Don’t look at the world- You may cry now
2.The
dark side of the moon
There is no
dark side of the moon, really.
As a matter
of fact, it's all dark.
The only thing that makes it look light is the sun.
(Eclipse, Gerry
Driscoll - Pink Floyd)
Pregustare l’ambito risultato
renderà sì
più calcolati e lucidi i singoli passi, ma anche
più dolorosi, perché consci
tanto di quello a cui condurranno quanto di quello che potrebbero
perdere per
una mossa troppo azzardata.
Parlare al presente di quello che non si possiede può
rovinare tutto.
[Ed
ho fatto un errore.]
-
E’ mattino ed una smorfia
stanca si contorce sul volto di lui, mentre sale le scale a portarle la
colazione su un vassoio.
La luce è pallida e le imbratta ancora di più la
pelle di un bianco così
falsato ed intenso da parer pronto a scrostarsi, come un secondo strato
di
pelle. E’ la sua nuova barriera difensiva.
Al sente, con un brivido angoscioso tra lo sterno e la gola, che non
manca
molto perché un semplice mettere il naso fuori di casa la
bruci e logori come
solo le assenze hanno saputo fare, indebolendola con gli anni.
Dorme senza espressioni più nitide d’una curva
leggera di labbra, lei, con la
camicia da notte larga e a pieghe sulla vita sottile.
La stessa che ha portato in gravidanza, nota lui.
Un richiamo ad un ricordo felice, morbido e mai visto. Un secondo
involucro, e
lei non ha più pelle né cuore, solo altri strati
di carne inerte.
Buffo. Aveva tanto odiato quell’indumento– ma certo
non la condizione in cui
l’aveva indossata.
L’aveva sempre trovato troppo scomodo e troppo corto sulle
gambe. Se dovessi
andare ad aprire la porta così vestita, diceva
lamentosa, come farei?
Ma lui è entrato, e
sente
che non si scomporrà nemmeno troppo.
Ciononostante, si allontanerà per concederle un placido
sonno ancora lungo,
senza imporle la sua esistenza come ricordo di quella loro penosa,
nuova, vita.
Dopotutto, ha ancora il
sacrosanto diritto di tenere gli occhi chiusi finché lo
vuole, e così sarà,
senza dubbio.
Quasi a sfregio di quel pensiero innocuo, Winry apre un occhio mentre
lui posa
il vassoio sul tavolino da lavoro, e lo scruta di schiena, stanco e
curvo e vecchio,
d’una senilità cui l’ha lei
stesso condotto, senza rimorsi.
Resta in silenzio e non lo chiama a voltarsi, lo segue solo con lo
sguardo.
Vi è un angoscioso aggrapparsi a quell’immagine
scivolosa, nel suo sguardo
abbagliato dalla luce, e si sente compassionevole verso questa
sé stessa così
miserabile ed incapace di allontanarsi da un affetto né di
avvicinarlo più di
un minimo.
Così pigra–e non vuole
più soffrire, e non vuole più guidare nessuno con
la sua luce spenta, e non vuole più alzarsi e scottarsi al
sole.
Non vuole più tollerare il minimo dolore.
Al la sente, senza parole, fissandola di sbieco. E’ come se
lo chiamasse,
cercandolo quando sono a pochi e sottili passi l’uno
dall’altra.
E vuole illudersi che non la veda…
Lo cerca inconsapevolmente con occhi avidi e lucidi, allunga le braccia
piano
piano come una bambina che vuole essere presa in braccio, poi ci
ripensa e si
adagia più mollemente che mai sul letto, perché
lui la guarda, ora, e se anche
non le vedesse il viso, vedrebbe la sua nuca reclinata sul petto, che
non si
concede il riparo del cuscino per non dormire più.
Nemmeno in questo senso lui se la sente di arrogarsi il diritto di
ferirla
sostando lì a lungo, se Winry vuole ignorarlo un poco, ma
alla fine si
costringe e sussurra piano, senza parole non bloccate da un nugolo di
aria
pesante in gola.
"Vuoi che vada
via?"
"…no."
"Vuoi che resti qui?"
"Sempre."
