Ci sono, un po’ in ritardo e raffreddata ma ci sono! Di nuovo un point of
view di Sherlock, ho voluto sperimentare ulteriormente. Il prompt è "afterlife",
aldilà. Questo è il primo twist temporale della raccolta, ma con un prompt
simile non potevo scrivere altro, perdonatemi. Reichenbach feelings all over
again. E, ancora, tra queste righe ci sono io e ci sono i miei sentimenti,
trasportati su un piano del tutto diverso. Scrivere a volte aiuta davvero a
pensare a noi stessi. Piccola parentesi: Sherlock e la scherma. Ho deciso di
inserire la scherma per creare un collegamento col canone originale e, lo
ammetto, anche per motivi personali: ho iniziato da un paio di settimane a
praticare questa disciplina e ne sono rimasta totalmente affascinata. L’unico
dubbio che ho è questo: Sherlock sarebbe uno spadista o uno sciabolatore? Ho
escluso il fioretto a priori, non so bene perché. Il nostro consulting detective
ha la grande capacità di ragionamento adatta alla spada, ma anche la vivace
aggressività adatta alla sciabola. Alla fine, siccome mi è stato detto che gli
spadisti sono spesso alti e slanciati, ho deciso per quest’ultima arma.
Probabilmente non ve ne frega nulla, ma ci tenevo a sproloquiare. Ora, si spera,
ho finito. Buona lettura! Martina
Frammenti di tempesta
V
A Lorenzo, il mio Sherlock personale.
Giorno 1
Mi sveglio in un letto sconosciuto. La stanza puzza di ospedale e
disinfettante. Ma naturalmente non mi trovo in un ospedale – a meno che Mycroft
non ne abbia costruito uno solo per me. Ipotesi davvero plausibile, se non si
considera lo scarso preavviso che gli ho dato. Neppure il governo in persona
sarebbe stato in grado di fare tanto. L’odore è insopportabile. Perossido di
idrogeno ovunque. Ucciderò mio fratello non appena sarò in grado di
alzarmi da qui. Già, perché ora non posso: riesco a malapena a pensare. Che
cos’ha la mia testa? Mi hanno somministrato un qualche sonnifero potente.
Roipnol, o forse Darchene. Secondo i miei calcoli non dovrei nemmeno essere
sveglio. Il cervello rifiuta ogni sorta di stasi. Affascinante. Non c’è
niente da fare in questo stupido posto. Noia. Voglio vedere John. Oh.
Giusto. La verità mi travolge come un fiume in piena. John non verrà,
semplicemente perché mi crede morto. Sherlock Holmes, falso genio, si è
suicidato in grande stile buttandosi dal tetto del Bart’s. Ci ha creduto, non è
vero? Devo averlo ingannato. Ho indossato la mia maschera, l’ho usata
come scudo e ovviamente ho vinto. Come le altre volte. Perché dovrebbe esserci
una differenza? Eppure mi domando... No, fantasticare ora non mi porterà
da nessuna parte. Devo concentrarmi sulle cose basilari, il resto verrà da sé.
Cominciamo: sono vivo. Ma per John e tutti gli altri sono morto, finito, andato
all’aldilà. Probabilmente all’inferno.
Giorno 2
Due cose positive: niente medicine, possibilità di uscire domani. Mycroft è
stato qui nel primo pomeriggio e mi ha posato una mano sulla spalla prima di
iniziare a parlare. Strano, davvero strano: sa quanto mi dia fastidio la
semplice vicinanza della sua irritante persona. E di quel dannato, inutile
ombrello. Eppure, nonostante la sua personalità indubbiamente sadica, ha sempre
accettato questo lato di me. Ovviamente so che oggi si è comportato così perché
riteneva che avessi bisogno di un qualche supporto emotivo, se non altro per la
notizia che mi avrebbe dato a momenti. Bah, sciocchezze. Dopo aver inscenato
un suicidio, non sarà certo il funerale il problema. Non capisco neppure perché
dovrei essere presente alle mie esequie. Probabilmente mio fratello pensa di
essere il regista di un film drammatico di serie B. C’è una cosa che mi
incuriosisce: Mycroft sembra arrabbiato con me. O comunque più irritato del
solito. "Devi vederlo!", ha esclamato prima di andarsene. Chiaramente non si
riferiva al funerale, ma non ha aggiunto altro. Sono probabilmente l’unica
persona con cui non si comporta in modo elusivo – potrei leggergli tutto in
faccia e lui mi detesta per questo. Quindi, perché non mi ha parlato di
John? O, ancora meglio, perché è così turbato? Devo indagare. Non c’è davvero
molto altro che io possa fare qui, in ogni caso.
