Eccoci qua, sembra che abbia finito un'altra ff... Beh,
come tutti i finali si lascia dietro un po' di malinconia, ma anche una certa
soddisfazione; spero che questo finale vi piaccia, certo rispetto a come la ff
era cominciata, siamo andati decisamente sul romantico, ma non mi dispiace
(anche perché ho una certa predilezione per il romanticismo, via diciamolo
^___^). Ora m'impegnerò nei miei altri progetti, e non dubito che ci rivedremo
presto su queste pagine!
Aspetto i vostri commenti e vi ringrazio in anticipo, soprattutto la
grande Moon, che non manca mai di darmi dei suggerimenti (anche se non se ne
accorge), e tutte le stupende lettrici di questa sezione. Un bacione
grandissimo a tutti e a presto!
Sara
- Capitolo 7 -
I will provide for you
And I'll stand by your side
You'll need a good companion for
This part of the ride
(Land of hope & dreams - Bruce Springsteen)
Il sole splendeva sul molo di
Santa Barbara, il vento spazzava il cielo di un azzurro intenso e le onde
s'infrangevano schiumando contro i piloni del pontile; Orlando, con le braccia
appoggiate sul parapetto, si godeva il profumo dell'oceano osservando le
traiettorie dei gabbiani. C'erano volte in cui la California era proprio bella.
"Hey." Lo chiamò una
voce alle sue spalle; si girò e sorrise, Viggo gli mostrava un sacchetto di
carta e due lattine.
"Che hai lì?" Gli
domandò il ragazzo, che lo stava aspettando.
"Focaccia alle olive e the
freddo." Rispose l'amico.
Orlando prese una lattina, poi si
sedettero su una panchina di quelle lungo il molo; era un bel pezzo che non
s'incontravano di persona, perciò avevano pensato che vedersi all'aperto, in
una bella giornata di sole, era molto meglio d'incontrarsi in uno di quei
locali da vip, pieni di gente annoiata e musica troppo alta.
"Ci sono dei
paparazzi." Affermò Orlando, indicando il lungo mare, dopo aver preso un
pezzo di focaccia.
"Sì, li ho visti."
Confermò Viggo. "Vogliamo darci un bacio in bocca, così hanno qualcosa di
cui parlare?" Gli domandò ironico; l'altro lo guardò scettico.
"Meglio di no." Disse
poi; l'amico annuì ridendo.
"Allora, che mi
racconti?" Chiese Viggo dopo un po', addentando la sua focaccia.
"Io? Sei tu che sei stato in
Guatemala!" Ribatté Orlando.
"Belize." Pracisò
l'uomo; il ragazzo lo guardò aggrottando la fronte.
"Che è?" A Viggo venne
da ridere, vista l'espressione allibita dell'amico.
"Il Belize, è il posto dove
sono stato." Gli spiegò allegramente, poi gli diede una pacca sulla
schiena.
"Vabbé, dai, quello che
è!" Glissò Orlando. "Com'è andata, comunque?" Viggo rifletté per
un attimo, poi fece una smorfia soddisfatta.
"E' stata una bella
esperienza." Raccontò infine. "Una presa di coscienza che puoi fare
solo vedendo coi tuoi occhi i problemi del pianeta..."
"Pietà!" Esclamò
Orlando, alzando le mani. "Risparmiami il pippone ecologista!"
"Così non va bene,
Orlando." Lo rimproverò bonariamente l'uomo. "Dovresti avere più
consapevolezza del fatto che i tuoi gesti di oggi, condizioneranno la vita
delle persone domani." Aggiunse, girandosi un po' verso di lui.
"Ho detto niente
sermone." Proclamò il ragazzo.
"Vabbene." Si arrese
troppo velocemente Viggo, rimettendosi seduto dritto. "Allora, parliamo di
te, come va con la ragazza dello stanzino?"
"Si chiama Cassandra."
Precisò piccato Orlando, incrociando le braccia.
"Ohh, che nome
impegnativo!" Commentò divertito Viggo.
"Falla finita..."
Sbottò piano il ragazzo, scivolando col sedere lungo la panchina, fino ad
assumere una posizione semi sdraiata; si posò la lattina sulla pancia,
reggendola con tutte e due le mani, e si mise a guardare l'orizzonte.
Fra tutti e due non potevano
essere niente di più lontanto da divi del cinema, quel giorno: Orlando, scarpe
da ginnastica nere con calzini di spugna bianchi, calzoni sportivi rossi che
gli arrivavano al polpaccio e una maglietta grigia che pareva lavata e
rialvata, portava anche un cappellino giallo tipo baseball e i Ray-Ban; Viggo,
pantaloni di una tuta blu, larghi e parecchio vissuti, e una canottiera bianca,
portava solo gli occhiali da sole. Sbracati su quella panchina, sotto il sole,
davano più l'impressione di due locali che fanno colazione dopo lo jogging.
"Beh..." Riprese
Orlando. "...io e Cass ci siamo rivisti, e..." Si raddrizzò un po',
mentre si strofinava il naso. "...andiamo ancora piuttosto
d'accordo..."
