Capitolo decimo
The day after –
part two
È una cosa infantile, ma quando ha aperto gli occhi ed
è riemerso pian piano dalle accoglienti nebbie del sonno,
per un attimo, Tony Stark ha davvero sperato che i fatti del giorno
prima fossero stati solo un incubo.
A lui piacciono così tanto le cose infantili! Quello che non
gli piace è il doversi trovare puntualmente a fare i conti
con una realtà che ti prende per le orecchie e ti trascina
giù dal letto, non importa con quanta abilità
retorica lui possa imbastire scuse e proporre che lo si lasci dormire
altri cinque minuti, la realtà ti prende per il colletto del
pigiama e ti scaraventa fuori dalle coperte e ti rende consapevole di
quanto sia freddo e duro il pavimento.
Per poco non ci è caduto davvero, contro il pavimento,
inciampando nei pantaloni che si era tolto distrattamente la sera prima
e che aveva lasciato ai piedi del comodino.
«Buongiorno, signore. Non le chiederò se ha
dormito bene» dice Jarvis.
«Non dovresti nemmeno definire il giorno buono,
allora» borbotta lui, stropicciandosi il viso. «Chi
abbiamo in squadra stamattina?»
«La signorina Potts è andata in ufficio, signore.
Il capitano Rogers è sul divano»
«Ti prego, dimmi che non si sta masturbando con le riviste
vintage di Pepper...»
«No, signore. Sta dormendo»
«E Nadia? No, non dirmelo: è allo
S.H.I.E.L.D.»
«Molto perspicace, signore».
Tony si getta all'indietro sul materasso e tenta di infilarsi i
pantaloni da sdraiato.
Dunque in casa ci sono solo lui e la controfigura del Grillo Parlante.
No, decisamente quel giorno non sembra avere niente di buono.
Lancia un'occhiata fuori dalle finestre; pioviggina e si sente qualche
tuono in lontananza. Forse anche Boccoli d'oro ha il sonno agitato.
L'uomo si trascina a piedi scalzi verso la cucina, soffermandosi per un
secondo a guardare Steve Rogers ancora beatamente immerso nel mondo dei
sogni – beato lui. Forse è il siero del
supersoldato a farlo dormire quando deve dormire, come se avesse un
timer nel cervello, forse è perché è
un ottantenne e come tutti gli anziani ha l'orologio biologico
parecchio regolare.
Che poi, sono le dieci passate, quanto ancora gli serve per recuperare
le ore di sonno arretrate?
Che poi, a lui cosa importa se Rogers dorme o no? Quando si
sveglierà se ne uscirà con una salmodia su quello
che c'è da fare e su come il mondo sia andato peggiorando
negli ultimi quarant'anni e poi concluderà con qualche frase
molto incoraggiante, da spot pubblicitario di una compagnia
assicurativa.
No, non gli importa che il soldatino si svegli, però se
fosse sveglio lui almeno potrebbe... parlare con qualcuno che non sia
il suo maggiordomo invisibile o che non sia se stesso. Se stesso
è un tipo molto stancante alle volte, specie come
interlocutore, deve riconoscerlo.
Certo che se ha tanta voglia di parlare con Rogers dopo la giornata di
ieri, deve star messo proprio uno schifo. Piuttosto, adesso
prenderà il telefono, chiamerà Fury o Barton e si
farà dire se ci sono novità, di certo il dannato
piccolo cervo ha tentato di far saltare in aria la base S.H.I.E.L.D,
oppure ha provato a concupire la Hill per portarla dalla sua parte,
oppure ha versato dalla candeggina nei tubi del distributore automatico
del caffè...
«Jarvis, da uno a dieci quanto pensi che io sia
paranoico?» domanda, dirigendosi verso il bancone da bar sul
fondo dell'open space.
«Vuole che esprima una valutazione facendo una media
aritmetica dei giudizi che potrebbero esserle attribuiti rispetto alla
variabile che mi ha proposto?» trilla il robot, e sembra
quasi in imbarazzo.
«No, lascia stare. Pensavo ad alta voce».
Tony si alza sulle punte per spiare in direzione del divano. Rogers non
dà segno di volersi svegliare, come se non avesse sentito
né la sua voce né quella di Jarvis.
Ma siamo sicuri che è
vivo?
Il padrone di casa sbuffa, e si volta verso le bottiglie sulla mensola.
Ne sceglie una di whisky irlandese invecchiato di dieci anni, fatta
arrivare espressamente dall'Europa.
Si versa quattro dita di liquore in un bicchiere e posa la bottiglia
battendola con poca delicatezza contro il piano di marmo del bancone.
