Capitolo secondo
Two months ago
– part two
Nadia è lì da pochi giorni e si sente stranamente
tranquilla. Non ha avuto il tempo di abituarsi a niente in
realtà, ma sta cominciando a provare un senso di rassegnata
accettazione per tutto quello che è accaduto. Nemmeno la
voce di Jarvis che spunta dal nulla le fa più impressione.
Però comincia a sentirsi un po' di peso in casa Stark.
Pepper è partita per una conferenza a Los Angeles, lei e
Tony stanno organizzando qualcosa di grosso che riguarda una
dimostrazione pubblica sull'utilizzo del famigerato reattore Arc come
fonte di energia pulita e poi parlano spesso di un'impresa, la Golden
Hope o qualcosa del genere, con cui le Stark Industries stanno
collaborando a un progetto che a Pepper sta molto a cuore per una
qualche ragione che Nadia ancora non ha compreso.
Tony dovrebbe a essere a Los Angeles, assieme alla sua donna, ad
occuparsi della sua attività e a mostrare al mondo
ciò che il suo instancabile cervello è riuscito a
produrre. E invece è a New York, a recitare la parte del
dirigente industriale assennato – una parte che non gli si
addice nemmeno un po' – per non lasciare Nadia da sola.
In generale, Tony la sta tremendamente viziando, Nadia ha la sensazione
che se lei dicesse, anche solo per scherzo, di volere una stella, lui
comprerebbe un dipartimento della NASA e menderebbe degli astronauti a
tirare Alfa Tauri giù dal cielo. Ma lei sa che tutto quello
che il caro signor Stark vuole fare è tenerle la mente
occupata; ciò che il suo amico non capisce è che
non c'è niente di abbastanza grande da poter tappare il buco
nero che Nadia ancora si porta dentro.
L'autista l'ha accompagnata fino a quella stradina, a un paio di
isolati dalla Stark Tower, dove c'è una tavola calda che fa
lo shawarma – che Nadia ha finalmente capito trattasi di una
piadina farcita di kebab. Tony le ha proposto di andare a prendere lo
shawarma e di raggiungerlo in ufficio per pranzare assieme, le ha anche
promesso un aneddoto assolutamente esclusivo e top-secret su quel
kebab.
Così adesso la ragazza si ritrova a camminare in un vicolo
di New York, mani sprofondate nelle tasche dei jeans e naso
all'insù, a osservare distrattamente il cielo rigato dai
cavi del tram che sembra lontanissimo.
La sua attenzione viene catturata dal chiosco di un'edicola, tra gli
espositori di giornali e fumetti spunta un pannello di plexiglas sul
quale sono in mostra alcune maschere di plastica, il cartellino scritto
a mano dice ''9,50 $''. In mezzo alle facce di personaggi di cartoni
animati e personaggi televisivi spunta una fila di maschere che
riproducono in maniera un po' approssimativa i volti degli Avengers.
Oh, Dio...
Nadia si avvicina, allunga una mano a prendere la maschera con la forma
dell'elmo di Iron Man. Due fori vuoti, lì dove dovrebbero
esserci le fessure luminose, sembrano fissarla.
La ragazza capisce di non essersi mai resa conto davvero del
significato più profondo della parola
eroe, del valore
che la gente dà a certe cose.
New York porta ancora addosso i segni della distruzione,
un'infinità di cantieri delimitati da strisce di nastri di
plastica disegna i contorni delle cicatrici lasciate dalla battaglia,
squadre di operai lavorano per rimettere in sesto strade distrutte,
facciate di palazzi sfondate, buche nell'asfalto.
È il male a far nascere gli eroi, e il male che quella
città ha subito ha un volto e un nome, proprio come quelli
delle persone che l'hanno salvata.
Loki...
Nadia non ha più pensato a lui da quando è
arrivata in America. Ha preferito relegare quel ricordo in un angolo
buio e ha fatto in modo che nemmeno la luce più flebile
giungesse mai a sfiorarlo.