"Hm, ok, penso di aver
capito da che punto di vista parli." Commentò Viggo; si scambiarono
un'occhiata complice, sorridendo. "Tu, ad ogni modo, sei innamorato di
lei?"
"Sì... sì, lo sono."
Rispose Orlando annuendo. "E sono anche abbastanza sicuro di essere
corrisposto, ma il dubbio resta sempre." Aggiunse stringendosi nelle
spalle.
"Certo, se non ti decidi a
chiederglielo..." Buttò lì l'amico, alzando gli occhi con fare
indifferente.
"Grazie..." Ironizzò il
ragazzo, dopo aver bevuto un sorso dalla lattina. "Appena avrò un po' di
tempo, lo farò di sicuro, è in cima alla lista, direi." Precisò poi.
"Da quello che mi hai
detto..." Ricominciò Viggo. "...mi sembra che questa Cassandra non
sia proprio il tipo di ragazza che frequentavi finora."
"Decisamente no!"
Replicò Orlando scuotendo il capo. "Sai, penso di aver avuto sempre
ragazze troppo accondiscendenti, troppo pronte ad adorarmi e basta..."
"Mi sembra, però, che questo
non ti sia mai dispiaciuto troppo." Lo interruppe divertito Viggo.
"Eggià." Confermò il
ragazzo annuendo. "Ma con Cass è diverso, nonostante tutto quello che le è
capitato è riuscita a venirne fuori, certo non da sola, ma ha le palle, secondo
me." L'amico lo ascoltava, avvertendo l'orgoglio in quelle parole;
sorrise. "C'è voluta forza, per riprendere con l'atletica dopo tanto, ce
la farà, io sono sicuro." Concluse sicuro.
"Ho detto innamorato?"
L'interrogò Viggo; Orlando lo guardò strano. "Te sei cotto come uno
spiedino argentino, bambino mio!" Esclamò poi, ridendo.
"Una salsina al pepe e son
servito!" E dopo questa battuta, Viggo lo prese per le spalle,
abbracciandolo, e si misero a ridere insieme.
"Ci stanno
fotografando..." Fece Orlando ad un certo punto, mantenendo un forzato
sorriso.
"Lo vedo." Confermò
Viggo, facendo altrettanto.
"Che dici, li
salutiamo?" Propose l'inglese, con un'occhiata furba.
"Sì, via, se lo meritano, se
non altro per la pazienza." Acconsetì l'amico; tenendosi ancora
abbracciati, si girarono verso i fotografi appostati sul lungomare.
"Hehey! Ciaooooooooo!"
Gridò Orlando, sventolando la mano e sorridendo allegramente; quasi si
sentirono gli scatti partire.
"Love & peace!"
Proclamò invece Viggo, salutando vistosamente; e continuarono a fare gesti
strani sulla panchina. I passanti, probabilmente, pensarono che fossero due
ritardati scappati dall'istituto.
"Io non ci credo che ho
accettato di fare questa cosa..." Mormorò Cassy suonando il campanello; la
madre la guardò.
"Eddai, hai fatto di
peggio." Replicò; la ragazza fece un sorrisino acido.
"Grazie, è sempre una gioia
avere la tua comprensione mamma..." In quel momento il portoncino fu
aperto; una donna magra con lo chignon le squadrò. "Ah... buongiorno
Signora Plimpton!" Salutò Cass.
"Ci conosciamo?" Chiese
perplessa; la ragazza ebbe un attimo di smarrimento.
"Sono Cassy." Rispose
poi; la donna la osservò meglio.
"Ah, sì." Fece infine,
annuendo. "Non la riconoscevo coi capelli di un colore solo e senza
borchie." Aggiunse gelida. "Il Signor Bloom non è in
Inghilterra."
"Sì, lo so." Ribatté
Cass. "Ma ho dimenticato una cosa al piano di sopra, se mi facesse entrare
solo per un attimo a prenderla, gliene sarei grata." Spiegò.
"Prego." Fece la
domestica, scostandosi per farle passare; Cassy entrò seguita da Wendy.
"Questa è mia madre."
Disse alla donna, indicando la sua accompagnatrice.
"Piacere."
"Piacere mio." Rispose
la governante. "Io devo tornare in cucina, tanto lei conosce la
casa." Affermò poi, rivolta a Cass.
"Sì, grazie!" Si
affrettò a rispondere la ragazza; nel frattempo sua madre si guardava intorno.
"Che bel salone
luminoso." Commentò affacciandosi in salotto.
"Ah, sì..." Mormorò la
figlia. "E quella è la sala da pranzo..." Le indicò una grande porta
scorrevole a sinistra dell'entrata. "...e lì c'è la cucina." Le
mostrò la porta vicino alle scale. "Il bagno è in fondo al corridoio."
"Certo che i vip non si
fanno proprio mancare nulla..." Dichiarò a bassa voce la donna, sfiorando
con le dita il grosso mobile in legno scuro, di stile africano, che stava
nell'ingresso.
"Orlando è anche un tipo
abbastanza spartano, sennò sai che villone avrebbe." Intervenne Cassy.