Rogers sembra dare segni di vita. Mormora una mezza frase senza senso e
apre gli occhi, scostandosi di dosso il plaid a quadri – Dio,
c'è un plaid di lana a quadrettoni a casa sua?!
Tony guarda fuori dalla finestra con aria indolente e comincia a
sorseggiare il suo whisky.
«Non dovresti bere di prima mattina» borbotta
Rogers. Giustappunto.
«Non è prima mattina, sono le dieci passate,
Capitan Analcolico».
Steve ha un sussulto, getta via il plaid e scatta mettendosi a sedere
sul divano con occhi sgranati.
«Santo cielo! Cosa è successo?» esclama.
«Si chiama riposo» suggerisce Tony mellifluo.
«Mai fatto prima?».
«Dannazione, Stark! Sii serio. È mattino inoltrato
e noi abbiamo delle cose da fare. E resta il fatto che tu non dovresti
bere a quest'ora, hai almeno mangiato qualcosa?».
Il padrone di casa strabuzza gli occhi, chiedendosi perché
non lo ha lasciato dormire per altre nove o dieci ore.
«Rilassati, nonno. Non è successo niente, il mondo
è ancora qui, come puoi vedere. Fury non ha dato segni di
vita, il che vuol dire o che il cerbiatto bastardo ha fatto un massacro
o che non ci sono novità da comunicare»
«E comunque, tu non dovresti bere a quest'ora»
ripete stolidamente Rogers.
«Vuoi un bicchiere di latte e orzo? Dovrebbe esserci del
decaffeinato da qualche parte»
«Stark...»
«Non dovrei bere, sì l'hai già detto.
Cos'è, Alzheimer?».
Steve lo fissa crucciato, con quell'aria che rimanda alla memoria la
gloriosa giornata sull'Eliveivolo, quando si sarebbero volentieri
spaccati la testa a vicenda. Non è che abbiano poi fatto
molti passi in avanti su quel fronte, in effetti.
«Ti prego, non cominciare con l'elenco di cose che non dovrei
fare. Se non l'hai notato, sono di cattivo umore» aggiunge
Tony sbuffando e mandando giù un generoso sorso di liquore.
«Allora ti dirò una cosa che secondo me dovresti
fare»
«Non sto più nella pelle dalla voglia di
ascoltarti, Gandalf»
«Dovresti lasciare un po' di respiro alla ragazza».
Eccolo che ricomincia. La sera prima, mentre tornavano verso la Stark
Tower, Tony si è malauguratamente lasciato scappare che era
stato lui a organizzare l'appuntamento tra Nadia e Mike. Rogers ha
tirato fuori un discorso che sembrava un estrapolato della Convenzione
di Ginevra.
«Tu c'eri quando è tornato il tristo mietitore, lo
hai visto anche tu Loki-l'undicesima piaga d'Egitto, vero? Ti sembra il
momento di lasciar correre?» esclama Tony
«Ti preoccupa così tanto?» lo rimbecca
Rogers.
«Siamo sicuri che il tuo metabolismo ti impedisca di
ubriacarti? Perché stai parlando come uno fatto di acidi.
Sì, santi numi, mi preoccupa. Mi preoccupa Loki, mi
preoccupa la pietra, mi preoccupa tutto»
«Loki non è una minaccia se non è
nostro nemico, lo hai visto a Venezia»
«A Venezia aveva bisogno che gli salvassimo il
culo!»
«Ne ha bisogno anche adesso».
Tony sente una voglia irrefrenabile di cominciare a dare testate contro
lo spigolo di marmo del bancone.
«E quindi per te va bene sapere che il rocchettaro sfigato
è innocuo solo se gli serve qualcosa?» domanda,
esasperato.
«Sì, mi sta bene. Cerco di essere pratico, Loki
non è una minaccia adesso. Probabilmente, quando tutto
questo sarà finito, lui scomparirà di nuovo e
Nadia ci starà male, ma non possiamo fare niente per
evitarlo» spiega Rogers, in tono paziente. «Ma
rifletti: se continuassimo ad avere questo atteggiamento di ostracismo
non faremmo che farle ancora più male, probabilmente
finiremo per mettercela contro e a quel punto sì che non
potremmo più aiutarla»
«Mettercela contro, non dire sciocchezze lei mi...
ci ama, siamo i
suoi fratelloni putativi o qualcosa del genere».
Nello sguardo di Rogers si accende un barlume di furba consapevolezza
che non gli si addice, eppure Tony sa di aver detto qualcosa per la
quale può essere colto in fallo. Colto in fallo da Steve
Rogers, ora sì che la giornata è definitivamente
andata a puttane!
