2 take me under
PREMESSA
NOIOSA MA INDISPENSABILE: Il primo capitolo è assolutamente
progettato per essere un AU. E' un
AU e una ONE-SHOT,
ciò vuol dire che è autoconclusivo. Quello
è il suo finale, punto e stop.
PERO' se a quel
primo
capitolo volete aggiungere anche la lettura di questo secondo, allora
smettete di pensarlo come one-shot ambientata in un universo
alternativo. Il secondo capitolo riprende le fila del primo, diventa un
finale alternativo ambientato nell' universo canonico. Canonico, pur,
ovviamente, con una situazione da me immaginata. L' età dei
protagonisti in entrambi i casi si aggira introno ai ventiquattro,
ventotto anni.
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Salì sul muretto di
pietra e respirò l' aria umida,
aprì le braccia pronto a buttarsi nel cielo.
-Dove diavolo è
finito Yamamoto?!
-Calmati Tsuna.
-Gokudera... Gokudera
sta...
Vicino
all' ospedale c' era una villa abbandonata con un giardino
spazioso, pieno di alberi sotto i quali i proprietari avevano
sicuramente goduto dell' ombra e del sole tra le foglie, ora c' erano
anche erbacce alte, topi e forse qualche serpente che vi si aggirava
silenzioso.
Non
erano a Namimori.
Namimori
sembrava lontana anni luce da loro. Si trovavano a Tokyo.
Bella,
grande, caotica Tokyo.
Soffocante.
Assordante.
Potevi
sentirti solo pur camminando tra milioni di persone.
Quando
erano arrivati si era sentito come un bambino nel paese dei balocchi,
perchè era colorata Tokyo.
Affascinante.
Si
sentiva in vacanza, proprio. Poi era con Gokudera. Era bello, no?
Si
scordava facilmente che erano in missione. Gokudera glielo ripeteva
spesso, lo poteva sentire bene, ora.
"Ohi
baka, che credi che siamo in vacanza?!"
"Torna
qui! Quella non è la strada giusta... da lì vai
al... al luna park?"- aveva fatto tanto d' occhi- "Che diavolo ci
andiamo a fare in un luna park?"
"Ti
ho detto che siamo in missione..." -sbuffava- "sei un caso disperato"
"Guarda
che ti sto seguendo allo stupido centro commerciale
perchè sei così tonto che potresti perderti. Non
per
altro. Hai capito?!"
Frasi,
parole... ma era la sua voce. Esasperata, testarda, contrariata.
Lui
rispondeva sempre con una risata. Che ci poteva fare?
Forse
se fosse stato un po' meno rilassato...
E
più guardingo...
Se
fosse stato più egoista...
Non
si può salvare sempre tutti. Bisogna fare delle scelte.
Selezioni.
Forse
allora...
I
bambini della squadra che allenava lo chiamavano Super-Yama-nii.
Chissà perchè poi. Non aveva un mantello
nè la
faccia da eroe. Era tutto il contrario... lavorava all' interno di una
famiglia mafiosa. Gli eroi mica le fanno queste cose.
Al
liceo di Namimori si parlava di lui come di una leggenda. Un idolo.
Non pensava a un' accoglienza così calorosa quando era
ritornato
tra quelle vecchie mura in un impeto di nostalgia. Tutti volevano
toccarlo, abbracciarlo, baciarlo. Perchè? Non lo meritava
dopo
tutto.
Si
sentiva un bugiardo. Non voleva essere chiamato eroe o leggenda.
Non
aveva salvato Gokudera.
Non
aveva scelto bene, fatto selezioni.
Per
Dio, era un assassino.
Quanto
tempo era passato da quando si era seduto -accasciato- su quella
panchina? Oh, ma si stava così bene.
Così
bene...
Teneva
gli occhi chiusi e la testa rivolta verso le fronde alte dell'
albero sopra di lui. Si godeva quella bella giornata. C' era caldo ma
non troppo, una piacevole brezza discreta lo faceva stare bene
facendogli pizzicare il naso dagli odori intensi del muschio e delle
foglie cadute per terra.
Aveva
anche disteso le gambe per stare più comodo. Aveva
allentato la cravatta. Uhm, no... quella la teneva sempre
così.
Gokudera gli aveva insegnato a fare il nodo ma lui ogni volta fingeva
di non ricordarlo così glielo faceva lui e poteva dargli un
bacio.
Forse
la sua giacca però si era sgualcita.
Stiracchiò
un po' le gambe andando a toccare col piede qualcosa.
Sporse
appena un po' la testa e socchiuse gli occhi per ritornare velocemente
nella posizione di prima.