"Dai, andiamo sopra, altrimenti la vecchia s'insospettisce." Accennò
poi, parlandole vicino; la madre acconsentì e salirono.
Cassy mostrò alla madre le due
camere degl'ospiti e la grande terrazza; sulla destra della rampa di scale
c'era lo studio, ma Orlando lo teneva chiuso a chiave. Attraversarono il
corridoio e, infine, entrarono nella stanza da letto dell'attore, un posto che
Cass conosceva molto bene; Wendy si guardò un po' intorno, incuriosita.
"Hm... poltrone di alkantara
turchese..." Commentò, carezzando lo schienale di una delle due.
"Beh, che c'è?" Domandò
un po' infastidita Cassy, incrociando le braccia. "I mobili sono bianchi,
la moquette è chiara, ci stanno bene, no?"
"Hm..." Fece solo
Wendy.
"Non ti piace il colore, lo
so." Affermò la figlia. "Tu odi tutto quello che ha a che fare col
turchese, l'azzurro, il celeste..."
"Lo trovo opinabile, tutto
qui." Replicò la madre, stringendosi nelle spalle, poi si fermò davanti
alla grande cassettiera con specchio. "Fotografie!" Esclamò
interessata.
"No, mamma, dai!"
Sbottò Cassy. "Non metterti a guardarle!" Ma era troppo tardi.
"Questa ragazza?" Le
domandò la donna, mostrandole una foto.
"Credo che sia sua
sorella." Mormorò Cass.
"E questa sarà la
madre..." Wendy guardò un'altro foto. "...l'altra, presumo, la
nonna..." Si girò verso la figlia. "Non c'è una foto di suo
padre."
"E a me lo chiedi?"
Fece Cassy, indicandosi. "Non abbiamo mai parlato molto delle nostre cose
di famiglia e... decisamente non in questa stanza." La madre la guardò
negl'occhi.
"Ma come si fa a dire di
essere innamorati di una persona, sapendo poco o niente di lui e della sua
famiglia?" Le chiese.
"Cosa c'entra, mamma!"
Sbottò la ragazza. "Non ci s'innamora mica della famiglia! E poi... io non
ho mai detto di essere innamorata di lui..." Wendy le rivolse un'occhiata
piuttosto scettica.
"Avrete tempo."
Dichiarò poi, incamminandosi verso la porta del guardaroba.
"Mamma non vorrai guardare
tra i suoi vestiti!?" Domandò allarmata Cassy, seguendola; lei era già entrata.
Le due donne passarono alcuni
minuti commentando l'originale vestiario dell'attore, passando da un paio di
pantaloni a quadri scozzesi azzurri e neri, fino alle sue numerose e belle
camice, alcune davvero di classe, dalle scarpe di ogni tipo, ai suoi cappelli,
berretti, coppole e bandane.
"E questa che è?"
S'interrogò Wendy, tenendo in mano uno strano pezzo di stoffa dal colore
grigiastro.
"Quella è la sua bandana
preferita." Rispose la figlia. "Non capisco perché non l'abbia
portata con se, forse l'ha dimenticata..."
"Cass, sembrano un paio di
mutande!" L'interruppe la madre. "E' pure macchiata di
candeggina." Aggiunse osservandola meglio. "Mi chiedo perché metta in
testa tutte queste cose strane, ha dei così bei capelli." Concluse, riponendo
la bandana e uscendo dal guardaroba.
"Me lo sono chiesto
anch'io..." Disse Cassy seguendola. "No, il bagno no!" Gridò
poi, vedendo la donna entrare nella stanza.
"Eddai!" Ribattè Wendy,
che era già dentro.
"Mamma!" Protestò la
ragazza. "Sei... inqualificabile!"
"Non esagerare, do solo
un'occhiata." Replicò la donna, quando Cassy la raggiunse col broncio.
"Oh, ottimo dopobarba..." Commentò controllando la boccetta sul
ripiano. "...e profumo coordinato." Aggiunse, rivolgendosi alla figlia
con uno sguardo ammiccante.
"Hanno dei consulenti, per
queste cose, mamma." Dichiarò infastidita Cassy, con le braccia conserte.
"Beh, conta anche il
gusto." Rispose lei, e tornò a guardare il mobiletto. "Due
spazzolini, uno molto consumato e uno quasi nuovo." Disse con espressione
interrogativa.
"Quello è mio." Affermò
Cass, indicando quello più nuovo. "Mi capitava di dormire qui."
"Ahah..." Annuì
allusiva la madre. "E ora non ti capita più?"
"Mamma, per favore!"
Esclamò offesa la ragazza. "E non aprire quello sporto, per piacere!"
La supplicò poi, ma non ci fu nulla da fare.
"Stick antibrufoli, cerotti,
lamette e schiuma, colluttorio... preservativi..." E la guardò; la figlia
sembrava piuttosto maldisposta.
"Ce n'è una scatola aperta
anche nel cassetto del comodino, se t'interessa." Le disse acidamente.
"Poi, se vuoi sapere tutte le posizioni che abbiamo assunto sul letto, il
pavimento o la poltrona..."