Alla vista delle strade di una New York martoriata, il pensiero di Loki
sfoca nella sua mente, come il ricordo di quello che è
accaduto a Venezia. In quei giorni Nadia trovava così
difficile credere che non ci fosse altro che male dentro di lui, come
invece gli Avengers non facevano altro che ricordare e come Thor
cercava così disperatamente di ignorare. Ora la ragazza si
sente come quella città, devastata, ferita per la sola colpa
di aver incrociato per caso il suo cammino con quello del dio
dell'inganno.
Una maledizione le brucia nella gola, una maledizione che quasi con
stupore Nadia non riesce a far arrivare alle labbra.
Che tu sia maledetto,
Loki, dovunque tu sia.
Il pensiero non prende voce, non si concretizza, rimane una sensazione
di furore frustrato in fondo allo stomaco.
Non riesce a volergli male, non ce la fa. Non ce la farà
mai. Spera solo di essere in grado di dimenticarlo, prima o poi.
Ripone la maschera di Iron Man sull'espositore e torna a camminare per
raggiungere la tavola calda dove fanno lo shawarma.
L'autista – ok, non si abituerà mai ad avere un
autista, nemmeno tra un milione di anni – l'accompagna alla
sede delle Stark Industries e Nadia si ritrova a camminare in un dedalo
di corridoi lucidati a specchio, sotto lo sguardo di una miriade di
gente in giacca e cravatta o tailleur, con un sacchetto di carta che
spande attorno un forte odore speziato. Magari sono tutti abituati alle
stravaganze del padrone di casa, ma lei deve sembrare proprio un pesce
fuor d'acqua.
Quando raggiunge l'ufficio di Tony, nel cuore del dannato palazzo,
trova la porta chiusa e un tizio dall'aria nervosa che cammina avanti e
indietro, reggendo tra le mani una cartellina.
Il tizio in realtà è un ragazzo forse di pochi
anni più grande di lei; sembra non voler fare altro che
schizzare fuori dal completo blu scuro e gettarsi sotto una doccia,
stando al modo in cui si tormenta il nodo della cravatta, ma se
continua così tutto ciò che otterrà
sarà di scavare un solco sul pavimento a forza di muoversi
su e giù per quel metro di mattonelle.
«È impegnato al telefono» bisbiglia il
ragazzo quando vede Nadia fissare la porta chiusa dell'ufficio del
grande capo. «Il signor Stark, intendo, è occupato
con una telefonata, sembra molto importante perché per
rispondere mi ha fatto uscire».
Lei annuisce con un mezzo sorriso, mormorando un vago
«Ok» e guardando lo sconosciuto con aria un po'
perplessa.
«Sembra di pessimo umore» squittisce lui, con voce
afflitta.
Certo, Tony diventa sempre un po' nervoso quando Pepper non
c'è, senza contare che in quei giorni ha parecchie gatte da
pelare sia al lavoro che fuori, e lei è una di queste; ma il
ragazzo sembra proprio sul punto di mettersi a dare testate contro il
muro, come se tutti i mali del mondo stiano per ricadere sulle sue
spalle.
«Sono certa che non ti staccherà una mano a
morsi» gli dice lei, nel goffo tentativo di farlo calmare.
«Dici? Ah!... oh, scusa, io sono Mike Glanville»
«Piacere, mi chiamo Nadia».
Si stringono la mano e lui fa un mezzo sorriso, riuscendo ad apparire
per un secondo un po' più rilassato. È carino,
con i capelli castano chiaro tagliati corti, una carnagione di
un'insolita tinta ambrata e gli occhi chiari. A Nadia sono sempre
piaciuti i ragazzi con gli occhi chiari, anche quando si tratta di
occhi profondi e gelidi come quelli di...
Stringe le palpebre per ricacciare indietro quel pensiero del tutto
fuori luogo e tenta di concentrarsi sul ragazzo che aveva davanti.
«Sì, ho sentito parlare di te in questi
giorni» mormora lui, tamburellando le dita sul fondo della
cartellina che ha tra le mani.
«Come il cagnolino del signor Stark, immagino»
borbotta la ragazza.
Mike sgrana gli occhi,
«Tony Stark ha un cagnolino?» dice, fingendosi
sconvolto con un'espressione talmente buffa che Nadia si ritrova a
ridere.
