11. Ritorno a Lorien
Legolas galoppava veloce in sella
al suo fedele Arod, il mantello grigio che gli svolazzava dietro le spalle
mentre teneva lo sguardo dritto davanti a sé, voltandosi di tanto in tanto per
controllare che Gimli, in sella al suo pony, lo seguisse. Radagast il Bruno li
precedeva con il suo possente destriero morello, e a Legolas sembrava di
rivedere Gandalf in sella ad Ombromanto, quando lui, Aragorn e Gimli
galoppavano per le praterie di Rohan.
L’elfo non sapeva a cosa stesse
andando incontro, ma la sua disperazione e il suo istinto l’avevano convinto a
seguire il vecchio stregone nella sua impresa. Quell’uomo aveva una traccia...e
quella traccia, forse, era l’unica possibilità di salvezza per la Terra di Mezzo.
Ripensò al giorno della partenza
da Minas Tirith.
Erano partiti all’alba, appena terminati i preparativi.
- Sei proprio certo di volerci seguire, Gimli ? - disse Legolas
guardando l’amico nano sellare un tozzo e vigoroso pony grigio.
- Non temere, non vi rallenterò il passo. - rispose Gimli - Non puoi
immaginare i progressi che ho fatto ; sono finiti i tempi in cui la sola
idea di salire in groppa ad un cavallo mi provocava le vertigini ! E poi senza
le mie mani aggrappate alla tua schiena, sarai certamente meno impacciato...ci
muoveremo tutti più velocemente. -
- Non mi preoccupa affatto di procedere più lentamente. - disse Legolas
- Quello che temo è farti correre dei rischi inutili...ho già perso troppe
persone a cui tenevo, e non voglio perderne un’altra. -
Gimli alzò gli occhi e sbuffò sonoramente. - Mi prendi per un
bambino ? Proprio io che al Fosso di Helm ho tagliato la testa a
quarantadue Orchetti ? Uno più di te, se non ricordo male... -
Legolas sorrise, guardando l’espressione corrucciata del nano.
- E poi io non abbandono gli amici in difficoltà. E tu sei ben più di
un amico, dovresti saperlo. Quello che hanno fatto a tua moglie e a tuo
figlio...beh, è come se l’avessero fatto a me, perché ti considero un
fratello... ma ora basta parlare in questo modo, la malinconia poco si addice
ad un Re dei Nani ! Sella il tuo cavallo, ti mostrerò le prodezze di cui è
capace il figlio di Gloin ! Arriverò a Lothlorien prima di te...peccato
solo che non ci sia Dama Galadriel ad attenderci. -
- Se i Galadhrim fossero rimasti nel Bosco d’Oro, forse questa
situazione non si sarebbe verificata...è proprio vero, gli Elfi hanno esaurito
il loro compito di custodi. Ora tocca ad altri proteggere la Terra di Mezzo. -
disse amaramente Legolas - Comunque ti ringrazio per le tue parole, amico
mio...anche se avrei preferito che l’occasione fosse diversa, non vedevo l’ora
di poter tornare a cavalcare insieme a te. Nessuno ci fermerà, vedrai. -
L’elfo era più sereno. L’idea di
avere i più cari amici al suo fianco gli aveva alleggerito il cuore dal
tremendo peso che lo stava schiacciando.
I tre si erano da poco divisi
dall’esercito che Aragorn stava conducendo verso il Bosco Atro, coprendo il
loro percorso, e avevano iniziato a seguire a ritroso il fiume Nimrodel, a partire
dal punto in cui esso sfociava nell’Anduin, mentre le schiere di Gondor si
erano dirette più ad est. Legolas aveva messo a disposizione tutta la sua
conoscenza del territorio per condurre l’armata lungo una via sicura e schivare
le zone in cui gli Elfi avrebbero potuto facilmente tendere loro un’imboscata.
Tuttavia un esercito in marcia non poteva passare inosservato, per cui i
soldati di Gondor erano stati preparati a qualsiasi evenienza.
Sam non aveva voluto sentire
ragioni, e aveva deciso di marciare alla testa della schiera insieme ad Aragorn
e Faramir, mentre alla saggia Arwen era stato affidato il governo del paese.