"La poltrona?" Fece
stupita la donna. "State attenti alla poltrona, su quel colore le macchie
si vedono subito..." Consigliò maliziosa, uscendo dal bagno.
"E vabbene, dopo
questa..." Si arrese Cassy, incamminandosi verso l'uscita della camera.
"Cass, io mi preoccupo solo
di sapere chi frequenti." Spiegò dolcemente la donna, seguendola; la
ragazza si voltò verso di lei.
"Ma si può sapere come mai,
queste ispezioni da SS, in casa di Malcom non le hai mai fatte?" Le chiese
mettendo le mani sui fianchi.
"Lì avrebbe dovuto farla la
polizia, una bella ispezione." Commentò Wendy. "E, comunque, quella
non mi è mai sembrata una cosa seria, questa volta invece..."
"Cosa?" L'interruppe
Cassy.
"E' che mi sembri molto
presa da Orlando." Rispose la madre, posandole una mano sulla spalla.
"Non molte persone sono riuscite a smuoverti come ha fatto lui, compresa
me." Cass abbassò gli occhi, ma dopo qualche istante li rialzò.
"Lo dovevo capire fin
dall'inizio, che c'era il rischio d'innamorarsi." Mormorò con un lieve
sorriso.
"Rischio?!" Fece
stupita e sorridente Wendy. "Non c'è niente di più bello alla tua
età!" Aggiunse contenta. "Adesso andiamo." Suggerì poi; Cass
annuì.
La ragazza, mentre la madre si
allontanava, diede un ultimo sguardo alle foto sulla cassettiera e gli occhi le
cadderò sull'immagine più grande, dentro ad una cornice di semplice legno
chiaro: era una foto di gruppo, tutti facevano facce strane e bizzarre, lei
individuò subito il sorriso furbo e impertinente di Orlando, e sorrise a sua
volta.
"Lui qual'è?" Le chiese
la madre, che le era ritornata alle spalle.
"Questo." Le indicò il
punto dove si vedeva lui saltare sulla schiena di un altro. "Con la cresta
da moicano."
"Questo ragazzo è proprio
matto, mi sa che è per quello che andate d'accordo." Commentò divertita la
donna; Cassy sbuffò, alzando gli occhi, ma poi rise. Wendy, anche lei ridendo,
uscì dalla stanza.
"Torna presto, topino, io ti
aspetto." Disse la ragazza a bassa voce, quando rimase sola; poi seguì la
madre, convinta di aver trovato tutto quello che cercava.
E venne il primo giorno della
gara. Il tutto si svolse in un grigio giorno di metà ottobre; non pioveva, ma
c'era un po' di vento, che causò qualche noia con gli attrezzi.
Cass era tesa come un corda di
violino, ma era anche carica e piena di adrenalina; quella competizione, se
vinta, l'avrebbe portata diritta nel circuito nazionale, e questo significava
poter gareggiare coi migliori ed accedere alle gare più importanti, quelle
internazionali.
Con la corsa non ebbe particolari
problemi, si era rifatta il fiato perfettamente, i muscoli erano a posto; le
sue prestazioni le fecero accumulare punti preziosi. Qualche contrattempo lo
ebbe sul salto in alto, da sempre il suo punto debole; alcuni nulli le fecero
finire abbastanza indietro. Recuperare il giorno dopo, significava vincere
tutte le specialità; sarebbe stata dura, e non aveva notizie di Orlando da due
giorni. Se lui fosse stato lì, lei si sarebbe sentita più forte, e si mise a
pregare che ce la facesse.
A New York, nel frattempo,
Orlando era alle prese con un problema di non facile soluzione.
"Trovami un posto su
quell'aereo." Affermò per l'ennesima volta l'attore, rivolto al suo
rassegnato assistente. "Sennò ti faccio un culo come una rosa."
"Orlando è pieno, come te lo
devo dire, dovevi prenotare prima." Protestò esasperato il ragazzo.
"Io avevo prenotato!"
Ribatté stizzito l'attore. "Un volo che partiva alle diciotto, dal La
Guardia diretto a Heathrow! Cazzo, lo hanno cancellato, dico cancellato,
benedetto iddio!"
"Scusa." Intervenne
Elijah, anche lui presente alla discussione. "Ma che ti costa prendere il
volo delle ventidue, dove hanno spostato i passeggeri del volo
cancellato?"
"Allora non hai capito un
cazzo!" Esclamò l'amico, girandosi verso di lui. "Ora te lo rispiego,
allora..." Lij roteò gli occhi, pronto all'ennesima menata. "...se
prendo un aereo qui alle ventidue, a Londra sono le due di notte, mi
segui?" L'altro annuì. "Il che significa che arriverei in Inghilterra
tra le nove e le dieci del mattino, e la gara sarebbe già cominciata!"
"Ma si può sapere di che
cazzo di gara parli?!" Ribatté Lij perplesso.
"La gara di Cassy!"
Rispose Orlando, come se chiarisse tutto; Elwood, sempre più stranito, annuì
con una smorfia.
"Rassegnati Orlando."