«Dunque è questo il problema? Sei
geloso? Pensi che
lei possa tenere più a lui che a te? Sei proprio
incredibile, Tony Stark! Sono stato uno sciocco a credere che il tuo
narcisismo avesse dei limiti, che ci fosse un minimo di buon senso in
quella tua testa boriosa». C'è una freddezza
disturbante nel tono del soldatino, reminiscenza dei quarant'anni in
ibernazione, magari.
Non è questo il punto. Certo, sarebbe veramente mortificante
se qualcuno come Nadia tenesse più a un supercriminale
intergalattico che a lui... a loro, a tutti loro. Ma non è
questo il fottutissimo punto! È che lui ha promesso di
aiutarla, di proteggerla e che tutto sarebbe andato bene. Si sente
responsabile, e soprattutto si sente in debito con lei, e a volte per
proteggere qualcuno lo si deve proteggere anche da se stesso.
Però, mentre Rogers recupera la sua giacca di pelle e si
volta sdegnato dirigendosi verso l'uscita, Tony non può fare
a meno di impiegare una qualche frazione di secondo a rivalutare quanto
gli ha detto. Loki non è una minaccia perché ha
bisogno del loro asilo politico e, per quanto la sua mente si ribelli
al pensiero, c'è un'evidenza illogica ma grande come una
casa che grida a gran voce che no, non farebbe mai del male a Nadia
– se persino Fury è giunto a questa conclusione,
tanto da permettere alla ragazza di avvicinarsi a Bambi. E in fondo,
molto in fondo, Tony sta quasi cominciando a pensare che Steve non
abbia tutti i torti nel sostenere che un atteggiamento così
restrittivo potrebbe creare qualche problema nel loro rapporto e... ah,
al diavolo, non si metterà a gridargli che ha ragione per
provare a trattenerlo e per togliergli dalla faccia quell'espressione
di rimprovero. Dopotutto
non
è nel suo stile.
Rogers ha quasi imboccato l'ascensore quando la voce di Jarvis rompe il
silenzio pesante che è calato nella stanza.
«C'è l'agente Barton in linea, signore».
Il soldatino si volta, con gli occhi sgranati e le orecchie ritte ad
ascoltare. Magari ci sono novità, magari sta arrivando la
fine del mondo, magari...
«Stark, Nadia è tornata alla Stark
Tower?!» esclama il Falco, sembra piuttosto provato.
Tony e Steve si scambiano uno sguardo allarmato.
«No. Perché? È successo
qualcosa?» domanda il padrone di casa.
«Sì, ha avuto un altro scoppio di energia mentre
parlava con Loki. Lo ha scaraventato dall'altro lato della stanza e per
un secondo io e Nat avremmo giurato che l'avesse fatto fuori... poi
è scappata e non sono riuscita a fermarla. Non so dove
sia...»
«Stai scherzando?» sbotta Robers. «Che
vuol dire che non sapete dove sia?»
«Mi stai dicendo che due dei migliori agenti di Nick Fury non
sono riusciti a rincorrere una ventiseienne nemmeno troppo in forze?
Dimmi che eri fuori fase perché tu e la Romanoff avete fatto
sesso selvaggio nel locale caldaia tutta la notte, ti
supplico...»
«Vado a cercarla!». Il soldatino parte in
quarta verso l'ascensore, ma Tony lo ferma con un cenno.
«Sempre tutto io devo fare» borbotta.
«Jarvis, rintraccia il segnale del cellulare di Nadia,
subito».
«È alle Stark Industries, signore»
annuncia il robot dopo qualche secondo.
Rogers fa un mezzo sospiro di sollievo e si batte una mano sul viso.
Anche Barton sospira nel telefono.
«Chiama la signorina Potts sull'altra linea» ordina
Tony. Dopo qualche squillo la voce di Pepper suona negli altoparlanti.
«Nadia è lì, l'hai vista?»
domanda subito lui.
«Sì, è arrivata qualche minuto fa in
taxi. Ora è con Mike, ho pensato di trovare una scusa per
dare la mattinata libera al ragazzo» dice Pepper, tranquilla
e ignara dello spavento che tutti loro si sono presi pochi minuti
prima.
«Bene. È per questo che ti amo!»
«Devo farla venire a telefono?»
«No, per amor del cielo. Dagli pure la chiave della mia sala
ristoro personale se serve, quella con il materasso ad acqua, hai
presente?».
Rogers strabuzza gli occhi e guarda Tony con un'aria a metà
tra lo scandalizzato e l'esasperato.
«Tutto è bene quel che finisce bene»
dice il padrone di casa dopo aver interrotto la comunicazione con
Pepper. «E, Barton, non diremo niente a papà Fury
di questo piccolo incidente, ma la prossima volta... sparatele a una
gamba, piuttosto. Capitan Medioevo è troppo vecchio per
poter reggere questo genere di colpi».
