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Autore: CowgirlSara    24/06/2004    4 recensioni
Orlando conosce una ragazza che vive la vita come se non ci fosse domani; inizia tra loro una relazione che sembra non avere lunga durata, ma le cose non sono mai come sembrano.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Monaghan, Orlando Bloom, Viggo Mortensen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Capitolo 7 -

Eccoci qua, sembra che abbia finito un'altra ff... Beh, come tutti i finali si lascia dietro un po' di malinconia, ma anche una certa soddisfazione; spero che questo finale vi piaccia, certo rispetto a come la ff era cominciata, siamo andati decisamente sul romantico, ma non mi dispiace (anche perché ho una certa predilezione per il romanticismo, via diciamolo ^___^). Ora m'impegnerò nei miei altri progetti, e non dubito che ci rivedremo presto su queste pagine!

Aspetto i vostri commenti e vi ringrazio in anticipo, soprattutto la grande Moon, che non manca mai di darmi dei suggerimenti (anche se non se ne accorge), e tutte le stupende lettrici di questa sezione. Un bacione grandissimo a tutti e a presto!

Sara

 

- Capitolo 7 -

 

I will provide for you

And I'll stand by your side

You'll need a good companion for

This part of the ride

(Land of hope & dreams - Bruce Springsteen)

 

Il sole splendeva sul molo di Santa Barbara, il vento spazzava il cielo di un azzurro intenso e le onde s'infrangevano schiumando contro i piloni del pontile; Orlando, con le braccia appoggiate sul parapetto, si godeva il profumo dell'oceano osservando le traiettorie dei gabbiani. C'erano volte in cui la California era proprio bella.

"Hey." Lo chiamò una voce alle sue spalle; si girò e sorrise, Viggo gli mostrava un sacchetto di carta e due lattine.

"Che hai lì?" Gli domandò il ragazzo, che lo stava aspettando.

"Focaccia alle olive e the freddo." Rispose l'amico.

Orlando prese una lattina, poi si sedettero su una panchina di quelle lungo il molo; era un bel pezzo che non s'incontravano di persona, perciò avevano pensato che vedersi all'aperto, in una bella giornata di sole, era molto meglio d'incontrarsi in uno di quei locali da vip, pieni di gente annoiata e musica troppo alta.

"Ci sono dei paparazzi." Affermò Orlando, indicando il lungo mare, dopo aver preso un pezzo di focaccia.

"Sì, li ho visti." Confermò Viggo. "Vogliamo darci un bacio in bocca, così hanno qualcosa di cui parlare?" Gli domandò ironico; l'altro lo guardò scettico.

"Meglio di no." Disse poi; l'amico annuì ridendo.

"Allora, che mi racconti?" Chiese Viggo dopo un po', addentando la sua focaccia.

"Io? Sei tu che sei stato in Guatemala!" Ribatté Orlando.

"Belize." Pracisò l'uomo; il ragazzo lo guardò aggrottando la fronte.

"Che è?" A Viggo venne da ridere, vista l'espressione allibita dell'amico.

"Il Belize, è il posto dove sono stato." Gli spiegò allegramente, poi gli diede una pacca sulla schiena.

"Vabbé, dai, quello che è!" Glissò Orlando. "Com'è andata, comunque?" Viggo rifletté per un attimo, poi fece una smorfia soddisfatta.

"E' stata una bella esperienza." Raccontò infine. "Una presa di coscienza che puoi fare solo vedendo coi tuoi occhi i problemi del pianeta..."

"Pietà!" Esclamò Orlando, alzando le mani. "Risparmiami il pippone ecologista!"

"Così non va bene, Orlando." Lo rimproverò bonariamente l'uomo. "Dovresti avere più consapevolezza del fatto che i tuoi gesti di oggi, condizioneranno la vita delle persone domani." Aggiunse, girandosi un po' verso di lui.

"Ho detto niente sermone." Proclamò il ragazzo.

"Vabbene." Si arrese troppo velocemente Viggo, rimettendosi seduto dritto. "Allora, parliamo di te, come va con la ragazza dello stanzino?"

"Si chiama Cassandra." Precisò piccato Orlando, incrociando le braccia.

"Ohh, che nome impegnativo!" Commentò divertito Viggo.

"Falla finita..." Sbottò piano il ragazzo, scivolando col sedere lungo la panchina, fino ad assumere una posizione semi sdraiata; si posò la lattina sulla pancia, reggendola con tutte e due le mani, e si mise a guardare l'orizzonte.

Fra tutti e due non potevano essere niente di più lontanto da divi del cinema, quel giorno: Orlando, scarpe da ginnastica nere con calzini di spugna bianchi, calzoni sportivi rossi che gli arrivavano al polpaccio e una maglietta grigia che pareva lavata e rialvata, portava anche un cappellino giallo tipo baseball e i Ray-Ban; Viggo, pantaloni di una tuta blu, larghi e parecchio vissuti, e una canottiera bianca, portava solo gli occhiali da sole. Sbracati su quella panchina, sotto il sole, davano più l'impressione di due locali che fanno colazione dopo lo jogging.