Il ragazzo scuote la testa e si va a sedere su una delle poltrone di
pelle rossa sistemate nell'elegante anticamera. Un sole tiepido entra
attraverso i vetri delle grandi finestre.
«Sembra che tu debba andare a incontrare un plotone
d'esecuzione, comunque» dice la ragazza raggiungendolo.
«Più o meno. Sono uno stagista, mi ha assunto la
signorina Potts. Mi sono da poco laureato in ingegneria ed è
una grande opportunità per me lavorare qui... ma il signor
Stark alle volte è così incomprensibile e
irritante. Oddio, scusa, non avrei dovuto dirlo»
«Rilassati Mike, non lo verrà a sapere da me. E
comunque sì, temo che sia del tutto pazzo»
conclude Nadia, sghignazzando.
I due ragazzi restano a chiacchierare per una decina di minuti, fino a
quando le porte dell'ufficio di Tony non si aprono e Mike sparisce
oltre i battenti, non prima di essersi voltato un'ultima volta verso di
lei e aver mimato il gesto di incrociare le dita.
***
Sono passati otto giorni da quando Nadia è arrivata a New
York.
Quel mattino se ne sta seduta scomposta sul divano, con il naso tra le
pagine di Game of thrones. Il tuttofare, in giacca di Hugo Boss,
è appena arrivato a portare una scatola di ciambelle
glassate proveniente da una determinata pasticceria dall'ubicazione
ignota a cui il signor Stark sembra essere particolarmente devoto.
Nadia ha sviluppato un odio immediato per il caffè
americano, e in generale il cibo di quel posto non la fa proprio
impazzire, ma è certa che le ciambelle glassate che Tony si
fa arrivare ogni mattina potrebbero fermare un'eventuale terza guerra
mondiale.
La ragazza sta giusto addentando la prima ciambella, con la glassa
bianca e gli zuccherini verdi, quando la voce di Jarvis soffia dagli
altoparlanti, facendole avere un sobbalzo e facendo rovesciare la tazza
di caffè di Pepper – rientrata il giorno prima dai
suoi impegni californiani – sul suo librone fantasy.
«L'agente Hill è di fuori, signore» dice
la voce robotica.
«Fammi indovinare: è urgente» borbotta
Tony.
«Così sembrerebbe, signore»
«Se ti lasci di nuovo bypassare, Jarvis, io ti
smagnetizzo!»
«Ma, signore...».
In quello stesso istante la porta dell'ascensore si apre e fa la sua
comparsa una donna che attraversa il grande open space con un passo
quasi marziale. La donna è giovane, indossa stretti jeans
scuri e una giacca di pelle nera con la cerniera abbottonata fino al
mento.
«Stark...» dice con un sospiro spazientito, come
una maestrina che si rivolge a uno scolaro particolarmente negligente.
«Fury vi sta aspettando, te e la ragazza,
da una settimana».
Nadia sposta più volte lo sguardo tra Tony e la donna,
confusa. Fury è il direttore dello S.H.I.E.L.D, lo sa, come
sapeva che prima o poi avrebbe dovuto incontrarlo. Ha intuito che Tony
aveva rimandato l'incontro per darle il tempo di ambientarsi e
probabilmente per organizzare qualcosa personalmente, prima che il capo
di una super associazione segreta decidesse cosa fare di lei e
prendesse iniziative poco piacevoli, ma tutti hanno i propri limiti,
anche i geni miliardari supereroi a tempo perso.
«Oh, cielo!» esclama Tony, enfatizzando un'aria
mortificata falsa quanto una banconota da quindici euro. «La
mia segreteria è in ferie e io non so dove tiene l'agenda in
cui segna i miei appuntamenti, per questo forse mi è
sfuggito, ma quando torna Nick può telefonarle e fissare un
incontro così magar...»
«Una macchina ci aspetta di sotto» lo interrompe la
donna, perentoria.
«D'accordo» capitola l'uomo, strizzando l'occhio in
direzione di Nadia, come a dirle di non preoccuparsi. «Una
ciambella, agente Hill?».