Riprese Gary, l'assistente. "Su quell'aereo non ci sta più nemmeno uno
spillo, sono in full booking!"
"Non me ne frega un
cazzo!" Sbottò l'attore. "Io DEVO salire su quel volo, uccidi
qualcuno, ma mettimi lì sopra." Aggiunse deciso.
"Questa mi sembra un'ottima
soluzione..." Commentò sarcastico Lij; Orlando lo guardò storto. "Oh,
io non sono uno dei passeggeri!" Lo blandì, alzando le mani.
"Sei già nell'over booking
della prima classe, il primo della lista." Gli riferì Gary.
"Non è sufficiente!"
Dichiarò il ragazzo, scuotendo il capo. "Mettimi anche sulle liste della
Business e della seconda, sono disposto perfino a viaggiare nella valigia del
comandante, ma mettimi su quel volo!" Gary, a quel punto, sbuffò, poi si
allontanò prendendo il cellulare.
"Cacchio, ti ha proprio
preso questa ragazza." Disse Elijah, guardandolo di sottecchi.
"E' che, insomma, le ho
promesso che ci sarei stato... e voglio arrivare prima per parlarle, e ho
provato a telefonare, ma cazzo non c'è verso di prendere la linea, e poi questa
merda di fuso orario mi manda al manicomio, e vengo da Los Angeles, sono
arrivato qui solo ieri mattina, sto ancora sul fuso del pacifico, e... e... In
poche parole, sto in palla completa, Elwood..." Alla fine di quel discorso
staripante, Orlando emise un lungo sospiro, cadendo su una poltrona.
"Due gocce di
valeriana?" Gli chiese ironicamente l'amico.
"Avrei solo bisogno di
dormire per i prossimi tre giorni..." Rispose stancamente l'inglese.
"E se Gary non mi trova un posto su quell'aereo, io lo faccio entrare in
un giro di schiaffi talmente lungo che se non ha il pane in tasca muore di
fame!" Proclamò poi, balzando in piedi; Lij scoppiò a ridere, seguito,
pochi attimi dopo, anche da Orlando.
Il diciotto di ottobre si
presentò come una giornata splendente, cielo terso e temperatura ideale per una
competizione di atletica. In perfetta contrapposizione con l'idilliaca mattina
che la circondava, Cassy era in preda a una vera agitazione paranoide.
"Quanto manca?" Domandò
alla madre, mentre camminava in circolo torcendosi le mani; Wendy roteò gli
occhi esasperata, se non si calmava sarebbe stato un gran casino.
"Me lo hai chiesto cinque
minuti fa, Cass." Le rispose infine.
"Vuoi dirmelo, per
favore!" Replicò agitata la figlia; rassegnata, la donna riguardò
l'orologio.
"Una ventina di
minuti." Le disse; la vide agitarsi ancora di più, sollevando gli occhi al
cielo e girandosi su se stessa.
"Vuoi andare a vedere se è
arrivato?" Le chiese poi, con espressione supplicante; Wendy sospirò,
indecisa se dire quello che pensava.
"Tesoro, mi spiace dover
essere io a dirtelo, ma... può aver avuto un contrattempo, sai gli
aerei..."
"Non lo dire, non lo dire,
non lo dire!" L'interruppe la ragazza tremando. "Vai a vedere, per
favore, per favore!" Continuò gesticolando.
"Vabbene, vabbene!" La
blandì la madre, intimandola con le mani alzate. "Io vado, ma tu ora ti
siedi, bevi un po' d'acqua, e cerchi di calmarti, ok?" Aggiunse
pacatamente, indicandole una delle sedie che stavano attorno al grande tavolo;
Cassy annuì.
La donna uscì dal padiglione
degli atleti, una grande tenda montata al margine della pista, intenzionata a
guardarsi intorno per trovare Orlando, ma non nutriva molte speranze; si spinse
fino alle gradinate, dove stava affluendo il pubblico. C'erano un sacco di
ragazzi con cappellini e occhiali da sole e sapeva che lui, certo, avrebbe
fatto di tutto pur di non farsi notare, in mezzo a tutta quella gente. Era
decisamente scoraggiata.
"Signora Simmons!" Una
voce urgente la chiamò dalle sue spalle; Wendy si girò in direzione della
biglietteria e lo vide.
Un ragazzo alto si dirigeva verso
di lei sventolando la mano in segno di saluto; era decisamente Orlando. Addosso
aveva jeans, una t-shirt verde e sopra una felpa grigia con la zip aperta; in
testa portava un cappellino dei NY Yankees e sul naso occhiali da sole a goccia
specchiati. Non c'era nulla da fare, quel ragazzo aveva un'arte particolare nel
mettere insieme i vestiti a caso, ma allo stesso tempo possedeva la
caratteristica di farlo sembrare del tutto normale. Le arrivò vicino,
sorridente.
"Ah, sei arrivato!"
Esclamò Wendy sospirando. "Grazie a Dio."
"Perché?" Chiese subito
Orlando preoccupato. "Qualcosa non va?"
"Non la si regge più."
Spiegò la donna. "E' agitata come un milkshake, vedi se puoi fare qualcosa
tu." Aggiunse; il ragazzo fece un breve sorriso.
