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Scendemmo
dall’autobus e attraversammo la strada, tirai fuori le chiavi di
casa più in fretta che potevo e entrammo nel piccolo
appartamento. Una volta dentro, tolsi il cappotto rosso e bianco che
mia madre mi aveva regalato l’anno scorso e feci accomodare lo
sconosciuto nel divano. Dovevo essere completamente impazzita, stavo
dando completa fiducia a un ragazzo (un bellissimo ragazzo) che
conoscevo da poco più di un ora.
Accesi il riscaldamento e mi avvicinai in cucina a preparare qualcosa di caldo.
-Posso offrirti una tazza di cioccolata calda?- chiesi mentre accendevo i fornelli.
-No
senti, posso offrirti io una bottiglia di liquore? L’avevo
comprata per festeggiare da solo, ma vista l’occasione..
-Se la metti così, va bene. Cerco due bicchieri.
Spensi il fuoco e tirai fuori dalla credenza i bicchieri più belli che avevo, poi mi avvicinai al divano.
Il
ragazzo sedeva in modo composto, svitando il tappo della bottiglia.
Sporsi i due bicchieri verso di lui, e lo guardai mentre faceva
scivolare un po’ di liquido ambrato nelle due coppe.
-Abbiamo bisogno di ghiaccio?
-Non
credo- rispose fissandomi negli occhi e accennando un sorriso. Rimasi
come ipnotizzata dalle sue iridi finchè non fece tintinnare il
suo calice contro il mio e mi risvegliai come da un dormiveglia.
-Io..ecco..non ci siamo presentati!-dissi poi.
-Oh già, è vero. Il mio nome è Jeremy Gilbert, piacere.
Tese la mano verso di me.
-Aria Montgomery, piacere mio.
Strinsi la mano e continuai a fissarlo negli occhi. Quello sguardo aveva qualcosa che mi piaceva.
Dopo
un po’ di imbarazzo iniziale, rompemmo il ghiaccio e passammo una
serata rilassante, parlando di noi e delle nostre famiglie. Scoprii che
aveva una sorella di nome Elena , più grande di lui, mi
raccontò del suo passato burrascoso e del problema con le droghe.
-La
cosa più triste, Aria, è che mi trattavo in questo modo
per colpa di una ragazza. Si chiamava Vicky e ne ero innamorato
perdutamente, ma lei non mi considerava se non per le pasticche.
Così imparai a non rimanerne mai sprovvisto, pur di fare da
corriere a lei.
Strinse
il bicchiere vuoto con forza, poi lo poggiò al pavimento con un
movimento lento. Lo capivo, perché anche io avevo sprecato tempo
dietro un uomo che non mi meritava.
-Ti
capisco Jeremy. Io ho sprecato i migliori anni della mia adolescenza a
fare da cagnolino a un uomo che aveva trent’anni. Per poi
rendermi conto che mi tradiva con una della sua età.- risi
amaramente e riempii nuovamente il bicchiere. Passai la bottiglia a
Jeremy, che mi imitò.
-Allora
a noi due Aria- disse sollevando il bicchiere verso l’alto
–e a tutte le persone che ci hanno fatto soffrire.
Alzai il calice e bevvi tutto d’un fiato. Mi scappò una risata.
-Perché ridi?
-Non lo so. Ma era da molto che non lo facevo.
Più tardi, quando mezzanotte era ormai passata da un pezzo, il campanello suonò.
-Scusa.
Mi
alzai e andai verso la porta. Aprii e trovai Hanna con Caleb e Mona
sorridenti, con un pacco e delle bottiglie fra le mani. Hanna mi
spiegò che era riuscita a scappare dalle grinfie di sua madre e
immaginava di trovarmi a casa, così era passata per salutarmi e
per non lasciarmi sola la notte di Natale. Mi abbracciò e
così fece Caleb, mentre Mona mi porse un pacchetto e
stringendosi nelle spalle fece un sorriso falso. Non la sopportavo.
Li
invitai a entrare anche se controvoglia, volevo tenere l’ospite
tutto per me e sapevo che i miei amici mi avrebbero fatto domande
inopportune su quel ragazzo.
Come
immaginavo, non appena lo presentai, Hanna spalancò gli occhi e
con una scusa mi portò con lei in cucina.
-Vi state frequentando?
-Hanna, ti prego non cominciare- sbuffai.
-No ma lo chiedevo perché insomma , è carino! credo che tu abbia fatto centro.
Mi diede una gomitata complice facendomi l’occhiolino e si dileguò .
Rimasta sola in cucina, cercai altri bicchieri per un secondo brindisi quando qualcuno mi toccò una spalla.
Era Jeremy.
-Scusa
Aria, ma senza di te là in mezzo mi sento in imbarazzo..
c’è la mora che non mi stacca gli occhi di dosso, mi fa
paura.
Li
sorrisi, rientrai nel salotto e lo portai con me. La serata
passò senza problemi, fino a quando ci accorgemmo che una
tormenta di neve aveva bloccato le porte. Hanna e Caleb riuscirono a
creare un varco per affacciarsi in strada, e si annunciarono che
l’unico modo per tornare a casa era prendere un taxi.
-Ragazzi
noi torniamo a casa, ci sentiamo. Mona, vieni con noi? Mi ha fatto
piacere conoscerti Jeremy.. Jeremy rispose al saluto educato e composto
come sempre. Mona cercò di tirare fuori qualche scusa, ma Hanna
voleva portarla via
-Avanti Mona, dobbiamo andare!
-Hanna,
mia madre è fuori città e io non me la sento di dormire
sola. E non voglio approfittare della tua ospitalità ancora una
volta, dato che domani è l’anniversario di te e Caleb e
immagino che non mi lascerete dormire se accettassi di venire a casa
con voi.
Caleb non nascose un sorriso malizioso e Hanna si finse imbarazzata.
-Mona, non dovresti..
-E
invece si che dovrei, è la verità! L’ultima volta
ho dovuto usare l’Ipod per cercare di chiudere occhio.
Caleb
si intromise:- Qualcuno è geloso, non è vero Mona? In
ogni caso, se Aria non ha posto, non capisco dove vuoi dormire. In
strada?
Gli occhi di Mona si ridussero a due fessure, poi si fecero imploranti.
-Ti prego Aria, posso stare qui? Fra qualche ora me ne vado via, te lo giuro! Non farmi stare con questi due conigli!
Mi
aveva incastrata. Non potevo certo dirle che non avevo posto, dato che
anche Jeremy avrebbe dormito nel divano, impossibilitato a tornare a
casa.
-D’accordo Mona. Ma domani mattina devi andare via, chiaro?
Mi buttò le braccia al collo. Smorfiosa.
-Ti assicuro che farò da brava- disse poi lasciandomi un po’ interdetta dal tono che aveva usato. Era..sensuale?!
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