L'agente Hill non ha voluto nessuna ciambella, non ha nemmeno voluto
aspettare un minuto di più. Nadia e Tony si sono ritrovati
assieme a lei in ascensore; la ragazza ha letto qualcosa di strano e
poco promettente nel modo severo in cui la donna guarda il suo amico.
L'auto li lascia davanti a una palazzina bassa dalla facciata bianca,
la bandiera a stelle e strisce che sventola sulla cornice di marmo
della porta. Di certo quella non è la base dello
S.H.I.E.L.D, Nadia ne è sicura, si tratta forse solo di un
qualche ufficio che loro prendono in prestito per svolgere
attività particolarmente tranquille. Questo in qualche modo
dovrebbe rassicurarla, ma non le fa piacere essere lì,
sopratutto esserci arrivata in quel modo, con la donna dallo sguardo
adamantino che sembra sul punto di scaricare la pistola addosso a Tony.
Sono appena entrati nel palazzo e stanno percorrendo un'anticamera dal
pavimento di marmo liso, un po' come quello dei vecchi palazzi di
Venezia, quando sentono il portone aprirsi alle loro spalle e dei passi
strascicati avvicinarsi.
La donna inarca un sopracciglio e fa per voltarsi.
«Ma tu guarda, Guglielmo Tell di ritorno dalle Alpi
Svizzere» esclama Tony.
Clint Barton fa un mezzo sorriso e si avvicina con un'andatura
vistosamente zoppicante. Batte una mano sulla spalla di Nadia e le
strizza l'occhio.
«Allora sono rientrato giusto in tempo per il tuo debutto in
società. Nat mi ha mandato un messaggio
stamattina» dice.
«Oh, mi fa piacere che ci sia anche tu. Ehm...
Clint»
«Sì?»
«La gamba, stai sanguinando»
«Lo so».
Nadia non aggiunge altro e non fa domande. Non si aspetta plateali
dimostrazioni d'affetto dal super efficiente agente Barton ma
è intimamente contenta che Clint si sia presentato
lì, di ritorno da chissà quale missione, stanco e
zoppicante, per assistere al suo incontro con le alte cariche dello
S.H.I.E.L.D.
In quei giorni trascorsi a Venezia si è affezionata a ognuno
di loro, ha imparato ad amare tutte le loro strane – e in
alcuni casi inquietanti – peculiarità e, volendo
definire l'amicizia come l'incontro perfetto tra l'affetto e la
fiducia, quelle persone sono di certo i suoi migliori amici.
La contentezza di Nadia sfiora vette da record quando, saliti
all'ultimo piano del palazzo, si ritrovano in un corridoio dove ci sono
altri visi noti che l'aspettano.
Bruce, Steve e Natasha sono in piedi davanti all'unica porta, le
sorridono quando la vedono comparire all'aprirsi dell'ascensore.
L'agente Hill –
Maria
Hill, ha appreso Nadia – entra nell'unica stanza del piano e
lascia per qualche minuto la ragazza ai saluti degli Avengers.
«Ehi, Maciste come sei arrivato qui? Il traffico cittadino
non ti fa saltare i nervi?» chiede Tony guardando perplesso
Bruce.
«Mi ci hanno portato in elicottero, in
realtà»
«Ingegnoso. È un peccato che non si possa
telefonare a Boccoli d'oro, immagino sarebbe venuto anche
lui».
Nadia spalanca la bocca in una perfetta O di stupore. Sono davvero
tutti lì per lei, hanno voluto esserci. La ragazza sente un
forte senso di commozione e gratitudine stringerle il cuore e un attimo
dopo comincia la nausea.
Oh, no...
Ha imparato a riconoscere i sintomi, prima un leggero attacco di
nausea, poi il mal di testa, poi la nausea che si fa sempre
più forte, e infine il vomito e lo stordimento. D'accordo,
forse è solo l'emozione, non deve pensarci e non vuole
presentarsi al direttore dello S.H.I.E.L.D. con l'aria sofferente.
Maria Hill apre la porta e fa cenno a Nadia di entrare.