"Beh..." Riprese Orlando. "...io e Cass ci siamo rivisti, e..." Si raddrizzò un po', mentre si strofinava il naso. "...andiamo ancora piuttosto d'accordo..."

"Hm, ok, penso di aver capito da che punto di vista parli." Commentò Viggo; si scambiarono un'occhiata complice, sorridendo. "Tu, ad ogni modo, sei innamorato di lei?"

"Sì... sì, lo sono." Rispose Orlando annuendo. "E sono anche abbastanza sicuro di essere corrisposto, ma il dubbio resta sempre." Aggiunse stringendosi nelle spalle.

"Certo, se non ti decidi a chiederglielo..." Buttò lì l'amico, alzando gli occhi con fare indifferente.

"Grazie..." Ironizzò il ragazzo, dopo aver bevuto un sorso dalla lattina. "Appena avrò un po' di tempo, lo farò di sicuro, è in cima alla lista, direi." Precisò poi.

"Da quello che mi hai detto..." Ricominciò Viggo. "...mi sembra che questa Cassandra non sia proprio il tipo di ragazza che frequentavi finora."

"Decisamente no!" Replicò Orlando scuotendo il capo. "Sai, penso di aver avuto sempre ragazze troppo accondiscendenti, troppo pronte ad adorarmi e basta..."

"Mi sembra, però, che questo non ti sia mai dispiaciuto troppo." Lo interruppe divertito Viggo.

"Eggià." Confermò il ragazzo annuendo. "Ma con Cass è diverso, nonostante tutto quello che le è capitato è riuscita a venirne fuori, certo non da sola, ma ha le palle, secondo me." L'amico lo ascoltava, avvertendo l'orgoglio in quelle parole; sorrise. "C'è voluta forza, per riprendere con l'atletica dopo tanto, ce la farà, io sono sicuro." Concluse sicuro.

"Ho detto innamorato?" L'interrogò Viggo; Orlando lo guardò strano. "Te sei cotto come uno spiedino argentino, bambino mio!" Esclamò poi, ridendo.

"Una salsina al pepe e son servito!" E dopo questa battuta, Viggo lo prese per le spalle, abbracciandolo, e si misero a ridere insieme.

"Ci stanno fotografando..." Fece Orlando ad un certo punto, mantenendo un forzato sorriso.

"Lo vedo." Confermò Viggo, facendo altrettanto.

"Che dici, li salutiamo?" Propose l'inglese, con un'occhiata furba.

"Sì, via, se lo meritano, se non altro per la pazienza." Acconsetì l'amico; tenendosi ancora abbracciati, si girarono verso i fotografi appostati sul lungomare.

"Hehey! Ciaooooooooo!" Gridò Orlando, sventolando la mano e sorridendo allegramente; quasi si sentirono gli scatti partire.

"Love & peace!" Proclamò invece Viggo, salutando vistosamente; e continuarono a fare gesti strani sulla panchina. I passanti, probabilmente, pensarono che fossero due ritardati scappati dall'istituto. 

 

"Io non ci credo che ho accettato di fare questa cosa..." Mormorò Cassy suonando il campanello; la madre la guardò.

"Eddai, hai fatto di peggio." Replicò; la ragazza fece un sorrisino acido.

"Grazie, è sempre una gioia avere la tua comprensione mamma..." In quel momento il portoncino fu aperto; una donna magra con lo chignon le squadrò. "Ah... buongiorno Signora Plimpton!" Salutò Cass.

"Ci conosciamo?" Chiese perplessa; la ragazza ebbe un attimo di smarrimento.

"Sono Cassy." Rispose poi; la donna la osservò meglio.

"Ah, sì." Fece infine, annuendo. "Non la riconoscevo coi capelli di un colore solo e senza borchie." Aggiunse gelida. "Il Signor Bloom non è in Inghilterra."

"Sì, lo so." Ribatté Cass. "Ma ho dimenticato una cosa al piano di sopra, se mi facesse entrare solo per un attimo a prenderla, gliene sarei grata." Spiegò.

"Prego." Fece la domestica, scostandosi per farle passare; Cassy entrò seguita da Wendy.

"Questa è mia madre." Disse alla donna, indicando la sua accompagnatrice.

"Piacere."

"Piacere mio." Rispose la governante. "Io devo tornare in cucina, tanto lei conosce la casa." Affermò poi, rivolta a Cass.

"Sì, grazie!" Si affrettò a rispondere la ragazza; nel frattempo sua madre si guardava intorno.

"Che bel salone luminoso." Commentò affacciandosi in salotto.

"Ah, sì..." Mormorò la figlia. "E quella è la sala da pranzo..." Le indicò una grande porta scorrevole a sinistra dell'entrata. "...e lì c'è la cucina." Le mostrò la porta vicino alle scale. "Il bagno è in fondo al corridoio."

