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Autore: Alkimia    05/10/2012    11 recensioni
[CONCLUSA]
***SEGUITO di "A series of unfurtunate events"***
Ognuna delle opzioni possibili è rischiosa e potrebbe danneggiare Nadia. Per non parlare dell'altra faccenda in ballo: qualcuno vuole distruggere la Terra... tanto per mantenersi nel solco della tradizione.
Nadia è in America per cercare, insieme allo S.H.I.E.L.D, un rimedio ai danni provocati dall'energia della pietra. Loki è prigioniero sul pianeta dei Chitauri ma ha ancora dei piani. Eppure, ancora una volta, troppe cose non vanno come lui sperava. Vecchi nemici tornano da un passato lontano che lui continua a rinnegare, costringendo gli Avengers a tornare in campo; episodi e sentimenti inaspettati lo porteranno a dover decidere da che parte stare. E non è detto che la decisione finale sarà quella giusta...
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Nuovo personaggio, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A waltz for shadows and stars'
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Capitolo secondo
Two months ago – part two


Nadia è lì da pochi giorni e si sente stranamente tranquilla. Non ha avuto il tempo di abituarsi a niente in realtà, ma sta cominciando a provare un senso di rassegnata accettazione per tutto quello che è accaduto. Nemmeno la voce di Jarvis che spunta dal nulla le fa più impressione.
Però comincia a sentirsi un po' di peso in casa Stark. Pepper è partita per una conferenza a Los Angeles, lei e Tony stanno organizzando qualcosa di grosso che riguarda una dimostrazione pubblica sull'utilizzo del famigerato reattore Arc come fonte di energia pulita e poi parlano spesso di un'impresa, la Golden Hope o qualcosa del genere, con cui le Stark Industries stanno collaborando a un progetto che a Pepper sta molto a cuore per una qualche ragione che Nadia ancora non ha compreso.
Tony dovrebbe a essere a Los Angeles, assieme alla sua donna, ad occuparsi della sua attività e a mostrare al mondo ciò che il suo instancabile cervello è riuscito a produrre. E invece è a New York, a recitare la parte del dirigente industriale assennato – una parte che non gli si addice nemmeno un po' – per non lasciare Nadia da sola.
In generale, Tony la sta tremendamente viziando, Nadia ha la sensazione che se lei dicesse, anche solo per scherzo, di volere una stella, lui comprerebbe un dipartimento della NASA e menderebbe degli astronauti a tirare Alfa Tauri giù dal cielo. Ma lei sa che tutto quello che il caro signor Stark vuole fare è tenerle la mente occupata; ciò che il suo amico non capisce è che non c'è niente di abbastanza grande da poter tappare il buco nero che Nadia ancora si porta dentro.
L'autista l'ha accompagnata fino a quella stradina, a un paio di isolati dalla Stark Tower, dove c'è una tavola calda che fa lo shawarma – che Nadia ha finalmente capito trattasi di una piadina farcita di kebab. Tony le ha proposto di andare a prendere lo shawarma e di raggiungerlo in ufficio per pranzare assieme, le ha anche promesso un aneddoto assolutamente esclusivo e top-secret su quel kebab.
Così adesso la ragazza si ritrova a camminare in un vicolo di New York, mani sprofondate nelle tasche dei jeans e naso all'insù, a osservare distrattamente il cielo rigato dai cavi del tram che sembra lontanissimo.
La sua attenzione viene catturata dal chiosco di un'edicola, tra gli espositori di giornali e fumetti spunta un pannello di plexiglas sul quale sono in mostra alcune maschere di plastica, il cartellino scritto a mano dice ''9,50 $''. In mezzo alle facce di personaggi di cartoni animati e personaggi televisivi spunta una fila di maschere che riproducono in maniera un po' approssimativa i volti degli Avengers.
Oh, Dio...
Nadia si avvicina, allunga una mano a prendere la maschera con la forma dell'elmo di Iron Man. Due fori vuoti, lì dove dovrebbero esserci le fessure luminose, sembrano fissarla.
La ragazza capisce di non essersi mai resa conto davvero del significato più profondo della parola eroe, del valore che la gente dà a certe cose.
New York porta ancora addosso i segni della distruzione, un'infinità di cantieri delimitati da strisce di nastri di plastica disegna i contorni delle cicatrici lasciate dalla battaglia, squadre di operai lavorano per rimettere in sesto strade distrutte, facciate di palazzi sfondate, buche nell'asfalto.
È il male a far nascere gli eroi, e il male che quella città ha subito ha un volto e un nome, proprio come quelli delle persone che l'hanno salvata.  
Loki...
Nadia non ha più pensato a lui da quando è arrivata in America. Ha preferito relegare quel ricordo in un angolo buio e ha fatto in modo che nemmeno la luce più flebile giungesse mai a sfiorarlo.
Alla vista delle strade di una New York martoriata, il pensiero di Loki sfoca nella sua mente, come il ricordo di quello che è accaduto a Venezia. In quei giorni Nadia trovava così difficile credere che non ci fosse altro che male dentro di lui, come invece gli Avengers non facevano altro che ricordare e come Thor cercava così disperatamente di ignorare. Ora la ragazza si sente come quella città, devastata, ferita per la sola colpa di aver incrociato per caso il suo cammino con quello del dio dell'inganno.
Una maledizione le brucia nella gola, una maledizione che quasi con stupore Nadia non riesce a far arrivare alle labbra.
Che tu sia maledetto, Loki, dovunque tu sia.
Il pensiero non prende voce, non si concretizza, rimane una sensazione di furore frustrato in fondo allo stomaco.
Non riesce a volergli male, non ce la fa. Non ce la farà mai. Spera solo di essere in grado di dimenticarlo, prima o poi.
Ripone la maschera di Iron Man sull'espositore e torna a camminare per raggiungere la tavola calda dove fanno lo shawarma.