- Non temere, Estel - aveva detto
la Stella del Vespro al suo sposo, prima della partenza - Al nostro regno non
accadrà nulla che io non possa impedire. E poi non sarò sola in questo
compito ; i tuoi saggi consiglieri e la coraggiosa Eowyn mi saranno di
grande appoggio. -
Rincuorato da quelle parole,
Aragorn aveva baciato la fronte della
sua sposa ed era partito, ma dopo quanto era successo ad Anìrwen, il suo animo
era ancora inquieto.
Terribili cose stanno accadendo nella Terra di Mezzo, pensava. Il Male è stato risvegliato a
nord...riusciremo noi a rimetterlo a dormire prima che dilaghi nelle nostre
terre ?
- Non ricordavo che il percorso
per Lothlorien fosse tanto lungo ! - disse Gimli ansimando, mentre era
sballottato sulla sua sella, stanco per il viaggio - Sono tre giorni che
cavalchiamo ! Non mi sento più le gambe e ho la schiena a pezzi...non
potremmo fermarci solo un momento ? -
- Abbiamo fatto anche troppe
soste, Gimli. - rispose Legolas affiancandosi al nano - Possiamo permetterci
solo di perdere il tempo necessario per abbeverare i cavalli e farli riposare,
cosa a cui abbiamo già provveduto. Cerca di resistere, ormai non manca molto. -
- Meno di quanto pensiate,
amici... - disse Radagast fermando il suo cavallo e guardando in lontananza.
Gimli e Legolas lo imitarono, e l’elfo lanciò uno sguardo davanti a sè,
riparandosi gli occhi con una mano.
Dall’alto delle colline brumose,
vide il sole pallido splendere su un’enorme distesa di alberi dalle chiome
brillanti, la cui estensione si perdeva oltre l’orizzonte ; in mezzo ad
essi il Nimrodel scompariva, come inghiottito da quella foresta d’oro e
d’argento.
- Lothlorien... - disse Gimli con
voce tremante ; perfino il suo duro cuore di Nano si sentiva smarrito di
fronte a tanta bellezza.
- Non possiamo fermarci proprio
ora che siamo arrivati. - disse Legolas spronando il suo cavallo - Andiamo. -
- Aspettate ! -
La voce di Radagast costrinse
bruscamente l’elfo a fermarsi. Con sguardo interrogativo, Legolas vide lo
stregone tendere un braccio e permettere al piccolo tordo, che l’aveva seguito
fin da Minas Tirith, di salire sulla sua mano. Dopodichè gli sussurrò qualche
parola in una lingua che né Gimli né Legolas poterono capire, e lo lasciò
volare via verso il Bosco d’Oro.
- Radagast... ? - azzardò
Gimli, non comprendendo le intenzioni dello stregone.
Il vecchio non rispose e continuò
a tenere lo sguardo fisso nella direzione in cui l’uccello si era allontanato.
Trascorsero alcuni minuti,
durante i quali i tre compagni rimasero in assoluto silenzio. Infine videro il
tordo tornare e posarsi cinguettando sulla spalla di Radagast.
- Bene - disse lo stregone
spronando il suo cavallo - Il campo è libero. Possiamo andare. -
I tre avanzarono a piedi nella
foresta, guardandosi intorno come se non riuscissero a riconoscere quel luogo.
Gli elfi avevano abbandonato Lorien da anni, ormai, e i segni della loro
partenza erano evidenti ; nel bosco regnava un silenzio quasi innaturale,
molto diverso da quello garantito dai suoi stessi abitanti, spezzato solo dal
canticchiare sommesso di Radagast. Quando gli Elfi c’erano nessuno li vedeva,
eppure si poteva benissimo percepire la loro presenza. Questo, invece, era un
silenzio diverso, un silenzio che spezzava il fiato, come se la foresta avesse
smesso di respirare...
Gimli si decise a parlare,
sperando di spezzare quella strana tensione.
- Come hai fatto a trovarci,
Radagast ? -
Lo stregone proseguì il suo
cammino senza voltarsi. - Ho i miei messaggeri. - disse. Legolas e Gimli si
scambiarono un’occhiata d’intesa e guardarono il piccolo tordo che rimaneva
appollaiato sulla spalla di Radagast, come una strana appendice pennuta.
- Ad ogni modo era il posto più
ovvio in cui avrei potuto cercare aiuto... - continuò - Gli elfi di Lorien e
Rivendell se ne sono andati, e, quanto a quelli del Bosco Atro...beh, scusami
tanto, Legolas, ma non credo fosse il caso di rivolgermi a loro. -
L’elfo annuì amaramente.