"Certo che i vip non si fanno proprio mancare nulla..." Dichiarò a bassa voce la donna, sfiorando con le dita il grosso mobile in legno scuro, di stile africano, che stava nell'ingresso.

"Orlando è anche un tipo abbastanza spartano, sennò sai che villone avrebbe." Intervenne Cassy. "Dai, andiamo sopra, altrimenti la vecchia s'insospettisce." Accennò poi, parlandole vicino; la madre acconsentì e salirono.

Cassy mostrò alla madre le due camere degl'ospiti e la grande terrazza; sulla destra della rampa di scale c'era lo studio, ma Orlando lo teneva chiuso a chiave. Attraversarono il corridoio e, infine, entrarono nella stanza da letto dell'attore, un posto che Cass conosceva molto bene; Wendy si guardò un po' intorno, incuriosita.

"Hm... poltrone di alkantara turchese..." Commentò, carezzando lo schienale di una delle due.

"Beh, che c'è?" Domandò un po' infastidita Cassy, incrociando le braccia. "I mobili sono bianchi, la moquette è chiara, ci stanno bene, no?"

"Hm..." Fece solo Wendy.

"Non ti piace il colore, lo so." Affermò la figlia. "Tu odi tutto quello che ha a che fare col turchese, l'azzurro, il celeste..."

"Lo trovo opinabile, tutto qui." Replicò la madre, stringendosi nelle spalle, poi si fermò davanti alla grande cassettiera con specchio. "Fotografie!" Esclamò interessata.

"No, mamma, dai!" Sbottò Cassy. "Non metterti a guardarle!" Ma era troppo tardi.

"Questa ragazza?" Le domandò la donna, mostrandole una foto.

"Credo che sia sua sorella." Mormorò Cass.

"E questa sarà la madre..." Wendy guardò un'altro foto. "...l'altra, presumo, la nonna..." Si girò verso la figlia. "Non c'è una foto di suo padre."

"E a me lo chiedi?" Fece Cassy, indicandosi. "Non abbiamo mai parlato molto delle nostre cose di famiglia e... decisamente non in questa stanza." La madre la guardò negl'occhi.

"Ma come si fa a dire di essere innamorati di una persona, sapendo poco o niente di lui e della sua famiglia?" Le chiese.

"Cosa c'entra, mamma!" Sbottò la ragazza. "Non ci s'innamora mica della famiglia! E poi... io non ho mai detto di essere innamorata di lui..." Wendy le rivolse un'occhiata piuttosto scettica.

"Avrete tempo." Dichiarò poi, incamminandosi verso la porta del guardaroba.

"Mamma non vorrai guardare tra i suoi vestiti!?" Domandò allarmata Cassy, seguendola; lei era già entrata.

Le due donne passarono alcuni minuti commentando l'originale vestiario dell'attore, passando da un paio di pantaloni a quadri scozzesi azzurri e neri, fino alle sue numerose e belle camice, alcune davvero di classe, dalle scarpe di ogni tipo, ai suoi cappelli, berretti, coppole e bandane.

"E questa che è?" S'interrogò Wendy, tenendo in mano uno strano pezzo di stoffa dal colore grigiastro.

"Quella è la sua bandana preferita." Rispose la figlia. "Non capisco perché non l'abbia portata con se, forse l'ha dimenticata..."

"Cass, sembrano un paio di mutande!" L'interruppe la madre. "E' pure macchiata di candeggina." Aggiunse osservandola meglio. "Mi chiedo perché metta in testa tutte queste cose strane, ha dei così bei capelli." Concluse, riponendo la bandana e uscendo dal guardaroba.

"Me lo sono chiesto anch'io..." Disse Cassy seguendola. "No, il bagno no!" Gridò poi, vedendo la donna entrare nella stanza.

"Eddai!" Ribattè Wendy, che era già dentro.

"Mamma!" Protestò la ragazza. "Sei... inqualificabile!"

"Non esagerare, do solo un'occhiata." Replicò la donna, quando Cassy la raggiunse col broncio. "Oh, ottimo dopobarba..." Commentò controllando la boccetta sul ripiano. "...e profumo coordinato." Aggiunse, rivolgendosi alla figlia con uno sguardo ammiccante.

"Hanno dei consulenti, per queste cose, mamma." Dichiarò infastidita Cassy, con le braccia conserte.

"Beh, conta anche il gusto." Rispose lei, e tornò a guardare il mobiletto. "Due spazzolini, uno molto consumato e uno quasi nuovo." Disse con espressione interrogativa.

"Quello è mio." Affermò Cass, indicando quello più nuovo. "Mi capitava di dormire qui."

"Ahah..." Annuì allusiva la madre. "E ora non ti capita più?"

"Mamma, per favore!" Esclamò offesa la ragazza. "E non aprire quello sporto, per piacere!" La supplicò poi, ma non ci fu nulla da fare.

"Stick antibrufoli, cerotti, lamette e schiuma, colluttorio... preservativi..." E la guardò; la figlia sembrava piuttosto maldisposta.

