Phantoms in falling snow
Titolo: [ Special ] Phantoms
in falling snow
Autore: My
Pride
Fandom: One
Piece
Tipologia: One-shot
[ 6513 parole fiumidiparole ]
Personaggi: Mugiwara,
Roronoa
Zoro, Black-Leg
Sanji
Genere: Generale,
Avventura, Sentimentale, Fluff?
Rating: Verde
/ Giallo
Avvertimenti: Shounen
ai, Linguaggio a tratti
un po’ colorito, Assurdità sparse, Slice of Life,
What if?
Torneo Hunger Games: Vischio
Notte Bianca VII:
Nevicata improvvisa nel momento meno opportuno @ mapi_littleowl
Categoria di prompts: Condizioni
di tempo atmosferico ›
Neve
The season challenge: Inverno
› Vischio
ONE
PIECE ©
1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.
Non era la
prima volta che Sanji vedeva la neve, ma
fino a quel momento non aveva mai visto una città
completamente agghindata.
Rosso e oro spiccavano come tante luci in mezzo a quel bianco
abbagliante, e,
pur essendo solo vagamente a conoscenza del perché in tutta
la zona si sentisse
una così allegra aria di festa, quella era una cosa quanto
meno apprezzata.
Da mesi, ormai, le loro giornate erano
divenute un
susseguirsi di eventi imprevisti e disastrose fughe da marines fin
troppo
zelanti, quindi quell’atmosfera tranquilla e per niente
bellicosa non poteva
che fare bene all’animo di tutti loro. Per quanto il Capitano
stesse
protestando da una buona manciata di minuti che aveva fame, ovviamente. Una
vera e propria
esasperazione. Però, e Sanji doveva ammetterlo, tutto
sommato anche i suoi
lamenti passavano in secondo piano, se messi a confronto con lo
spettacolo che
avevano dinanzi. Ovunque si guardasse, sulle case, fra le cime degli
alberi e
persino al di sopra delle lettere dorate che componevano il nome della
città,
palline colorate e festoni abbellivano ogni angolo e rendevano quel
paesaggio
quasi magico, difficile dire se fosse a causa del Natale -
così l’aveva
chiamato l’uomo al quale avevano chiesto indicazioni, almeno
- o del dolce
profumo di panettoni appena fatti e delle canzoni allegre che
sembravano
risuonare in ogni dove. Proprio un posticino niente male per
rifocillarsi,
tutto sommato. Sempre lamenti del Capitano a parte.
«Rufy», lo riprese
Nami tutto d’un tratto, più
paziente di quanto gli altri credessero. «Se apri nuovamente
bocca, giuro che
ti lego un blocco di cemento al collo e ti getto a mare.
Intesi?» Beh, come non
detto. Non era paziente per niente e l’aveva appena
dimostrato.
«La smetto solo se andiamo a
mangiare», si impuntò
Cappello di paglia, e la navigatrice, dopo aver tratto un lungo
sospiro,
sollevò lo sguardo al cielo. Cosa aveva fatto di male per
meritarsi un Capitano
del genere?
«D’accordo, ma guai
a te se mi fai spendere troppo», lo mise in guardia,
girandosi poi per indicare
ad uno ad uno il resto della combriccola. «E questo vale
anche per voi. Non mi
va di finire sul lastrico solo per riempire il vostro stomaco in
chissà quale
bettola, mi sono spiegata?»
Un annuire collettivo e terrorizzato -
tranne da
parte di Sanji, il quale aveva immediatamente dimenticato il paesaggio
per
lodare come un idiota la sua bella compagna di ciurma - la fece
sorridere,
tanto che fu lei stessa ad incamminarsi per prima, con in viso la
stessa
espressione soddisfatta di un gatto che si era appena mangiato un topo.
«Benissimo. Dopo mangiato
andremo a fare
rifornimento per la nave, così potremmo goderci i restanti
tre giorni che
serviranno al Log Pose per registrare il magnetismo
dell’isola».
«Non dovremmo chiamare anche
kenshi-san, allora?» la
buttò lì Robin, gettando una rapida occhiata
verso il promontorio dietro cui
avevano nascosto la Sunny. In fin dei conti erano pirati, quindi
avevano
preferito non ancorarsi vicino al porto, per quanto quella cittadina
non
apparisse per niente ostile. Sembravano tutti concentrati a
festeggiare,
piuttosto che preoccuparsi dell’arrivo di possibili
imprevisti.
«Qualcuno deve pur restare di
guardia. Lo chiameremo
più tardi».
«Zoro ha detto che preferisce
restare a bordo.
Quando sono sceso si stava allenando», si intromise Chopper,
sorridendo nel
sentire la neve sotto le zampe. Non aveva smesso di farlo da quando
erano
arrivati, e di questo Usopp se ne accorse, tanto che gli diede
un’amichevole
pacca su una spalla.
«Ti ricorda casa,
eh?»
Il medico annuì
energicamente, più pimpante che mai.
Quello era stato un regalo di compleanno magnifico, per lui. Pur
avendolo
ricevuto con un giorno di ritardo. «Era da tanto che non
vedevo tutta questa
neve! Chissà come stanno Doctorine e tutti gli
altri!»
«Vedrai che stanno alla
grande! Soprattutto la
vecchia, arzilla com’è!»
«Su questo sono
d’accordo con Usopp», ridacchiò
Nami, stringendosi nella felpa e sistemandosi al contempo la sciarpa
intorno al
collo per proteggersi dal venticello gelido. «Quello scemo di
Zoro è
instancabile, comunque. Come farà ad allenarsi mezzo nudo
con questo freddo è
un mistero».
«Semplicemente
perché è
idiota, Nami-san», le disse Sanji in tono
sarcastico, e la
navigatrice si ritrovò a sbuffare ilare, dovendo in qualche
modo convenire con
lui. In fondo non aveva tutti i torti, e forse gliel’avrebbe
anche detto se
Sanji, scavando nelle tasche del giaccone e in quelle del pantalone,
non avesse
imprecato a denti stretti, facendole sollevare un sopracciglio.
«Ah, merda. Ho
dimenticato le sigarette».
Usopp gli scoccò
un’occhiata, scrollando le spalle.
«Puoi sempre comprare un pacco qui, no?» gli
suggerì, ma Sanji storse il naso,
come se la cosa non gli andasse per niente a genio.