Era
solo un corpo.
Un
corpo.
Premette
la suola della scarpa su quella schiena adagiata ai suoi
piedi, con forza. Strinse i pugni, aggrottò le sopracciglia,
poi
sospirò rilassandosi.
Teneva
le braccia larghe lungo lo schienale della panchina, i palmi delle mani
aperti. Le sentiva appiccicose.
Il
sangue colava giù dal braccio sinistro fino al polso
percorrendo tutta la mano e gocciolando dalle dita.
In
verità quella era la prima volta che uccideva per davvero
qualcuno. Prima di allora c' erano stati feriti ma non morti.
Ora
ce ne erano sei ai suoi piedi.
Non
aveva mai combattuto per uccidere anche se Squalo glielo diceva
sempre che così non andava bene. Togliti tutto quel
buonismo,
idiota o prima o poi creperai, gli urlava.
Il
bambino diceva che era un killer nato. Sarebbe stato perfetto.
Il
cellulare che aveva nella tasca dei pantaloni iniziò a
squillare. Yamamoto abbandonò quel momentaneo torpore all'
improvviso afferrando di scatto il telefonino. Era così in
quei
giorni, ogni chiamata era questione di vita o di morte.
Dall'
altro capo del cellulare Ryohei gli diceva di sbrigarsi a tornare in
ospedale, di sbrigarsi davvero.
Attraversò
i corridoi correndo come un pazzo. Alcune infermiere
vedendolo ferito avevano cercato di trattenerlo senza grossi risultati.
Doveva
correre.
Vide
Tsuna e i suoi compagni camminare avanti e indietro nella sala d'
attesa del reparto di terapia intensiva, silenziosi e con gli occhi
arrossati. Il Decimo dei Vongola gli si avvicinò.
-Dov'
eri?- chiese incolore, sciupato di ogni energia.
Yamamoto
non rispose, rafforzò appena la presa sulla katana.
-Che
succede?- domandò invece.
-Si
è aggravato così, all' improvviso. Lo sai, tre
giorni
fa gli hanno messo la maschera con l' ossigeno. Non so cosa sia
successo. Ero con lui e l' attimo dopo i macchinari hanno iniziato a
fare un bip insistente, poi mi hanno buttato fuori e hanno tirato le
tende.-
Yamamoto
fissò la porta con una tale intensità che
sembrava quasi che potesse attravarsarla e vedere il lavorio dei medici
intorno a Gokudera.
-Si
può entrare...?
-E'
una domanda idiota, erbivoro.-
Yamamoto
si voltò verso Hibari con un mezzo sorriso, falso e
amaro. C' era anche la nuvola allora. L' ex disciplinare
inaspettatamente
continuò, forse provocandolo- ma se hai coraggio...
E
il guardiano della pioggia si ricordò all' improvviso che
quello che aveva davanti era un predatore che si prendeva il territorio
che non era suo, che lo marcava, lo conquistava.
Mosse
il primo passo, incerto. Sentì la voce di Dino alle sue
spalle.
-Non
fare sciocchezze. Vuoi interferire con il lavoro dei medici?
Yamamoto
si girò appena, sulle labbra una risposta e una
domanda: "tu che faresti?", invece al suo posto rispose ancora Hibari.
-Al
massimo lo butteranno fuori in mezzo secondo. In quella stanza ci
sono un sacco di infermiere e di medici... uno più, uno meno
al
capezzale di Gokudera...
Gli
altri non parlavano. Mosse velocemente i pochi passi che lo
separavano dalla porta guardando di striscio Tsuna che sembrava
implorarlo di non entrare, di non interrompere il lavoro dei dottori.
Quello
che mandava in bestia Yamamoto era il fatto che non si era
spostato nemmeno un momento dal fianco di Gokudera da quando lo aveva
portato in ospedale. Si assentava per quanto? Mezz' ora? Un' ora? E
succedeva il finimondo.
Come
se la sua presenza avrebbe potuto evitarlo, in qualche modo.
Illuso,
gridò una vocina dentro di lui.
Aprì
la porta, i due dottori e le infermiere si girarono verso
di lui. Era uno spettacolo assurdo, di quelli che vedi solo nei film.
Armeggiavano intorno a Gokudera e sul suo corpo muovendosi veloci, a
scatti, febbrili. Lo spaventavano.
Un'
infermiera gli andò rapidamente incontro:- Che diavolo sta
cercando di fare?!- era proprio arrabbiata.
Yamamoto
nemmeno la sentiva:- Gokudera- era poco più che un sussurro.
