Buonanotte, Sherlock di Whatshername (/viewuser.php?uid=98000)
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Sherlock2
Disclaimer: Ovviamente i personaggi non mi appartengono. Non ancora,
almeno, ma ci sto lavorando.
Buonanotte,
Sherlock
Un John Watson
particolarmente bagnato stava tentando da cinque
minuti di aprire la porta del 221b di Baker Street con il gomito
perchè aveva le mani occupate dalle buste della spesa.
Un tentativo piuttosto
fallimentare, a dirla tutta, che mise a
repentaglio la confezione delle uova, salvate in extremis dall'arrivo
provvidenziale della signora Hudson, la quale si fece da parte per
lasciar entrare il caro John.
Mentre lui posava le
buste sul tavolo l'anziana donna cominciò
la sua ramanzina su quanto fosse incosciente uscire a Londra senza
ombrello, e di come, comunque, fosse stato gentile ad andare a fare la
spesa per lei.
« Di niente
signora Hudson, di niente. » Si congedò in fretta
Watson, con una certa ansia.
Ci aveva messo alcuni
secondi, dopo essere entrato in casa, a capire cosa non andasse.
Poi, quando aveva
capito, il suo stomaco si era contratto
dolorosamente: era il silenzio, il problema; niente violino, niente
spari, niente passi impazienti avanti e indietro.
Niente di niente.
Forse Sherlock stava
solo pensando, o forse era impegnato in uno dei
suoi folli esperimenti, ma John si sentiva inquieto e salì
le
scale due a due il più velocemente possibile.
La vista del salotto
lo colpì come un pugno nello stomaco, lasciandolo per un
momento senza fiato.
Sherlock Holmes era
sdraiato a terra, immobile, con gli occhi chiusi, e
per quanto Sherlock fosse solito mettersi in posizioni strampalate, di
solito sceglieva sempre qualcosa di morbido su cui sdraiarsi, sedersi o
saltare sopra.
« Sherlock!
»Urlò catapultandosi verso di lui,
cercando immediatamente fori di entrata di proiettili, ferite da
taglio, ematomi vari...
Il consulting
detective voltò la testa e lo guardò negli occhi.
« Ciao, John. »
Per un attimo Watson
temette di avere un infarto.
Raccimolando tutta la
calma possibile e immaginabile e tentando di
calmarsi un po', John tenne a freno l'impulso di tirargli un pugno.
« Che diavolo stai facendo, Sherlock? »
« Sto morendo. »
Okay, forse un infarto
il suo cuore poteva ancora reggerlo, ma due in un colpo solo no.
« Che stai
dicendo? Non sei ferito, non sei avvelenato, non sembri avere sintomi
di emorragie interne... »
« Sto
morendo, John. Lo sento. Dolore alla testa, alla gola e
alle articolazioni, aumento della temperatura corporea, mancanza di
appetito, spossatezza. Tutti sintomi di morte imminente. »
« O di una
banale influenza. »Ringhiò John, intuendo
finalmente la verità.
Gliel'avrebbe data lui
la morte imminente, sbattendogli la testa contro il muro magari.
« Non
c'è niente di banale in me. Prendi carta e penna,
ti detterò le mie volontà e- Dove stai andando?
»
Esclamò indignato alzando la testa dal pavimento.
« Io
dico che sto morendo e tu mi lasci passare i miei ultimi momenti da
solo? »
John roteò
gli occhi, dirigendosi in camera sua.
Tornò pochi
istanti dopo con la sua valigetta medica e la
appoggiò sul tavolo, armeggiandoci dentro. «
Perchè sei sul pavimento? »
« Avevo
caldo. »
Watson scosse la
testa, incredulo. « Mettiti a letto. O sul
divano, con una coperta. »Ordinò perentorio,
intercettando lo sguardo ribelle del detective e rivolgendogli
un'occhiata omicida prima che quello potesse aprir bocca per ribattere.
Alla fine Sherlock
obbedì, strisciando fino al divano e
lasciandocisi cadere sopra con un gemito dolorante mentre John tirava
fuori qualche oggetto dalla sua valigia.
Poi John si
inginocchiò accanto al divano.
« Cosa stai
facendo? »
« Ti sto
chiedendo di sposarmi, Sherlock. »
Per un attimo gli
occhi del detective sgranarono e le sue sopracciglia
si inarcarono quasi impercettibilmente, tradendo che era shockato.
Poi il suo sguardo si
fece severo e tornò al suo solito cipiglio. «
Sarcasmo. »
«
Esattamente. »Confermò John soddisfatto,
puntandogli la torcetta medica prima negli occhi e poi in gola,
visitandolo scrupolosamente.
Soltanto quando la
torcia fu riposta insieme allo stetoscopio Sherlock
commentò. « Comunque avrei detto di sì.
»
E anche se John era
voltato di spalle Sherlock era certo che adesso stesse sorridendo, come
lui.
« Frena gli
ormoni, Holmes. »Borbottò il
dottore ficcando nuovamente la mano nella sua valigetta, estraendo
stavolta, sotto lo sguardo allarmato del detective, un flacone.