«Scherzi? Con quello che
costano? E poi non vedo
l’ombra di una tabaccheria, quindi preferisco andare sul
sicuro e prenderne un
paio sulla Sunny».
«Di’ piuttosto che
vai a dare una controllata a
Zoro, fratello», sghignazzò Franky, rimasto in
silenzio fino a quel momento per
concentrarsi solo sul paesaggio, e probabilmente sarebbe stato meglio
se avesse
continuato a farlo, visto lo sguardo infuocato che gli venne lanciato
dal
cuoco.
«Franky, posso sempre trovare
il modo di cucinarti
in salmì. Cyborg o meno», sbottò
quest’ultimo al suo indirizzo, dando le spalle
a tutti loro e alle risatine divertite che parvero perseguitarlo
persino giù
per il sentiero che portava al promontorio. Dannazione, era
così prevedibile?
Sperava vivamente
che quello scemo
d’un carpentiere l’avesse detto solo per scherzo e
non perché lo pensava
davvero, poiché in tal caso prima avrebbe preso a calci lui
e poi quell’altro
idiota di Zoro, e senza nemmeno spiegargli il perché. Tanto
un motivo per
pestarlo l’avrebbe trovato comunque, alla fine.
A quei suoi stessi pensieri, Sanji si
ficcò entrambe
le mani nelle tasche per proteggerle dal freddo e allungò il
passo, desideroso
di raggiungere in fretta la Sunny. E non perché aveva
davvero intenzione di
controllare Zoro - insomma, che diavolo poteva importargliene? -, ma
semplicemente perché era in astinenza da nicotina e si stava
gelando il culo. Tutto
qui. Però si maledisse comunque
quando la prima cosa che fece una volta raggiunto il brigantino fu
quella di
cercare lo spadaccino con lo sguardo, scuotendo il capo per dare
priorità alle
sigarette. Prima loro e poi il marimo, non c’era storia.
Si sentì soddisfatto solo
quando, una volta
spalancata in fretta e furia la porta della camerata maschile e aver
frugato un
po’ dappertutto, trovò uno dei suoi preziosi
pacchetti e ne tirò fuori una
stecca, uscendo nuovamente sul ponte per fumarsela in santa pace. Se
l’era da
poco portata alle labbra e l’aveva accesa, però,
quando si rese conto che c’era
qualcosa che non quadrava, sulla Sunny. E non appena si accorse che
quel
qualcosa era uno strano silenzio, sollevò un sopracciglio,
accigliato. Non
sentiva il classico rumore metallico che producevano i pesi abnormi
dello
spadaccino quando venivano sollevati né tantomeno il suo
sonoro russare, e la
cosa lo stranì. Non era di guardia?
«Zoro?» lo chiamò, cercandolo dapprima
in
cucina e poi su in palestra, tornando dabbasso per controllare i
restanti
locali e persino il magazzino, più la sala motori ricolma di
barili di cola. Ma che
diavolo...?
«Ohi, marimo, se questo
è uno scherzo è davvero di
pessimo gusto», rimbrottò al vuoto,
giacché dello spadaccino non c’era nemmeno
l’ombra. Forse avrebbe dovuto informare gli altri? Per dire
loro cosa, poi? Che
Zoro era scomparso? Certo, come no. Conoscendolo si era semplicemente
ritrovato
a scendere e adesso si era perso chissà dove. Che idiota.
«Guarda che io me ne
vado, eh», lo mise in guardia, forse nel tentativo di
spronarlo ad uscire, se
era ancora lì. In fin dei conti erano soli e non avevano
avuto un attimo libero
per loro stessi né prima né dopo tutto il casino
successo a Water Seven ad
Enies Lobby, quindi avrebbero pur sempre potuto approfittarne... no? E
allora
dove diavolo era quell’idiota?
Sanji aggrottò la fronte,
mordendo furentemente il
filtro della sigaretta. «D’accordo, spadaccino di
merda. Ci si vede. Ma poi non
osare lamentarti che non si scopa», sbottò,
traendo una bella boccata di fumo
prima di dirigersi verso il parapetto e afferrare la scaletta per
scendere. Che
si fottesse, quel cretino. Lui se ne sarebbe tornato dalle sue muse e
avrebbe
passato i restanti tre giorni in loro compagnia, riscaldandole quando
avrebbero
tremato dal freddo e stringendole contro il proprio petto per tutta la
durata
della festa cittadina, godendo della loro vicinanza e, soprattutto, di
quella dei loro corpi prosperosi.
A quella costatazione interiore, il
cuoco ridacchiò e si
tamponò il naso sanguinante contro la manica del giubbotto,
immerso in quella
che nella sua testa era ormai divenuta una visione oltremodo
paradisiaca. E fu
specialmente quello il motivo del suo ritardo, per quanto si fosse
ritrovato a
chiedere a qualunque passante se avesse visto una splendida donna dai
lunghi
capelli neri e una favolosa rossa tutto pepe - e, nay, non era stato
un caso se aveva volutamente ignorato gli uomini
che avrebbero dovuto essere con loro - girovagare per le stradine
decorate a
festa. Si era poi diretto all’ostello Angeli
nella neve - qual posto migliore per ospitare le sue
preziosissime muse,
due angeli che ogni sacrosanto giorno avevano la pazienza di sopportare
una
ciurma di buzzurri? - seguendo le indicazioni che un gentile vecchietto
gli
aveva dato, e aveva letteralmente rischiato di scardinare la porta,
entrando
tutto impettito. Lo spettacolo che lo aveva colto l’aveva
lasciato sbalordito,
poiché ovunque guardasse c’erano abeti dai rami
ricolmi di palline e festoni
sulle cui punte troneggiavano angeli di ceramica dai vestiti di seta,
renne di
cartone fedelmente riprodotte appese ai muri e tavolate imbandite dai
piatti
più incredibili che avesse mai visto, dal semplice tacchino
con contorno di
patate lesse e carote a vere e proprie opere d’arte ricavate
con la carne e la
cresta di qualche Sea King. C’era persino del pungitopo su
due camini, a loro
volta agghindati con coccarde blu e argento e lucette colorate che si
accendevano ad intermittenza, donando un senso di beatitudine e calore
al pari
del fuoco scoppiettante nel camino incassato nel muro in fondo alla
sala.