L'autista – ok, non si abituerà mai ad avere un autista, nemmeno tra un milione di anni – l'accompagna alla sede delle Stark Industries e Nadia si ritrova a camminare in un dedalo di corridoi lucidati a specchio, sotto lo sguardo di una miriade di gente in giacca e cravatta o tailleur, con un sacchetto di carta che spande attorno un forte odore speziato. Magari sono tutti abituati alle stravaganze del padrone di casa, ma lei deve sembrare proprio un pesce fuor d'acqua.
Quando raggiunge l'ufficio di Tony, nel cuore del dannato palazzo, trova la porta chiusa e un tizio dall'aria nervosa che cammina avanti e indietro, reggendo tra le mani una cartellina.
Il tizio in realtà è un ragazzo forse di pochi anni più grande di lei; sembra non voler fare altro che schizzare fuori dal completo blu scuro e gettarsi sotto una doccia, stando al modo in cui si tormenta il nodo della cravatta, ma se continua così tutto ciò che otterrà sarà di scavare un solco sul pavimento a forza di muoversi su e giù per quel metro di mattonelle.
«È impegnato al telefono» bisbiglia il ragazzo quando vede Nadia fissare la porta chiusa dell'ufficio del grande capo. «Il signor Stark, intendo, è occupato con una telefonata, sembra molto importante perché per rispondere mi ha fatto uscire».
Lei annuisce con un mezzo sorriso, mormorando un vago «Ok» e guardando lo sconosciuto con aria un po' perplessa.
«Sembra di pessimo umore» squittisce lui, con voce afflitta.
Certo, Tony diventa sempre un po' nervoso quando Pepper non c'è, senza contare che in quei giorni ha parecchie gatte da pelare sia al lavoro che fuori, e lei è una di queste; ma il ragazzo sembra proprio sul punto di mettersi a dare testate contro il muro, come se tutti i mali del mondo stiano per ricadere sulle sue spalle.
«Sono certa che non ti staccherà una mano a morsi» gli dice lei, nel goffo tentativo di farlo calmare.
«Dici? Ah!... oh, scusa, io sono Mike Glanville»
«Piacere, mi chiamo Nadia».
Si stringono la mano e lui fa un mezzo sorriso, riuscendo ad apparire per un secondo un po' più rilassato. È carino, con i capelli castano chiaro tagliati corti, una carnagione di un'insolita tinta ambrata e gli occhi chiari. A Nadia sono sempre piaciuti i ragazzi con gli occhi chiari, anche quando si tratta di occhi profondi e gelidi come quelli di...
Stringe le palpebre per ricacciare indietro quel pensiero del tutto fuori luogo e tenta di concentrarsi sul ragazzo che aveva davanti.
«Sì, ho sentito parlare di te in questi giorni» mormora lui, tamburellando le dita sul fondo della cartellina che ha tra le mani.
«Come il cagnolino del signor Stark, immagino» borbotta la ragazza.
Mike sgrana gli occhi,
«Tony Stark ha un cagnolino?» dice, fingendosi sconvolto con un'espressione talmente buffa che Nadia si ritrova a ridere.
Il ragazzo scuote la testa e si va a sedere su una delle poltrone di pelle rossa sistemate nell'elegante anticamera. Un sole tiepido entra attraverso i vetri delle grandi finestre.
«Sembra che tu debba andare a incontrare un plotone d'esecuzione, comunque» dice la ragazza raggiungendolo.
«Più o meno. Sono uno stagista, mi ha assunto la signorina Potts. Mi sono da poco laureato in ingegneria ed è una grande opportunità per me lavorare qui... ma il signor Stark alle volte è così incomprensibile e irritante. Oddio, scusa, non avrei dovuto dirlo»
«Rilassati Mike, non lo verrà a sapere da me. E comunque sì, temo che sia del tutto pazzo» conclude Nadia, sghignazzando.
I due ragazzi restano a chiacchierare per una decina di minuti, fino a quando le porte dell'ufficio di Tony non si aprono e Mike sparisce oltre i battenti, non prima di essersi voltato un'ultima volta verso di lei e aver mimato il gesto di incrociare le dita.