"Ce n'è una scatola aperta anche nel cassetto del comodino, se t'interessa." Le disse acidamente. "Poi, se vuoi sapere tutte le posizioni che abbiamo assunto sul letto, il pavimento o la poltrona..."

"La poltrona?" Fece stupita la donna. "State attenti alla poltrona, su quel colore le macchie si vedono subito..." Consigliò maliziosa, uscendo dal bagno.

"E vabbene, dopo questa..." Si arrese Cassy, incamminandosi verso l'uscita della camera.

"Cass, io mi preoccupo solo di sapere chi frequenti." Spiegò dolcemente la donna, seguendola; la ragazza si voltò verso di lei.

"Ma si può sapere come mai, queste ispezioni da SS, in casa di Malcom non le hai mai fatte?" Le chiese mettendo le mani sui fianchi.

"Lì avrebbe dovuto farla la polizia, una bella ispezione." Commentò Wendy. "E, comunque, quella non mi è mai sembrata una cosa seria, questa volta invece..."

"Cosa?" L'interruppe Cassy. 

"E' che mi sembri molto presa da Orlando." Rispose la madre, posandole una mano sulla spalla. "Non molte persone sono riuscite a smuoverti come ha fatto lui, compresa me." Cass abbassò gli occhi, ma dopo qualche istante li rialzò.

"Lo dovevo capire fin dall'inizio, che c'era il rischio d'innamorarsi." Mormorò con un lieve sorriso.

"Rischio?!" Fece stupita e sorridente Wendy. "Non c'è niente di più bello alla tua età!" Aggiunse contenta. "Adesso andiamo." Suggerì poi; Cass annuì.

La ragazza, mentre la madre si allontanava, diede un ultimo sguardo alle foto sulla cassettiera e gli occhi le cadderò sull'immagine più grande, dentro ad una cornice di semplice legno chiaro: era una foto di gruppo, tutti facevano facce strane e bizzarre, lei individuò subito il sorriso furbo e impertinente di Orlando, e sorrise a sua volta.

"Lui qual'è?" Le chiese la madre, che le era ritornata alle spalle.

"Questo." Le indicò il punto dove si vedeva lui saltare sulla schiena di un altro. "Con la cresta da moicano."

"Questo ragazzo è proprio matto, mi sa che è per quello che andate d'accordo." Commentò divertita la donna; Cassy sbuffò, alzando gli occhi, ma poi rise. Wendy, anche lei ridendo, uscì dalla stanza.

"Torna presto, topino, io ti aspetto." Disse la ragazza a bassa voce, quando rimase sola; poi seguì la madre, convinta di aver trovato tutto quello che cercava.

 

E venne il primo giorno della gara. Il tutto si svolse in un grigio giorno di metà ottobre; non pioveva, ma c'era un po' di vento, che causò qualche noia con gli attrezzi.

Cass era tesa come un corda di violino, ma era anche carica e piena di adrenalina; quella competizione, se vinta, l'avrebbe portata diritta nel circuito nazionale, e questo significava poter gareggiare coi migliori ed accedere alle gare più importanti, quelle internazionali.

Con la corsa non ebbe particolari problemi, si era rifatta il fiato perfettamente, i muscoli erano a posto; le sue prestazioni le fecero accumulare punti preziosi. Qualche contrattempo lo ebbe sul salto in alto, da sempre il suo punto debole; alcuni nulli le fecero finire abbastanza indietro. Recuperare il giorno dopo, significava vincere tutte le specialità; sarebbe stata dura, e non aveva notizie di Orlando da due giorni. Se lui fosse stato lì, lei si sarebbe sentita più forte, e si mise a pregare che ce la facesse.

 

A New York, nel frattempo, Orlando era alle prese con un problema di non facile soluzione.

"Trovami un posto su quell'aereo." Affermò per l'ennesima volta l'attore, rivolto al suo rassegnato assistente. "Sennò ti faccio un culo come una rosa."

"Orlando è pieno, come te lo devo dire, dovevi prenotare prima." Protestò esasperato il ragazzo.

"Io avevo prenotato!" Ribatté stizzito l'attore. "Un volo che partiva alle diciotto, dal La Guardia diretto a Heathrow! Cazzo, lo hanno cancellato, dico cancellato, benedetto iddio!"

"Scusa." Intervenne Elijah, anche lui presente alla discussione. "Ma che ti costa prendere il volo delle ventidue, dove hanno spostato i passeggeri del volo cancellato?"

"Allora non hai capito un cazzo!" Esclamò l'amico, girandosi verso di lui. "Ora te lo rispiego, allora..." Lij roteò gli occhi, pronto all'ennesima menata. "...se prendo un aereo qui alle ventidue, a Londra sono le due di notte, mi segui?" L'altro annuì. "Il che significa che arriverei in Inghilterra tra le nove e le dieci del mattino, e la gara sarebbe già cominciata!"

"Ma si può sapere di che cazzo di gara parli?!" Ribatté Lij perplesso.

