Dopo quella conversazione durante la festa non ci scambiammo
più nemmeno una parola, ma ogni tanto i nostri sguardi si
incrociavano.
Non raccontai nulla a David, perché non sapevo nemmeno come
definire quello che era successo, mi sembrava troppo strano che una
persona così mi potesse chiedere di uscire, così
decisi di non esaltarmi troppo e di aspettare per vedere
l’evoluzione delle cose.
La mattina dopo la mia sveglia era puntata alle 9.00 per andare con
Liam, ma mia mamma entrò in camera mia alle 8.20
perché qualcuno c’era qualcuno al telefono per me.
Le chiesi chi fosse, ma lei mi rispose che non lo sapeva. Mi alzai dal
letto, pensando a chi potesse aver bisogno di me a quell’ora,
visto che non eravamo nemmeno in tour.
“Si?!”
“Buongiorno raggio di sole!” l’aveva di
certo fatto apposta quel demente di Noel.
“Che piacere sentire la tua voce, devo ammettere che mi
mancavi!”
“Ah, lo so, la gente non può fare a meno di me! Mi
dispiace averti svegliato!” Quando era da sua mamma, restava
lucido e diminuiva l’uso delle parolacce, restava solo
l’onnipresente sarcasmo nelle sue parole. Un giorno
o l’altro avrei voluto conoscere quella santa donna.
“Non ti preoccupare, mi stavo giusto preparando per
accompagnare tuo fratello all’intervista con quelli del NME.
Cosa vuoi?” non riuscivo ancora a capire cosa volesse Noel da
me a quell’ora della mattina, di certo non sapere come me la
passavo.
“Ti chiamo appunto per questo. Ho sentito quelli del NME, ho
spostato l’intervista, perché non mi piace che
Liam ci vada senza di me, ho paura di quello che potrebbe dire in mia
assenza. Oggi deve fare solo un paio di foto per il
servizio.” Ecco il gelido calcolatore.
“Ahahahahahahahah. Questa è bella, Noel Gallagher
che si preoccupa delle dichiarazioni che suo fratello potrebbe
rilasciare alla stampa. Mi fai morire dal ridere!”
“Elizabeth, ora sono serio. Io posso permettermi di dire quel
cazzo che mi pare alla stampa, perché sembro più
gentile di Liam, anche se non lo sono, e nessuno mi prende troppo sul
serio. Liam, quando vuole, sa esagerare e non appare simpatico, solo
stronzo.
Poi io sono leader della band, quindi se quelli del NME vogliono
un’intervista, la faranno con me.”
“Mi chiedo ancora come i ragazzi riescano a sopportare le tue
manie di grandezza.”
“Questi non sono cazzi tuoi. Buona giornata.”
Di certo la giornata poteva solo migliorare, visto che era iniziata con
una delle cose più spiacevoli: una conversazione con Mr Noel
Simpatia Gallagher.
Quando raggiunsi la redazione del NME Liam doveva ancora arrivare e mi
fecero accomodare comunque in un salottino vicino al set.
In quel momento dentro c’erano quattro ragazzi, che vidi di
sfuggita, ma capii chi fossero quando sentii il fotografo pronunciare
il nome Damon per dargli istruzioni per le foto. Erano i Blur. Ero
troppo curiosa, così mi affacciai sulla porta fingendo di
essere un’addetta ai lavori. Nessuno si accorse di me,
così li osservai per un bel po’.
Damon era un bellissimo ragazzo con il suo viso angelico e
l’aria di un cucciolo, ma non mi ingannava: tutti dicevano
che fosse stata un’idea sua quella di spostare
l’uscita di Country House in concomitanza con quella di Roll
With It. Idea geniale, infatti era il loro primo singolo a raggiungere
la posizione numero uno in Inghilterra.
Il chitarrista era in evidente imbarazzo e si vedeva che avrebbe dato
qualsiasi cosa pur di non stare davanti all’obiettivo. Graham
Coxon aveva un’aria timidissima e triste, con quegli
occhialoni neri, mi ispirava quasi tenerezza. Chissà cosa
avrebbe detto Noel, se avesse saputo cosa pensavo del chitarrista dei
Blur.
Alex James era veramente bello e quello che si diceva di lui non poteva
che corrispondere alla verità: aveva fama di essere uno
sciupa femmine e non a torto.
Dave Roentree era il più anonimo del gruppo.
Li osservai per un po’, invidiosa della
tranquillità che regnava tra i ragazzi: nessuno rischiava di
beccarsi un pugno sul naso per una battuta un po’ infelice;
non mi risultava che avessero bisogno di qualcuno che svolgesse il mio
lavoro.
Nel mezzo di quei pensieri, sentii un braccio avvolgermi le spalle e
una voce nota che mi sussurrò qualcosa
nell’orecchio.
“Guarda che lo dico a mio fratello che guardi Damon con
l’aria imbambolata.”
“Come se gliene fregasse qualcosa.”
“Ma come, è già finita la vostra
relazione?”
“La smetti? Ti ho già detto che non voglio e non
posso avere relazioni con qualcuno della band.”
“Ceeeerto. Allora siete riusciti a diventare amici e avete
deciso di passare qualche giorno insieme negli Stati Uniti.”
“Non siamo amici, lo sai. McGee mi ha costretto a restare con
lui, perché non sapeva cosa avesse in mente.”
“E cosa aveva in mente?”
“Non sono affari tuoi.”
“Dai, puoi raccontarlo al vecchio e caro Liam!”
“Ma nemmeno per sogno. Non racconto un cazzo a un ragazzo che
si intrufola in casa mia e insinua mia mamma, facendole gli occhioni da
cucciolo.”
