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Autore: Alkimia    30/11/2012    9 recensioni
[CONCLUSA]
***SEGUITO di "A series of unfurtunate events"***
Ognuna delle opzioni possibili è rischiosa e potrebbe danneggiare Nadia. Per non parlare dell'altra faccenda in ballo: qualcuno vuole distruggere la Terra... tanto per mantenersi nel solco della tradizione.
Nadia è in America per cercare, insieme allo S.H.I.E.L.D, un rimedio ai danni provocati dall'energia della pietra. Loki è prigioniero sul pianeta dei Chitauri ma ha ancora dei piani. Eppure, ancora una volta, troppe cose non vanno come lui sperava. Vecchi nemici tornano da un passato lontano che lui continua a rinnegare, costringendo gli Avengers a tornare in campo; episodi e sentimenti inaspettati lo porteranno a dover decidere da che parte stare. E non è detto che la decisione finale sarà quella giusta...
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Nuovo personaggio, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A waltz for shadows and stars'
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Capitolo decimo
The day after – part two


È una cosa infantile, ma quando ha aperto gli occhi ed è riemerso pian piano dalle accoglienti nebbie del sonno, per un attimo, Tony Stark ha davvero sperato che i fatti del giorno prima fossero stati solo un incubo.
A lui piacciono così tanto le cose infantili! Quello che non gli piace è il doversi trovare puntualmente a fare i conti con una realtà che ti prende per le orecchie e ti trascina giù dal letto, non importa con quanta abilità retorica lui possa imbastire scuse e proporre che lo si lasci dormire altri cinque minuti, la realtà ti prende per il colletto del pigiama e ti scaraventa fuori dalle coperte e ti rende consapevole di quanto sia freddo e duro il pavimento.  
Per poco non ci è caduto davvero, contro il pavimento, inciampando nei pantaloni che si era tolto distrattamente la sera prima e che aveva lasciato ai piedi del comodino.
«Buongiorno, signore. Non le chiederò se ha dormito bene» dice Jarvis.
«Non dovresti nemmeno definire il giorno buono, allora» borbotta lui, stropicciandosi il viso. «Chi abbiamo in squadra stamattina?»
«La signorina Potts è andata in ufficio, signore. Il capitano Rogers è sul divano»
«Ti prego, dimmi che non si sta masturbando con le riviste vintage di Pepper...»
«No, signore. Sta dormendo»
«E Nadia? No, non dirmelo: è allo S.H.I.E.L.D.»
«Molto perspicace, signore».
Tony si getta all'indietro sul materasso e tenta di infilarsi i pantaloni da sdraiato.
Dunque in casa ci sono solo lui e la controfigura del Grillo Parlante. No, decisamente quel giorno non sembra avere niente di buono.
Lancia un'occhiata fuori dalle finestre; pioviggina e si sente qualche tuono in lontananza. Forse anche Boccoli d'oro ha il sonno agitato.
L'uomo si trascina a piedi scalzi verso la cucina, soffermandosi per un secondo a guardare Steve Rogers ancora beatamente immerso nel mondo dei sogni – beato lui. Forse è il siero del supersoldato a farlo dormire quando deve dormire, come se avesse un timer nel cervello, forse è perché è un ottantenne e come tutti gli anziani ha l'orologio biologico parecchio regolare.
Che poi, sono le dieci passate, quanto ancora gli serve per recuperare le ore di sonno arretrate?
Che poi, a lui cosa importa se Rogers dorme o no? Quando si sveglierà se ne uscirà con una salmodia su quello che c'è da fare e su come il mondo sia andato peggiorando negli ultimi quarant'anni e poi concluderà con qualche frase molto incoraggiante, da spot pubblicitario di una compagnia assicurativa.
No, non gli importa che il soldatino si svegli, però se fosse sveglio lui almeno potrebbe... parlare con qualcuno che non sia il suo maggiordomo invisibile o che non sia se stesso. Se stesso è un tipo molto stancante alle volte, specie come interlocutore, deve riconoscerlo.
Certo che se ha tanta voglia di parlare con Rogers dopo la giornata di ieri, deve star messo proprio uno schifo. Piuttosto, adesso prenderà il telefono, chiamerà Fury o Barton e si farà dire se ci sono novità, di certo il dannato piccolo cervo ha tentato di far saltare in aria la base S.H.I.E.L.D, oppure ha provato a concupire la Hill per portarla dalla sua parte, oppure ha versato dalla candeggina nei tubi del distributore automatico del caffè...
«Jarvis, da uno a dieci quanto pensi che io sia paranoico?» domanda, dirigendosi verso il bancone da bar sul fondo dell'open space.