*
La vista è offuscata e i contorni delle figure sfocano, si
sdoppiano come se le immagini tremassero.
Quell'enorme anticamera nel palazzo di Asgard gli sembra un riflesso su
uno specchio d'acqua mosso dal vento e Thor sente uno strano senso di
vertigine mentre cerca di prendere confidenza con quello che ha
attorno.
Non è sua abitudine viaggiare in quel modo, attraverso i
sogni, quelle vie sono più consone a Loki e talvolta a suo
padre. Infatti è Odino che lo ha chiamato lì,
prelevandolo dal suo sonno e trasportando la sua mente ad Asgard.
Thor prova a scendere i gradini, ma vacilla, distratto dal suo riflesso
tremulo contro un pannello dorato alla parete.
«Sarebbe molto imbarazzante se tu cadessi» osserva
Fandral, spuntando da dietro a una colonna.
«Di sicuro udiremmo il rimbombo in tutto il
palazzo» gli fa eco Sif, avvicinandosi al dio del tuono per
sorreggerlo.
Thor si accorge di avere indosso la sua armatura e sente il mantello
ondeggiare contro la schiena. Rimpiange il tepore del letto e il calore
del corpo di Jane accanto al suo.
«Cos'è questa fretta? Perché il Padre
degli dei ha reclamato la mia presenza?».
La fanciulla guerriera e i suoi tre compagni si scambiano un'occhiata.
«Non lo sappiamo» ammette lei. «Ma sembra
vogliano discutere con te un'importante questione che riguarda... beh,
puoi facilmente dedurlo da solo».
Loki, naturalmente. Sif e gli altri non riescono nemmeno a pronunciare
il suo nome, ma forse è un bene che lui sia lì,
prima si risolve quella faccenda e prima lui ritroverà la
pace. E forse riuscirà a stare con Jane, in qualche modo, e
forse anche i suoi amici riprenderanno le loro vite.
In ogni caso, ha promesso al comandante Fury che avrebbe trovato una
soluzione definitiva per Loki questa volta – e non ha
ritenuto opportuno specificare che auspicava la meno drammatica delle
soluzioni possibili.
Lo ama come un fratello, ancora. Non ha mai davvero pensato a trovare
un rimedio a questo, non sa se ne esiste uno. E se anche esistesse, non
è sicuro di volerlo sperimentare.
I suoi compagni lo pilotano verso una stanza attigua alla sala del
trono, dove il re di Asgard è solito dare udienza ai suoi
consiglieri.
Adesso nella stanza ci sono solo Odino e sua moglie. Thor sente l'aria
pesare, come se si condensasse nella sua gola e faticasse ad arrivare
ai polmoni, perché non è solo aria, è
un silenzio carico di aspettative e pieno di timori, è un
vento che porta odore di brutte notizie, altrimenti suo padre non lo
avrebbe portato lì così all'improvviso.
A Thor non sfugge la tensione nello sguardo di sua madre e il dio si
ritrova a deglutire.
«Dunque, cosa è accaduto?» chiede il
principe di Asgard.
«Siedi, figlio» mormora Odino, indicando una sedia
vuota attorno al tavolo. Thor ignora l'invito, troppo nervoso per
pensare di sedersi. «Il tuo posto in questo frangente
è su Midgard, con i tuoi compagni e con la donna che ami,
tuttavia c'è una questione sulla quale voglio ascoltare il
tuo parere...»
«Loki non è una minaccia al momento»
interviene precipitosamente il dio del tuono, «E, ti prego,
padre, non chiedermi di ricondurlo qui. La sua presenza è
necessaria alla salvezza della ragazza e con la Terra nuovamente
minacciata potrebbe rivelarsi importante il suo contributo».
Che sta dicendo? Il contributo di Loki o quello di Nadia?
«Thor, l'arte della retorica si addice di più a
quel figlio che ho perduto e pianto, ma non ti ho convocato per
chiederti di portare indietro Loki».
Il dio ammutolisce, abbassando lo sguardo. Non si sente ancora a suo
agio ad essere giunto lì viaggiando attraverso il sogno, ha
quasi la sensazione di non appartenere davvero a quel posto, la sua
mente lavora con esasperante lentezza. E l'ansia per gli argomenti in
discussione non fa che acuire il disagio.
«Lui come sta?» domanda Frigga, appoggiando le mani
sul piano del tavolo, forse per nascondere il fatto che stanno
tremando. «A parte le ferite riportate, cosa hai scorto nei
suoi occhi?».