- Sapevo che il Signore di Gondor
era l’unica persona che avrebbe compreso la gravità del problema - continuò
Radagast - e il fatto di aver trovato a Minas Tirith i Rappresentanti dei
Popoli Liberi mi ha decisamente aiutato, anche perché, a quanto ho capito, ne
erano già in parte a conoscenza... -
- Per la barba di Durin, vedo che
nutri una grande stima nei nostri confronti, Radagast ! Perdonami se non
ti ringrazio ! - disse Gimli con una punta di indignazione nella voce.
Radagast non battè ciglio. - Non
prendertela per le mie parole, Messer Nano - disse - E’ noto che il vostro
popolo ha più interesse per ciò che si trova sottoterra che per ciò che vi sta sopra. Gli Hobbit, invece, è
noto che non amino immischiarsi in tutto ciò che possa fargli saltare l’ora del
tè. Quanto agli Uomini...non credo ci sia bisogno di grandi spiegazioni. Si
sono già rovinati abbastanza con le loro mani. -
- Mi dispiace, ma non sono
d’accordo con te. - intervenne Legolas - La Guerra dell’Anello è stata orribile
per tutti, eppure in quel periodo ho imparato molte cose. Ad esempio che in
certe situazioni la gente può rivelare risorse davvero imprevedibili e
mostrarsi molto diversa da come appare. La Terra di Mezzo ha un enorme debito
con i pacifici Hobbit della Contea ; quanto ai Nani, ne hai accanto a te
uno che reputò una ciocca dei capelli di Dama Galadriel estremamente più
preziosa di tutte le gemme di questo mondo. - Gimli sorrise, compiaciuto. - Gli
Uomini, poi, da tempo hanno riscattato la debolezza del loro sangue. Dobbiamo
conoscere, prima di giudicare, Radagast...ma non credo che dovrei essere io a
dirtelo. -
Radagast sospirò. - Ammetto di
aver generalizzato troppo. - disse - E forse sono rimasto per troppo tempo
fuori dal mondo, avendo a che fare con chi non è in grado di capire certe
sottigliezze. - Accarezzò, sorridendo, le piume del suo tordo. - Comunque, la
gente non matura mai al punto giusto per certe cose. O resta acerba o cade
dall’albero ; per tutto il tempo in cui sono stato in queste terre, non ho mai trovato una via di
mezzo...spero comunque di non avervi recato un’eccessiva offesa. Ma ora
guardate...siamo arrivati. -
Scostando i rami di un grosso
cespuglio che gli ostruiva la vista, lo stregone mostrò ai due compagni di
viaggio uno spettacolo terribile e grandioso ; le meravigliose dimore dei
Galadhrim, avvolte come nastri di seta attorno ai tronchi d’argento dei
maestosi Mallorn...erano ormai cadute in rovina. Di esse erano rimaste le
lunghe scale, ora distrutte, ricoperte da edera e foglie morte, i tetti dei talan caduti a pezzi, le preziose statue
di pietra segnate dal tempo e dalla pioggia...
Legolas si sentì stringere il
cuore, mentre Gimli si guardava in giro con gli occhi pieni di malinconica
meraviglia. Radagast continuava a cantare la sua strana canzone.
“Chi mai mi porterà
una freccia spezzata ?
Chi mai mi porterà
una bottiglia di pioggia ?”
Questa potrebbe essere la mia casa, si disse Legolas. Questo è ciò che rimarrà del Bosco Atro
quando anche noi lo avremo abbandonato... Per Ilùvatar, è così buffo...lottare
per una terra che poi lascerai a se stessa...
- Legolas. - La secca voce di
Radagast interruppe i suoi pensieri.
Gimli guardò l’elfo con aria
interrogativa. - Tutto bene ? - disse il nano.
- Perdonatemi - rispose Legolas
continuando a guardarsi intorno - Ma è così difficile immaginare...di essere
rimasti soli... -
- Capisco. - disse Radagast - Ma
ora ti prego di mantenere tutta la tua concentrazione. Ci siamo. -
L’elfo e il nano seguirono lo
stregone che aggirò gli alberi e li condusse in una piccola radura, al centro
della quale si trovava un bacile in pietra sorretto da una colonna scheggiata.
- Lo Specchio... - disse Legolas,
affrettandosi a raggiungere Radagast. Quando vi fu accanto, notò che anche lo
Specchio di Galadriel aveva subito l’ingiuria del tempo. L’elfo allungò una
mano per togliere dal fondo del bacile le foglie secche che vi si erano
depositate in spessi strati, ognuno dei quali rappresentava un autunno
trascorso senza che nessuno lo consultasse...