«Solo la ragazza» specifica quando gli altri fanno
per varcare la soglia dietro di lei.
«Non dica sciocchezze» la rimbecca Tony mantenendo
aperto il battente di legno. «Banner è
già abbastanza irritato dai rumori dei clacson».
La Hill si volta verso il suo superiore, guardandolo incerta, lui
scuote il capo in segno di resa ma sbuffa come un toro pronto alla
carica.
Dunque quello è Nick Fury. L'uomo di colore è
vestito di nero, con una benda di cuoio scuro sull'occhio sinistro. Una
ragnatela di segni lividi è visibile oltre il contorno della
benda e Nadia pensa che la storia di come il direttore dello
S.H.I.E.L.D. abbia perso l'occhio deve essere parecchio
splatter.
La stanza è vuota, il pavimento di legno è sporco
di fuliggine e in un angolo sono ammucchiati scatoloni coperti di
polvere. L'unico arredo è un sedia laccata di bianco che ha
certamente visto tempi migliori.
«Benvenuta, signorina Berton, si sieda» la invita
Fury, che è in piedi contro una grande vetrata; la luce che
entra mette ancora più in risalto il tetro della sua figura.
Nadia ne ha paura e il cuore smette di batterle all'impazzata solo
quando si accorge che dietro la sedia su cui si è lasciata
cadere ci sono gli Avengers. La squadra di eroi che ha salvato la Terra
è in piedi, alle sue spalle, a braccia conserte come a
intimare a Fury di andarci piano. Essere sotto la protezione di quei
tizi è elettrizzante in un certo senso.
«Come si sente, signorina Berton?». Nick Fury
sbaglia a pronunciare il suo cognome, facendo cadere l'accento sulla O,
la vocale sbagliata.
Nadia sbatte più volte le palpebre,
«Sto bene, signore» risponde in tono compito.
«Mi fa piacere, ma non è quello che risulta dalle
nostre informazioni».
«Oh, lei vuole sapere di questo» borbotta la
ragazza scostando la manica della maglietta e mettendo in mostra il
bracciale, un semplice ninnolo d'argento con delle incisioni simili a
delle rune e una pietra opalescente incastonata nel mezzo.
«So che mi ha tenuto sotto sorveglianza a Venezia, non so
come ma suppongo siate anche entrati in possesso di informazioni
mediche su di me. Ci sono lacune nel rapporto che le è stato
fornito? Perché in questo caso sarei ben lieta di aiutarvi a
colmarle, appena lei mi avrà detto due cose».
Fury incrocia le braccia sul petto e corruga la fronte. C'è
una nota ostile nella voce di Nadia e di sicuro la cosa non
è sfuggita all'uomo in nero. E lui deve essere il tipo da
rispondere all'ostilità con mezzi piuttosto bellicosi.
«Cosa vuole sapere?» le chiede dopo qualche
istante, senza che nessuna emozione gli smuova il tono di voce.
«Come pensate di aiutarmi e perché volete
farlo».
Fury attraversa la stanza con passo rigido, le si avvicina ed estrae un
foglio piegato dalla tasca interna della giacca.
«Voglio sapere se sa qualcosa di questo e se è in
grado di darci una mano, tanto per cominciare» spiega,
porgendo il foglio alla ragazza.
«Cos'è questa novità?»
esclama Tony. «Credevo che ormai fossimo amici
Niky, che ci
dicessimo tutto»
«Che dopo l'infelice uscita delle armi nucleari lei avesse
smesso di nasconderci le cose» puntualizza Steve, crucciato.
«Grazie, Capitan Preistoria».
«Che cos'è? Un'ecografia?» borbotta
Nadia senza capire, rigirando più volte il foglio che ha tra
le mani e cercando di decifrare l'immagine confusa che è
stampata sopra, un'insieme di macchie chiare e scure disposte in
circolo.
«È l'immagine ripresa da un telescopio
elettronico» spiega Bruce dopo aver inforcato un paio di
occhiali. «Ma cosa c'entra con Nadia?».