Colpito, aveva perso una buona manciata
di minuti ad
osservare a destra e a manca ogni particolare prima di ricordarsi
perché si
trovasse lì, e nel guardarsi intorno non ci mise molto a
localizzare le due
ragazze, nonostante quel posto fosse gremito di gente che gironzolava o
se ne
stava semplicemente seduta ai tavoli e su rosse poltrone di velluto.
«Nami-swan!
Robin-chwan! Il vostro cavaliere è
tornato!» cinguettò, sovrastando il
chiacchiericcio delizioso che albergava lì dentro; quasi
danzando, il cuoco
piroettò letteralmente nella loro direzione prima di
prostrarsi davanti ai loro
piedi su un ginocchio, con una mano teatralmente poggiata
all’altezza del
cuore. «Vi sono mancato, mie dolci muse?»
Le ragazze ridacchiarono, ma fu Robin ad
indicargli
il posto vuoto accanto al suo. «Siediti e mangia anche tu
finché sei in tempo,
cook-san. Rufy-san, Usopp e Chopper sono andati a prendere dei dolci,
ma
conoscendo il Capitano vorrà mangiarsi anche quel poco che
sono riuscita a
metterti da parte».
Nel sentirla, il cuoco andò
letteralmente in
visibilio, e ci mancò poco che scoppiasse in un pianto
gioioso. «Oh,
Robin-chan! Ti sei preoccupata per me? Sono così
felic-» venne interrotto dalla
grossa mano di Franky che gli tappò la bocca e lo
tirò all’indietro fino a
farlo sedere malamente lui stesso, avendolo visto in procinto di
gettarsi a
peso morto fra le braccia dell’archeologa, la quale fu
abbastanza svelta a
nascondere una risata.
«Ohi, che accidenti
fai?!»
«Mangia e basta,
fratello».
«Cos’è,
in mancanza del marimo sei tu a interrompere
le mie dichiarazioni d’amore?» sbottò
Sanji, ma a quel suo stesso dire si zittì
un attimo, volgendo poi la propria completa attenzione sulla
navigatrice. «A
proposito del marimo, Nami-san, non era sulla Sunny»,
soggiunse, e la
cartografa si accigliò.
«Cosa? Non si stava allenando,
quello scemo?»
«Lo credevo anch’io,
ma a quanto pare mi sbagliavo».
Robin ridacchiò, sorseggiando
distrattamente il the
verde che aveva ordinato. «Probabilmente kenshi-san
avrà cambiato idea. Mentre
aspettavamo ho chiacchierato un po’ con il cameriere, e pare
che per un’intera
settimana non si farà altro che bere e festeggiare tutti
insieme questa
ricorrenza che loro chiamano Natale.
Magari kenshi-san avrà sentito a sua volta questa voce e
avrà deciso di unirsi
ai festeggiamenti». Sollevò lo sguardo sui propri
compagni, sorridendo
amabilmente nel vedere le loro espressioni stranite.
«Dopotutto sappiamo bene
quanto lui adori bere, no?»
«In effetti hai
ragione», convenne Nami,
sorreggendosi il viso sul palmo della mano con aria scocciata.
«Però mi chiedo
dove sia finito, adesso. Il suo senso dell’orientamento non
è dei migliori...
anzi, direi che non esiste affatto».
«Nami-san, Robin-chan, non
pensiamo a quello stupido
marimo, adesso. Divertiamoci, tanto prima o poi salterà
fuori come al solito».
A quel dire Franky batté una
mano sul tavolo,
divertito. «Sono d’accordo con Mr. Sopracciglio.
Non è di certo la prima volta
che succede. Domani penseremo anche ai rifornimenti», disse,
e Sanji,
rivolgendogli un sorriso, afferrò il proprio boccale e lo
sollevò verso l’alto.
«Brindiamo a qualche giorno di
tranquillità,
allora!» esclamò allegramente, e per quanto il suo
grido si fosse perso nella
miriade di voci che riempivano l’ostello, i suoi amici lo
imitarono e bevvero
tutti insieme, sentendosi contagiati dall’aria festiva che
aleggiava intorno a
loro.
Erano persino stati accolti dagli
abitanti come se
avessero sempre vissuto in città, difficile dire se fosse a
causa di quella
loro insolita ricorrenza o se fossero semplicemente ospitali con tutti,
cosa
che all’inizio li aveva portati a diffidare dallo gettarsi
nella mischia.
Avevano già avuto la loro brutta esperienza a Whisky Peek
senza doverla
ripetere una seconda volta. Tutto sommato, però, la gente
del posto appariva
socievole e i bambini avevano subito fatto amicizia con Rufy, giocando
con la
sua pelle elastica e gridando divertiti ogni qual volta lui allungava
il viso
per far loro le boccacce; Chopper aveva persino accettato di portarne
in groppa
qualcuno, scarrozzandoli di qua e di là per
l’ostello nella sua forma di renna
- alcuni bambini gli avevano persino chiesto se il suo nome fosse
Rudolf,
lasciandolo momentaneamente spiazzato -, mentre Usopp... beh, Usopp non
la
smetteva di raccontar loro le sue solite frottole, ma per una volta
nessuno
l’aveva richiamato all’ordine. Sembrava difatti che
tutti si stessero
divertendo, dunque farlo sarebbe stato un vero e proprio peccato.
Pur essendoci quell’atmosfera
gioiosa, però, Sanji
si era sentito poco partecipe. Och, aveva fatto la corte a tutte le
donne
presenti e si era persino guadagnato un bacio su una guancia - da una
vecchietta che l’aveva trovato simpatico, ma era pur sempre
una donna, no?!
-, tuttavia in qualche modo aveva
sentito anche la mancanza delle solite scaramucce che vedevano sempre
uniti lui
e lo spadaccino. Forse sarebbe dovuto uscire e andare a cercarlo? Senza
nemmeno
starci a riflettere su oltre o a pensare di avvertire qualcuno, il
cuoco
recuperò il giaccone che aveva abbandonato dietro allo
schienale della sedia e
se lo infilò mentre si avviava verso l’ingresso,
ignorando l’occhiata che gli
venne lanciata dal padrone dell’ostello, seduto su una
poltrona con un giornale
fra le mani.