«Vuole che esprima una valutazione facendo una media aritmetica dei giudizi che potrebbero esserle attribuiti rispetto alla variabile che mi ha proposto?» trilla il robot, e sembra quasi in imbarazzo.
«No, lascia stare. Pensavo ad alta voce».
Tony si alza sulle punte per spiare in direzione del divano. Rogers non dà segno di volersi svegliare, come se non avesse sentito né la sua voce né quella di Jarvis. Ma siamo sicuri che è vivo?
Il padrone di casa sbuffa, e si volta verso le bottiglie sulla mensola. Ne sceglie una di whisky irlandese invecchiato di dieci anni, fatta arrivare espressamente dall'Europa.
Si versa quattro dita di liquore in un bicchiere e posa la bottiglia battendola con poca delicatezza contro il piano di marmo del bancone.
Rogers sembra dare segni di vita. Mormora una mezza frase senza senso e apre gli occhi, scostandosi di dosso il plaid a quadri – Dio, c'è un plaid di lana a quadrettoni a casa sua?!
Tony guarda fuori dalla finestra con aria indolente e comincia a sorseggiare il suo whisky.
«Non dovresti bere di prima mattina» borbotta Rogers. Giustappunto.
«Non è prima mattina, sono le dieci passate, Capitan Analcolico».
Steve ha un sussulto, getta via il plaid e scatta mettendosi a sedere sul divano con occhi sgranati.
«Santo cielo! Cosa è successo?» esclama.
«Si chiama riposo» suggerisce Tony mellifluo. «Mai fatto prima?».
«Dannazione, Stark! Sii serio. È mattino inoltrato e noi abbiamo delle cose da fare. E resta il fatto che tu non dovresti bere a quest'ora, hai almeno mangiato qualcosa?».
Il padrone di casa strabuzza gli occhi, chiedendosi perché non lo ha lasciato dormire per altre nove o dieci ore.
«Rilassati, nonno. Non è successo niente, il mondo è ancora qui, come puoi vedere. Fury non ha dato segni di vita, il che vuol dire o che il cerbiatto bastardo ha fatto un massacro o che non ci sono novità da comunicare»
«E comunque, tu non dovresti bere a quest'ora» ripete stolidamente Rogers.
«Vuoi un bicchiere di latte e orzo? Dovrebbe esserci del decaffeinato da qualche parte»
«Stark...»
«Non dovrei bere, sì l'hai già detto. Cos'è, Alzheimer?».
Steve lo fissa crucciato, con quell'aria che rimanda alla memoria la gloriosa giornata sull'Eliveivolo, quando si sarebbero volentieri spaccati la testa a vicenda. Non è che abbiano poi fatto molti passi in avanti su quel fronte, in effetti.    
«Ti prego, non cominciare con l'elenco di cose che non dovrei fare. Se non l'hai notato, sono di cattivo umore» aggiunge Tony sbuffando e mandando giù un generoso sorso di liquore.
«Allora ti dirò una cosa che secondo me dovresti fare»
«Non sto più nella pelle dalla voglia di ascoltarti, Gandalf»
«Dovresti lasciare un po' di respiro alla ragazza».
Eccolo che ricomincia. La sera prima, mentre tornavano verso la Stark Tower, Tony si è malauguratamente lasciato scappare che era stato lui a organizzare l'appuntamento tra Nadia e Mike. Rogers ha tirato fuori un discorso che sembrava un estrapolato della Convenzione di Ginevra.
«Tu c'eri quando è tornato il tristo mietitore, lo hai visto anche tu Loki-l'undicesima piaga d'Egitto, vero? Ti sembra il momento di lasciar correre?» esclama Tony
«Ti preoccupa così tanto?» lo rimbecca Rogers.
«Siamo sicuri che il tuo metabolismo ti impedisca di ubriacarti? Perché stai parlando come uno fatto di acidi. Sì, santi numi, mi preoccupa. Mi preoccupa Loki, mi preoccupa la pietra, mi preoccupa tutto»
«Loki non è una minaccia se non è nostro nemico, lo hai visto a Venezia»
«A Venezia aveva bisogno che gli salvassimo il culo!»
«Ne ha bisogno anche adesso».
Tony sente una voglia irrefrenabile di cominciare a dare testate contro lo spigolo di marmo del bancone.
«E quindi per te va bene sapere che il rocchettaro sfigato è innocuo solo se gli serve qualcosa?» domanda, esasperato.
«Sì, mi sta bene. Cerco di essere pratico, Loki non è una minaccia adesso. Probabilmente, quando tutto questo sarà finito, lui scomparirà di nuovo e Nadia ci starà male, ma non possiamo fare niente per evitarlo» spiega Rogers, in tono paziente. «Ma rifletti: se continuassimo ad avere questo atteggiamento di ostracismo non faremmo che farle ancora più male, probabilmente finiremo per mettercela contro e a quel punto sì che non potremmo più aiutarla»
«Mettercela contro, non dire sciocchezze lei mi... ci ama, siamo i suoi fratelloni putativi o qualcosa del genere».
