
senza che lui fosse stato in grado di capirle. E ricorda il furore
quasi folle nel dover ammettere con se stesso, ancora una volta, che
gli umani, che
quegli
umani, non sono le creature ottuse e smarrite che credeva, che in fatto
di forza, tenacia e coraggio non hanno niente da invidiare alle
più potenti divinità guerriere. E ricorda Nadia,
e ogni volta che il suo nome gli attraversa la mente, è
sconcerto ciò che il dio prova. Sconcerto per quello che la
ragazza ha fatto per lui. Sconcerto per ciò che adesso lui
sta facendo per lei.
Loki è convinto che una parte di sé non
smetterà mai di essere pentita per non averla uccisa subito,
dopo la prima serata in sua compagnia; pietra o non pietra, avrebbe
dovuto affondarle le dita nel petto e fermarle il cuore. Una parte di
sé davvero rimpiange di non averlo fatto, ma l'altra parte
prova una sorta di sollievo al pensiero che Nadia adesso è
forse l'unica ragione sensata per continuare a rimanere vivo, a parte
la volontà di perseverare con i propri piani.
Nadia lo ha salvato dai demoni – è stato inutile,
Thanos lo ha catturato comunque, ma lei è rimasta fino alla
fine, ha fatto ciò che poteva e anche di più. Ora
lui deve ricambiare il favore, perché è giusto,
perché è un ingannatore e un assassino ma non un
ingrato.
Loki vede un'ombra disegnarsi sul pavimento di pietra della prigione.
Un sorriso arrogante di sfida gli si disegna sulle labbra mentre si
alza in piedi e posa lo sguardo sul capo dei Chitauri che lo sta
fissando oltre le sbarre, a debita distanza, come se lo temesse.
Certo, lo temono e fanno bene. Ha abbastanza energia per ucciderne a
decine, ma non può permettersi di sprecarla, quell'energia
gli serve per tornare su Midgard, anche se non è affatto
facile come pensava. Ora la Terra si trova in una galassia troppo
distante, non sa nemmeno lui quanto e un solo errore di calcolo
rischierebbe di farlo rimanere inchiodato lì per sempre; non
può concedersi il lusso di fare cose azzardate o di
affrettare i tempi, deve attendere di essere sicuro di indirizzare
l'energia nella giusta direzione per collegarsi di nuovo alla pietra e
lasciarsi trasportare via da quell'inferno di gelo e
immobilità.
«Giungo a te con delle notizie, asgardiano» dice
cupo il capo dei Chitauri.
Loki mantiene un'espressione impassibile, non vuole lasciar trasparire
la sua tensione, non darà a quel rifiuto dell'universo la
soddisfazione di vederlo spaventato o turbato.
«Egli è tornato, è qui ed è
impaziente di vederti».
«Molto bene, non attendo altro» replica il dio,
fingendo una calma che in quel momento non gli appartiene.
«La tua ostentata spavalderia non ti salverà,
principe».
Loki serra nervosamente le mascelle. Ha molte domande da fare e sa che
deve tentare, dopotutto i suoi carcerieri sono convinti che lui
resterà lì fino a quando non riusciranno a
cavargli la vita dal petto.
«Ancora non mi hai spiegato come avete fatto a rintracciarmi
e a spostarvi a una distanza tale da raggiungermi» dice,
cercando di dissimulare la curiosità e la preoccupazione per
la risposta.
«Nuovi alleati, come ti dissi».
Loki non sa se sia prudente insistere e incalzare il suo orrido
interlocutore con altri quesiti. Scrolla le spalle e fa per voltarsi
con aria indolente.
«Ebbene, asgardiano, voglio farti un dono» aggiunge
il capo dei Chitauri con un sorriso malevolo. «Voglio donarti
la consapevolezza che avrai la tua vendetta e in parte i tuoi desideri
saranno esauditi da altri».
«Spiegati» esclama Loki, tornando a voltarsi di
colpo.
Dannata feccia
putrescente...
La sua vendetta appartiene a lui, come pure i suoi desideri, nessun
altro può portare a compimento i suoi piani
perché non si è mai trattato di
cosa fare ma del
perché
farlo. Voleva distruggere suo fratello perché lo odia,
voleva conquistare Midgard perché gli spetta un trono...
«Quell'insignificante grumo di vita sciagurata che
è la Terra verrà distrutta» dice piano
il capo dei Chitauri.
Loki sente un battito sordo rimbombargli dal petto in ogni parte del
corpo. La Terra è il suo unico porto sicuro adesso, e in
ogni caso, distruggerla non ha mai fatto parte dei suoi piani
né dei suoi desideri. Non ha mai voluto distruggere nulla,
voleva solo governare, come gli spetta per diritto.
«Non sapevo che Thanos fosse così interessato alla
sorte di quel piccolo, insulso mondo» replica, sperando che
il suo interlocutore aggiunga altri dettagli a quanto ha già
detto.
«Oh, tu credi che sia lui a volere questo? Ti inganni,
asgardiano, al mio signore non importa di quel pianeta»
«E allora chi?».
Il capo dei Chitauri si lascia scappare una risata roca e gutturale che
sembra il suono delle montagne quando franano. Dopo qualche istante di
silenzio poi si china verso le sbarre,
«Non sei l'unico, in tutti i beneamati Nove Regni, che vuole
vendetta contro il figlio di Odino» asserisce quasi
divertito.
Loki fissa attonito il profilo del capo dei Chitauri allontanarsi dalla
sua cella e sparire nella penombra.
Ogni singola parola del dialogo appena avvenuto gli rimbalza nella
testa. Distruggere la Terra per vendicarsi di Thor che ha preso quel
pianeta sotto la sua protezione... la mente stanca di Loki non riesce a
ragionare su chi possa essere colui che vuole realizzare una simile
impresa, né cosa abbia a che fare costui con Thanos e i
Chitauri.
Quello che sa è che il brivido che gli sta passando lungo la
schiena non è da imputare al freddo.
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Note:
Schizofrenia portami via... ehm... no, mi spiego. Non so se
l'alternanza dei diversi punti di vista e delle diverse situazioni sia
“piacevole”, cioè non vorrei che il
passaggio da scene che vorrebbero essere comiche (Nadia in bagno che si
imbarazza per Jarvis) a scene notevolmente più cupe e
drammatiche (Loki prigioniero sul pianeta dei Chitauri), faccia tipo
venire le vertigini a chi legge; nella prima parte di questa storia il
fatto che i diversi personaggi si trovino in posti distanti e in
situazioni che, al momento, non c'entrano molto l'una con l'altra mi
impone di dosare così anche i contenuti delle varie scene.
Jane, sì. Jane-ommiodio che casino-Foster. L'avevo detto che
ci sarebbero state altre facce note. Fatele ciao ciao con la manina :)
Questa storia dovrebbe essere un po' più lunga (???) e
complessa della precedente, oltretutto ho anche cominciato la
specializzazione all'università, per cui aggiornare
più di una volta a settimana è impossibile, ma vi
garantisco l'aggiornamento ogni venerdì (così io
ho una scadenza da rispettare e chi vuole ha tutto il tempo di leggere
con calma senza che si accavallino i capitoli).
Chiedo scusa anche se notate che ci metto un po' a rispondere alle
recensioni, ma don't worry, è la parte più
divertente di questo “lavoro” e non
smetterò mai di farlo :P
Per curiosità o domande sulla fanfiction,
la vita, l'universo e tutto
quanto:
HERE
A venerdì prossimo, quindi ^^