Nemmeno alzano la testa per incontrarsi di propria volontà.
Lui si limita a sedersi al ciglio del letto senza guardarla oltre,
intrecciando
saldo e incerto le dita alle sue, per molte ore.
-
Non hanno mai smesso di
lavorare, in questi giorni.
E’ sempre stata e sempre sarà un’ottima,
sacra distrazione da tutto il resto
della loro vita.
Non hanno smesso di
ricevere i clienti in casa quando Ed è morto, né
quando lei ha perso l’agognata
maternità, dunque non c’è motivo di
farlo ora, nella loro testa. Alcun motivo.
Congedano l’ultimo
cliente
del giorno senza un sorriso, ma un semplice sbuffo affannoso,
perché era un
ragazzino non molto alto che ha fissato a lungo, quasi sconvolto, i
loro visi
devastati, poi scrollato le spalle compatendoli in silenzio.
Aveva un silenzio simile a quello di Ed, e questo li ha fatti
leggermente
sobbalzare, perché lo hanno pensato entrambi.
Così disilluso ed egoista, senza riserbo né
energie da convogliare nel
compatire anche gli altri.
A me mancano entrambe le
braccia,
era parso suggerir loro con
gli occhi, seccato, e voi che scusa avete, per essere
così tristi?
Già. Che scusa abbiamo per essere tristi?
Lui la guarda vacuo riporre gli ultimi attrezzi in un
cassetto, poco scossa
e molto ansiosa.
Quel suo cambio di respiro
così pesante a quella visione a lui non piace, non piace per
niente.
Ed è ovvio,
così
sorprendentemente ovvio…
Perché ogni giorno perdiamo qualcosa…
Alphonse riflette per pochi e grevi istanti lo sguardo
incerto di lei nei
suoi occhi.
La osserva tentare di tirar
su un labbro, ma pare lo trovi pesante e affilato come una mannaia, e
non ci
riesce.
Le si avvicina, alto su di lei, e timidamente le posa un dito
sul labbro
inferiore, tentando, per qualche disperato momento, di risollevarglielo
a forza,
ma è davvero pesante, e lei si scosta in breve,
interrogandolo mite e
terrorizzata.
"Cosa cercavi? Cosa
stavi cercando?"
"Qualcosa che non c’è più." ribatte lui
mesto nell’allontanarsi pian
piano, più tardi vergognoso nell’aver toccato, pur
se senza strani intenti,
qualcosa che non è suo e che è stato
più e più volte di suo fratello.
…e non manchiamo di averne colpa.
-
Il caldo è borioso nel
prendersi gioco di loro, afoso e sconcertante.
Sono stanchi e lei al risveglio si sta dirigendo in cucina, lenta e con
le
spalle mestamente curve, senza attenzione.
Preparerà la colazione e siederà un poco da
qualche parte, fissando la
finestra, la pioggia bruciante che potrebbe liquefarla e quindi
eviterà. Non
desidererà la pioggia. Non desidererà il mondo,
non ora, non per molto.
In un momento che è precipitato in un limbo vorticante, e
non è né in terra né
in cielo. Né esiste.
Queste sono le sue intenzioni, mentre cammina e le prude un poco un
fianco
coperto dalla lunga maglia del pigiama; si volta, rotea gli occhi ed
è in
trappola.
Questo è troppo, troppo
crudele…
La porta della stanza da
letto conduce aria filtrata da una finestra un poco schiusa.
Aria che rinnova.
Non era un errore da Al, sempre così attento ed apprensivo.
Non può essere stato Al.
Deve essere opera di qualcun altro. Sì, qualcun altro.
Posso aò
essere stato Al.
Deve essere opera di qualcun altro. Sì, qualcun altro.
verlo fatto io e poi dimenticato? Sì. Di certo
è così.
Le caviglie le si piegano debolmente, ma stringendosi stentatamente al
muro non
cade e avanza, avanza e le pareti sono bianche
nell’intimità quieta.
Il letto grande, le foto incorniciate sulle pareti e posate sul
cassettone,
rilucenti la soffocano.
No, non le piace, non le piace per niente.
