STAY WITH ME.
(2. Rebirth)
Il viale del cimitero è ormai interamente ricoperto di
foglie secche che scricchiolano al passare dei passanti, infastiditi
dalla leggera brezza autunnale. La scena ricorda quella dei film
americani, dove la domenica tutti vanno a messa e poi al cimitero, a
trovare i parenti defunti. Questa, però, non è un
film è la vita di Silke.
Si guarda
intorno stretta nel suo cappottino nero, corto fino ai fianchi; le mani
entrambe strette in quelle dei suoi due migliori amici. Tutti e tre
camminano quasi a passo di marcia, gli occhiali neri inforcati sul naso
e lo sguardo fisso su una lapide bianca e diventa sempre più
nitida, vicina.
Serra
maggiormente le mani, rafforzando così la stretta su quella
dei ragazzi, e maledice mentalmente quest'ultimi per averla costretta
ad andare in quel posto angosciante. Il cessare dei passi di Tom e
Bill, le fanno capire di essere arrivata a destinazione. Ormai non
può più tornare indietro e le sembra di soffocare.
Alza lo
sguardo ed annaspa per qualche secondo quando i propri occhi incontrano
quelli vispi ed azzurri della sorella, che la guardano allegri da una
fotografia. Trema come una foglia e mentre le lacrime cominciano a
scendere imperterrite sulle guance candide della ragazza, i ricordi le
riaffiorano in mente.
"La
prego, faccia qualcosa, la prego! Non respiri.. la salvi.." Silke
urlava, urlava con tutte le sue forze. Si dimenava e con lo sguardo
ormai completamente appannato, cercava di divincolarsi dalla stretta
dell'infermiere che cercava di tenerla buona. "La prego.." ripeteva
ormai sfinita e consapevole del fatto che quel fischio continuo
indicava che il suo cuoricino non ce l'aveva fatta. Si era accasciata a
terra e mentre il dottore le posava una mano sulla spalla, cercando di
confortarla, lei lo aveva malamente respinto ringhiandogli contro di
lasciarla da sola. Tanto, lo era sempre stata.
Adesso è la
mano di Tom ad essere posata sulla sua spalla mentre la guarda
preoccupato, scuotendola leggermente. Silke sfiata un "okay" poco
deciso e ritorna a fissare la foto della sorellina. I dentini bianchi e
perfetti sono ben in vista, le fossette sulle guance che lei ama tanto
sono ben definite. Sì, Clarissa ride in quella foto.
Clarissa rideva sempre, aveva la voglia di vivere di una bambina della
sua età; era bellissima.
Cerca di
essere forte, di liberare la mente dai troppi ricordi che le fanno
girare vorticosamente la testa. Cerca di scacciarli via con prepotenza
ma sono troppi, fanno male e soprattutto hanno la meglio.
"Siamo oggi qui riuniti per dare l'estremo saluto alla piccola Clarissa
Keller" il prete parlava, probabilmente riservava per la sua sorellina
paroli dolci ma lei non ascoltava. Si guardava intorno spaesata e
leggermente nauseata da tutta la situazione, dai volti che non aveva
mai visto ma che adesso compiangevano quella che era stata la sua unica
ragione di vita. Stringeva semplicemente la mano di Tom che la guardava
dolce e allo stesso tempo comprensivo, ma senza farlo capire; lui
sapeva quando Silke odiava essere compatita. Lui la capiva da un
semplice sguardo, insieme al fratello aveva questo "dono". Capivano il
suo dolore, pensavano ad una vita l'uno senza l'altro e morivano dentro
al solo pensiero.
"Tom, portami via.." la vista le si era appannata e i singhiozzi la
scuotevano al tal punto da tremare e battere i denti, incapace di
controllarsi. Il prete, nel mentre, invitava i familiari a spendere due
parole in ricordo della piccola.
Bill
aveva stretto il piccolo fogliettino fra le mani e si era alzato. Aveva
preso in mano quel microfono gracchiante ed aveva cominciato a parlare
della bambina più allegra e bella che avesse mai conosciuto.
Aveva parlato della volta in cui le aveva tirato i capelli
così forte da farlo lacrimare e ridere allo stesso tempo.
L'aveva ricordata con un fiume di parole ed il sorriso sulle labbra,
anche se dentro aveva la morte nel cuore.
I gemelli la guardano
apprensivi, senza dire una parola, pronti a portarla via al suo minimo
cenno. Silke, invece, si abbassa semplicemente contro la lastra in
marmo bianco e vi si siede di sopra, sfiorando con le dita affusolate
la piccola scritta nera incisa su di essa.
"Ciao
sorellina.." un sorriso malinconico le si dipinge sulle labbra, che
stringe fra di esse mentre gli occhioni verdi le si riempiono di
lacrime.
"Siky, se
vuoi andiamo.." Bill, premuroso, si è già
abbassato su di lei e le accarezza piano i capelli biondi, che
ondeggiano appena allo scuotere deciso della testa.
"Va tutto
bene, ce.. ce la faccio" si volta appena in direzione del ragazzo e gli
sorride quanto più serena può, lasciandosi
tradire però dalle lacrime che lente cominciano a scendere
nuovamente sulle sue guance mentre riprende a parlare alla sorella. "Mi
manchi tanto, sai? Mi manca tutto di te. Le tue manine paffute, la
vocina dolce e squillante; mi mancano i tuoi bacini. Mi manca la tua
presenza e quello che mi fa più male, è che so
che dovrò vivere per sempre senza di te. Non è
giusto Clari..".
Silke
finalmente ha capito. Ha tirato tutto da dentro di sè, tutta
l'angoscia, la rabbia, la tristezza. Ha capito che deve continuare a
vivere. La vita va avanti, deve riprendere a sorridere, a sperare, a
credere. Deve farlo per se stessa, in primis, ma soprattutto deve farlo
per Clarissa.
Thank
you to:
memy881, tesoro non posso
credere di averti ritrovata! Sì, ho modificato un po' la
storia ma la trama è praticamente uguale. Non so se
continuerò l'altra, per adesso voglio concentrarmi su
questa! Grazie per aver commentato, un bacio e a presto!
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