"La gara di Cassy!" Rispose Orlando, come se chiarisse tutto; Elwood, sempre più stranito, annuì con una smorfia.

"Rassegnati Orlando." Riprese Gary, l'assistente. "Su quell'aereo non ci sta più nemmeno uno spillo, sono in full booking!"

"Non me ne frega un cazzo!" Sbottò l'attore. "Io DEVO salire su quel volo, uccidi qualcuno, ma mettimi lì sopra." Aggiunse deciso.

"Questa mi sembra un'ottima soluzione..." Commentò sarcastico Lij; Orlando lo guardò storto. "Oh, io non sono uno dei passeggeri!" Lo blandì, alzando le mani.

"Sei già nell'over booking della prima classe, il primo della lista." Gli riferì Gary.

"Non è sufficiente!" Dichiarò il ragazzo, scuotendo il capo. "Mettimi anche sulle liste della Business e della seconda, sono disposto perfino a viaggiare nella valigia del comandante, ma mettimi su quel volo!" Gary, a quel punto, sbuffò, poi si allontanò prendendo il cellulare.

"Cacchio, ti ha proprio preso questa ragazza." Disse Elijah, guardandolo di sottecchi.

"E' che, insomma, le ho promesso che ci sarei stato... e voglio arrivare prima per parlarle, e ho provato a telefonare, ma cazzo non c'è verso di prendere la linea, e poi questa merda di fuso orario mi manda al manicomio, e vengo da Los Angeles, sono arrivato qui solo ieri mattina, sto ancora sul fuso del pacifico, e... e... In poche parole, sto in palla completa, Elwood..." Alla fine di quel discorso staripante, Orlando emise un lungo sospiro, cadendo su una poltrona.

"Due gocce di valeriana?" Gli chiese ironicamente l'amico.

"Avrei solo bisogno di dormire per i prossimi tre giorni..." Rispose stancamente l'inglese. "E se Gary non mi trova un posto su quell'aereo, io lo faccio entrare in un giro di schiaffi talmente lungo che se non ha il pane in tasca muore di fame!" Proclamò poi, balzando in piedi; Lij scoppiò a ridere, seguito, pochi attimi dopo, anche da Orlando.

 

Il diciotto di ottobre si presentò come una giornata splendente, cielo terso e temperatura ideale per una competizione di atletica. In perfetta contrapposizione con l'idilliaca mattina che la circondava, Cassy era in preda a una vera agitazione paranoide.

"Quanto manca?" Domandò alla madre, mentre camminava in circolo torcendosi le mani; Wendy roteò gli occhi esasperata, se non si calmava sarebbe stato un gran casino.

"Me lo hai chiesto cinque minuti fa, Cass." Le rispose infine.

"Vuoi dirmelo, per favore!" Replicò agitata la figlia; rassegnata, la donna riguardò l'orologio.

"Una ventina di minuti." Le disse; la vide agitarsi ancora di più, sollevando gli occhi al cielo e girandosi su se stessa.

"Vuoi andare a vedere se è arrivato?" Le chiese poi, con espressione supplicante; Wendy sospirò, indecisa se dire quello che pensava.

"Tesoro, mi spiace dover essere io a dirtelo, ma... può aver avuto un contrattempo, sai gli aerei..."

"Non lo dire, non lo dire, non lo dire!" L'interruppe la ragazza tremando. "Vai a vedere, per favore, per favore!" Continuò gesticolando.

"Vabbene, vabbene!" La blandì la madre, intimandola con le mani alzate. "Io vado, ma tu ora ti siedi, bevi un po' d'acqua, e cerchi di calmarti, ok?" Aggiunse pacatamente, indicandole una delle sedie che stavano attorno al grande tavolo; Cassy annuì.

La donna uscì dal padiglione degli atleti, una grande tenda montata al margine della pista, intenzionata a guardarsi intorno per trovare Orlando, ma non nutriva molte speranze; si spinse fino alle gradinate, dove stava affluendo il pubblico. C'erano un sacco di ragazzi con cappellini e occhiali da sole e sapeva che lui, certo, avrebbe fatto di tutto pur di non farsi notare, in mezzo a tutta quella gente. Era decisamente scoraggiata.

"Signora Simmons!" Una voce urgente la chiamò dalle sue spalle; Wendy si girò in direzione della biglietteria e lo vide.

Un ragazzo alto si dirigeva verso di lei sventolando la mano in segno di saluto; era decisamente Orlando. Addosso aveva jeans, una t-shirt verde e sopra una felpa grigia con la zip aperta; in testa portava un cappellino dei NY Yankees e sul naso occhiali da sole a goccia specchiati. Non c'era nulla da fare, quel ragazzo aveva un'arte particolare nel mettere insieme i vestiti a caso, ma allo stesso tempo possedeva la caratteristica di farlo sembrare del tutto normale. Le arrivò vicino, sorridente.

"Ah, sei arrivato!" Esclamò Wendy sospirando. "Grazie a Dio."

"Perché?" Chiese subito Orlando preoccupato. "Qualcosa non va?"