« Tieni.
» Disse John lanciandoglielo « Sciroppo. Due volte
al giorno. »
« E se non
volessi prenderlo? »
« E se ti
strangolassi, così non ne avresti più bisogno?
»
« Come sei
violento, John. Sei un medico, dovresti essere più
comprensivo con i tuoi pazienti. »
Per un attimo Watson
pensò davvero di strangolarlo.
Nell'esercito aveva
imparato molti modi diversi per farlo, alcuni immediati e praticamente
indolori.
Ovviamente erano
quelli che avrebbe scartato subito, ora.
« Due volte
al giorno, e smettila di lamentarti. »
« Ma sto
male. »
« Pensa ad
altro. »
« Non riesco
a pensare con il mal di testa, è irritante. »
« E allora
non pensare affatto. »
Sherlock
annuì, con fare ovvio. « Giusto. Dimmi John, tu
chiedi anche agli uccelli di non volare, alle persone di non respirare,
al sole di non splendere? »
« Okay,
okay. Allora dormi. E' questo quello che fa la gente normale quando
è malata, dorme. »
« Io non
sono "la gente". Non riesco a dormire. »
John strinse il
giornale che aveva appena afferrato dal tavolo con una
forza eccessiva, stropicciandone i bordi. « Provaci.
»
« Non ci
riesco. »
« Sforzati!
»
« Ma-
»
« Fallo, o
ti do una botta in testa. » Minacciò fin troppo
seriamente.
In effetti avrebbe
anche potuto farlo. Sapeva come non uccidere un uomo, ma stordirlo
abbastanza da metterlo fuori combattimento.
« Vuoi
sempre mettermi le mani addosso, Watson. Sei così
sfacciato... »
« Pur di
farti star zitto ti metterei anche un cuscino addosso. In faccia. Ben
premuto. » Ribattè andando in cucina.
Per un po' Sherlock
rimase in silenzio ad osservare il suo amico
prepararsi un thè lanciandogli un'occhiata di tanto in
tanto,
poi un pensiero improvviso fece breccia nel suo complicatissimo
cervello.
Forse John si era
davvero preoccupato per lui, per questo si era arrabbiato.
Assurdo, ma possibile.
Una
volta eliminato l'impossibile, per quanto improbabile, resta solo la
verità.
Osservò
John inclinando la testa di lato, lo
guardò versare il thè bollente in una tazza e
aggiungerci
del miele.
Strano, di solito ci
metteva del latte. Cosa gli aveva fatto cambiare abitudini?
Perchè-
« Bevi.
» Ordinò il dottor Watson tornando in
salotto con la tazza di thè fumante. « E' per la
gola, ti
darà sollievo. »
Si
sta occupando di me.
Se non
fosse stato così sorpreso probabilmente avrebbe
detto che a lui non piace il miele, che non gli andava il
thè,
che non aveva bisogno di niente.
Ma in quel momento
l'unica cosa che riuscì a fare fu accettare
la tazza e bere a piccoli sorsi, scoprendo con sorpresa che
effettivamente il male alla gola diminuiva ad ogni sorso caldo e dolce.
Le volte in cui si era
ammalato si potevano contare sulle dita di una
mano, ma non c'era bisogno di dita per contare quelle in cui qualcuno
gli aveva preparato del thè caldo.
Non si era nemmeno
accorto di aver continuato a guardare Watson mentre
beveva, e se ne rese conto soltanto quando lui gli rivolse nuovamente
la parola. « Che c'è? »
Sherlock scosse
leggermente la testa, cercando qualcosa da dire. Si
arrese alle sue capacità comunicative. « E' buono.
»
John sorrise
brevemente, con calore, poi chiamò la signora
Hudson chiedendole di tenere d'occhio Sherlock mentre lui andava a
parlare con Lastrade per chiedergli di non chiamare Sherlock per almeno
un paio di giorni.
Ovviamente ad insaputa
del detective.
Quando
tornò trovò la signora Hudson con un album di
vecchie fotografie e Sherlock con lo sguardo fisso nel vuoto che
annuiva ed emetteva un flebile "capisco" di tanto in tanto.
John avvisò
della sua presenza con una risatina che gli fece meritare
un'occhiataccia da parte del detective.
« D'accordo
signora Hudson, ora posso tornare ad occuparmi del mio paziente, grazie
per averlo tenuto d'occhio. »
« Come hai
potuto? » Sibilò Sherlock una volta che furono di
nuovo soli, rigirandosi sul divano.
« Se non ci
fosse stata lei avresti cominciato a saltare qua e
là annoiato, avresti preso freddo, la tua influenza sarebbe
peggiorata in una polmonite e saresti dovuto rimanere fermo altre due
settimane. »
Sherlock non
tentò neanche di negare, il mal di testa lo faceva diventare
più arrendevole.
Cenarono con una zuppa
preparata dalla padrona di casa e John
accettò a malincuore di fare una partita a scacchi con
Sherlock,
partita che terminò in meno di un minuto, appena dopo un
paio di
mosse del dottor Watson e che rese il suddetto dottore piuttosto
irritato.