«Dove vai, ragazzo?»
gli fu chiesto proprio da
quest’ultimo, con in viso un’espressione tra
l’incuriosito e il preoccupato.
«Non è consigliabile uscire quando cala il
tramonto, specialmente in questo
periodo dell’anno».
Sollevando un sopracciglio, Sanji si
fermò con una
mano sul pomello della porta solo per osservarlo meglio. Dalla
targhetta sul
petto poteva leggere il nome Duth, ma non aveva idea se fosse davvero
il suo e
nemmeno gli interessava. «E perché?»
«Tempeste di neve, temperatura
sotto lo zero... a
volte valanghe», lo informò, tornando con lo
sguardo sulla pagina del giornale
prima di accavallare le gambe. «Alcuni abitanti affermano
addirittura che fra
la neve si aggirino dei fantasmi, ma abito qui da più di
vent’anni e non ne ho
mai visti».
«Magari è
perché se ne sta rintanato qui dentro, lei
che dice?» ironizzò, e l’uomo, dopo un
attimo di silenzio - rotto solo dagli
schiamazzi della festa ormai in fermento -, si lasciò
sfuggire una grossa
risata.
«Vero anche questo,
giovanotto. Ma se hai davvero
così tanta fretta di uscire, fa’ pure. Io non ti
fermo di certo».
«Tanto non mi sarei fatto
fermare comunque», precisò
Sanji, chiudendo lì la conversazione per uscire; fuori, il
vento gelido lo
colpì come uno schiaffo in pieno viso e lo costrinse a
socchiudere le palpebre
e a nascondersi il volto con il colletto del giaccone, per quanto fosse
del
tutto vano tentare di riscaldarsi in quel modo. Faceva un freddo cane e
per le
strade innevate non c’era anima viva, tanto che tutti gli
addobbi che venivano
smossi dalle folate, le palline di plastica che cozzavano
l’una contro l’altra
e i cigolii delle insegne facevano apparire quel posto bizzarramente
desolato,
molto diverso da quando l’aveva visto non appena sbarcati.
«Sanji?» La voce di
Chopper alle sue spalle lo fece
trasalire, e poco ci mancò che facesse un salto per lo
spavento, voltandosi
immediatamente verso di lui. Aveva riacquistato la sua forma normale e
lo
guardava con il naso all’insù, il cappello
malmesso sulla testa e il capo
inclinato un po’ verso una spalla, quasi fosse incuriosito.
«Che cosa ci fai qua
fuori? Fa freddo».
Grattandosi dietro al collo, il cuoco
cercò una
buona scusa a cui appigliarsi, ma non trovandola si limitò a
stringersi nelle
spalle. «Io... ho una cosa urgente da fare»,
asserì semplicemente. «Puoi dire
tu a Nami-san che tornerò il prima possibile?»
«C’entra la
scomparsa di Zoro?» domandò il dottore,
aggiungendo subito un: «Me l’ha detto
Franky» per giustificarsi non appena si
accorse dell’espressione incredula del compagno, che si
ritrovò a sospirare.
Diavolo, quello scemo di Franky avrebbe fatto una brutta fine prima
dell’alba,
ne era certo. Altro che “A
Natale si è
tutti più buoni” come recitava il
cartello verde e oro appeso fuori
dall’ostello.
«Okay, c’entra il
marimo», si arrese all’evidenza,
ponendo immediatamente un dito dinanzi a Chopper, giacché
l’aveva visto pronto
a ribattere. «Ma solo
perché non
possiamo perdere tempo dietro alle sue scomparse, visto che abbiamo a
malapena
tre giorni. Quindi prima lo troviamo, meglio è».
«Allora ti
accompagno».
«Non ce
n’è bisogno, Chopper».
«Ma io posso sentire il suo
odore».
Sanji fece per aggiungere qualcosa,
però il dottore
non aveva tutti i torti. Essendo una renna aveva sicuramente un fiuto
molto più
sviluppato del suo, dunque perché non tentare? Avrebbero
anche fatto più in
fretta e sarebbero tornati a scaldarsi e a godersi il resto della
serata,
festeggiando la ricorrenza paesana. «Diamoci una mossa,
Chopper», gli disse con
semplicità, dandogli le spalle per incamminarsi per primo;
il cuoco non poté
vederlo in viso, ma l’esclamazione entusiasta che il medico
si lasciò sfuggire
gli diede l’agio di supporre che stesse anche sorridendo, e
si ritrovò a
sbuffare ilare, probabilmente divertito da quella bislacca
spensieratezza. E
come dargli torto, in fondo? Aveva sentito a sua volta quel discorso
con Usopp,
dunque era normale che il dottore si sentisse molto più a
suo agio di lui in
mezzo a tutta quella neve.
Lasciò che Chopper lo
superasse, e, una volta
trasformatosi, lo vide annusare dapprima il terreno e poi
l’aria, con naso e
muso frementi nel tentativo di separare l’odore di Zoro da
tutti quelli che li
circondavano; con un cenno del capo, poi, Chopper lo spronò
a discendere la
stradina lastricata della città per addentrarsi nel bosco,
lasciandolo
accigliato. Dove accidenti era andato a cacciarsi quel marimo sperduto?
Il
cuoco imprecò a denti stretti, affrettando il passo il
più possibile per non
perdere di vista Chopper, prendendosi giusto un attimo per lanciare
un’occhiata
alle case desolate che si lasciava alle spalle. Davvero poco natalizio, avrebbe
detto il sindaco del
posto.
A quel pensiero scosse il capo,
chinandosi a mezzo
busto per poter passare attraverso un intreccio di rami e foglie ormai
bruciate
dal freddo, ritrovandosi nella boscaglia; avanzarono fra la neve con
lentezza,
poiché ad ogni passo gli stivali di Sanji affondavano sempre
più in quella
coltre bianca che ricopriva completamente il terreno - avrebbe giurato
che si
fosse accumulata di quindici centimetri buoni, visto che gli arrivava
alle
caviglie - e lo costringevano a tirarli continuamente fuori, in modo da
poter
riprendere in fretta il cammino; Chopper aveva assicurato che sentiva
vagamente
l’odore di Zoro, e, per quanto non fosse a sua volta sicuro
della distanza che
li separava dal loro compagno, era certo che quella fosse decisamente
la
direzione giusta.