"Dov'è?" Domandò poi.
"Nel padiglione degli
atleti, laggiù." Gl'indicò la tenda bianca. "Tieni, prendi il mio
cartellino, hai solo pochi minuti." E gli porse il passy.
"Grazie." Fece
l'attore, prima d'incamminarsi.
"Ma tu stai bene?" Lo
fermò la donna, lui si girò. "Mi sembri un po' pallido."
"No, niente, ho solo una
decina di fusi orari sulle spalle, ma sto bene." Rispose ironico Orlando;
le fece un ultimo cenno di saluto e si allontanò.
Orlando entrò nel padiglione
indisturbato; c'erano molti atleti, soprattutto ragazze, e un via vai continuo.
Il ragazzo diede un'occhiata in giro, osservando compiaciuto quei corpi
atletici coperti da succinti e aderenti body, poi si mise a cercare Cassy;
qualche attimo dopo, si accorse di una ragazza seduta sull'orlo di un tavolo,
aveva un body blu e bianco, e tamburellava nervosamente con le dita sul piano.
Si avvicinò.
"Ciao topolina." Le
sussurrò, chinandosi verso di lei; Cass si girò di scatto, sorpresa, ma
immediatamente sorrise.
"Oh, sei arrivato!"
Esclamò felice; fece per alzarsi, ma lui glielo impedì con un gesto, poi
afferrò una sedia e si mise davanti a lei.
Cassy sorrise, mentre gli
circondava il torace con le gambe; il ragazzo la strinse alla vita, lei gli
mise le braccia intorno al collo e lo strinse a se. Rimasero così per qualche
minuto.
"Tua madre mi ha detto che
sei un pochino nervosa." Affermò infine Orlando; Cassy annuì, continuando
a tenerlo stretto. "Cosa posso fare io?" Le domandò allora, ma
intanto le stava carezzando dolcemente la schiena, con rilassanti movimenti
circolari.
"L'importante è che sei qui,
adesso va tutto bene." Mormorò la ragazza al suo orecchio; lui le fece un
tenero sorriso. Non si erano accorti di aver attirato l'attenzione degli altri
presenti.
"Un bacio, te lo posso
dare?" Chiese con aria furba; Cass lo guardò, già più tranquilla.
"Certo." Acconsentì
poi, scostandosi un po'.
"Attenta a non far cadere il
cappello, c'è un sacco di gente." Le disse a bassa voce; la ragazza annuì.
Si guardarono negl'occhi, poi
cominciarono a sfiorarsi le labbra lentamente; Cassy gli teneva saldamente una
mano aperta sulla testa, reggendo il cappello, mentre Orlando la stringeva,
facendole aderire il bacino contro il suo torace. Il bacio divenne pian piano
più profondo e sensuale; alcune ragazze li guardavano.
"Alla faccia del
bacio." Commentò una. "Questa sembra una visita laringoiatrica!"
Orlando la lasciò pochi minuti
dopo, quando annunciarono che mancavano cinque minuti all'inizio della gara; si
salutarono con un ultimo bacio sulla guancia. Cassy sembrava essersi finalmente
rilassata; mentre si dirigeva all'uscita degli atleti, fu fermata da una delle
sue compagne.
"Quello era il tuo ragazzo?"
Le domandò la ragazza; lei annuì. "Ma lo sai che somiglia in modo
impressionante a Orlando Bloom?"
"Eh, sì." Rispose
divertita Cass. "Glielo dico sempre anch'io..." Aggiunse; poi, con un
sorriso furbo e compiaciuto, uscì al sole.
A metà mattinata ci fu il turno
di pausa di Cassy; lei, la madre ed Orlando erano seduti ad un tavolo. La
ragazza mangiava frutta, mentre lui le carezzava la schiena coperta da un
asciugamano; ogni tanto si scambiavano teneri sguardi, sotto lo sguardo
compiaciuto di Wendy. La gara procedeva bene, ed erano stati recuperati molti
punti.
"Mi sembri un po'
stanco." Disse, ad un certo punto, Cass ad Orlando, facendogli una carezza
sul viso; lui sorrise appena.
"Ho solo dodici ore di fuso
orario da recuperare." Rispose poi noncurante.
"Ma non venivi da New
York?" Chiese stupita la ragazza.
"Sì." annuì l'attore.
"Ma solo il giorno prima ero a Los Angeles, non ho fatto certo in tempo ad
abituarmi." Spiegò tranquillamente. "Sono solo un pochino..."
Fece dei gesti vaghi e un'espressione assente. "...stonato, ecco."
"Oh, povero il mio
topo!" Esclamò corrucciata Cassy, quindi gli prese il viso tra le mani; il
ragazzo fece un'espressione infantile e lei gli baciò delicatamente le labbra.
Wendy sorrise, poi si alzò.
"Io vado a preparare l'attrezzatura, quando hai finito raggiungimi."
Disse alla figlia, che annuì, ancora impegnata a sbaciucchiare Orlando.