***

Sono passati otto giorni da quando Nadia è arrivata a New York.
Quel mattino se ne sta seduta scomposta sul divano, con il naso tra le pagine di Game of thrones. Il tuttofare, in giacca di Hugo Boss, è appena arrivato a portare una scatola di ciambelle glassate proveniente da una determinata pasticceria dall'ubicazione ignota a cui il signor Stark sembra essere particolarmente devoto.
Nadia ha sviluppato un odio immediato per il caffè americano, e in generale il cibo di quel posto non la fa proprio impazzire, ma è certa che le ciambelle glassate che Tony si fa arrivare ogni mattina potrebbero fermare un'eventuale terza guerra mondiale.
La ragazza sta giusto addentando la prima ciambella, con la glassa bianca e gli zuccherini verdi, quando la voce di Jarvis soffia dagli altoparlanti, facendole avere un sobbalzo e facendo rovesciare la tazza di caffè di Pepper – rientrata il giorno prima dai suoi impegni californiani – sul suo librone fantasy.
«L'agente Hill è di fuori, signore» dice la voce robotica.
«Fammi indovinare: è urgente» borbotta Tony.
«Così sembrerebbe, signore»
«Se ti lasci di nuovo bypassare, Jarvis, io ti smagnetizzo!»
«Ma, signore...».
In quello stesso istante la porta dell'ascensore si apre e fa la sua comparsa una donna che attraversa il grande open space con un passo quasi marziale. La donna è giovane, indossa stretti jeans scuri e una giacca di pelle nera con la cerniera abbottonata fino al mento.
«Stark...» dice con un sospiro spazientito, come una maestrina che si rivolge a uno scolaro particolarmente negligente. «Fury vi sta aspettando, te e la ragazza, da una settimana».
Nadia sposta più volte lo sguardo tra Tony e la donna, confusa. Fury è il direttore dello S.H.I.E.L.D, lo sa, come sapeva che prima o poi avrebbe dovuto incontrarlo. Ha intuito che Tony aveva rimandato l'incontro per darle il tempo di ambientarsi e probabilmente per organizzare qualcosa personalmente, prima che il capo di una super associazione segreta decidesse cosa fare di lei e prendesse iniziative poco piacevoli, ma tutti hanno i propri limiti, anche i geni miliardari supereroi a tempo perso.
«Oh, cielo!» esclama Tony, enfatizzando un'aria mortificata falsa quanto una banconota da quindici euro. «La mia segreteria è in ferie e io non so dove tiene l'agenda in cui segna i miei appuntamenti, per questo forse mi è sfuggito, ma quando torna Nick può telefonarle e fissare un incontro così magar...»
«Una macchina ci aspetta di sotto» lo interrompe la donna, perentoria.
«D'accordo» capitola l'uomo, strizzando l'occhio in direzione di Nadia, come a dirle di non preoccuparsi. «Una ciambella, agente Hill?».