«Quello nell'immagine è un warmhole, il fenomeno
è stato registrato dalla dottoressa Foster» dice
Fury. «L'ultima volta che si è verificato un
simile evento è stato in New Mexico, meno di un anno fa. Fu
quando il nostro amico Thor piovve dal cielo, dopo di lui
arrivò il suo martello, poi i suoi compagni d'armi e infine
un mostro metallico che rase quasi al suolo la città di
Puente Antiguo. Poi c'è stato il varco del Tesseract che ci
vomitò addosso Loki, avete bisogno che vi rammenti quali
sono state le puntate successive?».
Nadia sente la nausea aumentare e l'agitazione crescere. Il solo fatto
che si sia accennato al nome di Loki non migliora molto la sua
situazione psicofisica. Tra l'altro, restando in ambito di
divinità assenti, se non ricorda male, la
dottoressa Foster
dovrebbe essere l'astrofisica Jane, la ragazza di Thor.
«Va bene» sbotta all'improvviso, gettando via il
foglio che ha tra le mani. «Non capisco, signor Fury, cosa si
aspetta che io sappia di questa roba»
«Non mi aspetto niente, signorina Berton. Ma so che Loki si
è messo in contatto con lei dopo che se n'era andato da
Venezia, se per caso ha delle notizie o ci sono stati altri episodi dei
quali non ci ha riferito, questo è il momento buono per
farlo».
Nadia muove la bocca a vuoto, senza che le parole le arrivino alle
labbra, sconvolta com'è. Ha raccontato del sogno in cui
aveva incontrato Loki durante il viaggio in aereo, Ha detto a Tony e
agli altri quello che lui le aveva spiegato sulla faccenda
dell'assorbimento dell'energia e probabilmente è stata
Natasha a raccontare i dettagli al direttore, e fin qui può
anche andarle bene, ma perché Fury si aspetta che lei sappia
qualcosa di Loki? Loki è sparito, l'ha abbandonata, a Loki
non importa niente di lei e se anche avesse avuto dei piani, non era
con lei che li avrebbe condivisi.
«Voi pensate che Loki c'entri con quel warmhole?»
riesce a dire, alla fine, cercando di ritrovare un po' di autocontrollo.
«Potrebbe. Non conosciamo nessun altro che si muova in quel
modo attraverso lo spazio»
«Forse non le è chiaro, signor Fury, che io non
vedo Loki da più di un mese».
Mi ha lasciata a morire.
A quel punto della conversazione, la nausea si è fatta
intollerabile – come la conversazione stessa, del resto.
«Va bene» concede Fury. «Quello che
voglio evitare, signorina Berton, è che lei faccia qualche
sciocchezza»
«Sciocchezza?»
«Sì, qualche sciocchezza sentimentale. Loki
è pericoloso e se stesse cercando di fare qualcosa,
qualsiasi cosa fosse, andrebbe fermato con ogni mezzo. Lei questo lo
capisce, vero?».
Nadia mette su un sorriso mellifluo,
«Vede, signore» mormora con gelido sarcasmo.
«Se io avessi tra le mani Loki in questo preciso momento, lo
fermerei staccandogli la testa, anche se non stesse architettando
niente».
Fury fa un sospiro colmo di pena e preoccupazione, è la cosa
più umana ed emotiva che Nadia gli ha visto fare da quando
è entrata in quella stanza. Poi le dà le spalle e
si avvicina alla vetrata tenendo le mani incrociate dietro la schiena.
«Era come avevi detto, Stark» mormora in tono
grave. «La ragazza è innamorata».
Nadia si sente avvampare, non tanto per l'imbarazzo e nemmeno per la
voglia di gridare che non è affatto vero, ma
perché ha sentito un'ondata di calore venire da dentro.
È un calore sgradevole, come quello della febbre, che le
serpeggia nelle vene, lasciandosi dietro una scia di dolore.
È come quella notte, sull'isola di San Michele, quando aveva
usato l'energia per esorcizzare i demoni.
Cerca di non pensarci, si volta di scatto a guardare Tony con aria
adirata.
«Io... ehm... non ho detto proprio così...
cioè» farfuglia lui, colto alla sprovvista.