Cassy, quando le operazioni di
coccola furono terminate, si mise a finire la sua frutta, mentre Orlando si
dedicò ad osservarla. Prima, quando aveva i capelli scuri e si truccava
pesante, era bella, ma in un certo senso non vera, mascherata; adesso, con quei
corti capelli chiari, il viso pulito e limpido, gli occhi vivi, era tornata una
persona reale, a fuoco.
Il ragazzo allungò una mano, sfiorandole
i capelli sopra le tempia, lei gli sorrise, lui ricambiò; era sicuro, ora, che
Cass lo ricambiasse, ma si disse che non era il momento per dichiarazioni
d'amore. La ragazza era ancora piuttosto fragile, era in un momento di
passaggio delicato, e Orlando, pur impaziente di farle conoscere i suoi
sentimenti, non poteva turbarla proprio nel momento in cui doveva stare più
tranquilla.
Finito di mangiare, Cassy si
alzò, sistemandosi il top e le spillette del suo numero di gara; sorrise ad
Orlando, che era rimasto seduto, a causa dello stato semi confusionale in cui
versava.
"Io vado." Gli disse
dolcemente, tenendogli una mano sulla spalla. "Tu torni sulle
gradinate?" Gli chiese poi; l'attore annuì. "Bene." E con un
ultimo sorriso si allontanò.
"Ah, Cass!" La richiamò
il ragazzo, lei si voltò e lo vide avvicinarsi.
"Dimmi." Gli fece
tranquilla.
"Ti volevo solo dire in
bocca al lupo..." Esordì prendendole le mani. "...e..." Lei lo
guardava interrogativa. "Io ti amo." Pronunciò velocemente, mandando
a puttane tutti i suoi buoni propositi con altrettanta velocità.
La ragazza rimase paralizzata per
un lungo momento, poi iniziò a tremare leggermente, mentre sollevava una mano
per spostare un ciuffo di capelli sull'orecchio; i suoi occhi si erano fatti
lucidi e vagano attorno, senza fermarsi mai su un punto preciso. Non sapeva che
fare, che dire, sentiva anche di aver, con tutta probabilità, perso la voce; il
cuore, invece, emetteva un battito ogni due minuti, ad andare bene.
"No." Fece Orlando
preoccupato. "No, no, tesoro, va tutto bene." Affermò, prendendole le
mani. "Tranquilla, è tutto a posto." La rassicurò; finalmente Cassy
si decise a guardarlo, con la fronte corrucciata e un'espressione incredula.
"Sì, l'ho detto davvero." Confermò il ragazzo; a quel punto lei
sorrise e fece per baciarlo.
"Cass, è tardi!" La
chiamò la madre, appena prima che riuscisse a posare le labbra su quelle di
lui; lo guardò rammaricata, poi gli diede solo un bacetto e corse via.
Cassy, dopo quella inaspettata e
leggermente traumatica dichiarazione, tornò in pista con la grinta di una
leonessa: i suoi attrezzi volarono più lontano degl'altri e non fece un nullo
nemmeno a morire. Wendy, a bordo pista, e Orlando, sulle gradinate, esultavano;
il punteggio della ragazza saliva.
Erano, ormai, alla fine della
giornata di gare; solo l'emozione della competizione aveva tenuto vispo
Orlando, che cominciava ad accusare davvero la stanchezza. Seduto stancamente
sul gradone dello stadio, con i gomiti sulle ginocchia, seguiva le ultime fasi
del getto del peso, disciplina di cui ripetutamente, nel corso dell'ultima ora,
si era chiesto il senso. L'ultimo lancio di Cass era stato ottimo, a giudicare
dagli entusiasti commenti dei suoi vicini di posto, che sicuramente se ne
intendevano più di lui.
Era il turno della diretta rivale
della ragazza, adesso; i meccanismi un po' li aveva capiti, mica era scemo,
sapeva perfettamente che quella bionda slavata dalle statuarie gambe era a
pochi punti da Cass e che, se quel lancio fosse stato più lungo del suo, l'avrebbe
superata in classifica, soffiandole il primo posto. Si mise a fare tutti gli
scongiuri che conosceva, compresa l'immancabile visita ai gioelli di famiglia.
La pesante sfera di metallo si
staccò dalle mani della ragazza dopo una rotazione perfetta e, come ovvio,
completamente valida, poi volò per alcuni metri, fino a piombare a terra,
lasciando un piccolo cratere scuro sul prato; i giudici si avvicinarono subito,
misurando la distanza, mentre l'atleta lasciava la pedana. A occhio, ad
Orlando, il lancio non sembrò più lungo di quello di Cassy, ma poteva anche
essere questione di millimetri.
Il ragazzo sentì il cuore
fermarsi per un attimo, mentre il risultato appariva sul tabellone; mascella
contratta, occhi fissi sul pannello, Orlando attendeva la sentenza.
"Ma vieni!" Gridò,
balzando in piedi, quando il tabellone confermò la classifica decretando la
vittoria di Cassy. "Evvai, sì sì sì!" Continuò, indugiando in gesti
di giubilo degni un hooligan; improvvisamente, si accorse di essere osservato
da qualcuno seduto vicino a lui.