Nello sguardo di Rogers si accende un barlume di furba consapevolezza che non gli si addice, eppure Tony sa di aver detto qualcosa per la quale può essere colto in fallo. Colto in fallo da Steve Rogers, ora sì che la giornata è definitivamente andata a puttane!
«Dunque è questo il problema? Sei geloso? Pensi che lei possa tenere più a lui che a te? Sei proprio incredibile, Tony Stark! Sono stato uno sciocco a credere che il tuo narcisismo avesse dei limiti, che ci fosse un minimo di buon senso in quella tua testa boriosa». C'è una freddezza disturbante nel tono del soldatino, reminiscenza dei quarant'anni in ibernazione, magari.
Non è questo il punto. Certo, sarebbe veramente mortificante se qualcuno come Nadia tenesse più a un supercriminale intergalattico che a lui... a loro, a tutti loro. Ma non è questo il fottutissimo punto! È che lui ha promesso di aiutarla, di proteggerla e che tutto sarebbe andato bene. Si sente responsabile, e soprattutto si sente in debito con lei, e a volte per proteggere qualcuno lo si deve proteggere anche da se stesso.
Però, mentre Rogers recupera la sua giacca di pelle e si volta sdegnato dirigendosi verso l'uscita, Tony non può fare a meno di impiegare una qualche frazione di secondo a rivalutare quanto gli ha detto. Loki non è una minaccia perché ha bisogno del loro asilo politico e, per quanto la sua mente si ribelli al pensiero, c'è un'evidenza illogica ma grande come una casa che grida a gran voce che no, non farebbe mai del male a Nadia – se persino Fury è giunto a questa conclusione, tanto da permettere alla ragazza di avvicinarsi a Bambi. E in fondo, molto in fondo, Tony sta quasi cominciando a pensare che Steve non abbia tutti i torti nel sostenere che un atteggiamento così restrittivo potrebbe creare qualche problema nel loro rapporto e... ah, al diavolo, non si metterà a gridargli che ha ragione per provare a trattenerlo e per togliergli dalla faccia quell'espressione di rimprovero. Dopotutto non è nel suo stile.
Rogers ha quasi imboccato l'ascensore quando la voce di Jarvis rompe il silenzio pesante che è calato nella stanza.
«C'è l'agente Barton in linea, signore».
Il soldatino si volta, con gli occhi sgranati e le orecchie ritte ad ascoltare. Magari ci sono novità, magari sta arrivando la fine del mondo, magari...
«Stark, Nadia è tornata alla Stark Tower?!» esclama il Falco, sembra piuttosto provato.
Tony e Steve si scambiano uno sguardo allarmato.
«No. Perché? È successo qualcosa?» domanda il padrone di casa.
«Sì, ha avuto un altro scoppio di energia mentre parlava con Loki. Lo ha scaraventato dall'altro lato della stanza e per un secondo io e Nat avremmo giurato che l'avesse fatto fuori... poi è scappata e non sono riuscita a fermarla. Non so dove sia...»
«Stai scherzando?» sbotta Robers. «Che vuol dire che non sapete dove sia?»
«Mi stai dicendo che due dei migliori agenti di Nick Fury non sono riusciti a rincorrere una ventiseienne nemmeno troppo in forze? Dimmi che eri fuori fase perché tu e la Romanoff avete fatto sesso selvaggio nel locale caldaia tutta la notte, ti supplico...»
«Vado  a cercarla!». Il soldatino parte in quarta verso l'ascensore, ma Tony lo ferma con un cenno.
«Sempre tutto io devo fare» borbotta. «Jarvis, rintraccia il segnale del cellulare di Nadia, subito».
«È alle Stark Industries, signore» annuncia il robot dopo qualche secondo.
Rogers fa un mezzo sospiro di sollievo e si batte una mano sul viso. Anche Barton sospira nel telefono.
«Chiama la signorina Potts sull'altra linea» ordina Tony. Dopo qualche squillo la voce di Pepper suona negli altoparlanti.
«Nadia è lì, l'hai vista?» domanda subito lui.
«Sì, è arrivata qualche minuto fa in taxi. Ora è con Mike, ho pensato di trovare una scusa per dare la mattinata libera al ragazzo» dice Pepper, tranquilla e ignara dello spavento che tutti loro si sono presi pochi minuti prima.
«Bene. È per questo che ti amo!»
«Devo farla venire a telefono?»
«No, per amor del cielo. Dagli pure la chiave della mia sala ristoro personale se serve, quella con il materasso ad acqua, hai presente?».
Rogers strabuzza gli occhi e guarda Tony con un'aria a metà tra lo scandalizzato e l'esasperato.
«Tutto è bene quel che finisce bene» dice il padrone di casa dopo aver interrotto la comunicazione con Pepper. «E, Barton, non diremo niente a papà Fury di questo piccolo incidente, ma la prossima volta... sparatele a una gamba, piuttosto. Capitan Medioevo è troppo vecchio per poter reggere questo genere di colpi».  