- Fermo, non toccarlo ! -
esclamò Radagast. Legolas ritrasse di scatto la mano e guardò lo stregone senza
capire.
Radagast si avvicinò ad un
Mallorn, ai piedi del quale giaceva una brocca d’argento finemente lavorata e
ora sporca e incrostata.
- Non puoi nemmeno immaginare il
potere che si trova in quel catino incrostato, Signore del Bosco Atro... -
disse lo stregone prendendo la borraccia che portava alla cintura e versando
nella brocca l’acqua che in essa si trovava. Poi avanzò lentamente verso il
bacile di pietra e vi versò l’acqua.
- Yenillor morne... - bisbigliò, mentre l’acqua riempiva piano lo
specchio, facendo crepitare le foglie secche e rompendo il silenzio.
Gimli guardò lo stregone senza
capire.
- Cosa sta dicendo... ? -
domandò a Legolas, sottovoce.
L’elfo non riusciva a distogliere
lo sguardo da Radagast, rapito dall’espressione concentrata e dalle strane
parole dello stregone.
- ...tulinte I quettar... -
Legolas si sentiva come
stranito...qualcosa in lui, la più antica delle sue radici, avrebbe voluto
unirsi allo stregone mente pronunciava quelle parole in una lingua che non gli
apparteneva...
- Insomma, si può sapere cosa sta
dicendo ? - sussurrò Gimli.
- “Dagli anni Oscuri...giungono
le Parole...” - disse Legolas. Anni
Oscuri...il suo pensiero tornò alla Guerra dell’Anello. Ma l’oscurità stava
tornando a stendersi sopra di loro, minacciosa...
- Quali parole ? ! -
domandò Gimli, senza riuscire ad afferrarne il significato.
Legolas lo ignorò. - Sta parlando
in Quenya...l’antica lingua degli Elfi... -
- Hlasta ! Qyetes... -
continuò Radagast, con un tono che fece sobbalzare il nano. Legolas, ormai
avvolto dalla musicalità di quell’antico linguaggio, continuò a seguire i
movimenti delle labbra dello stregone.
- “Ascolta...esse parlano...” -
Ma fu l’ultima frase a far rabbrividire l’elfo.
- Hfirimain... -
Legolas tentennò.
- “...parlano a...a coloro che
non nacquero per morire...” -
L’ultima goccia d’acqua cadde nel
bacile, ormai colmo.
- Presto, ora ! - esclamò
Radagast, abbandonando a terra la brocca e tendendo la sommità del suo bastone
verso lo specchio d’acqua. La sfera che portava in cima al bastone si illuminò.
Legolas e Gimli si sporsero verso
lo Specchio, ma non videro nulla in esso se non il riflesso azzurro creato
dalla verga di Radagast. Ad un tratto, però, il liquido cominciò a turbinare
creando uno strano miscuglio di luci e colori.
- Ascoltate - disse lo stregone
rivolgendosi a Legolas e Gimli - Non potrò mantenerlo a lungo. Concentratevi
più che potete sui Silmaril e sul luogo in cui dovremo agire per ripristinare i
Sigilli. -
- Luogo ? - disse Legolas
sorpreso - Ma non ci avevi parlato di... -
- Non era la cosa più urgente, ti
sembra ? - sbottò Radagast chiudendo gli occhi per non finire abbagliato
dalla sua stessa luce - Sbrigatevi ora, non so per quanto potrà durare... -
Legolas e Gimli tornarono a
guardare lo Specchio, quasi sbigottiti. I colori che prima avevano creato un
vortice luminoso ora iniziavano a formare delle immagini sfuocate. Nel più
assoluto silenzio, i due mantennero lo sguardo fisso su di esse, finchè...
- Cosa... ? - sussurrò
Legolas.
L’immagine che si era appena
creata nello Specchio rappresentava lui...
Lui, lo stesso Legolas, che
sembrava tendere una mano davanti a sé...come per afferrare qualcosa...
L’elfo ebbe quasi l’impressione
di vedere un altro se stesso tentare di prenderlo alla gola, e si ritrasse
d’istinto, ma Gimli lo afferrò per un braccio.
- Non perdete la
concentrazione ! - esclamò Radagast, gli occhi ancora chiusi.
Esitante, Legolas tornò a
guardare nello Specchio, e vide l’immagine cambiare.