La risposta più adatta e sincera sarebbe: rabbia e dolore,
come sempre.
«Nulla di nuovo, madre».
La regina ha un fremito. Il ricordo della sera in cui Thor ha riportato
Loki a palazzo è vivido nelle loro menti; l'immagine di un
uomo sconfitto, di un giovane spezzato, con i polsi ammanettati e con
un bavaglio rigido a coprirgli la bocca è una spina
avvelenata piantata nel cuore di tutti loro.
Era stato come un funerale. Mentre Loki percorreva i corridoi,
accerchiato dalle guardie, coloro che un tempo erano stati la sua
famiglia lo avevano seguito con lo sguardo, come si osserva un feretro,
nella più cupa e muta immobilità.
«E della fanciulla che porta la pietra, cosa mi
dici?» domanda Odino, spezzando il silenzio che è
improvvisamente calato sulla sala.
«Nadia». Thor sente l'urgenza di pronunciare il suo
nome, di rammentarlo, come se ci fosse bisogno di ribadire che la sua
giovane amica non è solo un minuscolo puntino lontano,
divenuto casualmente parte di quel tragico disegno. «Lei sta
bene, resiste. Ha resistito tutto questo tempo con la tenacia che le
è propria».
«Ci hai parlato a lungo di lei» interviene Frigga,
l'ombra di un sorriso passa rapida nei suoi occhi, disegnando il
profilo vago di una speranza come un fuoco che cova sotto la cenere.
«Ci avevi detto di quanto affetto fosse riuscita a provare
per Loki, nonostante tutto. Ebbene, le sta ancora a cuore la sua
sorte?».
Il dio del tuono non è bravo con le parole, è
vero, ma capisce quando vengono usate per uno scopo preciso. Sa che
quella domanda vuole significare più di quanto sembra e che
la sua risposta avrà più peso di quanto egli
stesso riesce a comprendere.
«Gli uomini e le donne di Midgard – soprattutto le
donne – non dimenticano tanto facilmente. Nadia ha sofferto a
causa di Loki, eppure non riesco a credere che questo abbia spento
ciò che è stato acceso nel suo cuore»
risponde Thor, solenne.
Non ha alcuna dimostrazione a sostegno di quanto ha detto, non ha avuto
ancora occasione di parlare con Nadia, ha fatto appena in tempo a
scambiare un abbraccio con la ragazza, eppure non riesce a dubitare
delle sue parole, non trova un solo motivo per credere che lei abbia
smesso di tenere a Loki.
«E tu pensi che lei lo vorrebbe accanto a
sé?» chiede ancora la regina.
Thor sgrana gli occhi. La domanda lo coglie del tutto alla sprovvista e
gli sembra assolutamente priva di senso.
«Come?... Cosa mi state chiedendo esattamente?».
Odino sospira stancamente, dà un ordine e un paggio entra
portando una piccola cassa di argento istoriato che depone con cura sul
tavolo, dinnanzi al Padre degli dei, per poi sparire con discrezione
oltre la soglia.
Thor fissa perplesso suo padre estrarre un piccola chiave dalla tasca e
usarla per aprire una minuscola serratura sul coperchio della casa che
scatta verso l'alto, rivelando un interno foderato di velluto color
porpora.
Adagiata tra le pieghe della stoffa c'è un ampolla sferica,
Odino la solleva con due dita e la mostra al figlio. La sostanza che
c'è tra le pareti di vetro del minuscolo contenitore non
sembra del tutto liquida, è come se fosse un pugno di sabbia
sollevato dal vento, formato da piccoli granelli dorati, un lembo di
nuvola luminescente incastrato in un contenitore solido.
Loki saprebbe certamente di cosa si tratta. Thor sa solo che non deve
essere qualcosa per cui entusiasmarsi; come molti asgardiani, la magia
lo ha sempre turbato.
«Fuoco dell'oblio» spiega Odino, fissando il
contenuto dorato della fiala. «Veniva prodotto dagli
alchimisti di Alfheim fino a quando non è stato proibito il
suo uso. I suoi effetti sono molto...
drastici e
permanenti».
Finalmente Thor decide di mettersi a sedere. La stanza ha quasi preso a
vorticare attorno a lui e forse non è solo l'effetto del
viaggio interdimensionale.
Suo padre sta davvero suggerendo di usare un veleno su Loki?
«Di che effetti parliamo?» domanda, cercando di non
far trasparire tutto il suo turbamento.