*

La vista è offuscata e i contorni delle figure sfocano, si sdoppiano come se le immagini tremassero.
Quell'enorme anticamera nel palazzo di Asgard gli sembra un riflesso su uno specchio d'acqua mosso dal vento e Thor sente uno strano senso di vertigine mentre cerca di prendere confidenza con quello che ha attorno.
Non è sua abitudine viaggiare in quel modo, attraverso i sogni, quelle vie sono più consone a Loki e talvolta a suo padre. Infatti è Odino che lo ha chiamato lì, prelevandolo dal suo sonno e trasportando la sua mente ad Asgard.
Thor prova a scendere i gradini, ma vacilla, distratto dal suo riflesso tremulo contro un pannello dorato alla parete.
«Sarebbe molto imbarazzante se tu cadessi» osserva Fandral, spuntando da dietro a una colonna.
«Di sicuro udiremmo il rimbombo in tutto il palazzo» gli fa eco Sif, avvicinandosi al dio del tuono per sorreggerlo.
Thor si accorge di avere indosso la sua armatura e sente il mantello ondeggiare contro la schiena. Rimpiange il tepore del letto e il calore del corpo di Jane accanto al suo.  
«Cos'è questa fretta? Perché il Padre degli dei ha reclamato la mia presenza?».
La fanciulla guerriera e i suoi tre compagni si scambiano un'occhiata.
«Non lo sappiamo» ammette lei. «Ma sembra vogliano discutere con te un'importante questione che riguarda... beh, puoi facilmente dedurlo da solo».
Loki, naturalmente. Sif e gli altri non riescono nemmeno a pronunciare il suo nome, ma forse è un bene che lui sia lì, prima si risolve quella faccenda e prima lui ritroverà la pace. E forse riuscirà a stare con Jane, in qualche modo, e forse anche i suoi amici riprenderanno le loro vite.
In ogni caso, ha promesso al comandante Fury che avrebbe trovato una soluzione definitiva per Loki questa volta – e non ha ritenuto opportuno specificare che auspicava la meno drammatica delle soluzioni possibili.
Lo ama come un fratello, ancora. Non ha mai davvero pensato a trovare un rimedio a questo, non sa se ne esiste uno. E se anche esistesse, non è sicuro di volerlo sperimentare.
I suoi compagni lo pilotano verso una stanza attigua alla sala del trono, dove il re di Asgard è solito dare udienza ai suoi consiglieri.
Adesso nella stanza ci sono solo Odino e sua moglie. Thor sente l'aria pesare, come se si condensasse nella sua gola e faticasse ad arrivare ai polmoni, perché non è solo aria, è un silenzio carico di aspettative e pieno di timori, è un vento che porta odore di brutte notizie, altrimenti suo padre non lo avrebbe portato lì così all'improvviso.
A Thor non sfugge la tensione nello sguardo di sua madre e il dio si ritrova a deglutire.
«Dunque, cosa è accaduto?» chiede il principe di Asgard.
«Siedi, figlio» mormora Odino, indicando una sedia vuota attorno al tavolo. Thor ignora l'invito, troppo nervoso per pensare di sedersi. «Il tuo posto in questo frangente è su Midgard, con i tuoi compagni e con la donna che ami, tuttavia c'è una questione sulla quale voglio ascoltare il tuo parere...»
«Loki non è una minaccia al momento» interviene precipitosamente il dio del tuono, «E, ti prego, padre, non chiedermi di ricondurlo qui. La sua presenza è necessaria alla salvezza della ragazza e con la Terra nuovamente minacciata potrebbe rivelarsi importante il suo contributo».
Che sta dicendo? Il contributo di Loki o quello di Nadia?
«Thor, l'arte della retorica si addice di più a quel figlio che ho perduto e pianto, ma non ti ho convocato per chiederti di portare indietro Loki».