"Non la si regge più." Spiegò la donna. "E' agitata come un milkshake, vedi se puoi fare qualcosa tu." Aggiunse; il ragazzo fece un breve sorriso.

"Dov'è?" Domandò poi.

"Nel padiglione degli atleti, laggiù." Gl'indicò la tenda bianca. "Tieni, prendi il mio cartellino, hai solo pochi minuti." E gli porse il passy.

"Grazie." Fece l'attore, prima d'incamminarsi.

"Ma tu stai bene?" Lo fermò la donna, lui si girò. "Mi sembri un po' pallido."

"No, niente, ho solo una decina di fusi orari sulle spalle, ma sto bene." Rispose ironico Orlando; le fece un ultimo cenno di saluto e si allontanò.

Orlando entrò nel padiglione indisturbato; c'erano molti atleti, soprattutto ragazze, e un via vai continuo. Il ragazzo diede un'occhiata in giro, osservando compiaciuto quei corpi atletici coperti da succinti e aderenti body, poi si mise a cercare Cassy; qualche attimo dopo, si accorse di una ragazza seduta sull'orlo di un tavolo, aveva un body blu e bianco, e tamburellava nervosamente con le dita sul piano. Si avvicinò.

"Ciao topolina." Le sussurrò, chinandosi verso di lei; Cass si girò di scatto, sorpresa, ma immediatamente sorrise.

"Oh, sei arrivato!" Esclamò felice; fece per alzarsi, ma lui glielo impedì con un gesto, poi afferrò una sedia e si mise davanti a lei.

Cassy sorrise, mentre gli circondava il torace con le gambe; il ragazzo la strinse alla vita, lei gli mise le braccia intorno al collo e lo strinse a se. Rimasero così per qualche minuto.

"Tua madre mi ha detto che sei un pochino nervosa." Affermò infine Orlando; Cassy annuì, continuando a tenerlo stretto. "Cosa posso fare io?" Le domandò allora, ma intanto le stava carezzando dolcemente la schiena, con rilassanti movimenti circolari.

"L'importante è che sei qui, adesso va tutto bene." Mormorò la ragazza al suo orecchio; lui le fece un tenero sorriso. Non si erano accorti di aver attirato l'attenzione degli altri presenti.

"Un bacio, te lo posso dare?" Chiese con aria furba; Cass lo guardò, già più tranquilla.

"Certo." Acconsentì poi, scostandosi un po'.

"Attenta a non far cadere il cappello, c'è un sacco di gente." Le disse a bassa voce; la ragazza annuì.

Si guardarono negl'occhi, poi cominciarono a sfiorarsi le labbra lentamente; Cassy gli teneva saldamente una mano aperta sulla testa, reggendo il cappello, mentre Orlando la stringeva, facendole aderire il bacino contro il suo torace. Il bacio divenne pian piano più profondo e sensuale; alcune ragazze li guardavano.

"Alla faccia del bacio." Commentò una. "Questa sembra una visita laringoiatrica!"

Orlando la lasciò pochi minuti dopo, quando annunciarono che mancavano cinque minuti all'inizio della gara; si salutarono con un ultimo bacio sulla guancia. Cassy sembrava essersi finalmente rilassata; mentre si dirigeva all'uscita degli atleti, fu fermata da una delle sue compagne.

"Quello era il tuo ragazzo?" Le domandò la ragazza; lei annuì. "Ma lo sai che somiglia in modo impressionante a Orlando Bloom?"

"Eh, sì." Rispose divertita Cass. "Glielo dico sempre anch'io..." Aggiunse; poi, con un sorriso furbo e compiaciuto, uscì al sole.

 

A metà mattinata ci fu il turno di pausa di Cassy; lei, la madre ed Orlando erano seduti ad un tavolo. La ragazza mangiava frutta, mentre lui le carezzava la schiena coperta da un asciugamano; ogni tanto si scambiavano teneri sguardi, sotto lo sguardo compiaciuto di Wendy. La gara procedeva bene, ed erano stati recuperati molti punti.

"Mi sembri un po' stanco." Disse, ad un certo punto, Cass ad Orlando, facendogli una carezza sul viso; lui sorrise appena.

"Ho solo dodici ore di fuso orario da recuperare." Rispose poi noncurante.

"Ma non venivi da New York?" Chiese stupita la ragazza.

"Sì." annuì l'attore. "Ma solo il giorno prima ero a Los Angeles, non ho fatto certo in tempo ad abituarmi." Spiegò tranquillamente. "Sono solo un pochino..." Fece dei gesti vaghi e un'espressione assente. "...stonato, ecco."

"Oh, povero il mio topo!" Esclamò corrucciata Cassy, quindi gli prese il viso tra le mani; il ragazzo fece un'espressione infantile e lei gli baciò delicatamente le labbra.

Wendy sorrise, poi si alzò. "Io vado a preparare l'attrezzatura, quando hai finito raggiungimi." Disse alla figlia, che annuì, ancora impegnata a sbaciucchiare Orlando.