L'agente Hill non ha voluto nessuna ciambella, non ha nemmeno voluto aspettare un minuto di più. Nadia e Tony si sono ritrovati assieme a lei in ascensore; la ragazza ha letto qualcosa di strano e poco promettente nel modo severo in cui la donna guarda il suo amico.
L'auto li lascia davanti a una palazzina bassa dalla facciata bianca, la bandiera a stelle e strisce che sventola sulla cornice di marmo della porta. Di certo quella non è la base dello S.H.I.E.L.D, Nadia ne è sicura, si tratta forse solo di un qualche ufficio che loro prendono in prestito per svolgere attività particolarmente tranquille. Questo in qualche modo dovrebbe rassicurarla, ma non le fa piacere essere lì, sopratutto esserci arrivata in quel modo, con la donna dallo sguardo adamantino che sembra sul punto di scaricare la pistola addosso a Tony.
Sono appena entrati nel palazzo e stanno percorrendo un'anticamera dal pavimento di marmo liso, un po' come quello dei vecchi palazzi di Venezia, quando sentono il portone aprirsi alle loro spalle e dei passi strascicati avvicinarsi.
La donna inarca un sopracciglio e fa per voltarsi.
«Ma tu guarda, Guglielmo Tell di ritorno dalle Alpi Svizzere» esclama Tony.
Clint Barton fa un mezzo sorriso e si avvicina con un'andatura vistosamente zoppicante. Batte una mano sulla spalla di Nadia e le strizza l'occhio.
«Allora sono rientrato giusto in tempo per il tuo debutto in società. Nat mi ha mandato un messaggio stamattina» dice.
«Oh, mi fa piacere che ci sia anche tu. Ehm... Clint»
«Sì?»
«La gamba, stai sanguinando»
«Lo so».
Nadia non aggiunge altro e non fa domande. Non si aspetta plateali dimostrazioni d'affetto dal super efficiente agente Barton ma è intimamente contenta che Clint si sia presentato lì, di ritorno da chissà quale missione, stanco e zoppicante, per assistere al suo incontro con le alte cariche dello S.H.I.E.L.D.
In quei giorni trascorsi a Venezia si è affezionata a ognuno di loro, ha imparato ad amare tutte le loro strane – e in alcuni casi inquietanti – peculiarità e, volendo definire l'amicizia come l'incontro perfetto tra l'affetto e la fiducia, quelle persone sono di certo i suoi migliori amici.
La contentezza di Nadia sfiora vette da record quando, saliti all'ultimo piano del palazzo, si ritrovano in un corridoio dove ci sono altri visi noti che l'aspettano.
Bruce, Steve e Natasha sono in piedi davanti all'unica porta, le sorridono quando la vedono comparire all'aprirsi dell'ascensore.
L'agente Hill – Maria Hill, ha appreso Nadia – entra nell'unica stanza del piano e lascia per qualche minuto la ragazza ai saluti degli Avengers.
«Ehi, Maciste come sei arrivato qui? Il traffico cittadino non ti fa saltare i nervi?» chiede Tony guardando perplesso Bruce.
«Mi ci hanno portato in elicottero, in realtà»
«Ingegnoso. È un peccato che non si possa telefonare a Boccoli d'oro, immagino sarebbe venuto anche lui».
Nadia spalanca la bocca in una perfetta O di stupore. Sono davvero tutti lì per lei, hanno voluto esserci. La ragazza sente un forte senso di commozione e gratitudine stringerle il cuore e un attimo dopo comincia la nausea.
Oh, no...
Ha imparato a riconoscere i sintomi, prima un leggero attacco di nausea, poi il mal di testa, poi la nausea che si fa sempre più forte, e infine il vomito e lo stordimento. D'accordo, forse è solo l'emozione, non deve pensarci e non vuole presentarsi al direttore dello S.H.I.E.L.D. con l'aria sofferente.