"Figliolo." Gli disse
la signora, quando si voltò. "Questa non è la finale della Coppa
d'Inghilterra, e questo non è uno stadio di calcio." Lo rimproverò, con un
perfetto accento inglese, degno della Miss Marple della Christie.
"Ascolti, nonna." Le
fece Orlando, infastidito e per nulla intimidito. "La mia ragazza ha
appena vinto, perciò io esulto quanto cavolo mi pare, vabbene?" La donnina
spalancò la bocca scandalizzata, ma lui non le diede peso, rimettendosi ad urlare.
"Sì, graaaaaaaaaandeeeeeeeeeee!!!"
Cassy, nel frattempo, ancora
sulla pista, era raggiante, ma non riusciva a fermare le lacrime: quella
vittoria le sembrava importante come le olimpiadi, perché era stato un
traguardo arduo da raggiungere; tutti i sacrifici, gli sforzi, ma soprattutto i
due anni di smarrimento, che aveva vissuto, erano magicamente scomparsi, perchè
nulla, nemmeno lo sport più estremo, le avrebbe mai potuto dare le emozioni che
le dava una gara vera, un obiettivo concreto da raggiungere. E per questo piangeva,
e per suo padre che non era lì, e per la gioia negl'occhi di sua madre, che
piangeva quanto lei, per l'amore di Orlando, in cui non aveva mai sperato, ma
che aveva conquistato; era felice, la soddisfazione e la gioia la riempivano,
le era rimasta solo una piccola cosa da dire...
Un giornalista l'avvicinò, quando
raggiunse il muretto che la divideva dal pubblico. "Signorina Simmons,
vuole fare una dichiarazione, per l'articolo di domani?" Le chiese.
"Sì." Annuì lei,
asciugandosi gli occhi con la mano; lui prese appunti. "Voglio dedicare
questa vittoria a mio padre, che mi ha inseganto l'atletica, e a mia madre, che
mi ha portato per mani fin qui." Affermò commossa, mentre Orlando scendeva
le gradinate fino ad arrivarle vicino; la ragazza gli sorrise, poi, come se
stesse ancora parlando col giornalista, ma guardando l'attore, dichiarò:
"E voglio dire una cosa ad una persona che è qui oggi." Fissava
Orlando, sicura che anche lui stesse facendo altrettanto. "Anch'io ti amo,
topo." Le labbra del ragazzo si allargarono in uno dei suoi splendenti
sorrisi, poi l'abbracciò al di sopra del muretto e si baciarono, entrambi
felici e commossi; il giornalista li osservava perplesso, quello lo doveva
scrivere, o no?
Baby, all it takes is
Just a little faith in me
To feel like
I can save the world
(Save the world - Bon Jovi)
Orlando sentì qualcuno che gli
morsicchiava e baciava le spalle, così aprì stancamente gli occhi, guardando la
sveglia; mugugnò qualcosa, girandosi. Si trovò di fronte il viso sorridente di
Cassy; per tutta risposta si passò una mano sulla faccia.
"E' un piacevole risveglio,
topolina, ma..." Biascicò l'attore sconsolato. "...ma sono a letto da
poco più di due ore..."
"Lo so." Gli sussurrò
la ragazza, accompagnando le parole con un languido bacio nell'incavo del
collo. "Ma io vado."
"Vai?!" Chiese stupito
lui, lanciando un'altra occhiata alla sveglia. "Sono le cinque e mezza,
dove vai?" Aggiunse preoccupato.
"Ad allenarmi." Rispose
tutta tranquilla, posando il mento sul petto di Orlando; lui sorrise.
"Tranquillo, topino, torno verso le nove, tu riposa e..." Sguardo
malizioso. "...fatti trovare pronto..." Orlando sorrise compiaciuto.
"Ma tu non ti stanchi
mai?" Le domandò con ironica dolcezza, carezzandole i capelli.
"No!" Rispose Cass
allegramente, poi gli diede un bacio sul naso e balzò giù dal letto, correndo
verso la porta; lo salutò con la mano mentre usciva.
Orlando si rilasciò sui cuscini
sorridendo, ripensare all'ultimo anno lo rendeva allegro. Era strano il
destino, a volte. Lui e Cassy si erano trovati, piaciuti, avevano fatto l'amore
per la prima volta, in un tempo brevissimo, avevano ballato insieme una danza
selvaggia e tribale, che li aveva travolti; ora, questa danza, si era
trasformata più in un sensuale tango, un ballo non privo di passione e
tensioni, ma in cui ci voleva un perfetto accordo. Si amavano, anche se non era
facile stare insieme, ognuno preso dalla propria carriera, impegnati con orari
spesso diversi, ma bastava uno sguardo, una parola, per ritrovarsi. Chissà,
forse un giorno, Cass avrebbe avuto abbastanza fiducia in se da non avere più
bisogno di un sostegno, ma Orlando non credeva di essere solo questo per lei;
ad ogni modo, una sicurezza ce l'aveva: quando una come Cassy ti entra nel
cuore, è intenzionata di rimanerci a lungo.
Fine