La seconda visione era ancora più
inspiegabile della prima ; sembrava un’immensa macchia verde, prima
uniforme, poi sempre più chiara finchè i due capirono che si trattava di una
distesa erbosa...un prato, forse. No, una collina...una collina sulla cui
sommità ardeva un fuoco impetuoso, che però non sembrava danneggiare l’erba...
Poi il verde del prato e il rosso della fiamma si unirono in un turbine e,
davanti agli occhi pieni di stupore del nano e dell’elfo, l’immagine cambiò di nuovo.
Questa volta il colore era il
bianco. Tutto era bianco, tranne una minuscola macchia nera al centro esatto
dell’immagine. Ad un tratto la macchia si ingrandì, fino a quando al suo
interno apparve una strana figura : due lucidi coni, uno con la punta
rivolta verso l’alto, l’altro al contrario sopra il primo. Le loro sommità
sembravano toccarsi, ma Gimli e Legolas poterono definire, tra esse, uno spazio
di piccole dimensioni. Poi la macchia nera che inglobava quella stana forma si
rimpicciolì di nuovo, e il bianco tornò a predominare...ma il punto nero non
scomparve, bensì si fermò al centro di un’immagine frastagliata, che pareva
formare una riga sottile che divideva il bianco di fondo in due parti, quasi
fossero i denti digrignati di un drago. La macchia nera si trovava esattamente
a metà altezza della punta centrale, la più aspra e appuntita.
L’elfo e il nano si guardarono
negli occhi, esterrefatti. Tre visioni, una più incomprensibile dell’altra...
I due amici stavano per ritrarsi
dallo Specchio quando Radagast esclamò : - Fermi ! Non sono
finite ! Sento che qualcos’altro sta per giungere... -
Gimli e Legolas tornarono ad
affacciarsi sulla superficie dell’acqua, e quello che videro...
Legolas sentì il suo cuore
fermarsi.
- A Elbereth Gilthoniel... - bisbigliò.
Un bambino...un bambino biondo
che giocava e rideva serenamente accanto ad un vecchio...
- Galien ! - esclamò
Legolas, tendendo una mano verso lo Specchio.
- No ! Non toccare
l’acqua ! -
Nel momento stesso in cui le dita
dell’elfo sfiorarono la superficie del liquido, un’esplosione di luce lo
scaraventò indietro, e lo stesso accadde a Radagast e Gimli. Poi la luce si
spense e il magico Specchio di Galadriel tornò ad essere un semplice bacile di
pietra scheggiata.
- Per la barba di Durin !
Che accidenti è successo ? ! -
esclamò Gimli, alzandosi goffamente. Vedendo che Radagast era ancora a
terra, dolorante, corse ad aiutarlo a rialzarsi.
- Ahimè... - disse lo stregone,
una volta in piedi, recuperando il suo bastone e spolverandosi via le foglie secche
dalla veste bruna - Le mie povere, vecchie ossa non sono più quelle di un
tempo... -
Gimli guardò Legolas ancora
sdraiato su un fianco, ansimante, gli occhi spalancati e fissi nel vuoto.
- Legolas...va tutto bene ?
- disse il nano avvicinandosi all’amico e tendendogli una mano. Ma l’elfo non
la prese, e rimase ancora in quella posizione ; sembrava che tutto ciò che
lo circondava fosse scomparso, e nel suo sguardo si trovava ancora quella
visione, indelebilmente impressa...
Galien.
Suo figlio.
Vivo...
- Era lui, Gimli... - sussurrò
mentre il cuore gli galoppava nel petto - L’hai visto anche tu, vero ? Era
Galien, non posso sbagliarmi... -
Il nano tentennò, non sapendo che
dire.
- Vi dispiacerebbe informare
anche me su quello che avete visto ? - disse Radagast. Gimli gli descrisse
le visioni, mentre Legolas si rialzava, ancora sconvolto.
- Uhm...davvero strane ed
enigmatiche, non c’è che dire... - disse lo stregone, pensieroso - Legolas che
tende una mano...verso di sé, fuoco che non brucia l’erba, un misterioso
disegno bianco e nero... -
- E mio figlio ! - esclamò
Legolas, guardando lo stregone con occhi febbricitanti - Quello era mio figlio,
ne sono sicuro... -
Radagast non disse nulla e
continuò a rimuginare su ciò che gli aveva raccontato il nano.