Maria Hill apre la porta e fa cenno a Nadia di entrare.
«Solo la ragazza» specifica quando gli altri fanno per varcare la soglia dietro di lei.
«Non dica sciocchezze» la rimbecca Tony mantenendo aperto il battente di legno. «Banner è già abbastanza irritato dai rumori dei clacson».
La Hill si volta verso il suo superiore, guardandolo incerta, lui scuote il capo in segno di resa ma sbuffa come un toro pronto alla carica.
Dunque quello è Nick Fury. L'uomo di colore è vestito di nero, con una benda di cuoio scuro sull'occhio sinistro. Una ragnatela di segni lividi è visibile oltre il contorno della benda e Nadia pensa che la storia di come il direttore dello S.H.I.E.L.D. abbia perso l'occhio deve essere parecchio splatter.
La stanza è vuota, il pavimento di legno è sporco di fuliggine e in un angolo sono ammucchiati scatoloni coperti di polvere. L'unico arredo è un sedia laccata di bianco che ha certamente visto tempi migliori.
«Benvenuta, signorina Berton, si sieda» la invita Fury, che è in piedi contro una grande vetrata; la luce che entra mette ancora più in risalto il tetro della sua figura. Nadia ne ha paura e il cuore smette di batterle all'impazzata solo quando si accorge che dietro la sedia su cui si è lasciata cadere ci sono gli Avengers. La squadra di eroi che ha salvato la Terra è in piedi, alle sue spalle, a braccia conserte come a intimare a Fury di andarci piano. Essere sotto la protezione di quei tizi è elettrizzante in un certo senso.
«Come si sente, signorina Berton?». Nick Fury sbaglia a pronunciare il suo cognome, facendo cadere l'accento sulla O, la vocale sbagliata.
Nadia sbatte più volte le palpebre,
«Sto bene, signore» risponde in tono compito.
«Mi fa piacere, ma non è quello che risulta dalle nostre informazioni».
«Oh, lei vuole sapere di questo» borbotta la ragazza scostando la manica della maglietta e mettendo in mostra il bracciale, un semplice ninnolo d'argento con delle incisioni simili a delle rune e una pietra opalescente incastonata nel mezzo. «So che mi ha tenuto sotto sorveglianza a Venezia, non so come ma suppongo siate anche entrati in possesso di informazioni mediche su di me. Ci sono lacune nel rapporto che le è stato fornito? Perché in questo caso sarei ben lieta di aiutarvi a colmarle, appena lei mi avrà detto due cose».
Fury incrocia le braccia sul petto e corruga la fronte. C'è una nota ostile nella voce di Nadia e di sicuro la cosa non è sfuggita all'uomo in nero. E lui deve essere il tipo da rispondere all'ostilità con mezzi piuttosto bellicosi.
«Cosa vuole sapere?» le chiede dopo qualche istante, senza che nessuna emozione gli smuova il tono di voce.
«Come pensate di aiutarmi e perché volete farlo».
Fury attraversa la stanza con passo rigido, le si avvicina ed estrae un foglio piegato dalla tasca interna della giacca.
«Voglio sapere se sa qualcosa di questo e se è in grado di darci una mano, tanto per cominciare» spiega, porgendo il foglio alla ragazza.
«Cos'è questa novità?» esclama Tony. «Credevo che ormai fossimo amici Niky, che ci dicessimo tutto»
«Che dopo l'infelice uscita delle armi nucleari lei avesse smesso di nasconderci le cose» puntualizza Steve, crucciato.
«Grazie, Capitan Preistoria».
«Che cos'è? Un'ecografia?» borbotta Nadia senza capire, rigirando più volte il foglio che ha tra le mani e cercando di decifrare l'immagine confusa che è stampata sopra, un'insieme di macchie chiare e scure disposte in circolo.