D’un tratto Chopper si
fermò, annusando
insistentemente il terreno. «È passato da questa
parte».
«Sei sicuro?»
Chopper annuì. «Non
ci sono dubbi. Riconoscerei
quest’odore di metallo fra mille».
«Cerchiamo di trovarlo in
fretta, allora», borbottò
il cuoco, stringendosi nel giaccone e guardandosi intorno.
«In questo momento
preferirei essere dentro a festeggiare, piuttosto che qui fuori a
cercare un
idiota come lui».
Il medico ridacchiò e, con un
cenno del muso, lo
invitò ad affiancarsi a lui, riprendendo quella traversata
nella neve. Ad ogni
passo le sue zampe lasciavano solchi profondi e netti, e forse
avrebbero anche
potuto utilizzare quelle come punto di orientamento nel caso in cui si
fossero
persi. Il tempo, però, parve essere malevolo con entrambi,
poiché grossi
fiocchi di neve cominciarono a cadere dal cielo, completando
l'imbiancamento
delle cime degli alberi e innevando loro stessi.
Con uno sbuffo, Sanji si
scrollò inutilmente un buon
quantitativo di neve accumulatasi su testa e spalle, e per la
distrazione quasi
rischiò di sbattere la faccia contro il ramo basso di un
albero, scansandolo
appena in tempo con una piccola imprecazione; alzando lo sguardo si
accigliò,
rendendosi finalmente conto di essere rimasto solo.
«Chopper?» lo chiamò,
assottigliando le palpebre nel tentativo di scorgere qualche movimento
oltre il
folto del bosco, del tutto immerso nella
neve. Del dottore, però, non c’era nemmeno
l’ombra.
Sanji sospirò,
scompigliandosi i capelli con una
mano. Oh. Perfetto. Non solo il marimo, adesso anche Chopper. Beh, lui,
almeno,
aveva il vantaggio di poter sentire gli odori, quindi avrebbe potuto
ritrovare
entrambi molto più facilmente di quanto non avrebbero potuto
fare loro. L’unica
cosa da fare in quel momento era tentare di trovare Zoro, per quanto
gli
sembrasse un’impresa a dir poco titanica. Sarebbe stato
più facile trovare l’All
Blue, probabilmente, e la sua forse non era nemmeno ironia.
Nel pensarlo si lasciò
sfuggire uno sbuffo divertito
e riprese ad avanzare lentamente nella neve, senza perdere di vista la
boscaglia intorno a lui. Era attento a qualunque movimento e persino ai
possibili richiami lontani degli animali, pur non avendo ancora sentito
nulla. Sembrava
quasi che il bosco stesso fosse addormentato in mezzo a quella neve, e
ciò non
fece altro che riportare nella sua mente il prepotente pensiero di
ritornare
sui suoi passi e di festeggiare il giorno di Natale in compagnia della
restante
ciurma. Zoro tanto sarebbe tornato da solo, no?
Un rumore alle sue spalle lo mise in
allerta e si
affrettò a voltarsi, grattandosi il capo e sollevando un
sopracciglio nel non vedere
nulla. Strano. Forse se l’era solo sognato. Dovette
ricredersi, però, quando
tornò a guardare avanti e vide qualcosa muoversi fra la
boscaglia, e Sanji
rimase immobile al proprio posto, sentendo un brivido attraversargli di
netto
la spina dorsale. Quello spirito bianco che gli era appena fluttuato
davanti
non era un fantasma,
vero? Era solo
uno stupido gioco di luce o uno scherzo dovuto al ritmico mulinare dei
fiocchi
di neve che cadevano dal cielo... giusto? Ah,
merda. Sperava davvero che fosse così,
perché altrimenti, se uno di quei
fantasmi l’avesse ucciso, lui avrebbe cercato il modo di
tornare solo per
tormentare quello stupido marimo per tutta la sua vita. In fin dei
conti era a
causa sua se si trovava lì fuori, no? Quindi quello gli
sembrava il minimo.
Deglutì, però, nel
momento stesso in cui
quell’apparizione si fermò fra due alberi e parve
voltarsi verso di lui,
facendolo sussultare involontariamente mentre prendeva forma dinanzi ai
suoi
occhi. La sagoma senza contorno parve acquisire consistenza e il lungo
spirito
bianco si dimostrò essere una tunica immacolata che pareva
fondersi con la neve
stessa, dando la bizzarra impressione che essa fuoriuscisse proprio dal
terreno; le braccia, trasparenti e scheletriche, si allungarono per
sfiorare
con dita di ghiaccio le cortecce degli alberi e sbriciolare la brina
accumulatasi su di esso, mostrando a poco a poco a Sanji il viso
fanciullesco
di una giovane donna dai corti capelli neri, il cui sorriso parve
gelargli
seduta stante il sangue nelle vene. Quella... poteva mai, quella donna,
essere
la Regina delle nevi
di cui tanto
aveva sentito parlare? Oppure il freddo gli era andato al cervello e
lui stava
in realtà delirando? Come se non bastasse, quello spirito
gli stava facendo
cenno di avvicinarsi e seguirlo, invitandolo chissà dove.
Per quanto potesse
essere una bella donna, non era così stupido da cascare in
una trappola...
perché quella era
una trappola, vero?
Sanji non ebbe il tempo per scoprirlo, poiché quella figura,
non appena lui
mosse qualche passo circospetto verso di lei, scomparve con la stessa
rapidità
con cui era apparsa, lasciandolo più spiazzato che mai. Ma
cosa...? Che le
storie sui fantasmi raccontategli dal padrone dell’ostello
fossero in realtà vere?
Nah, si rifiutava di crederlo.
Si diede due schiaffi sulle guance e
tentò di
riprendere il controllo di se stesso, traendo un lungo sospiro. Che
idiota. Lui
non era mica Usopp, non poteva spaventarsi solo per qualche stronzata!
Però...
si guardò ancora una volta intorno, preoccupato. Non sapeva
se quel fantasma
sarebbe tornato, non aveva la benché minima idea di dove
fosse e i posti gli
sembravano praticamente tutti uguali, e per un brevissimo e orribile attimo si
sentì quasi come
Zoro. Accidenti... forse si era perso. Deglutì e
cercò di darsi una calmata,
riprendendo ad avanzare. Stare fermo non avrebbe aiutato, anzi,
l’avrebbe solo
fatto congelare più in fretta; non mosse più di
qualche passo, però, poiché
inciampò in qualcosa e quasi rischiò di
fracassarsi la testa.
