Ebbene si! Finalmente lo abbiamo trovato questo
benedetto ragazzo! Di
capitoli ne mancano pochi alla fine, non posso anticiparvi cosa
accadrà, ma
posso dirvi che il confronto tra Bo e Luke si sta avvicinando sempre
più! Vi
ringrazio di nuovo per le recensioni che ci avete lasciato, sono
graditissime.
Questo è il quattordicesimo
capitolo, buona lettura!
Capitolo quattordici: non c’è
bisogno di piangere
Bo
Fummo
scagliati addosso al
cruscotto quando il vecchio pick-up rimbalzò su di una
roccia nel letto del
torrente. Sembrava non dovessimo mai arrivare da Luke.
“Dov’è?”
Chiese ansiosamente Daisy
per la decima volta in pochi minuti.
“Ci
siamo quasi, è appena più
avanti.” Risposi.
Correvamo
molto più di quanto
avremmo dovuto. Le condizioni di Luke mi avevano davvero spaventato.
Sembrava
così scoraggiato quando lo avevo lasciato, temevo avrebbe
smesso di lottare. E’
sempre stato il più forte di noi, non lo avevo mai visto in
quello stato. Ero
terrorizzato dall’idea che non ci avesse aspettati.
“E’
qui zio Jesse!” Gridai.
Aprii
la portiera e saltai giù
dal pick-up prima ancora che si fosse fermato. Zio Jesse e Daisy mi
seguirono
immediatamente. Quando raggiunsi Luke, il cuore iniziò a
martellarmi nel petto.
Era privo di conoscenza.
“Luke!”
Lo chiamai
inginocchiandomi vicino a lui. Quando non ricevetti alcuna risposta, il
panico aumentò. Avevo bisogno di sapere se era ancora tra di
noi e così cercai
di nuovo con le dita la presenza di un battito sul suo collo.
“Andiamo
cugino, svegliati.” Lo
supplicai. Guardai mio zio: “è ancora incosciente,
non riesco a svegliarlo.”
Zio
Jesse si accovacciò accanto a
Luke, sul fianco opposto al mio. Daisy rimase vicino a lui cercando di
prendere
per sé un po’ della sua forza. Era chiaro quanto
mio zio fosse preoccupato, ma
era altrettanto evidente la sua determinazione. Riuscì a
darmi speranza.
Zio
Jesse cinse il mento di Luke
e dolcemente gli sollevò la testa: “andiamo Luke,
è ora di svegliarsi. Zio
Jesse è qui. Apri gli occhi.”
Luke
non rispose e mio zio provò
di nuovo. Con un tono di voce più alto, disse in modo
brusco: “Lukas, sono zio
Jesse. Voglio che tu apra gli occhi ora. Mi hai sentito?
Svegliati!”
Luke
fece quel che gli era stato
ordinato. Penso fosse perché zio Jesse aveva usato il suo
nome completo e gli
aveva parlato con tono duro. Quando mio zio parlava in quel modo, lo
ascoltavamo sempre ed obbedivamo ai suoi ordini senza controbattere. Il
suo tono
e la sua espressione si addolcirono non appena incrociò lo
sguardo di Luke.
“Ecco
qui il mio ragazzo!” Disse
con amore.
Osservai
il volto di Luke illuminarsi
non appena lo vide: “zio Jesse”.
Sussurrò.
Allungò
un braccio e lo attirò
verso di sé. Zio Jesse lo circondò con il suo
amorevole abbraccio. Luke si
lasciò cadere contro il suo petto. Vidi il suo corpo scosso
da un fremito. Realizzare
quanto la presenza di mio zio lo avesse confortato, mi
riempì nuovamente gli
occhi di lacrime. Gli ultimi due giorni dovevano esser stati un vero e
proprio
inferno per lui. La cosa peggiore era che io ne ero stato
l’unico responsabile.
“Sono
qui ragazzo mio.” Bisbigliò
mio zio mentre continuava ad accarezzargli dolcemente la schiena.