«È l'immagine ripresa da un telescopio elettronico» spiega Bruce dopo aver inforcato un paio di occhiali. «Ma cosa c'entra con Nadia?».
«Quello nell'immagine è un warmhole, il fenomeno è stato registrato dalla dottoressa Foster» dice Fury. «L'ultima volta che si è verificato un simile evento è stato in New Mexico, meno di un anno fa. Fu quando il nostro amico Thor piovve dal cielo, dopo di lui arrivò il suo martello, poi i suoi compagni d'armi e infine un mostro metallico che rase quasi al suolo la città di Puente Antiguo. Poi c'è stato il varco del Tesseract che ci vomitò addosso Loki, avete bisogno che vi rammenti quali sono state le puntate successive?».
Nadia sente la nausea aumentare e l'agitazione crescere. Il solo fatto che si sia accennato al nome di Loki non migliora molto la sua situazione psicofisica. Tra l'altro, restando in ambito di divinità assenti, se non ricorda male, la dottoressa Foster dovrebbe essere l'astrofisica Jane, la ragazza di Thor.
«Va bene» sbotta all'improvviso, gettando via il foglio che ha tra le mani. «Non capisco, signor Fury, cosa si aspetta che io sappia di questa roba»
«Non mi aspetto niente, signorina Berton. Ma so che Loki si è messo in contatto con lei dopo che se n'era andato da Venezia, se per caso ha delle notizie o ci sono stati altri episodi dei quali non ci ha riferito, questo è il momento buono per farlo».
Nadia muove la bocca a vuoto, senza che le parole le arrivino alle labbra, sconvolta com'è. Ha raccontato del sogno in cui aveva incontrato Loki durante il viaggio in aereo, Ha detto a Tony e agli altri quello che lui le aveva spiegato sulla faccenda dell'assorbimento dell'energia e probabilmente è stata Natasha a raccontare i dettagli al direttore, e fin qui può anche andarle bene, ma perché Fury si aspetta che lei sappia qualcosa di Loki? Loki è sparito, l'ha abbandonata, a Loki non importa niente di lei e se anche avesse avuto dei piani, non era con lei che li avrebbe condivisi.
«Voi pensate che Loki c'entri con quel warmhole?» riesce a dire, alla fine, cercando di ritrovare un po' di autocontrollo.
«Potrebbe. Non conosciamo nessun altro che si muova in quel modo attraverso lo spazio»
«Forse non le è chiaro, signor Fury, che io non vedo Loki da più di un mese». Mi ha lasciata a morire.
A quel punto della conversazione, la nausea si è fatta intollerabile – come la conversazione stessa, del resto.
«Va bene» concede Fury. «Quello che voglio evitare, signorina Berton, è che lei faccia qualche sciocchezza»
«Sciocchezza?»
«Sì, qualche sciocchezza sentimentale. Loki è pericoloso e se stesse cercando di fare qualcosa, qualsiasi cosa fosse, andrebbe fermato con ogni mezzo. Lei questo lo capisce, vero?».
Nadia mette su un sorriso mellifluo,
«Vede, signore» mormora con gelido sarcasmo. «Se io avessi tra le mani Loki in questo preciso momento, lo fermerei staccandogli la testa, anche se non stesse architettando niente».
Fury fa un sospiro colmo di pena e preoccupazione, è la cosa più umana ed emotiva che Nadia gli ha visto fare da quando è entrata in quella stanza. Poi le dà le spalle e si avvicina alla vetrata tenendo le mani incrociate dietro la schiena.
«Era come avevi detto, Stark» mormora in tono grave. «La ragazza è innamorata».