« Se
vuoi la prossima volta ti lascio vincere. »Propose Sherlock
in un moto di compassione.
« Non
lo faresti mai. Non vai a letto? »
« Non
ho voglia di muovermi, dormirò qui. »Fece il
consulting detective, sbadigliando.
Il dottore
annuì, sedendosi sulla poltrona e prendendo il suo giornale
stropicciato.
« Lastrade
non ha chiamato neanche una volta, oggi. » Buttò
lì Sherlock, osservando l'amico fin troppo attentamente.
« Ah,
davvero? Il crimine si sarà preso una pausa. »
« Già,
oppure qualcuno gli ha chiesto di non disturbare un degente. »
L'ex soldato rimase
impassibile. « Non so di cosa tu stia parlando. »
« Non
puoi togliermi anche la gioia dei casi! » Si
lamentò Sherlock, agitato. « Posso farlo da qui.
Davvero. Chiama Lastrade, digli di darmi tutti i dettagli. Ci saranno
decine di casi accumulati in queste ore, come hai potuto... »
Sembrava assatanato.
« Smettila,
e calmati per l'amor del cielo. Non morirai per un paio di giorni di
riposo. »
« Sì
invece. Morirò di noia, e sarà tutta colpa tua.
»Borbottò il detective, nel pieno delle sue
infantili facoltà mentali.
Se non si fosse
sentito tanto debole avrebbe protestato energicamente e alla fine
sarebbe andato da solo in centrale, questo poco ma sicuro...
« Devi
misurarti la febbre. » John gli lanciò il
termometro con il chiaro intento di colpirlo in testa.
Dopo qualche minuto ed
un "bip" del termometro appoggiato alla sua fronte, Sherlock
guardò il display e sorrise. « Mi è
passata. »
John inarcò
le sopracciglia, divertito. « Trentotto e mezzo? »
« Sto
benissimo, dev'essere stata una cosa passeggera. Non c'era bisogno di
allarmare la signora Hudson, e domani potrò tornare a lavo-
No! »Esclamò quando Watson gli strappò
il termometro dalle mani, esaminando il display.
« Sherlock,
sono un dottore. Capisco che qualcuno abbia la febbre anche senza
termometro, sai? E tu ce l'hai, e anche piuttosto alta. Ti gira la
testa? »
« No.
»Rispose secco il detective, fissando astiosamente la
tappezzeria davanti a sè.
Watson lo
guardò.
« Un
po'. »
« Nausea?
Come va il mal di testa? »
« Niente
nausea. La testa pulsa. »
John tornò
alla poltrona, e soltanto dopo parecchi minuti Sherlock capì
le sue intenzioni.
« John,
vai a dormire. »
« Non
sono stanco, penso che leggerò ancora un po'. »
« Occhi
gonfi, primi segni di ritenzione idrica, palpebre semichiuse, primi
accenni di occhiaie. Tu sei stanco. »
Ecco perchè
vivere con Sherlock Holmes è irritante.
« John,
se resti qui rischi di ammalarti anche tu.
»Continuò Sherlock, serio.
« Ho
più anticorpi di qualsiasi altra persona, e sono vaccinato.
Che ne dici di chiudere gli occhi? »
Sherlock
continuò, imperterrito.« Non ho bisogno che tu
stia qui. Posso sopravvivere. »
« Potresti
peggiorare durante la notte, e sinceramente piuttosto che essere
svegliato da qualche tuo fastidioso urlo o lamento preferisco restare
qui e non c'è niente che tu possa dire, fare o minacciare di
dire o fare che mi farà cambiare idea. Quindi smettila di
comportarti in modo puerile, chiudi gli occhi e rilassati. »
Sherlock Holmes
accusato di comportamento puerile.
Puerile.
Lui!
Con un gesto irritato
ed offeso Sherlock si rigirò sul divano dandogli le spalle,
e John avvicinò il poggiapiedi per potersi stendere un po'.
« John?
»
Watson si
preparò davvero a picchiarlo.
« Cosa
c'è, Sherlock? »Chiese esasperato.
« Grazie.
»
John sorrise,
spegnendo la luce. « Buonanotte, Sherlock. »
« Buonanotte,
John. »
Angolino di Sara
Ehm ehm (*Umbridge mode: on*) piccolo tentativo di scrittura su questi
due adorabili e meravigliosi personaggi, che da quando ho cominciato a
guardare la serie della BBC mi ossessionano come pochi altri abbiano
mai fatto.
In realtà Sherlock e Watson non li vedo esattamente come una
coppia, il loro rapporto è così unico e speciale
che mi sembra andare oltre ogni definizione di amicizia, amore, o
qualsiasi altra cosa... Il loro rapporto è perfetto
così *-*
Aprirei volentieri una parentesi su QUANTO la voce di Benedict provochi
orgasmi ai miei stessi ormoni, ma eviterò.
Spero vi sia piaciuta, perchè potrei avere qualche altra idea su di loro...
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