«Merda!»
esclamò, riuscendo ad arrestare la caduta
appena in tempo, per quanto fosse stato costretto a farlo con i palmi
delle
mani. Fortunatamente aveva i guanti e l’impatto con la neve
era stato meno
violento di quanto pensasse, ma entrambe le sue caviglie erano andate a
sbattere contro qualcosa di solito che non aveva nulla a che fare con
una
roccia. «Che diavolo...?» sussurrò a se
stesso, e quando si voltò per vedere
che cosa fosse, Sanji rimase letteralmente pietrificato. Quei capelli
verdi che
spuntavano timidamente dalla neve come fili d'erba, quel braccio
muscoloso
pieno di piccole cicatrici quasi invisibili, il fodero di quella katana
bianca
che quasi si confondeva con il paesaggio circostante...
Senza nemmeno riflettere,
cominciò a scavare per
scostare quanta più neve possibile, riuscendo a poco a poco
ad intravedere il
busto, le gambe, il viso, tentando al contempo di scacciare la brutta
sensazione che si era appropriata del suo animo. Che cosa ci faceva
Zoro
sepolto nella neve? «O-Ohi! Brutto bastardo, che cazzo stai
combinando?!»
sbraitò nello scuoterlo, tranquillizzandosi solo quando,
seppur debolmente, lo
spadaccino sollevò il braccio sinistro per mostrargli il
dito medio,
rimediandoci in risposta un calcio al fianco. Beh, se aveva la forza di
mandarlo a fanculo non stava morendo, tutto sommato. E lui che si era
pure
preoccupato per lui, maledizione!
«Sto... bene»,
biascicò lo spadaccino nel rimettersi
maldestramente in piedi, e non cadde solo perché Sanji lo
soccorse prontamente,
frenandolo. Stava bene, certo. Tremava per il freddo, aveva le labbra
livide ed
era gelido come un pezzo di ghiaccio, però il signorino
stava bene. Come no.
«Sei un fottuto idiota,
marimo», sbottò il cuoco,
imprecando a denti stretti mentre si passava il braccio del compagno
dietro
alle spalle, dovendo costatare che quel cretino, con quella sua assurda massa di
muscoli, pesava più di
quanto avesse mai pensato. «Lo sai benissimo che ti perdi,
dannazione! Per una
volta puoi farci il favore di startene buono e non costringerci a
venire a
cercarti!»
Pur avendolo fulminato con lo sguardo,
Zoro cercò di
tirarsi su per non gravare troppo su di lui, scuotendo un attimo il
capo come
se in quel modo volesse cercare di dare una sistemata ai propri
pensieri o
scrollarsi semplicemente via la neve dai capelli. «Sarei...
tornato da solo»,
rimbrottò di rimando, e Sanji non si risparmiò
dal tirargli una capocciata,
ignorando il lamento che si lasciò sfuggire.
«Certo, tra quanti secoli, esattamente?»
«Se vuoi litigare dimmelo
subito, stupido cuoco».
«Non voglio litigare, idiota.
Voglio solo tornarmene
all’ostello. Mi sto gelando il culo, quindi muovi le chiappe
e dammi una mano,
sei fottutamente pesante», berciò, e a quel dire
lo spadaccino sollevò un
angolo della bocca in un sorriso che non prometteva nulla di buono,
puntellandosi sul piede destro per spostare il proprio peso da una
gamba
all’altra; strinse poi a sé il compagno, in modo
che fosse il braccio che il
cuoco stesso si era portato dietro alle spalle a spingerlo contro il
suo petto.
«Io un modo per scaldarti il
culo ce l’avrei... così
potrei scaldarmi anch’io».
Sanji sentì un brivido
corrergli dietro la schiena,
e fu sicuro che non era stato causato dal freddo. Che razza di proposte
faceva,
quel cretino? «Non se ne parla, marimo pervertito»,
tagliò subito corto, prima
che il Vice Capitano potesse farsi venire qualche altra grandiosa idea. E
il suo era puro sarcasmo. «Spiegami piuttosto che
diavolo ci facevi mezzo morto nella neve».
«Meditazione zen?»
«Non sei credibile,
idiota».
«Te la metto su un altro
piano, allora: non sono
affari tuoi, cuoco».
«Lo sono eccome, ti ho appena salvato la
vita».
Zoro si scompigliò i capelli
con l’altra mano,
frustrato. «Ah, merda. Se provi a ridere ti faccio a
fette», minacciò, e, pur
ricevendo in risposta uno sbuffo ilare, trasse un lungo sospiro. Ormai,
rotto
per rotto, tanto valeva essere sinceri, con quel cuoco idiota.
«Fantasmi»,
asserì, spiegandosi meglio quando vide
l’espressione sconcertata del compagno.
«Dei fantasmi si erano presi la mia Ichimonji». Nel
dirlo portò immediatamente
due dita alla cintola per sfiorare l’elsa della sua preziosa
katana, quasi
volesse accertarsi della sua presenza. Se l’avesse perduta -
per di più in quel
modo assurdo - non se lo sarebbe mai perdonato. «Ho dovuto
inseguirli. Dicevano
che sarebbe stata perfetta come regalo di Natale».
«Ti credo».
«Eh?»
«Ho detto che ti credo,
marimo. Sei sordo?» borbottò
il cuoco, sistemandosi meglio il suo braccio possente sulle spalle
mentre
avanzavano. «Può darsi che... uhm... li abbia
visti anch’io», soggiunse,
accennando al silenzio con l’altra mano. «Non una
parola», lo redarguì, e Zoro
abbozzò semplicemente un sorrisetto, anche perché
non fece in tempo a dire
nulla. Fra la boscaglia, difatti, comparve la figura di Chopper che,
vedendoli
entrambi ricoperti di neve e bianchi in viso - a suo dire, almeno -,
dapprima
si fece prendere dal panico cercando l’aiuto di un dottore,
e, dopo avergli
tenuto presente per la milionesima volta che il dottore era lui, si
affrettò a
far loro strada e a portarli fuori da quella foresta, in modo che
potessero riscaldarsi
all’interno dell’ostello. Ed era proprio
lì che si trovavano adesso, seduti su
una poltrona a bearsi del calore che donavano il fuoco nel camino e la
presenza
di tutte quelle persone che festeggiavano allegramente.