Nadia si sente avvampare, non tanto per l'imbarazzo e nemmeno per la voglia di gridare che non è affatto vero, ma perché ha sentito un'ondata di calore venire da dentro. È un calore sgradevole, come quello della febbre, che le serpeggia nelle vene, lasciandosi dietro una scia di dolore. È come quella notte, sull'isola di San Michele, quando aveva usato l'energia per esorcizzare i demoni.
Cerca di non pensarci, si volta di scatto a guardare Tony con aria adirata.
«Io... ehm... non ho detto proprio così... cioè» farfuglia lui, colto alla sprovvista.
Una sensazione strana attraversa la mente della ragazza, è qualcosa come un fulmine o come una lama che taglia. Sente lo scricchiolio del vetro e sente il calore e il malessere evaporare dal suo corpo per spandersi nell'aria. Negli istanti che seguono, tutto quello che prova è terrore.
«Direttore Fury» dice, con la voce che le si spezza. «Si... si sposti da lì...».
Un attimo dopo la vetrata va in frantumi, esplodendo verso l'interno.
Nadia resta immobile a guardare i frammenti di vetro che volano in ogni direzione, spinti dalla forza dell'esplosione che, senza sapere come, lei stessa ha provocato. Vede un braccio oscurarle la visuale e si ritrova serrata nella stretta di qualcuno che cerca di proteggerla dai vetri, qualche frammento le si impiglia nei capelli e nelle pieghe dei vestiti.
È questione di pochi secondi, ma la ragazza li sente dilatarsi nella sua mente, come una scena a rallentatore.
È stato Steve a gettarsi addosso a lei; Nadia si libera cautamente della sua presa e si guarda attorno.
«Cazzo!» ringhia Fury, staccandosi una grossa scheggia di vetro dal palmo della mano. Ha diversi tagli sul viso e sulla testa calva, Maria Hill gli porge un fazzoletto con il quale lui si tampona il sangue.
Nadia guarda smarrita prima lui, poi gli altri che sono alle sue spalle.
«Bello, molto coreografico» fa Tony, alzandosi in piedi.
«Tu stai bene?» chiede Bruce alla ragazza.
Lei annuisce meccanicamente. No, non sta affatto bene, sapere che l'energia dentro il suo corpo può fare cose del genere non è per niente rassicurante, senza contare che quell'energia, stando a quanto aveva detto Loki, prima o poi la ucciderà.
«Vuole mettermi in una cella nascosta e usarmi come cavia da esperimenti, direttore?» chiede poi Nadia quando Fury si rimette in piedi.
«Non mi tenti, signorina Berton. Non mi tenti» borbotta lui, continuando a tamponare un taglio sulla tempia che non smette di sanguinare e continuando imperterrito a sbagliare l'accento del suo cognome. «Comunque sia, questo è quello che faremo: un bel check-up medico completo»
«Con la supervisione del dottor Banner, immagino» dice Tony. Non è una proposta, suona più come un ordine ma Fury fa finta di ignorare il tono poco democratico di quelle parole.
«Con la supervisione del dottor Banner» concede. «Poi vedremo di capire se incidenti come questo sono evitabili con qualche attività specifica».
«Attività specifica?» ripete Nadia, senza capire.
«Addestramento, perché no?» risponde Natasha con un mezzo sorriso, tirandole un buffetto sulla spalla.
«Possiamo senz'altro organizzare qualcosa di divertente» le fa eco Clint.
«E per i momenti peggiori puoi usare Capitan Ghiacciolo come pungiball, tanto lui mica si rompe...» aggiunde Tony.
«Possiamo senz'altro provare» si arrende Steve con un'alzata di spalle.
«E lei preghi, signorina Berton, preghi che questo sia sufficiente» conclude Fury con sguardo duro.