“Andrà tutto
bene vedrai. Mi hai davvero spaventato stavolta. Pensavo avessi
abbastanza buon
senso da evitare di camminare lungo queste pendici quando piove a
dirotto.”
“Mi
dispiace.” Rispose Luke
ancora stretto al suo petto.
“Penso
avessi altre cose per la
testa.” Disse poi guardandomi dritto negli occhi e facendomi
sentire ancora più
in colpa di quanto non mi sentissi già. Non aveva commentato
molto quel che
avevo fatto con Ellen, ma sapevo che era molto deluso del mio
comportamento.
Anche
Daisy abbracciò Luke nel
tentativo di dargli il proprio appoggio. Zio Jesse le disse:
“prepara il
pick-up. Fai un letto confortevole per Luke. Dobbiamo portarlo via di
qui in
fretta. Dobbiamo riscaldarlo, non mi piace affatto che sia
così freddo.”
Daisy
annui con vigore, posò un
bacio sulla fronte di Luke e si alzò:
“farò il meglio che posso.” Rispose
allontanandosi in fretta.
Il
respiro di Luke diventava sempre
più affannoso e irregolare. Zio Jesse se lo
scostò delicatamente di dosso. Lo
guardò negli occhi e si accorse che erano divenuti lucidi:
“ascolta bene Luke. So
quanto stai soffrendo, ma mettersi a piangere adesso non ti
aiuterà a respirare
meglio. Io sono qui e tu presto starai bene. Non
c’è bisogno di piangere.”
Luke
fece del suo meglio per
tenere il suo respiro sotto controllo. Zio Jesse tirò fuori
dalla sua tasca un
fazzoletto e lo usò per pulirgli il viso. Quel gesto
rivelò tagli ed abrasioni
che prima non riuscivamo a vedere: “il mio povero
ragazzo.” Commentò
tristemente.
Quando
sembrò che Luke stesse
respirando un po’ meglio, mio zio disse:
“è ora di portarti sul pick-up, devi
andare in ospedale. Sai dirmi dove sei ferito? Almeno non correremo il
rischio
di farti del male mentre ti trasportiamo.”
“Mi
fa male la testa.” Rispose a
fatica Luke.
Zio
Jesse annui: “Si, lo vedo. Bo
mi ha detto che anche il petto ti fa male.”
“Forse
ho qualche costola rotta.”
Disse ancora.
“Questo
spiegherebbe la fatica
che fai a respirare.” Poi mi zio mi guardò:
“se davvero ha qualche costola
rotta, è possibile che una gli abbia perforato i polmoni.
Dobbiamo fare molta
attenzione mentre lo solleviamo o peggioreremo la sua
situazione.”
“Mi
ha detto di avere dolore
anche alla spalla. Forse ha una distorsione, inoltre non credo riesca a
poggiare la caviglia a terra.”
“Non
avrà bisogno di camminare,
lo porteremo noi. Non riuscirà ad alzare il braccio infortunato e
poggiarmelo sulle spalle.
Lo dovremmo sollevare contemporaneamente. Luke, pensi di poter alzare
il
braccio buono e appoggiarti a Bo?”
Annuì
e fece quel che gli era
stato detto.
“Tieni
duro adesso, ti tiriamo
su.” Dissi.
Faticai
un po’ a sostenere il suo
peso, ma trovai presto il mio equilibrio. Cercammo di essere il
più delicati
possibile, ma Luke urlò per il dolore.
“Con
calma, ci siamo quasi.”
Disse mio zio.
Luke
mi poggiò la testa sulla
spalla. Era esausto. Lo trasportammo con attenzione sul pick-up e lo
adagiammo
sul letto che Daisy gli aveva preparato.
“Copriamolo
con le coperte.”
Esclamai.
“Non
ancora, Bo. Dobbiamo
togliergli di dosso questi vestiti bagnati o sarà inutile
coprirlo. Tu pensa
agli stivali, io gli tolgo il giacchetto. Fai attenzione alla
caviglia.”