Una sensazione strana attraversa la mente della ragazza, è
qualcosa come un fulmine o come una lama che taglia. Sente lo
scricchiolio del vetro e sente il calore e il malessere evaporare dal
suo corpo per spandersi nell'aria. Negli istanti che seguono, tutto
quello che prova è terrore.
«Direttore Fury» dice, con la voce che le si
spezza. «Si... si sposti da lì...».
Un attimo dopo la vetrata va in frantumi, esplodendo verso l'interno.
Nadia resta immobile a guardare i frammenti di vetro che volano in ogni
direzione, spinti dalla forza dell'esplosione che, senza sapere come,
lei stessa ha provocato. Vede un braccio oscurarle la visuale e si
ritrova serrata nella stretta di qualcuno che cerca di proteggerla dai
vetri, qualche frammento le si impiglia nei capelli e nelle pieghe dei
vestiti.
È questione di pochi secondi, ma la ragazza li sente
dilatarsi nella sua mente, come una scena a rallentatore.
È stato Steve a gettarsi addosso a lei; Nadia si libera
cautamente della sua presa e si guarda attorno.
«Cazzo!» ringhia Fury, staccandosi una grossa
scheggia di vetro dal palmo della mano. Ha diversi tagli sul viso e
sulla testa calva, Maria Hill gli porge un fazzoletto con il quale lui
si tampona il sangue.
Nadia guarda smarrita prima lui, poi gli altri che sono alle sue
spalle.
«Bello, molto coreografico» fa Tony, alzandosi in
piedi.
«Tu stai bene?» chiede Bruce alla ragazza.
Lei annuisce meccanicamente. No, non sta affatto bene, sapere che
l'energia dentro il suo corpo può fare cose del genere non
è per niente rassicurante, senza contare che quell'energia,
stando a quanto aveva detto Loki, prima o poi la ucciderà.
«Vuole mettermi in una cella nascosta e usarmi come cavia da
esperimenti, direttore?» chiede poi Nadia quando Fury si
rimette in piedi.
«Non mi tenti, signorina Berton. Non mi tenti»
borbotta lui, continuando a tamponare un taglio sulla tempia che non
smette di sanguinare e continuando imperterrito a sbagliare l'accento
del suo cognome. «Comunque sia, questo è quello
che faremo: un bel check-up medico completo»
«Con la supervisione del dottor Banner, immagino»
dice Tony. Non è una proposta, suona più come un
ordine ma Fury fa finta di ignorare il tono poco democratico di quelle
parole.
«Con la supervisione del dottor Banner» concede.
«Poi vedremo di capire se incidenti come questo sono
evitabili con qualche attività specifica».
«Attività specifica?» ripete Nadia,
senza capire.
«Addestramento, perché no?» risponde
Natasha con un mezzo sorriso, tirandole un buffetto sulla spalla.
«Possiamo senz'altro organizzare qualcosa di
divertente» le fa eco Clint.
«E per i momenti peggiori puoi usare Capitan Ghiacciolo come
pungiball, tanto lui mica si rompe...» aggiunde Tony.
«Possiamo senz'altro provare» si arrende Steve con
un'alzata di spalle.
«E lei
preghi,
signorina Berton, preghi che questo sia sufficiente» conclude
Fury con sguardo duro.
***
Sono trascorsi diversi giorni di snervante nulla, nei quali Loki
è rimasto solo con i suoi pensieri.
Le parole del capo dei Chitauri hanno continuato a rimbalzargli nella
mente senza trovare una collocazione precisa. I punti di domanda di
mille questioni senza risposta sono come uncini che si conficcano nella
sua testa.
Chi vuole distruggere la Terra e perché?
Cosa c'entra tutto ciò con il fatto che i Chitauri hanno
potuto viaggiare fino al luogo isolato in cui lui si era nascosto dopo
essere fuggito da Venezia?
Il tempo è diventato una massa informe di vuoto che Loki non
riesce a quantificare.
Poi, senza preavviso, il suo supplizio è cominciato.
Vengono a prenderlo e lo portano al cospetto di Thanos, gettandolo
bocconi sulla terra ai suoi piedi. Loki sente l'umiliazione cominciare
a bruciargli fin dentro le viscere, ma sa che non è
né saggio né sensato opporre resistenza in quel
momento.