***

Sono trascorsi diversi giorni di snervante nulla, nei quali Loki è rimasto solo con i suoi pensieri.
Le parole del capo dei Chitauri hanno continuato a rimbalzargli nella mente senza trovare una collocazione precisa. I punti di domanda di mille questioni senza risposta sono come uncini che si conficcano nella sua testa.
Chi vuole distruggere la Terra e perché?
Cosa c'entra tutto ciò con il fatto che i Chitauri hanno potuto viaggiare fino al luogo isolato in cui lui si era nascosto dopo essere fuggito da Venezia?
Il tempo è diventato una massa informe di vuoto che Loki non riesce a quantificare.
Poi, senza preavviso, il suo supplizio è cominciato.
Vengono a prenderlo e lo portano al cospetto di Thanos, gettandolo bocconi sulla terra ai suoi piedi. Loki sente l'umiliazione cominciare a bruciargli fin dentro le viscere, ma sa che non è né saggio né sensato opporre resistenza in quel momento.
Colui che una volta gli aveva fatto da maestro non proferisce alcuna parola. Non c'è niente da dire e nemmeno niente che merita di essere ascoltato, sanno entrambi perché lui è lì.
Comincia all'improvviso, dal silenzio; si abbatte su di lui con la violenza di un'esplosione. Loki non sa qual è la fonte di quel dolore lancinante, non riesce a capire se proviene dalla sua mente o dal suo corpo. È come un fluido che gli si riversa addosso sempre più copioso, fino ad annegarlo, è dentro di lui e sulla sua pelle, anche se nessuno lo ha toccato. Dopo qualche istante percepisce solo le scintille di rosso che si accendono dietro le sue palpebre chiuse e lo sforzo immane di tener serrate le labbra il più a lungo possibile, di non regalare al suo carnefice la soddisfazione delle sue grida. È un proposito che riesce a rispettare per una discreta quantità di tempo, ma poi deve cedere al dolore, una sensazione di bruciore e di strofinio di lame che parte dall'interno del suo corpo e risale fino alla pelle, lacerandola; e quando comincia a gridare, il dio non ne è nemmeno più cosciente, il male fa impazzire il suo corpo, annullando ogni suo senso. Sente solo due gocce di sudore scendere lentamente dalla tempia fino alla mascella e l'odore ferruginoso del suo stesso sangue. E in mezzo a quelle sensazioni orrende, affiorano i suoi ricordi peggiori, immagini nitide e perfette di tutti gli avvenimenti che in passato gli hanno provocato sofferenza, tutte le delusioni, tutte le sconfitte che si gonfiano nella sua mente e la invadono, come un assedio che non sa respingere.
Perché Thanos conosce i suoi nervi scoperti, quelli del suo corpo e quelli della sua mente. Lui può creare trame di incubo e sofferenza in cui le sue vittime non possono fare altro che dibattersi come pesci trascinati sulla riva cocente di una spiaggia, senza respiro, senza scampo.
Poi il buio arriva inatteso, come una benedizione.
Si risveglia nella grotta-prigione, di nuovo solo, con il rumore del vento a martellargli nella testa. È  steso di fianco sulla roccia e impiega qualche secondo a realizzare di essere completamente nudo e in balia del gelo che soffia su quell'altura desolata. Ad ogni minimo movimento, un bruciore acuto si spande in ogni parte del suo corpo, ma Loki si sforza ugualmente di mettersi a sedere.
Quell'orrore è appena cominciato, e ci vorrà tempo prima che lui riesca a capire come creare un varco di energia da quella galassia fino alla Terra. La consapevolezza di tutto ciò potrebbe bastare a gettarlo nella più totale disperazione, ma Loki si impone di restare lucido, si aggrappa alla sua rabbia con tutta la forza che ha, come ha già fatto in passato, e giura a se stesso che sopporterà. Che ancora una volta sopravvivrà e tornerà più forte di prima.   




____________________________________________

Note:

Fate ciao ciao anche a Mike, nuovo personaggio originale che è entrato a far parte della baracca. Ho grandi progetti per quel ragazzo.

Nel prossimo capitolo ci sarà un grosso salto temporale, la storia ripartirà dai giorni successivi a quello che avete letto nel prologo, due mesi dopo l'arrivo di Nadia a New York.

Thanos. Parliamone. So che il personaggio all'interno dei fumetti ha tutta la sua bella caratterizzazione e il suo perché, lo so più che altro perché mi è stato spiegato da chi ne sa più di me.
Ma qui siamo nel movieverse. E fino ad ora, nel movieverse, di Thanos non ci hanno detto niente, per cui (considerando anche che lui non sarà un personaggio particolarmente rilevante nella trama) io improvviso, non per pigrizia nel documentarmi, semplicemente perché mi baso sul materiale che ho a disposizione: i film, appunto.




Ho rimesso mano a photoshop... si salvi chi può!

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Ci leggiamo venerdì con il prossimo aggiornamento.

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