“Tua mamma è molto più dolce di te, lo
sai vero?”
“Mia mamma crede che tu sia un bravo ragazzo, quindi non fa
testo.”
In quel momento le truccatrici ci raggiunsero e invitarono Liam a
seguirlo e i Blur abbandonarono il set fotografico passandomi di
fianco, senza nemmeno notarmi.
La mattinata trascorse senza troppi problemi e Liam non si chiese
perché nessuno era intenzionato a fargli
un’intervista e io non pensai più di tanto
all’appuntamento di quella sera.
Il problema si pose nel pomeriggio, perché non avevo impegni
che mi tenessero occupata la mente.
Iniziai a ripensare alla sua proposta e più ci pensavo e
meno mi convinceva l’idea di uscirci: lo conoscevo appena,
era più grande di me, era strano, ma i dubbi mi
perseguitarono tutto il pomeriggio e solo alle 18:30 mi accorsi di
quanto fossi in ritardo sia per avvisarlo, anche perché non
avevo il suo numero e avrei dovuto fare almeno sei telefonate per avere
il suo numero, sia per prepararmi.
Decisi di vestirmi come se non dovessi andare ad un appuntamento e mi
truccai poco, giusto per mettere le cose in chiaro: non ero interessata.
Alle 19:00 ero miracolosamente pronta e mi misi a guardare un
po’ di tv in salotto da sola, perché i miei erano
andati a cena da mia zia.
Ogni tanto guardavo l’enorme orologio che c’era nel
mio salotto.
19:15: prima sigaretta
19:52: seconda sigaretta
20:00: pigiama
20:17: il telefono di casa iniziò a squillare.
“Pronto?”
“Ciao Elizabeth, sono Richard. Non mi sono scordato del
nostro appuntamento è che ho avuto un imprevisto e mi sono
liberato solo adesso. Mi dispiace, scusami.”
“ah, ok. Non preoccuparti.” Il mio tono era apatico
“Comunque non è tardi, possiamo ancora
vederci.”
“Come vuoi.”
Dall’altra parte ci fu un secondo di silenzio. Di certo il
mio tono non era accomodante, ma lui faceva di tutto per far finta di
niente e per provare ad alleggerire il clima, così decisi di
dargli la possibilità di spiegarmi.
“Ti vuoi far perdonare?”
“Sì, mi piacerebbe molto.”
“Bene, allora ti aspetto a casa mia con del gelato e una
spiegazione plausibile per il tuo atteggiamento.”
“Perfetto.”
“Ah, e un’altra cosa.”
“Dimmi”
“Quando pensavo che ti fossi dimenticato del nostro
appuntamento, mi sono messa in pigiama e non ho intenzione di cambiarmi
un’altra volta per te, quindi, quando vedrai questo
obbrobrio, ti converrà non ridere e non fare commenti.
Chiaro?”
“Ahahahaha, ai tuoi ordini.”
Il mio pigiama era veramente qualcosa di terrificante, ma non mi
importava: era composto da un’enorme maglia blu a maniche
corte e da un paio di pantaloni grigi e larghi. Sembravo un rapper
americano con quella roba addosso.
Arrivò circa un quarto d’ora dopo con un chilo di
gelato come pattuito. Al telefono sembrava più rilassato,
perché di persona sembrava un po’ nervoso e
impacciato.
Presi delle coppette e ci accomodammo in giardino, tanto non era troppo
freddo in quei giorni, anche se era ottobre inoltrato.
Notai con piacere che non aveva preso molti gusti alla frutta,
perché io li detestavo profondamente.
Era pensieroso e aveva detto poche parole da quando era entrato.
“Nel tragitto da casa tua a qui ti hanno mangiato la
lingua?” fece un sorriso veloce, ma non troppo convinto.
“E’ che sto cercando un modo di dirti il motivo per
cui ero in ritardo senza farti spaventare, fuggire, precludermi ogni
possibilità prima che qualsiasi cosa inizi.”
“Tranquillo, il tuo preambolo mi sembra il modo migliore in
effetti.” Non sapevo cosa aspettarmi, allora cercavo di
smorzare la tensione così, ma non ottenni i risultati
sperati.
“Il fatto è che, cioè, insomma, quando
ero più giovane mi sono sposato…”
“Scusa, quanti anni hai per la precisione? Prima, mentre ti
aspettavo, ho fatto delle congetture, ma non voglio fare figuracce,
quindi non ti dico le mie ipotesi.” Feci proprio finta di non
aver sentito l’inizio di quella frase, perché mi
spaventava abbastanza come inizio.
“Ho 35 anni. Mi sono sposato quando ne avevo 27 anni. Il
matrimonio è durato fino al 1992, poi io e Laura ci siamo
separati.” Grazie al cielo non era un marito potenzialmente
infedele, per un momento avevo pensato che mi volesse come amante.
“E il tuo ritardo cosa c’entra con
questo?”
“Eh, ci sto arrivando. Nel 1990 è nato Leonard.
Laura mi ha chiamato in ufficio alle sei per dirmi che Leonard aveva la
febbre alta e che sarei dovuto passare in farmacia a prendere i
medicinali. Non sono nemmeno passato da casa e non ho pensato a provare
ad avvisarti in qualche modo. Sono andato da loro e ci sono rimasto un
po’, perché Laura era molto agitata, sai Leo non
aveva mai avuto la febbre così alta, voleva addirittura
portarlo al pronto soccorso. Comunque, appena sono arrivato a casa ti
ho chiamata. E’ abbastanza come scusa?”
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