Il dio ammutolisce, abbassando lo sguardo. Non si sente ancora a suo agio ad essere giunto lì viaggiando attraverso il sogno, ha quasi la sensazione di non appartenere davvero a quel posto, la sua mente lavora con esasperante lentezza. E l'ansia per gli argomenti in discussione non fa che acuire il disagio.
«Lui come sta?» domanda Frigga, appoggiando le mani sul piano del tavolo, forse per nascondere il fatto che stanno tremando. «A parte le ferite riportate, cosa hai scorto nei suoi occhi?».
La risposta più adatta e sincera sarebbe: rabbia e dolore, come sempre.
«Nulla di nuovo, madre».
La regina ha un fremito. Il ricordo della sera in cui Thor ha riportato Loki a palazzo è vivido nelle loro menti; l'immagine di un uomo sconfitto, di un giovane spezzato, con i polsi ammanettati e con un bavaglio rigido a coprirgli la bocca è una spina avvelenata piantata nel cuore di tutti loro.
Era stato come un funerale. Mentre Loki percorreva i corridoi, accerchiato dalle guardie, coloro che un tempo erano stati la sua famiglia lo avevano seguito con lo sguardo, come si osserva un feretro, nella più cupa e muta immobilità.
«E della fanciulla che porta la pietra, cosa mi dici?» domanda Odino, spezzando il silenzio che è improvvisamente calato sulla sala.
«Nadia». Thor sente l'urgenza di pronunciare il suo nome, di rammentarlo, come se ci fosse bisogno di ribadire che la sua giovane amica non è solo un minuscolo puntino lontano, divenuto casualmente parte di quel tragico disegno. «Lei sta bene, resiste. Ha resistito tutto questo tempo con la tenacia che le è propria».
«Ci hai parlato a lungo di lei» interviene Frigga, l'ombra di un sorriso passa rapida nei suoi occhi, disegnando il profilo vago di una speranza come un fuoco che cova sotto la cenere. «Ci avevi detto di quanto affetto fosse riuscita a provare per Loki, nonostante tutto. Ebbene, le sta ancora a cuore la sua sorte?».
Il dio del tuono non è bravo con le parole, è vero, ma capisce quando vengono usate per uno scopo preciso. Sa che quella domanda vuole significare più di quanto sembra e che la sua risposta avrà più peso di quanto egli stesso riesce a comprendere.
«Gli uomini e le donne di Midgard – soprattutto le donne – non dimenticano tanto facilmente. Nadia ha sofferto a causa di Loki, eppure non riesco a credere che questo abbia spento ciò che è stato acceso nel suo cuore» risponde Thor, solenne.
Non ha alcuna dimostrazione a sostegno di quanto ha detto, non ha avuto ancora occasione di parlare con Nadia, ha fatto appena in tempo a scambiare un abbraccio con la ragazza, eppure non riesce a dubitare delle sue parole, non trova un solo motivo per credere che lei abbia smesso di tenere a Loki.
«E tu pensi che lei lo vorrebbe accanto a sé?» chiede ancora la regina.
Thor sgrana gli occhi. La domanda lo coglie del tutto alla sprovvista e gli sembra assolutamente priva di senso.
«Come?... Cosa mi state chiedendo esattamente?».
Odino sospira stancamente, dà un ordine e un paggio entra portando una piccola cassa di argento istoriato che depone con cura sul tavolo, dinnanzi al Padre degli dei, per poi sparire con discrezione oltre la soglia.
Thor fissa perplesso suo padre estrarre un piccola chiave dalla tasca e usarla per aprire una minuscola serratura sul coperchio della casa che scatta verso l'alto, rivelando un interno foderato di velluto color porpora.
Adagiata tra le pieghe della stoffa c'è un ampolla sferica, Odino la solleva con due dita e la mostra al figlio. La sostanza che c'è tra le pareti di vetro del minuscolo contenitore non sembra del tutto liquida, è come se fosse un pugno di sabbia sollevato dal vento, formato da piccoli granelli dorati, un lembo di nuvola luminescente incastrato in un contenitore solido.