Sentii
Luke urlare quando tolsi
lo stivale dalla gamba infortunata. Mi sentii terribilmente male,
l’ultima cosa
che avrei voluto era causargli altro dolore. Neanche sfilargli
giacchetto e
camicia fu semplice per via della spalla dislocata. Sussultava ad ogni
movimento anche se cercava di stare immobile. Sapevo che gli stavamo
causando
molto dolore, ma sapevo anche che zio Jesse aveva ragione. La sua pelle
era
ghiacciata. Tremava senza controllo. I suoi jeans sembrava fossero
ancora più
bagnati rispetto agli altri indumenti, forse perché era
rimasto seduto nel
fango. Glieli sfilai delicatamente facendo ancora attenzione a quella
caviglia.
Stavo per afferrargli anche i boxers, ma mi prese la mano e mi
fermò.
Zio
Jesse disse con tono dolce: “quei
boxers sono bagnati, dobbiamo toglierli e poi ti metteremo sotto le
coperte.”
Luke
guardò Daisy ed
immediatamente capimmo la sua riluttanza nel farsi spogliare
completamente. Daisy
si voltò di schiena: “non preoccuparti tesoro. Non
ti guarderò.”
Quando
fu nudo sotto i nostri
occhi, potemmo vedere quante abrasioni e lividi avesse. Erano ovunque.
Si era
fatto davvero molto male cadendo. Aveva un taglio profondo sul lato
sinistro
del torace. Lo avvolgemmo delicatamente nelle coperte. Quando lo
facemmo
sdraiare, iniziò ad ansimare: “non riesco a
respirare così.” Ci disse.
Lo
sollevammo di nuovo: “può
rimanere seduto ed appoggiarsi a me.” Dissi.
Mi
misi a sedere con la schiena
addosso alla cabina del pick-up e lasciai che Luke poggiasse la sua sul
mio
petto. Lo circondai con le mie braccia e lui rilasciò la
testa sulla mia
spalla. Dopo tutto quello che avevamo passato negli ultimi due giorni,
era
confortante per me poterlo tenere e proteggere in quel modo. Di solito
quello di
proteggere e vegliare era un compito suo. Era una gioia quindi poter
fare per
lui quel che lui aveva fatto tante volte per me. Daisy si mise a sedere
accanto
a noi offrendo anche il suo supporto.
“Vuoi
bere un po’? Vuoi mangiare
qualcosa?” Gli chiese zio Jesse. “Hai lo stomaco vuoto da venerdì sera.”
“Non
voglio niente”
“Un
sorso di whisky ti aiuterà a
riscaldarti.”
“Ho
troppa nausea.”
“Come
vuoi.” Concluse mio zio
carezzandogli il braccio. Poi si voltò verso Daisy:
“prova a farlo bere, ma non
forzarlo.”
Zio
Jesse saltò giù dal pick-up:
“guiderò
fino al Tri-County Hospital. Luke ha bisogno di cure immediate.
Sarà meglio che
attendere l’arrivo dell’ambulanza. Daisy, Bo,
tenetelo forte. Proverò ad andare
piano e ad evitare le buche, ma sarà pressoché
impossibile su questo terreno. Cercate
di tenerlo immobile. E cercate di tenerlo sveglio.”
“Sissignore!”
Rispondemmo in
coro.
Zio
Jesse si mise al volante e
lentamente si diresse verso la strada. Io e Daisy facemmo del nostro
meglio, ma
ad ogni avvallamento Luke provava dolore. Gemeva e si mordeva le labbra
ad ogni
colpo che riceveva. Daisy gli parlava dolcemente, mentre io tentavo di
tenerlo
fermo. Ringraziai di nuovo Dio di averlo trovato prima che fosse troppo
tardi. Tentammo
di tenerlo sveglio, ma non ci riuscimmo.
E
perse di nuovo conoscenza.
To be continued…
|