«Oblio, figliolo, perdita della memoria. Ma non si tratta di
una semplice amnesia, il contenuto di questa fiala cancella il male,
cancella il ricordo di tutto ciò che ha provocato sofferenza
pur mantenendo una persona se stessa»
«Se Loki prendesse questa pozione... oh, Thor, so che non
è la soluzione più giusta... se la
prendesse» tenta di spiegare Frigga, «sparirebbero
i suoi poteri e il ricordo della sua vita qui e di quello che ha fatto,
sarebbe un giovane uomo come gli altri, potrebbe restare su Midgard e
stare con la ragazza, avere una vita felice...»
«Tutto questo è assurdo. Loki preferirebbe morire
piuttosto che rinunciare a ciò che è»
replica il dio del tuono. È doloroso, ma è la
verità.
«Solo finché può rammentarlo,
ciò che è»
«Davvero desiderate questo per lui?».
Odino ripone la fiala nella piccola cassa,
«No, Thor» dice con durezza, per poi lasciarsi
sfuggire un sospiro di sconforto. «Quello che desideravo per
Loki era una vita come principe di Asgard, al tuo fianco. Sognavo che
quando io non sarei più stato tra voi, lui ti avrebbe
aiutato a governare, sognavo di vederlo uscire dal cono d'ombra che si
era drappeggiato attorno, sognavo di vederlo con una moglie magari...
sognavo come sognano i padri. E lo sogno ancora e questa fiala
è l'unico modo per avere qualcosa che si avvicini vagamente
a quei sogni, per me e anche per lui»
«Ed è l'unica possibilità di
salvarlo» aggiunge Frigga, la voce le trema ma lei cerca di
mostrarsi calma e posata, con la regalità che la
contraddistingue. «Se tornasse qui, sai bene cosa la legge ha
in serbo per i crimini commessi da tuo fratello. Se non tornasse, non
solo sarebbe ancora un traditore in fuga, ma ormai ha anche troppi
nemici ed è solo contro tutti».
Thor fissa lo sguardo sul pavimento, troppo sconvolto e spossato per
riuscire a mettere ordine tra i pensieri.
È vero, quella soluzione non è la più
giusta ma è l'unica che non causerebbe dolore a suo
fratello, perché quella dannata piccola ampolla ha il potere
di spazzare tutto via e Loki non ricorderebbe nemmeno di aver odiato...
di averlo odiato.
Però c'è ancora Nadia. Nadia che è
sempre stata la sua speranza più grande di riaccendere la
fiamma dell'umanità nel cuore di Loki, senza ricorrere a
trucchi o stratagemmi, lasciando semplicemente che le cose seguissero
il loro corso. Ed è una speranza che è ancora
viva dentro di lui, che le circostanze rendono ancora possibile.
«E io cosa dovrei fare? Costringere Loki a bere quella
pozione?» borbotta Thor. «E, ad ogni modo, non
può perdere la memoria adesso, Nadia ha bisogno del suo
aiuto...».
«Capisco le tue remore, figlio mio» mormora Odino.
«Questa decisione turba anche me e tua madre, tuttavia,
proprio perché non è una decisione che
può essere presa a cuor leggero, è giusto che sia
il tempo a fare chiarezza. Loki aiuterà la tua giovane
amica, rimanderemo qualsiasi scelta a quando lei e la Terra saranno al
sicuro».
Thor si risveglia di colpo, nell'appartamento di Jane. Lei è
seduta a gambe incrociate in un angolo del letto, con addosso una
maglia di almeno quattro taglie più grandi con sopra il
disegno di un sole che sorride e la scritta che sembra il nome di uno
di quei posti in cui vendono dolciumi. Lo sta fissando e sembra
preoccupata.
«Voi altre divinità dormite sempre così
profondamente, come se foste in coma?» chiede lei, mordendosi
il labbro.
«Sembravo in coma?»
«Sì, eri piuttosto raccapricciante».
Thor si solleva, puntellandosi sulle braccia e si mette a sedere in
mezzo al letto, scivolando fino a posizionarsi di fronte a Jane.
«Ero via, mio padre ha portato la mia mente ad Asgard, lui e
mia madre necessitavano di parlarmi» spiega.
«Certo, normale. Come ho fatto a non pensarci?»
borbotta la donna con una mezza risatina nervosa. «E fate
sempre riunioni di famiglia mentre dormi?»
«No, di solito no. Era un'emergenza, sai volevano sapere di
Loki». Thor distoglie lo sguardo, non vuole dire a Jane cosa
si sono detti lui e i suoi genitori, non vuole dirlo a nessuno, non
è necessario che lo sappiano, non adesso.
Si domanda come reagirebbe Nadia se Odino le proponesse di far bere il
Fuoco dell'Oblio a Loki. Probabilmente avrebbe l'ardire di rispondergli
con una di quelle espressioni idiomatiche midgardiane del tipo:
«ma ti sei bevuto il cervello?». O forse...