Giorno 3
Solo davanti alla mia tomba John si concede il lusso di piangere. Non che mi
aspettassi il contrario. Un medico militare forgiato dalle cruente stragi della
guerra che si commuove durante l’elogio funebre? Decisamente assurdo. Ora che
nessuno può vederlo ha abbandonato quel suo portamento rigido e si è lasciato
cadere stancamente a terra. In ginocchio, incurante del fango. Soldato fino alla
fine. È curioso essere a pochi passi da lui e non poterlo raggiungere. Nulla
ci ha mai separati in passato, anzi: siamo arrivati persino a scappare via per i
vicoli di Londra ammanettati insieme. L’impulso di pronunciare il suo nome è
così forte che devo mordermi il labbro. Morto, morto, sono morto, John
non deve sentire la mia voce. E in fondo non saprei nemmeno cosa dirgli. Non
pensavo che avrebbe pianto. Parziale bugia: mi aspettavo il classico, copioso
fiume di lacrime. Ma il suo è un pianto silenzioso, raccolto, a tratti insicuro.
John è normale, eppure non è come tutti gli altri. Ecco, se potessi parlargli
gli direi questo. E gli ordinerei di preparare un tè caldo – con latte, lo
prendiamo entrambi con latte. E alla fine... Alla fine gli chiederei
semplicemente scusa. Senza parlare. Lui capirebbe.
Giorno 4
Quando Mycroft entra sono in piedi, con lo sguardo rivolto verso la finestra
e le mani intrecciate dietro la schiena. Non ho voglia di vederlo, ma ciò che ha
portato con sé è davvero una piacevole sorpresa, quindi decido di
voltarmi. «La mia attrezzatura da scherma?» Domando innocentemente, pur
conoscendo già la risposta. «Precisamente.» «Mi mancava.» «Ho pensato
che volessi fare un po’ di movimento, e questa è la soluzione più semplice.»
Spiega, allargando il braccio per indicare la stanza. In effetti ha una
superficie abbastanza ampia per consentirmi di fare esercizio. Ma senza un
avversario non sarà affatto stimolante. «Magari potresti allenarti con me.»
Propongo ironicamente, dopodiché estraggo la spada dal borsone e la soppeso
attentamente. È esattamente come la ricordavo. Non sono mai stato
particolarmente attaccato ai beni materiali, ma ci sono alcuni oggetti che per
me significano molto. Il teschio, ad esempio. I manuali di chimica. L’arma che
ora impugno. Il violino. Un attimo. «Perché non mi hai portato anche il
violino?!» Sbotto, offeso. Mycroft alza un sopracciglio, con fare apparentemente
spaesato. Sta chiaramente facendo apposta. Lo odio. «John ha chiesto
di tenerlo.» «Ah.» E in quell’unica sillaba che pronuncio a fatica c’è la
mia sconfitta. Non sono non l’avevo previsto, ne sono addirittura sconvolto.
Coinvolgimento emotivo. Ma perché adesso? Il silenzio è talmente insopportabile
che sono costretto a dire qualcosa. E così dichiaro: «Lo
rivoglio.» «Sherlock, Sherlock.» Mormora lui. Le mie labbra sono ridotte a
una linea sottilissima. Quel tono di voce. Mio fratello non l’ha più
usato con me da quando ho smesso di essere un bambino. È accondiscendente e
deluso allo stesso tempo. Riesce quasi a farmi sentire in colpa. «Per oggi mi
hai disturbato abbastanza.» Sibilo, lanciandogli uno sguardo eloquente. «Ti
terrò aggiornato sulla situazione.» Dice, per poi lasciarmi finalmente
solo. Già, la situazione. Quando ho architettato il mio suicidio i progetti
sul dopo non erano ben definiti. Sapevo che ovviamente avrei dovuto restare
nell’ombra per un tempo sufficiente a scongiurare ogni pericolo. Ora mi rendo
conto che potrebbero volerci mesi. Sono in grado di sopportare tutto questo, lo
so. Tuttavia sono preoccupato. L’equazione è totalmente sbagliata. Forse non
ho incluso una variabile fondamentale.
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