E’ una morsa carbonizzante alle dita, che preme allo sterno
mentre forza un
sorriso debole e ignavo.
Il tutto ha qualcosa di sacro ed inviolabile e corrotto nel contempo,
in un
miscuglio che le risulta devastante.
Convulsamente inizia a graffiarsi il collo e sorride ancora, di un
sorriso
troppo esteso per essere reale che è solo una smorfia ben
costruita.
E ci sono dei passi, passi così familiari che irrompono
nella sua mente, e
chiude gli occhi per immaginare un istante, nella stanza che
è stata sua e di
Ed, sua e dei suoi genitori, il marito gentile che le si accosta di
lato perché
non gli piace prenderla alle spalle, e le strappa un gradevole bacio
con un
paio di dita posate sul suo ventre gonfio e che poi vi scorrono sopra,
e le
sorride senza muovere le labbra, perché lui è
fatto così, tante volte, troppe
volte.
Ma chi è giunto è solo Al che le strappa il polso
dal collo irritato e
rossastro per chinarglielo su un fianco, non più la gentile
e mansueta presenza
che era, ma di essa semplice relitto d’un dorato opaco.
No, non è Ed, ma questa non è una buona ragione
per voltare interamente il capo
e sopportare il suo sguardo penoso e disdicevole sulla mano con cui non
si
feriva ma si sfiorava da sola il ventre vuoto; si sottrae alla presa
decisa ad
affrontarlo, senza vergogne.
"Perché la finestra era aperta? La porta era aperta?" si
scompone, e
lui scuote piano la testa senza nuova magnanimità, ma troppa
fiacchezza.
"Perché la stanza stava invecchiando. L’ho
dimenticata ieri sera, mi
dispiace."
"…non mi piace, questa
stanza."
"No, infatti. Non ti piace." sorride brevemente, scuotendo la testa e
sfiorandole la testa con le dita in un banale tentativo di rassicurarla.
Mille e mille volte Ed aveva accarezzato così la testa di
entrambi, ma la sua
presa era sempre stata più salda e decisa ed
–almeno in questo– inconfondibile.
E non lo vedi, che fare questo mi costa tantissimo, ma per te
sono pronto a
farlo?
No, evidentemente lei non lo vede, questo.
Vede solo una stolta prevaricazione ostentata e si innervosisce
massimamente,
poco contegno rimastole a fronteggiare il sarcasmo senza energie di lui.
"La adori, ma non ti fa bene entrare qui. Mi
dispiace, sul serio.
Non dovevi entrarci."
"…"
"Win, sul serio, scusami."
L’aria si congela, mentre lei incrina il momento in cui
è –ed è
stata– debole e poco incline
all’opposizione a causa delle sue morbide abrasioni mentali,
socchiudendo gli
occhi seccata.
"…non mi piace che tu faccia così, Al. So badare
a me stessa."
"No, Win. Non direi proprio."
"…se anche fosse, non lo decidi tu!"
E pare riacquisire l’antico ardore d’indole,
gonfiando il petto tronfia e
rabbiosa.
"…sì, hai ragione."
Ma la di lei fiamma si spegne pian piano, velata in uno sguardo incerto
e perso
nei ricordi.
"…comunque, per un istante…sai, ho pensato che
fossi Ed."
"Ah."
"Mi…mi capita. Solo che, non so, lo sapevo che non eri lui,
lo
sentivo…"
"E’ normale. Lui non
c’è." ribatte con delicatezza lui, ma
una tempia inizia a pulsargli in
maniera piuttosto fastidiosa "E poi noi avevamo mille differenze, lo
sai…"
"Avete mille differenze. E
sì, hai ragione. Lui, quello
scorbutico. Di poche parole, rabbioso…tu sei sempre stato
quello…buono e
amabile."
"Dici?" inarca un sopracciglio lui, senza interesse, fissando
distrattamente la finestra ancora aperta.
Potrebbe essere ora di chiuderla, quella finestra. E quella porta.
Sarà seriamente una scelta da meditare a fondo.