«Tu e il tuo amico siete
proprio delle teste calde,
giovanotto», sghignazzò Duth, il proprietario,
mordicchiando il beccuccio di
ferro della pipa che aveva fra le labbra. «Te
l’avevo detto che non era
consigliabile uscire».
Sanji lo guardò male, vedendo
con la coda
dell’occhio Zoro poggiarsi con il capo contro lo schienale.
«Se è per questo»,
si interruppe, starnutendo prima di soffiarsi il naso, «mi ha
detto anche di
fare come mi pareva».
Duth proruppe in una grossa risata.
«Ma non credevo
di certo che mi prendessi così alla lettera, ragazzo mio!
Nessuno è mai andato
in giro a Natale, figurarsi se pensavo che lo facesse proprio qualche
turista
venuto qui per divertirsi!» Nel dirlo appioppò una
bella pacca su una spalla ad
entrambi, affossandoli praticamente nelle poltrone per la forza
utilizzata. «Vi
porto qualcosa che vi farà stare sicuramente
meglio», si congedò con un’ultima
risatina, e Sanji non poté fare a meno di chiedersi che
diavolo ci trovasse di
così divertente. Non passarono più di cinque
minuti che Duth tornò con due bei
boccali di cognac - l’odore era forte e penetrante nonostante
il profumo di
dolci e zucchero filato -, porgendoli loro. «Ecco qua,
ragazzi. Stasera offre
la casa», disse allegro, ed entrambi ringraziarono con un
cenno del capo prima
di cominciare a bere, anche se nel mentre Sanji aveva notato una
coppietta
ferma sotto una piantina appesa al soffitto. Guardavano in alto verso
di essa e
abbassavano poi gli occhi per osservarsi in viso, ridacchiando nervosi
e
stringendosi l’uno fra le braccia dell’altra.
«Che stanno facendo
lì fermi?» domandò incuriosito,
e l’uomo, dopo aver seguito il suo sguardo e aver visto
ciò che stava fissando,
abbozzò un sorriso.
«Oh, quello? È il
bacio sotto al vischio. È
tradizione».
«In che senso?»
«Quando ci si trova
lì sotto, è di buon augurio
baciarsi».
Gli occhi di Sanji si illuminarono come
due fari
nella notte, e non ci mise nulla a scattare in piedi nonostante si
reggesse a
malapena sulle gambe assiderate e starnutisse tre volte su cinque,
rischiando
di mandare il boccale in frantumi se Zoro non fosse stato abbastanza
svelto dal
prenderlo al volo, pur rovesciandosi gran parte del contenuto addosso.
«Nami-san! Robin-chan!» esclamò fuori di
sé dalla gioia sotto lo sguardo
scettico del proprietario, il quale gettò
un’occhiata confusa a Zoro come se
volesse chiedergli tacitamente che cosa stesse succedendo; lo
spadaccino si
limitò a scrollare le spalle e a posare svelto i boccali sul
tavolino riposto
accanto alla propria poltrona, allungando un braccio per afferrare il
maglione
del cuoco e frenare sul nascere una sua possibile fuga.
«Ohi, che cazzo fai? Devo
andare dalle mie dee!»
sbraitò lui, rimediandoci uno sguardo infuocato.
«Chopper ha detto che non devi
muoverti, ricciolo».
«E da quando fai
ciò che ti dice Chopper, marimo?»
«Da quando lo decido io,
quindi sta’ zitto e non
rompere».
Ad interrompere quel loro battibecco fu
una nuova
risata da parte di Duth, che cominciò ad avviarsi al bancone
per servire da
bere a mezza città. «Non dovreste litigare,
ragazzi! È Natale!» esclamò
divertito, agitando una mano in segno di saluto e lasciandoli
lì come due
completi cretini. Accidenti. Questa faccenda del Natale la prendevano
proprio
sul serio.
Borbottando chissà cosa fra
sé e sé, Sanji si lasciò
cadere seduto ancora una volta sulla sua poltroncina e cercò
di concentrarsi
sull’atmosfera ciarliera che imperversava
nell’ostello, pur essendogli sfuggito
uno sbuffo ilare dalle labbra. «La verità
è che tu sei semplicemente geloso,
marimo», proferì, ottenendo in
risposta un semplice grugnito scontroso che poté benissimo
interpretare come un
«Continua a sognare» o un più volgare
«Non rompere le palle», entrambi molto
adatti a quello scemo di uno spadaccino. Ma che tipo fosse si sapeva,
ormai,
dunque non aveva quasi più senso salvare le apparenze, per
quanto Sanji ci
tenesse ancora.
«Ohi, Nami!» Il
grido allegro di Rufy si fece
sentire in mezzo a tutta quella calca di voci gioiose, prima che,
trotterellando, si affrettasse a raggiungere la ragazza - intenta a
chiacchierare con Robin accanto ad uno degli alberi addobbati - e a
fermarsi
praticamente a qualche centimetro da lei, tanto che fu quasi costretta
ad
indietreggiare per annullare quella vicinanza improvvisa.
«Hanno detto che a
Natale ci si scambiano dei doni», la informò, con
un sorriso a trentadue denti.
«Perché non mi regali della carne o
qualcos’altro di squisito da poter
mangiare?»
La navigatrice sollevò un
sopracciglio, incrociando
le braccia sotto al seno prosperoso. «Se è un
regalo dovrei sceglierlo io, ti
pare?» esordì, facendo ridacchiare Robin.
«Mica funziona
così!» si indignò Rufy.
«Spiacente, se lo vuoi scelgo
ciò che mi piace».
«Ma deve piacere a me, non a
te!»