Alla
prima infermiera se ne aggiunse un' altra e lo spingevano fuori, via,
lontano da lui.
-Gokudera!
Hayato! IO SONO QUA!- gridò scandendo bene ogni parola. Con
tutta la forza che aveva.
Sentì
un medico imprecare al suo indirizzo. Poi fu fuori dalla stanza.
Tsuna
e Ryohei gli furono accanto.
-Sapevo
che non era una buona idea- sospirò il boss dei Vongola.
Il
bambino gli si era parato di fronte.
Yamamoto
era un apparente idiota, in realtà era un attento
osservatore, non gli serviva nemmeno l' intuizione dei Vongola.
Riusciva a capire e ad arrivare là dove i suoi compagni non
potevano, a mantenere la calma e la lucidità, la distensione
interiore anche nei momenti più terribili. Tutto
ciò,
Reborn lo aveva visto, andava a puttane se si trattava di Hayato
Gokudera.
Non
quando Tsuna era stato in pericolo, oppure lo erano stati i Vongola, in
quei casi quell' equilibrio rimaneva.
Ma
se allora veniva ferito Gokudera allora era tutta un' altra storia.
Il
senso di giustizia di Yamamoto si trasformava in vendetta, diventava
desiderio di raggiungere la vittoria a ogni costo. Non sapeva
perchè ma era così. Gokudera smuoveva qualcosa in
quel
ragazzo. Toccava inconsapevolmente corde a cui gli altri non riuscivano
ad arrivare perchè Yamamoto non era solo un bel sorriso,
inoltre
la pioggia non può sempre lavare via tutto. Ogni tanto,
quello
che spesso si tendeva a dimenticare, era che anche la pioggia ha il suo
bel peso di sporcizia da portare nel momento esatto in cui cade dal
cielo. Prima o poi deve purificarsi.
Reborn
si calò il cappello sul viso:- Mi fai paura, Yamamoto
Takeshi- disse più a se stesso che al ragazzo che aveva di
fronte.
Tsuna
abbassò il capo, Ryohei girò il viso dall' altro
lato mentre Yamamoto si accasciava sulla sedia con le mani giunte.
Soffrivano
tutti ma il dolore di Yamamto li toccava come un dito schiacciato sui
nervi scoperti.
Il
suo dolore era endemico.
Era
folle, sporco forse.
Il
suo grido li aveva spinti a mettersi una mano alla gola per coprire i
colli scoperti.
La
porta si aprì e una dottoressa bionda spaziò con
lo
sguardo su di loro indugiando sugli occhi di Yamamoto che la
fissavano:- Fortunatamente è fuori pericolo.
Tacque
sul fatto che i loro sforzi avevano ottenuto un qualche
risultato solo dopo l' irruzione del ragazzo moro nella stanza. L'
amore e la scienza non avevano nulla in comune per quanto la riguardava.
-Gokudera
Gokudera strubuzzò gli occhi:- Yamamoto?!-
ghignò- Cos' è? I fantasmi possono salvare i vivi?
Non si capacitava del fatto che la mano che afferrava la sua fosse
quella di Takeshi mentre lui penzolava nel vuoto.
Ci fu un momento di silenzio.
L' altro lo guardò quasi arrabbiato e gridò.
Yamamoto
stringeva forte la mano bianca di Gokudera. Grazie al cielo coi giorni
sembrava migliorare.
Ricordava
che quando erano stati attaccati da quegli uomini stavano
ritornando da un locale di sushi del centro. Aveva insistito per
provarlo assolutamente, voleva essere certo che non fosse buono come
quello di suo padre. E non lo era. Per accorciare avevano preso una via
secondaria a quell' ora poco trafficata. Erano stati circondati da due
dei guardiani della famiglia rivale e da un paio dei loro uomini, poi
una ragazza era sbucata dal nulla e un proiettile volava nella sua
direzione. Yamamoto le aveva fatto scudo, in qualche modo. Non
ricordava come, c' era stato troppo movimento.
Aveva
fatto la scelta sbagliata.
L'
attimo dopo si accorgeva di avere lasciato scoperto Gokudera, che si
erano separati. Il suo compagno si era girato un attimo, uno solo verso
di lui, ed era stato colpito alle spalle. Da quel momento in poi era
stata una discesa verso la bocca dell' inferno. Alla fine Hayato era
steso per terra sporcandosi del proprio sangue.
Takeshi
aveva gridato così tanto...