"Oh, sì." si intenerisce lei sollevando le guance in una
smorfia
graziosa "Sorridevi tanto e in maniera gentile…"
"…e credibile?" suggerisce lui con un sorrisetto mai parsole
così
falso e collerico.
"…come?"
"Pensa ai tuoi, di sorrisi, Win. Pensaci." le propone morbidamente,
una curva fredda disegnata dalla contrazione delle palpebre "E pensa
anche
che forse, tra me e Ed, non ero io quello migliore. Pensa che non lo
sono mai
stato. Pensaci, sul serio. Ho sempre perso, nelle cose importanti,
contro di
lui."
"No, sei…più bravo,
più forte, più…"
Dovresti smetterla di parlare al presente, Win. E di essere
convinta di
farlo con cognizione di causa, anche.
Non ha senso.
"Quelle non sono cose importanti. Chi hai scelto, alla fine?"
"Al, questo non…" lei esita, brevemente. Ma troppo a lungo
comunque.
"Oh, sì che ha senso. Ma non voglio
turbarti con questo. E non hai
mai pensato che, forse, fosse lui a migliorare me e non viceversa? Il
supporto
più forte? Così abbagliante da far apparire anche
me migliore di quanto non
fossi? Perché Ed aveva i suoi magnifici ideali e
bontà che io assecondavo, in
quel fottutissimo corpo di latta, e lui era così buono e
poco grazioso che io
non avrei potuto evitare di essere altrettanto perfetto, no?" prorompe
acido lui, e non c’è più nulla di male
che non le abbia detto. Gli resta solo
da mostrarlo ed odia, odia profondamente Ed anche oggi.
Non aveva mai desiderato né osato sperare che lo scordasse,
dopotutto.
Perché lui stesso era stato forte nel reggere quello, ma lei
non aveva visto
che il proprio, di dolore, la propria parte crudele e da assecondare,
mentre
lui, sempre buono e gentile e piacevole, non aveva mai avuto forza di
riportarla alla realtà; solo di assecondare lei e il suo
egoismo.
E voglio che tu ami e conosca il peggio di me, ma questo non
è possibile,
vero? Non posso fare sempre scelte giuste.
"No, non…"
E’ arida e sprezzante, spietata, la
risatina bruciante di lui che gli
risale alla gola e suona profondamente disumana tra le sue labbra cortesi.
Si piega un poco sullo stomaco e ride, ride a lungo sino ad avere le
lacrime
agli occhi; poi li asciuga senza un sorriso, e quando può
guardarla dall’alto
la scruta, sperduta e scoraggiata con le dita tra i denti.
Odia Ed e sé stesso mentre le accarezza la mano in un tocco
leggero che le da i
brividi e cui lacrimando ella si sottrae; i suoi occhi sono azzurri,
limpidi e
liquidi, ma, soprattutto, non più fiduciosi.
Ma vedi, io posso fare questo. Posso fare questo e odiare me
stesso come
odierei Ed, perché io sono Ed, giusto?
"Oh, sì. Scusami se rido, ora, Win, ma io sono tanto, tanto
peggiore di
lui. Più cattivo. Egoista.
C’è tanto male in me, che in lui non
c’era. Ho dei desideri personali. Ho dei
desideri che non fanno il bene del prossimo. Voglio, ho voluto, te,
che
gli appartieni ancora e senza esitazione e per sempre sarai sua.
La mia unica carità è stata quella di
nascondertelo con calma, ma è stato per
non farti allontanare, non altro.
Anche se non credo abbia rilevanza, nel tuo mondo.
E scusami se me ne vado, Win. Ma contro di lui, contro di voi,
perderò sempre.
E niente avrà più senso. Non ce la faccio
più, è troppo anche per me, che sono
buono, tento di essere buono e di buono non ho niente.
E ti prego, non sforzarti più di essermi
affezionata e tutto. Non credo
proprio di poter sopportarlo ancora. Perché non sai niente e
non vedi niente
con chiarezza."
Questo non puoi curarlo, Win. Non in me.
Sai, dopotutto, ti voglio bene lo stesso. Apri pure gli occhi la
prossima
volta.
Ciao, Win.