Loki saprebbe certamente di cosa si tratta. Thor sa solo che non deve essere qualcosa per cui entusiasmarsi; come molti asgardiani, la magia lo ha sempre turbato.
«Fuoco dell'oblio» spiega Odino, fissando il contenuto dorato della fiala. «Veniva prodotto dagli alchimisti di Alfheim fino a quando non è stato proibito il suo uso. I suoi effetti sono molto... drastici e permanenti».
Finalmente Thor decide di mettersi a sedere. La stanza ha quasi preso a vorticare attorno a lui e forse non è solo l'effetto del viaggio interdimensionale.
Suo padre sta davvero suggerendo di usare un veleno su Loki?
«Di che effetti parliamo?» domanda, cercando di non far trasparire tutto il suo turbamento.
«Oblio, figliolo, perdita della memoria. Ma non si tratta di una semplice amnesia, il contenuto di questa fiala cancella il male, cancella il ricordo di tutto ciò che ha provocato sofferenza pur mantenendo una persona se stessa»
«Se Loki prendesse questa pozione... oh, Thor, so che non è la soluzione più giusta... se la prendesse» tenta di spiegare Frigga, «sparirebbero i suoi poteri e il ricordo della sua vita qui e di quello che ha fatto, sarebbe un giovane uomo come gli altri, potrebbe restare su Midgard e stare con la ragazza, avere una vita felice...»
«Tutto questo è assurdo. Loki preferirebbe morire piuttosto che rinunciare a ciò che è» replica il dio del tuono. È doloroso, ma è la verità.
«Solo finché può rammentarlo, ciò che è»
«Davvero desiderate questo per lui?».
Odino ripone la fiala nella piccola cassa,
«No, Thor» dice con durezza, per poi lasciarsi sfuggire un sospiro di sconforto. «Quello che desideravo per Loki era una vita come principe di Asgard, al tuo fianco. Sognavo che quando io non sarei più stato tra voi, lui ti avrebbe aiutato a governare, sognavo di vederlo uscire dal cono d'ombra che si era drappeggiato attorno, sognavo di vederlo con una moglie magari... sognavo come sognano i padri. E lo sogno ancora e questa fiala è l'unico modo per avere qualcosa che si avvicini vagamente a quei sogni, per me e anche per lui»
«Ed è l'unica possibilità di salvarlo» aggiunge Frigga, la voce le trema ma lei cerca di mostrarsi calma e posata, con la regalità che la contraddistingue. «Se tornasse qui, sai bene cosa la legge ha in serbo per i crimini commessi da tuo fratello. Se non tornasse, non solo sarebbe ancora un traditore in fuga, ma ormai ha anche troppi nemici ed è solo contro tutti».
Thor fissa lo sguardo sul pavimento, troppo sconvolto e spossato per riuscire a mettere ordine tra i pensieri.
È vero, quella soluzione non è la più giusta ma è l'unica che non causerebbe dolore a suo fratello, perché quella dannata piccola ampolla ha il potere di spazzare tutto via e Loki non ricorderebbe nemmeno di aver odiato... di averlo odiato.
Però c'è ancora Nadia. Nadia che è sempre stata la sua speranza più grande di riaccendere la fiamma dell'umanità nel cuore di Loki, senza ricorrere a trucchi o stratagemmi, lasciando semplicemente che le cose seguissero il loro corso. Ed è una speranza che è ancora viva dentro di lui, che le circostanze rendono ancora possibile.
«E io cosa dovrei fare? Costringere Loki a bere quella pozione?» borbotta Thor. «E, ad ogni modo, non può perdere la memoria adesso, Nadia ha bisogno del suo aiuto...».
«Capisco le tue remore, figlio mio» mormora Odino. «Questa decisione turba anche me e tua madre, tuttavia, proprio perché non è una decisione che può essere presa a cuor leggero, è giusto che sia il tempo a fare chiarezza. Loki aiuterà la tua giovane amica, rimanderemo qualsiasi scelta a quando lei e la Terra saranno al sicuro».