Beh, in effetti il discorso del Capitano
non faceva
una piega, ma la cosa più divertente non era la convinzione
con cui pronunciava
quelle parole - beh, aye, probabilmente anche quella -,
bensì la sua
espressione divertita nonostante Nami, per quanto sorridesse, apparisse
esasperata. Sembrava quasi più bambino dei marmocchietti che
se ne stavano
seduti a gambe incrociate vicino agli alberi addobbati, intenti a
scartare i
propri pacchetti colorati e a ridere sereni in compagnia di Franky, il
quale si
era prestato, sotto richiesta del sindaco della cittadella - e sotto
ordine di
Nami non appena aveva provato a rifiutare, giacché il
sindaco aveva promesso
lui una piccola ricompensa per il disturbo procuratogli -, a vestire i
panni di
quello che lui aveva chiamato Babbo
Natale, un uomo grassoccio e bontempone che portava doni e
giocattoli a
tutti i bambini che durante l’anno si erano comportati bene.
E c’era da dire
che vedere il carpentiere con una lunga barba bianca, un cappello rosso
dalle
rifiniture argento e oro e con un giaccone come unico indumento, non
era uno
spettacolo che si vedeva tutti i giorni. Mutande nere a parte, ma
quello era un
dettaglio su cui Sanji preferiva non soffermarsi.
L’allegria dei suoi compagni,
però, lo fece
sorridere, e, per quanto si trovasse seduto in un angolo in sola
compagnia di
Zoro, entrambi avvolti in una coperta di lana e con un principio di
influenza a
causa della troppa esposizione al freddo - o almeno a detta di Chopper,
visto
che avevano cercato in tutti i modi di convincerlo che stavano alla
grande
nonostante gli starnuti -, il cuoco si accoccolò meglio in
quella poltrona,
sentendosi oltremodo rilassato. Tutto sommato non era stata poi
così male,
quell’avventura
nella neve...
raffreddore e chiappe congelate a parte, ovviamente. E anche strane
visioni che
gli avevano fatto venire i brividi, ma mai come la neve caduta dal
cielo.
«Ohi, che non diventi
un’abitudine». La voce di Zoro
lo distrasse da quei suoi disparati pensieri e Sanji si
voltò verso di lui con
un sopracciglio inarcato, sollevando poi un angolo della bocca in un
sorriso.
«Che cosa, il fatto che per
una volta ti abbia quasi
salvato il culo o per l’averti detto che sei un fottuto
idiota?»
«Entrambe le cose»,
rimbrottò scontroso, ma il cuoco
rise.
«Che sei un idiota te lo dico
tutti i giorni,
marimo».
«Ohi, hai voglia di litigare,
per caso?!»
Sanji scosse immediatamente il capo,
tirando su con
il naso invece di soffiare. Tanto non sapeva nemmeno dove diavolo era
finito
quel suo stupido fazzoletto, e non aveva voglia di alzarsi per andare a
cercarne un altro. «Adesso no, però ricorda che
hai un paio di calci in
sospeso», rimbeccò sarcastico, e stavolta fu Zoro
a lasciarsi sfuggire una
mezza risata, seppur resa roca a causa del mal di gola.
«Piuttosto sei tu quello che
ha voglia di
prenderle».
«Non contarci»,
sghignazzò Sanji, inclinando il capo
verso di lui per adocchiarlo meglio. «Ah, marimo?»
lo chiamò, e quando Zoro si
voltò verso di lui con in viso un’espressione
incuriosita, ne approfittò per
annullare la poca distanza che li separava e poggiare così
le labbra sulle sue,
in un lieve sfiorar di bocche anziché un vero e proprio
bacio. Nell’allontanarsi
non gli sfuggì lo sguardo stupito dello spadaccino - era
raro, difatti, che
esternasse in modo così palese il loro rapporto -, e forse
fu proprio quella la
cosa che lo fece sorridere maggiormente. «Consideralo un
anticipo sul tuo
regalo. Buon Natale, brutto idiota».
Più tardi, a fine serata,
Sanji si sarebbe
probabilmente pentito di essersi mostrato così disponibile
agli occhi del
compagno, ma se si fosse poi ritrovato a rotolare fra le coperte tra
imprecazioni e baci, con il calore e la passione che li mandava in
estasi
mentre si impegnava a scartare a sua volta il proprio regalo, beh,
allora andava bene anche così. Quello sarebbe stato di
sicuro un Natale indimenticabile.
ジ
ングルベル ジングルベル メリークリスマス ! これが今夜の贈り物さ Sing!
♪~
ジングルベル ジングルベル ハッピーニューイヤー ! 終わらない歌 聴こえるはず! ♪~
Merry Christmas!
~♥
_Note inconcludenti dell'autrice
In primis
dico che questa storia è un regalo di compleanno per la mia
nipotola Red
Robin
- la quale adora le storie lunghe e soprattutto lo ZoSan - e ho cercato
dunque di farle una bella one-shot, anche se non mi convince del tutto;
è anche dedicata a tutte/i voi che ancora condividete la mia
stessa passione per la coppia Zoro/Sanji, che sembra ormai essere stata
dimenticata dalla maggior parte dei frequentatori del fandom
In secondo luogo, la storia sta anche partecipando a un contest a tema
natalizio, All
I want for Christmas is you indetto da Franda-chwan,
ed è la prima shot per la raccolta del contest Scrivimi
una raccolta indetto da visbs88
Ah, se qualcuno se lo stesse chiedendo: nay, non
è un caso se il fantasma che vede Sanji ha vagamente
l'aspetto di Kuina, ed è
lei, quando lo invita a seguirla, a rivelargli dove si trova Zoro. Da
qui anche
il richiamo all’Ichimonji rubata.
In ultimo, vi ricordo come sempre la raccolta della nipotola Mugiwara's
Christmas,
anch'essa a tema natalizio.
Ciò
detto, vi saluto, vado a rimpizzarmi *w*
Merry
Christmas and Happy New Year! ♥
Utae!
Jingle Bell! Straw Hat Pirates version
Traslitterazione: Jinguruberu,
Jinguruberu, Meriikurisumasu! Kore ga konya no okurimono sa, Sing! ♪~
Jinguruberu, Jinguruberu, Happiinyuuiyaa! Owaranai uta kikoeruhazu! ♪~
Merry Christmas! ~♥
( Jingle Bell, Jingle Bell ), Buon Natale! Questo è un
regalo per questa sera, cantare! ♪~
(
Jingle Bell, Jingle Bell ), Buon anno nuovo! Una canzone può
essere ascoltata senza fine! ♪~
Buon Natale! ~♥
Messaggio
No Profit
Dona l'8% del tuo tempo
alla causa pro-recensioni.
Farai felici milioni di
scrittori.
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