Thor sospira e si stropiccia il viso con le mani.
«Sembri preoccupato» osserva Jane.
«Beh, lo sono. Giusto un po'... fin tanto che non avremo
visto chiaro in questa faccenda degli aspiranti distruttori della
Terra» risponde il dio.
«Sono sicura che tu e i tuoi super-amici riuscirete
nell'impresa di salvare tutto e tutti anche questa volta!»
esclama la donna con uno dei suoi adorabili sorrisi.
Thor sente il desiderio di allungare un braccio, afferrarla e
stringerla a sé e ricominciare dall'inizio la piacevolissima
trafila della sera precedente. Ma un ricordo, gelido come il marmo e
paralizzante come la paura, gli attraversa la mente, costringendolo a
rimanere impietrito e a serrare un lembo delle coperte nel pugno.
La voce è quella di Loki, tremante di collera e
disperazione. Thor rivede il suo volto trasfigurato dal furore e
arrossato dal pianto che cominciava a prendere consistenza nei suoi
occhi.
«Raccontami
cosa ti è accaduto sulla Terra che ti ha reso
così fragile. Non sarà stata quella
donna?»
Le parole vibravano sotto la doratura della cupola.
«Oh,
è così. Allora, magari quando avremo finito qui,
andrò a farle visita di persona».
Thor freme di nervosismo.
Loki aveva usato Jane per provocarlo e lui aveva creduto
così tanto a quella minaccia che quando era tornato sulla
Terra per combattere con i Vendicatori aveva chiesto alla S.H.I.E.L.D.
di spostarla in un luogo molto lontano, nascosta e al sicuro.
Adesso nemici di cui non conosce l'identità vogliono
attaccare Midgard per vendicarsi di lui e, proprio come ha
già fatto Loki, stanno puntando a ciò che gli sta
a cuore.
Il dio del tuono fissa Jane alzarsi e sparire oltre la porta del bagno,
chiedendosi da chi e da cosa deve proteggerla adesso. Chiedendosi se
anche Loki non sia ancora una minaccia concreta per la sua
incolumità.
*
Natasha è seriamente convinta che se adesso provasse ad
aiutare Loki a rimettersi in piedi, lui la ucciderebbe. E comunque, non
ha nessuna voglia di aiutare Loki a rialzarsi, che si arrangi da solo.
Lei si limita ad alzare il letto che è finito rovesciato sul
pavimento.
D'accordo, deve riconoscere che pur vestito solo di un asciugamano e
conciato come il cosplayer malriuscito della Mummia, il dannato
bastardo non perde un grammo del suo contegno da aspirante re
dell'universo. Persino nel modo in cui barcolla e si lascia cadere sul
materasso sfatto c'è qualcosa di elegante ed altezzoso.
Una fenice che rinasce dalle proprie ceneri, ecco cos'è il
dio dell'inganno.
Sconfitta dopo sconfitta, dolore dopo dolore, Loki torna più
forte e determinato di prima. Potrebbe essere ammirevole, se non fosse
così spaventoso. Potrebbe essere ammirevole se non fosse un
nemico e se lei non fosse addestrata a non provare alcuna empatia per i
nemici.
Però deve ammettere che Loki sfugge a qualsiasi
categorizzazione. È un nemico, certo, ma non è
solo questo e di certo non è un nemico come tutti gli altri.
Con calma e con infinita pazienza, Loki si sistema le bende sulle
ferite. Qualcuna ha ripreso a sanguinare dopo il brutto colpo subito,
ma i tagli più superficiali sono quasi del tutto guariti
dalla sera prima.
Loki non è un nemico come tutti gli altri. Lui è
come l'erba cattiva che hai voglia di strappare via ma che almeno non
lascia nuda la terra. È l'erba cattiva che, se anche la
strappi via, ricresce perché è nella sua natura.
E Natasha non riesce a smettere di starsene lì a guardarlo.
Crede, forse si illude, che provando a osservarlo riuscirà a
comprenderlo meglio e forse a trovare un po' di luce oltre quella
spessa cortina di gelo e ombra.
In realtà non è di sua competenza nemmeno
sprecare tempo a trovare qualcosa di buono nei nemici e nei criminali.
Ma Loki è innegabilmente un caso a sé stante.
Sente un breve fruscio nell'auricolare e poi la voce di Clint.
«Ci crederesti, Nat? Me la sono persa» borbotta il
suo collega, amareggiato. «Ho perso Nadia, è
uscita e non so dove sia scappata».
Anche Loki sente la conversazione, alza la testa e resta in ascolto.