Cassy, quando le operazioni di coccola furono terminate, si mise a finire la sua frutta, mentre Orlando si dedicò ad osservarla. Prima, quando aveva i capelli scuri e si truccava pesante, era bella, ma in un certo senso non vera, mascherata; adesso, con quei corti capelli chiari, il viso pulito e limpido, gli occhi vivi, era tornata una persona reale, a fuoco.

Il ragazzo allungò una mano, sfiorandole i capelli sopra le tempia, lei gli sorrise, lui ricambiò; era sicuro, ora, che Cass lo ricambiasse, ma si disse che non era il momento per dichiarazioni d'amore. La ragazza era ancora piuttosto fragile, era in un momento di passaggio delicato, e Orlando, pur impaziente di farle conoscere i suoi sentimenti, non poteva turbarla proprio nel momento in cui doveva stare più tranquilla.

Finito di mangiare, Cassy si alzò, sistemandosi il top e le spillette del suo numero di gara; sorrise ad Orlando, che era rimasto seduto, a causa dello stato semi confusionale in cui versava.

"Io vado." Gli disse dolcemente, tenendogli una mano sulla spalla. "Tu torni sulle gradinate?" Gli chiese poi; l'attore annuì. "Bene." E con un ultimo sorriso si allontanò.

"Ah, Cass!" La richiamò il ragazzo, lei si voltò e lo vide avvicinarsi.

"Dimmi." Gli fece tranquilla.

"Ti volevo solo dire in bocca al lupo..." Esordì prendendole le mani. "...e..." Lei lo guardava interrogativa. "Io ti amo." Pronunciò velocemente, mandando a puttane tutti i suoi buoni propositi con altrettanta velocità.

La ragazza rimase paralizzata per un lungo momento, poi iniziò a tremare leggermente, mentre sollevava una mano per spostare un ciuffo di capelli sull'orecchio; i suoi occhi si erano fatti lucidi e vagano attorno, senza fermarsi mai su un punto preciso. Non sapeva che fare, che dire, sentiva anche di aver, con tutta probabilità, perso la voce; il cuore, invece, emetteva un battito ogni due minuti, ad andare bene.

"No." Fece Orlando preoccupato. "No, no, tesoro, va tutto bene." Affermò, prendendole le mani. "Tranquilla, è tutto a posto." La rassicurò; finalmente Cassy si decise a guardarlo, con la fronte corrucciata e un'espressione incredula. "Sì, l'ho detto davvero." Confermò il ragazzo; a quel punto lei sorrise e fece per baciarlo.

"Cass, è tardi!" La chiamò la madre, appena prima che riuscisse a posare le labbra su quelle di lui; lo guardò rammaricata, poi gli diede solo un bacetto e corse via.

 

Cassy, dopo quella inaspettata e leggermente traumatica dichiarazione, tornò in pista con la grinta di una leonessa: i suoi attrezzi volarono più lontano degl'altri e non fece un nullo nemmeno a morire. Wendy, a bordo pista, e Orlando, sulle gradinate, esultavano; il punteggio della ragazza saliva.

Erano, ormai, alla fine della giornata di gare; solo l'emozione della competizione aveva tenuto vispo Orlando, che cominciava ad accusare davvero la stanchezza. Seduto stancamente sul gradone dello stadio, con i gomiti sulle ginocchia, seguiva le ultime fasi del getto del peso, disciplina di cui ripetutamente, nel corso dell'ultima ora, si era chiesto il senso. L'ultimo lancio di Cass era stato ottimo, a giudicare dagli entusiasti commenti dei suoi vicini di posto, che sicuramente se ne intendevano più di lui.

Era il turno della diretta rivale della ragazza, adesso; i meccanismi un po' li aveva capiti, mica era scemo, sapeva perfettamente che quella bionda slavata dalle statuarie gambe era a pochi punti da Cass e che, se quel lancio fosse stato più lungo del suo, l'avrebbe superata in classifica, soffiandole il primo posto. Si mise a fare tutti gli scongiuri che conosceva, compresa l'immancabile visita ai gioelli di famiglia.

La pesante sfera di metallo si staccò dalle mani della ragazza dopo una rotazione perfetta e, come ovvio, completamente valida, poi volò per alcuni metri, fino a piombare a terra, lasciando un piccolo cratere scuro sul prato; i giudici si avvicinarono subito, misurando la distanza, mentre l'atleta lasciava la pedana. A occhio, ad Orlando, il lancio non sembrò più lungo di quello di Cassy, ma poteva anche essere questione di millimetri.

Il ragazzo sentì il cuore fermarsi per un attimo, mentre il risultato appariva sul tabellone; mascella contratta, occhi fissi sul pannello, Orlando attendeva la sentenza.

"Ma vieni!" Gridò, balzando in piedi, quando il tabellone confermò la classifica decretando la vittoria di Cassy. "Evvai, sì sì sì!" Continuò, indugiando in gesti di giubilo degni un hooligan; improvvisamente, si accorse di essere osservato da qualcuno seduto vicino a lui.