- Io stento ancora a credere a
ciò che ho visto... - disse Gimli - Ma se quel bambino era veramente Galien,
cosa può voler dire ?-
- Non lo so. Ma ora mi sento
ancora più confuso...ricordi ciò che Galadriel disse a Frodo ? “Lo
Specchio mostra cose che furono, cose che sono e cose che devono ancora
essere”. Ma quell’immagine non apparteneva al passato di Galien, ne sono
certo...e se appartiene al suo presente o al suo futuro, significa... -
- Che è ancora vivo ! -
esclamò Gimli prendendo un braccio all’elfo - E se è così, allora possiamo
ricominciare a sperare, amico mio ! -
- Tutto è perduto solamente
quando lasciamo morire la speranza, Gimli. - disse Legolas scuotendo la testa -
E io non l’ho mai persa del tutto. Nel profondo del mio cuore non l’ho mai voluto.
Se solo avessi la certezza che Galien è davvero vivo e sta bene... -
Radagast continuava a rimuginare.
Una freccia spezzata...una bottiglia di
pioggia...
- Tu cosa ne pensi,
Radagast ? - disse Gimli.
Lo stregone smise di borbottare,
ma mantenne lo sguardo fisso nel vuoto, segno che non aveva interrotto il
flusso dei suoi pensieri.
- Che le prime due visioni
dovevano indicare i luoghi in cui trovare i Silmaril, la terza quello in cui
ripristinare i Sigilli. - rispose con noncuranza - Forse conosco il terzo
luogo...se solo riuscissi a ricordare... -
- E la quarta ? Cosa c’entra
il bambino in tutto questo ? - domandò Gimli, corrugando la fronte e
incrociando le braccia.
- Questo dovrà scoprirlo Legolas.
- disse Radagast fissando l’elfo con i suoi occhi scuri - Forse lo Specchio ha
avvertito la tua speranza di ritrovare il figlio che, se non ho capito male,
credevi morto, e ha voluto in qualche modo aiutarti...eppure sono convinto che
non te l’abbia mostrato per caso. Galien deve avere molto a che fare con questa
storia, ma ancora non capisco come... -
Detto questo, lo stregone si
diresse a passo spedito verso il suo cavallo, che lo attendeva legato ad un
albero poco distante.
- E adesso dove vai ? ! -
esclamò Gimli.
- Credo di aver capito il
significato della terza visione - rispose Radagast - Ma prima devo verificare
una cosa. Voi raggiungete le schiere dell’esercito di Gondor ; so dove
sono, ci troveremo là. -
Lo stregone balzò in sella,
lasciando interdetti i due amici.
- Un’altra cosa - disse poi Radagast
dopo essere balzato in sella - Se mai doveste trovare i Silmaril, state molto
attenti...poiché essi accendono terribili desideri in chiunque li possieda. -
- Aspetta un momento,
Radagast ! Anche se trovassimo i Silmaril, come faremo a ripristinare i Sigilli ?
- disse Gimli.
- Oh, non ne ho la minima
idea ! - esclamò lo stregone spronando il cavallo - Ma è quello che ho
intenzione di scoprire con l’aiuto delle visioni. A presto, amici. -
L’elfo e il nano rimasero a
guardare il vecchio allontanarsi al galoppo saettando tra gli alberi.
- Quello stregone è ancora più
pazzo di Gandalf...bell’affare abbiamo fatto a seguirlo. E ora cosa
facciamo ? - disse Gimli, sbuffando.
- Torniamo indietro. - rispose
Legolas dirigendosi a sua volta verso i cavalli con passo sicuro - Raggiungiamo
Aragorn e portiamogli il nostro aiuto. E poi, dato che abbiamo bisogno di
risposte, cerchiamo di riflettere su quanto abbiamo visto... -
- Ho l’impressione che tu non ci
sarai di grande aiuto... - borbottò Gimli guardando l’elfo di traverso e
sorridendo sotto i baffi. Legolas capì le parole del nano e gli restituì il
sorriso.
- E’ vero, amico. - disse, il
cuore istintivamente più leggero e il viso più luminoso - Sento che ora ho
qualcos’altro a cui pensare, e un altro motivo per sperare...e per vivere... -
Le parole di
Radagast in Quenya fanno parte del brano “The prophecy”, tratto dalla colonna
sonora del film “La compagnia dell’Anello”, pezzo che ho usato come
sottofondo...non ho reso affatto l’idea, ma è un brano che mi fa rabbrividire !