Non sembra né preoccupato, né interessato, sembra
solo uno che non ha di meglio da fare.
«Eri distrutto Clint, venivi da una notte in bianco e, ancora
prima, da una serata incasinata» dice lei, in tono
comprensivo. «E lei era parecchio sconvolta, sotto l'effetto
dell'adrenalina, avrà avuto le ali ai piedi»
«Il figlio di puttana non ha tirato le cuoia?»
domanda Barton.
Loki inarca appena un sopracciglio,
«Mi dispiace deluderti» replica, alzando la voce
per farsi sentire.
«Clint, chiama Stark, chiedigli se Nadia è tornata
a casa» suggerisce Natasha prima di chiudere la
comunicazione. «Fammi sapere qualcosa appena puoi».
Il dio si mette seduto, appoggiando la schiena contro il cuscino, e
fissa un punto indistinto con aria pensosa.
«Perché ho la sensazione che tu l'abbia fatto di
proposito?» borbotta Natasha.
«Perché è comodo dare la colpa a quelli
come me» risponde lui senza scomporsi.
«Vorresti farmi credere che non hai sentito l'energia della
pietra crescere?»
«Non sono al meglio delle mie facoltà. Non lo hai
notato, per caso?».
Natasha strabuzza gli occhi e si promette che, qualsiasi cosa lui dica
o faccia, non le farà saltare i nervi come la sera prima,
non le farà saltare i nervi mai più o la prossima
volta sarà l'ultima malefatta del dio degli inganni,
accidenti a lui.
«Era terrorizzata, la nostra giovane amica» osserva
Loki, ma senza alcun sarcasmo e senza nessuna apparente intenzione di
essere provocatorio. «Non capisco la paura di fare del male
ad altri, non la capisco».
Natasha aggrotta le sopracciglia,
«Nemmeno io» ammette.
«Forse io e te siamo senz'anima»
«Togli pure il forse...».
Si sta facendo psicoanalizzare da un dio pazzo. La nottataccia non ha
fatto bene nemmeno a lei, è evidente.
Dopo qualche minuto, Clint la chiama di nuovo per dirle che hanno
rintracciato Nadia, si trova nella sede delle Stark Industries ed
è insieme al ragazzo con cui esce.
«Sta bene» dice la donna, rivolta a Loki che
è tornato a fissare il nulla, assorto nei suoi pensieri.
«Certo, non avevo dubbi al riguardo. Cosa pensavate, che si
sarebbe gettata sotto a un'auto in corsa?» replica lui,
acido. «Fossi in lei, mi sentirei umiliato dal modo in cui la
sottovalutate»
«Le vogliamo bene. Compresi noi due agenti
senz'anima». Natasha si rende conto di quanto stupida e
scontata debba apparire quella risposta, ma è la
più ovvia perché è la più
vera.
«E lei ne vuole a voi... come si dice?
Nessuno è perfetto».
Bruce Banner aveva ragione, la permanenza di Loki sul pianeta dei
Chitauri non ha fatto che peggiorarlo.
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Note:
Bene, Natasha mancava all'appello dei POV.
Quando la smetterò di inventare prodotti magici asgardiani
manco venissi da Hogwarts non sarà mai troppo tardi! (che
poi il nome “fuoco dell'oblio” fa molto fantasy di
quarta categoria... ma meglio questo che inventarmi nomi in dialetto
asgardiano XD).
Comunque... non fatevi prendere dal panico, quella di Babbo Orbo era
solo un'idea (per adesso). E, si sa, le idee di Babbo Orbo generalmente
trasudano genialità come resina da una scatola di
plastica... tipo “ma sì, dai, adottiamo il piccolo
Jotunh che non si sa mai che un domani torni utile”.
Però, per quanto mi stia antipatico, a me piace l'idea che
il vecchio bacucco cerchi un escamotage per salvare Loki, non mi piace
immaginare Odino come il giudice che condanna il figlio (o ex-figlio,
che dir si voglia) senza provare a fare niente, anche a costo di
“giocare sporco”.
«Raccontami cosa ti è accaduto sulla Terra che ti
ha reso così fragile. Non sarà stata quella
donna? Oh, è così. Allora. Magari, quando avremo
finito qui andrò a farle visita di persona»
è presa pari pari dal film Thor, dalla scena finale in cui
lui e Loki cominciano ad azzuffarsi sotto la cupola del Bifrost.
Questo capitolo (specie la parte iniziale) mi sento in dovere di
dedicarlo alla mi amica Cristina
lei-capirà-il-perché. XD
Per
curiosità in generale o domande sulla fanfiction, la vita,
l'universo e tutto quanto: HERE
A venerdì prossimo ^^