-
Note:Il
nostro piccolo e mansueto Al sta per impazzire. Abbastanza normale,
dopotutto.
E la storia sta per raggiungere la sua fine. Un altro capitolo,
l’epilogo e
sarà conclusa.
Un piccolo appunto che è doveroso fare, però,
è che questi primi capitoli erano
già lucidi e pronti da postare non appena avessi avuto del
tempo.
Il prossimo è pronto, ma necessita di una revisione
accuratissima, qualche censura
(sono un tipo pudico, io. Insomma, quel capitolo
giustificherà il rating della
storia.) e poi sarà pronto.
Solo che, ehm, non so quando.
Al momento, la mia ispirazione è rivolta soprattutto ad una
nuova fic dal
pairing inusualissimo giustificata solo dagli eventi
dell’altra mia fic cui è
collegata (nonostante con i dovuti preamboli possa leggersi comunque
separatamente), Rewrite. Non la leggerà nessuno, suppongo,
ma pazienza, la mia
ispirazione ed il mio cuore sono lì ^^;.
Quindi se questa pubblicità occulta vi avrà
incuriositi, mi auguro vorrete
leggerla.
Aggiungerò nel mio account, assieme ai progressi nelle altre
mie fic e nella
succitata (Erase), anche i progressi ufficiali
nell’avanzamento del terzo capitolo
di Don’t look.
Se vorrete, potrete tener d’occhio lì la
situazione.
Ringrazio sommamente quelle creature di buon cuore che mi commentano e
chi ha
messo me/le mie fic tra i suoi preferiti. Anche se molti di quelli
fanno questo,
per strane ragioni, non commentano, li ringrazio comunque.
Replico, al solito, ai commenti qui di seguito (e, come al solito, non
rispondo
al commentone di Onda. Ma risponderò al prossimo, visto che
non l’ha ancora
letto del tutto ed è nella stessa condizione dei cari
lettori) :
Siyah: Direi che ti resta solo da
verificare quanto Win
potrà diventare estrema. Nel prossimo capitolo, soprattutto
*spoiler*. Grazie
per la comprensione di quelle creaturine in polvere che sono diventati
i due
X3;.
ValHerm: Sempre
lieta di essere tormentata a suon di recensioni, almeno quanto sono
lieta di
verificare che quanto scrivo comunichi emozioni. E che lo comunichi
anche ad
una buona “EdWinner”.
Kaho_chan: E’ prerogativa di questa
fic, ormai, trasmettere
maggior empatia e pietà verso Al piuttosto che Winry. Buffo
ma vero. Dopotutto,
lei ha una sorta di incoscienza e qualcuno che bada a lei.
A lui spetta un ruolo impotente anche se, come avrai visto in questo
capitolo,
alla fin fine non può essere sempre buono anche lui. Oh,
un’altra persona da
non deludere. Grazie per la fiducia e per apprezzare questa fic assurda.
Setsuka: Ma
guarda un po’ chi
si rivede ^^. Potresti precisarmi quelle che sono le
“imprecisioni a inizio
capitolo”? Giusto per correggere, sai, visto che non ho ben
capito cosa intendi
^^;.
Anche perché qui tra i commentatori ci sono delle prodi
EdWinner, non conviene
entrare in merito della questione Winry in questo ambito. Anche se mi
commuove
sul serio sentirti apprezzare la Winry di questa
fan-fiction. Detto da una persona che
comunemente la odia, ha molto valore. Grazie per aver messo la fic tra
le
preferite, anche. E mi fa tanto piacere che tu possa apprezzare il
linguaggio, l’atmosfera,
la trama ed i personaggi (un po’ tutto, quindi).
Per non arrossire e concludere lucidamente le note, ti ringrazio ancora
e
chiudo qui.
-Aggiungo inoltre che, essendo molto significative le citazioni in
inglese a
inizio capitolo, se a qualcuno tornasse utile la traduzione,
basterà farmelo
sapere nei commenti, ed accluderò volentieri al prossimo
capitolo la traduzione
di tutto ciò che ho citato fino ad ora.
Detto questo, mi congedo. A presto, spero (o per meglio dire, se
l’ispirazione
lo permette).
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