Thor si risveglia di colpo, nell'appartamento di Jane. Lei è seduta a gambe incrociate in un angolo del letto, con addosso una maglia di almeno quattro taglie più grandi con sopra il disegno di un sole che sorride e la scritta che sembra il nome di uno di quei posti in cui vendono dolciumi. Lo sta fissando e sembra preoccupata.
«Voi altre divinità dormite sempre così profondamente, come se foste in coma?» chiede lei, mordendosi il labbro.
«Sembravo in coma?»
«Sì, eri piuttosto raccapricciante».
Thor si solleva, puntellandosi sulle braccia e si mette a sedere in mezzo al letto, scivolando fino a posizionarsi di fronte a Jane.
«Ero via, mio padre ha portato la mia mente ad Asgard, lui e mia madre necessitavano di parlarmi» spiega.
«Certo, normale. Come ho fatto a non pensarci?» borbotta la donna con una mezza risatina nervosa. «E fate sempre riunioni di famiglia mentre dormi?»
«No, di solito no. Era un'emergenza, sai volevano sapere di Loki». Thor distoglie lo sguardo, non vuole dire a Jane cosa si sono detti lui e i suoi genitori, non vuole dirlo a nessuno, non è necessario che lo sappiano, non adesso.
Si domanda come reagirebbe Nadia se Odino le proponesse di far bere il Fuoco dell'Oblio a Loki. Probabilmente avrebbe l'ardire di rispondergli con una di quelle espressioni idiomatiche midgardiane del tipo: «ma ti sei bevuto il cervello?». O forse...
Thor sospira e si stropiccia il viso con le mani.
«Sembri preoccupato» osserva Jane.
«Beh, lo sono. Giusto un po'... fin tanto che non avremo visto chiaro in questa faccenda degli aspiranti distruttori della Terra» risponde il dio.  
«Sono sicura che tu e i tuoi super-amici riuscirete nell'impresa di salvare tutto e tutti anche questa volta!» esclama la donna con uno dei suoi adorabili sorrisi.
Thor sente il desiderio di allungare un braccio, afferrarla e stringerla a sé e ricominciare dall'inizio la piacevolissima trafila della sera precedente. Ma un ricordo, gelido come il marmo e paralizzante come la paura, gli attraversa la mente, costringendolo a rimanere impietrito e a serrare un lembo delle coperte nel pugno.
La voce è quella di Loki, tremante di collera e disperazione. Thor rivede il suo volto trasfigurato dal furore e arrossato dal pianto che cominciava a prendere consistenza nei suoi occhi.
«Raccontami cosa ti è accaduto sulla Terra che ti ha reso così fragile. Non sarà stata quella donna?»
Le parole vibravano sotto la doratura della cupola.
«Oh, è così. Allora, magari quando avremo finito qui, andrò a farle visita di persona».
Thor freme di nervosismo.
Loki aveva usato Jane per provocarlo e lui aveva creduto così tanto a quella minaccia che quando era tornato sulla Terra per combattere con i Vendicatori aveva chiesto alla S.H.I.E.L.D. di spostarla in un luogo molto lontano, nascosta e al sicuro.
Adesso nemici di cui non conosce l'identità vogliono attaccare Midgard per vendicarsi di lui e, proprio come ha già fatto Loki, stanno puntando a ciò che gli sta a cuore.
Il dio del tuono fissa Jane alzarsi e sparire oltre la porta del bagno, chiedendosi da chi e da cosa deve proteggerla adesso. Chiedendosi se anche Loki non sia ancora una minaccia concreta per la sua incolumità.