Era
stato con lui giorno e notte, gli aveva parlato pur sapendo che l'
altro non fosse cosciente. Era salito e sceso con lui sull' altalena
delle lievi riprese e delle brusche ricadute. Aveva aspettato
pazientemente che il proprio fisico guarisse e pianificato nei
minimi particolari le sue mosse. Non avrebbe mai perdonato chi aveva
fatto una cosa del genere.
Li
aveva attirati in quella villa e con una forza che non
credeva
di possedere aveva guidato i movimenti della sua spada verso di loro.
Per la prima volta in vita sua colpiva per uccidere, la sua lama era
spiegata.
Sentì
la mano di Gokudera stringere la sua, lo vide aprire gli occhi e
guardarlo un po' confuso.
-Ohi
baka...
Il
sorriso di Yamamoto lo accolse come sempre:- Yo, Gokudera.
-Tch...
devo sempre vedere il tuo brutto muso.
Una
risata fresca. Vera.
Poi
Gokudera gli disse:- Uhm... ti ho sognato sai?
-Ah
sì? E cosa hai sognato?
Gokudera
sbuffò, divertito e scocciato:- Che mi facevi impazzire.
Yamamoto
ridacchiò, come sempre.
-Alla
fine però mi salvavi, lo sai?
Takeshi
scosse la testa:- Non è vero. Non ci sono riuscito. Ti ho
lasciato da solo.
Gokudera
non lo sentì neppure, pensava ad altro:- La tua voce era
assillante.
-...
-Alla
fine mi hai salvato- ripetè- cadevo e tu mi hai preso la
mano... hai una presa veramente forte. E mi hai urlato che eri qui. Qui
dove? Ho pensato, ma che diavolo sta dicendo... all' improvviso ho
capito che stavo sbagliando tutto, che saltando avrei rischiato di
essere dalla parte sbagliata della barricata- voltò la testa
verso il muro- lontano da te.
-Vai
un poco più veloce- sbuffò Gokudera.
-E
tu chiudi il finestrino o ti prenderai un malanno. Ancora non sei del
tutto guarito.
Gokudera
sbuffò ma alla fine richiuse il finestrino.
Finalmente
giunsero a destinazione. Gokudera era sbalordito:- Non c' è
niente... - sussurrò.
Non
c' erano gli scavi, non c' era la piazzola, non c' era il muretto.
Solo
un piccolo spiazzale e degli alberi.
Il
guardiano della tempesta non potè che sospirare sollevato.
Quella
era la realtà, lui, Yamamoto e quel boschetto.
Niente
fantasmi e niente muri da cui buttarsi.
-Andiamocene
a casa. Questo posto mette i brividi.
Takeshi
gli strinse la mano e Gokudera sospirò, non vedeva l' ora di
ritornare a Namimori.
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HARU
DICE:
Faccio
notare che questo capitolo e il precedente sono speculari.
Gokudera
-se pensiamo i due capitoli collegati- "sogna" questi
avvenimenti proiettandoli su Yamamoto. Takeshi li vive realmente invece.
Nel
primo capitolo Gokudera ci dice che Yamamoto muore per fare l'
eroe, in effetti qui Goku lo
vede fare scudo alla ragazza, è l' ultimo ricordo che il
guardiano della tempesta ha prima di perdere coscienza, motivo per cui
nel primo capitolo non specifico come muoia Takeshi. In
realtà
avevo pensato a Burn, a quel capitolo dedicato a Yama e Goku. Spero di
essere stata chiara, di non
aver combinato casini e di aver scritto qualcosa di decente. Male che
vada fate un fischio.
Infine,
ultimo ma non ultimo... -è la prima volta che lo faccio,
quindi rullo di tamburi- vorrei dedicare questo capitolo (anche se non
è il massimo) a Kyo-chan... per tanti motivi. Anzi, ti
dedico tutta la storia.
Te
lo meriti a prescindere.
Poi
non mi hai ancora uccisa per la storia di Break. Non ancora.
E
poi questo capitolo è venuto così
perchè ho
ascoltato Drugs don' t work a cui sul momento non avevo pensato.
Assurdo, eppure io questa canzone la adoro. Se non
l' avessi ascoltata avrei postato un capitolo che non mi convinceva
molto e che era scritto in maniera completamente diversa. Era brutto.
Tu
invece mi hai ispirata, tesora. Perciò assumiti le tue
responsabilità e prenditi questo regaluccio. Inoltre ammetto
che
quando ho steso il primo capitolo, con le canzoni dei Three
Days
Grace a farmi compagnia ho pensato "Scommetto che queste canzoni
piacciono anche a Kyo-chan. Spero che legga la storia"
Nei
prossimi giorni risponderò ai commenti.
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