Le notti di Gerico

di Jericho XVIII
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Le notti di Gerico

o “la morte e lo stalliere”


Ad Attila


 

Notte 3

 

Sentivo ancora le sue braccia sfregare contro le mie, e quel respiro regolare contro il mio collo.

La notte era scura, fatta di ombre tremolanti e luci soffuse, i rumori soltanto un borbottio che faceva vibrare il legno. Esattamente come tutti le notti a Gerico. Esattamente come la notte prima. Ma stavolta la domanda era stata una sola.

 

« Perché non so mai cosa ti passa per la testa? »

Un sibilo gettato dall'alto, una freccia lanciata da quelle labbra carn  ose, nient'altro che un profondo sussurro nel silenzio più assoluto. Il muro di terra contro la seta della mia tunica, le spalle premute su uno di quei grumi di roccia che i bambini della città usavano come appigli per arrampicarsi. Il prurito.

Avevo pensato: volevo soltanto morire.

Un sospiro.

La luce.

Lui non c'era più.

Quant'era facile dimenticarsi che non tutti parlano col pensiero.
 


 

 




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