*

Natasha è seriamente convinta che se adesso provasse ad aiutare Loki a rimettersi in piedi, lui la ucciderebbe. E comunque, non ha nessuna voglia di aiutare Loki a rialzarsi, che si arrangi da solo. Lei si limita ad alzare il letto che è finito rovesciato sul pavimento.
D'accordo, deve riconoscere che pur vestito solo di un asciugamano e conciato come il cosplayer malriuscito della Mummia, il dannato bastardo non perde un grammo del suo contegno da aspirante re dell'universo. Persino nel modo in cui barcolla e si lascia cadere sul materasso sfatto c'è qualcosa di elegante ed altezzoso.
Una fenice che rinasce dalle proprie ceneri, ecco cos'è il dio dell'inganno.
Sconfitta dopo sconfitta, dolore dopo dolore, Loki torna più forte e determinato di prima. Potrebbe essere ammirevole, se non fosse così spaventoso. Potrebbe essere ammirevole se non fosse un nemico e se lei non fosse addestrata a non provare alcuna empatia per i nemici.
Però deve ammettere che Loki sfugge a qualsiasi categorizzazione. È un nemico, certo, ma non è solo questo e di certo non è un nemico come tutti gli altri.
Con calma e con infinita pazienza, Loki si sistema le bende sulle ferite. Qualcuna ha ripreso a sanguinare dopo il brutto colpo subito, ma i tagli più superficiali sono quasi del tutto guariti dalla sera prima.
Loki non è un nemico come tutti gli altri. Lui è come l'erba cattiva che hai voglia di strappare via ma che almeno non lascia nuda la terra. È l'erba cattiva che, se anche la strappi via, ricresce perché è nella sua natura.
E Natasha non riesce a smettere di starsene lì a guardarlo. Crede, forse si illude, che provando a osservarlo riuscirà a comprenderlo meglio e forse a trovare un po' di luce oltre quella spessa cortina di gelo e ombra.
In realtà non è di sua competenza nemmeno sprecare tempo a trovare qualcosa di buono nei nemici e nei criminali. Ma Loki è innegabilmente un caso a sé stante.
Sente un breve fruscio nell'auricolare e poi la voce di Clint.
«Ci crederesti, Nat? Me la sono persa» borbotta il suo collega, amareggiato. «Ho perso Nadia, è uscita e non so dove sia scappata».
Anche Loki sente la conversazione, alza la testa e resta in ascolto. Non sembra né preoccupato, né interessato, sembra solo uno che non ha di meglio da fare.
«Eri distrutto Clint, venivi da una notte in bianco e, ancora prima, da una serata incasinata» dice lei, in tono comprensivo. «E lei era parecchio sconvolta, sotto l'effetto dell'adrenalina, avrà avuto le ali ai piedi»
«Il figlio di puttana non ha tirato le cuoia?» domanda Barton.
Loki inarca appena un sopracciglio,
«Mi dispiace deluderti» replica, alzando la voce per farsi sentire.
«Clint, chiama Stark, chiedigli se Nadia è tornata a casa» suggerisce Natasha prima di chiudere la comunicazione. «Fammi sapere qualcosa appena puoi».
Il dio si mette seduto, appoggiando la schiena contro il cuscino, e fissa un punto indistinto con aria pensosa.
«Perché ho la sensazione che tu l'abbia fatto di proposito?» borbotta Natasha.
«Perché è comodo dare la colpa a quelli come me» risponde lui senza scomporsi.
«Vorresti farmi credere che non hai sentito l'energia della pietra crescere?»
«Non sono al meglio delle mie facoltà. Non lo hai notato, per caso?».
Natasha strabuzza gli occhi e si promette che, qualsiasi cosa lui dica o faccia, non le farà saltare i nervi come la sera prima, non le farà saltare i nervi mai più o la prossima volta sarà l'ultima malefatta del dio degli inganni, accidenti a lui.
«Era terrorizzata, la nostra giovane amica» osserva Loki, ma senza alcun sarcasmo e senza nessuna apparente intenzione di essere provocatorio. «Non capisco la paura di fare del male ad altri, non la capisco».
Natasha aggrotta le sopracciglia,
«Nemmeno io» ammette.
«Forse io e te siamo senz'anima»
«Togli pure il forse...».
Si sta facendo psicoanalizzare da un dio pazzo. La nottataccia non ha fatto bene nemmeno a lei, è evidente.
Dopo qualche minuto, Clint la chiama di nuovo per dirle che hanno rintracciato Nadia, si trova nella sede delle Stark Industries ed è insieme al ragazzo con cui esce.
«Sta bene» dice la donna, rivolta a Loki che è tornato a fissare il nulla, assorto nei suoi pensieri.
«Certo, non avevo dubbi al riguardo. Cosa pensavate, che si sarebbe gettata sotto a un'auto in corsa?» replica lui, acido. «Fossi in lei, mi sentirei umiliato dal modo in cui la sottovalutate»
«Le vogliamo bene. Compresi noi due agenti senz'anima». Natasha si rende conto di quanto stupida e scontata debba apparire quella risposta, ma è la più ovvia perché è la più vera.
«E lei ne vuole a voi... come si dice? Nessuno è perfetto».
Bruce Banner aveva ragione, la permanenza di Loki sul pianeta dei Chitauri non ha fatto che peggiorarlo.











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Note:

Bene, Natasha mancava all'appello dei POV.

Quando la smetterò di inventare prodotti magici asgardiani manco venissi da Hogwarts non sarà mai troppo tardi! (che poi il nome “fuoco dell'oblio” fa molto fantasy di quarta categoria... ma meglio questo che inventarmi nomi in dialetto asgardiano XD).
Comunque... non fatevi prendere dal panico, quella di Babbo Orbo era solo un'idea (per adesso). E, si sa, le idee di Babbo Orbo generalmente trasudano genialità come resina da una scatola di plastica... tipo “ma sì, dai, adottiamo il piccolo Jotunh che non si sa mai che un domani torni utile”.
Però, per quanto mi stia antipatico, a me piace l'idea che il vecchio bacucco cerchi un escamotage per salvare Loki, non mi piace immaginare Odino come il giudice che condanna il figlio (o ex-figlio, che dir si voglia) senza provare a fare niente, anche a costo di “giocare sporco”.

«Raccontami cosa ti è accaduto sulla Terra che ti ha reso così fragile. Non sarà stata quella donna? Oh, è così. Allora. Magari, quando avremo finito qui andrò a farle visita di persona» è presa pari pari dal film Thor, dalla scena finale in cui lui e Loki cominciano ad azzuffarsi sotto la cupola del Bifrost.

Questo capitolo (specie la parte iniziale) mi sento in dovere di dedicarlo alla mi amica Cristina lei-capirà-il-perché. XD

Per curiosità in generale o domande sulla fanfiction, la vita, l'universo e tutto quanto: HERE

A venerdì prossimo ^^

   
 
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