Colui che una volta gli aveva fatto da maestro non proferisce alcuna
parola. Non c'è niente da dire e nemmeno niente che merita
di essere ascoltato, sanno entrambi perché lui è
lì.
Comincia all'improvviso, dal silenzio; si abbatte su di lui con la
violenza di un'esplosione. Loki non sa qual è la fonte di
quel dolore lancinante, non riesce a capire se proviene dalla sua mente
o dal suo corpo. È come un fluido che gli si riversa addosso
sempre più copioso, fino ad annegarlo, è dentro
di lui e sulla sua pelle, anche se nessuno lo ha toccato. Dopo qualche
istante percepisce solo le scintille di rosso che si accendono dietro
le sue palpebre chiuse e lo sforzo immane di tener serrate le labbra il
più a lungo possibile, di non regalare al suo carnefice la
soddisfazione delle sue grida. È un proposito che riesce a
rispettare per una discreta quantità di tempo, ma poi deve
cedere al dolore, una sensazione di bruciore e di strofinio di lame che
parte dall'interno del suo corpo e risale fino alla pelle, lacerandola;
e quando comincia a gridare, il dio non ne è nemmeno
più cosciente, il male fa impazzire il suo corpo, annullando
ogni suo senso. Sente solo due gocce di sudore scendere lentamente
dalla tempia fino alla mascella e l'odore ferruginoso del suo stesso
sangue. E in mezzo a quelle sensazioni orrende, affiorano i suoi
ricordi peggiori, immagini nitide e perfette di tutti gli avvenimenti
che in passato gli hanno provocato sofferenza, tutte le delusioni,
tutte le sconfitte che si gonfiano nella sua mente e la invadono, come
un assedio che non sa respingere.
Perché Thanos conosce i suoi nervi scoperti, quelli del suo
corpo e quelli della sua mente. Lui può creare trame di
incubo e sofferenza in cui le sue vittime non possono fare altro che
dibattersi come pesci trascinati sulla riva cocente di una spiaggia,
senza respiro, senza scampo.
Poi il buio arriva inatteso, come una benedizione.
Si risveglia nella grotta-prigione, di nuovo solo, con il rumore del
vento a martellargli nella testa. È steso di
fianco sulla roccia e impiega qualche secondo a realizzare di essere
completamente nudo e in balia del gelo che soffia su quell'altura
desolata. Ad ogni minimo movimento, un bruciore acuto si spande in ogni
parte del suo corpo, ma Loki si sforza ugualmente di mettersi a sedere.
Quell'orrore è appena cominciato, e ci vorrà
tempo prima che lui riesca a capire come creare un varco di energia da
quella galassia fino alla Terra. La consapevolezza di tutto
ciò potrebbe bastare a gettarlo nella più totale
disperazione, ma Loki si impone di restare lucido, si aggrappa alla sua
rabbia con tutta la forza che ha, come ha già fatto in
passato, e giura a se stesso che sopporterà. Che ancora una
volta sopravvivrà e tornerà più forte
di prima.
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Note:
Fate
ciao ciao anche a Mike, nuovo personaggio originale che è
entrato a
far parte della baracca. Ho grandi progetti per quel ragazzo.
Nel
prossimo capitolo ci sarà un grosso salto temporale, la
storia
ripartirà dai giorni successivi a quello che avete letto nel
prologo, due mesi dopo l'arrivo di Nadia a New York.
Thanos.
Parliamone. So che il personaggio all'interno dei fumetti ha tutta la
sua bella caratterizzazione e il suo perché, lo so
più che altro
perché mi è stato spiegato da chi ne sa
più di me.
Ma
qui siamo nel movieverse. E fino ad ora, nel movieverse, di Thanos
non ci hanno detto niente, per cui (considerando anche che lui non
sarà un personaggio particolarmente rilevante nella trama)
io
improvviso, non per pigrizia nel documentarmi, semplicemente
perché
mi baso sul materiale che ho a disposizione: i film, appunto.