"Figliolo." Gli disse la signora, quando si voltò. "Questa non è la finale della Coppa d'Inghilterra, e questo non è uno stadio di calcio." Lo rimproverò, con un perfetto accento inglese, degno della Miss Marple della Christie.

"Ascolti, nonna." Le fece Orlando, infastidito e per nulla intimidito. "La mia ragazza ha appena vinto, perciò io esulto quanto cavolo mi pare, vabbene?" La donnina spalancò la bocca scandalizzata, ma lui non le diede peso, rimettendosi ad urlare. "Sì, graaaaaaaaaandeeeeeeeeeee!!!"

Cassy, nel frattempo, ancora sulla pista, era raggiante, ma non riusciva a fermare le lacrime: quella vittoria le sembrava importante come le olimpiadi, perché era stato un traguardo arduo da raggiungere; tutti i sacrifici, gli sforzi, ma soprattutto i due anni di smarrimento, che aveva vissuto, erano magicamente scomparsi, perchè nulla, nemmeno lo sport più estremo, le avrebbe mai potuto dare le emozioni che le dava una gara vera, un obiettivo concreto da raggiungere. E per questo piangeva, e per suo padre che non era lì, e per la gioia negl'occhi di sua madre, che piangeva quanto lei, per l'amore di Orlando, in cui non aveva mai sperato, ma che aveva conquistato; era felice, la soddisfazione e la gioia la riempivano, le era rimasta solo una piccola cosa da dire...

Un giornalista l'avvicinò, quando raggiunse il muretto che la divideva dal pubblico. "Signorina Simmons, vuole fare una dichiarazione, per l'articolo di domani?" Le chiese.

"Sì." Annuì lei, asciugandosi gli occhi con la mano; lui prese appunti. "Voglio dedicare questa vittoria a mio padre, che mi ha inseganto l'atletica, e a mia madre, che mi ha portato per mani fin qui." Affermò commossa, mentre Orlando scendeva le gradinate fino ad arrivarle vicino; la ragazza gli sorrise, poi, come se stesse ancora parlando col giornalista, ma guardando l'attore, dichiarò: "E voglio dire una cosa ad una persona che è qui oggi." Fissava Orlando, sicura che anche lui stesse facendo altrettanto. "Anch'io ti amo, topo." Le labbra del ragazzo si allargarono in uno dei suoi splendenti sorrisi, poi l'abbracciò al di sopra del muretto e si baciarono, entrambi felici e commossi; il giornalista li osservava perplesso, quello lo doveva scrivere, o no?

 

Baby, all it takes is

Just a little faith in me

To feel like

I can save the world

(Save the world - Bon Jovi)

 

 

Orlando sentì qualcuno che gli morsicchiava e baciava le spalle, così aprì stancamente gli occhi, guardando la sveglia; mugugnò qualcosa, girandosi. Si trovò di fronte il viso sorridente di Cassy; per tutta risposta si passò una mano sulla faccia.

"E' un piacevole risveglio, topolina, ma..." Biascicò l'attore sconsolato. "...ma sono a letto da poco più di due ore..."

"Lo so." Gli sussurrò la ragazza, accompagnando le parole con un languido bacio nell'incavo del collo. "Ma io vado."

"Vai?!" Chiese stupito lui, lanciando un'altra occhiata alla sveglia. "Sono le cinque e mezza, dove vai?" Aggiunse preoccupato.

"Ad allenarmi." Rispose tutta tranquilla, posando il mento sul petto di Orlando; lui sorrise. "Tranquillo, topino, torno verso le nove, tu riposa e..." Sguardo malizioso. "...fatti trovare pronto..." Orlando sorrise compiaciuto.

"Ma tu non ti stanchi mai?" Le domandò con ironica dolcezza, carezzandole i capelli.

"No!" Rispose Cass allegramente, poi gli diede un bacio sul naso e balzò giù dal letto, correndo verso la porta; lo salutò con la mano mentre usciva.

Orlando si rilasciò sui cuscini sorridendo, ripensare all'ultimo anno lo rendeva allegro. Era strano il destino, a volte. Lui e Cassy si erano trovati, piaciuti, avevano fatto l'amore per la prima volta, in un tempo brevissimo, avevano ballato insieme una danza selvaggia e tribale, che li aveva travolti; ora, questa danza, si era trasformata più in un sensuale tango, un ballo non privo di passione e tensioni, ma in cui ci voleva un perfetto accordo. Si amavano, anche se non era facile stare insieme, ognuno preso dalla propria carriera, impegnati con orari spesso diversi, ma bastava uno sguardo, una parola, per ritrovarsi. Chissà, forse un giorno, Cass avrebbe avuto abbastanza fiducia in se da non avere più bisogno di un sostegno, ma Orlando non credeva di essere solo questo per lei; ad ogni modo, una sicurezza ce l'aveva: quando una come Cassy ti entra nel cuore, è intenzionata di rimanerci a lungo.

 

Fine

 

   
 
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