4. Reborn.
«
Crescerà normalmente? »
«
Alla perfezione, se con le giuste cure. »
Camille e Lucy
osservarono lo spazio di terra smossa sulla quale erano chine, nel
giardinetto dietro il condominio della prima ragazza.
Il sole del
tramonto bagnava le loro spalle e infuocava i capelli già
fiammeggianti di Camille.
Lucy si
stiracchiò, togliendosi poi i guanti sporchi di terra che
sia lei che l’altra avevano; seppur tendesse a nasconderlo,
la sua faccia tradiva una certa soddisfazione.
« E
così hai ripreso a suonare. »
Camille
annuì, ma non rispose con altro che una domanda:
«
Perché si è… trasformata? »
« Si
è purificata ed è tornata alla sua forma base, un
seme. Diventerà un bel mandorlo, credo. »
« Ma
non sarebbe dovuta diventare un fiore…? O una mandragola
“buona”, non so… »
«
Umh. » Lucy alzò gli occhi
sull’orizzonte di cemento. « Come te lo spiego.
Diciamo che si tende a cercare un qualcosa di simile a quello che si
è stati. Se fosse stata, non so, un grifone, avrebbe scelto
un falco o qualche altro felino, ti è chiaro? »
«
Diciamo di sì. Quindi è come se fosse morta e
nata un’altra volta? »
«
Esattamente, direi che sono le parole giuste. »
Camille non si
dilungò di molto su quest’argomento che ancora le
pareva più nei libri che fuori.
Cosa esisteva?
Cosa no? Meglio lasciar stare e fare le finte tonte, decisamente.
« Ho
inviato la domanda per il conservatorio. C’ho allegato anche
la composizione. »
«
Davvero? »
«
Quanto è vero che quando i professori e i miei amici lo
scopriranno verrà loro un infarto. »
«
L’importante è che tu ne sia felice,
però »
Camille
sorrise, poi gli occhi le caddero sulla cassa con gli strumenti da
giardino che Lucy stava rimettendo in ordine.
Oh, tu guarda.
«
Metti sempre le cose in ordine a gruppetti di tre. Anche a mensa,
quando ti ho vista la prima volta, avevi tre bracciali e tre anelli, e
in biblioteca schematizzavi e organizzavi a punti di tre in tre. Sei
fissata! »
Camille vide
il volto di Lucy dipingersi di stupore, prima che tornasse a piegarsi
in un sorriso gentile.
«
E’ più forte di me. Ce l’ho da quando
sono… da quando sono nata. »
La rossa
passò sopra lo strano tono con la quale l’altra
aveva pronunciato la frase, ma notò nuovamente il triplo
degli anni di Lucy nel suo sorriso.
«
Ah, ti devo chiedere un altro favore! Quando quest’estate
andrai da quel tuo zio, mi potresti mandare quei bestiari? Mi hai fatto
interessare! »
Magari era
come Harry Potter, pensò, Camille.
Una risata
uscì dalle labbra di Lucy, che si passò una mano
tra i capelli.
«
Non posso, Cam. »
«
Tuo zio non te li presta? »
«
No, il punto è che non li ho. Né quelli
né tutti gli altri. »
Camille
aggrottò le sopracciglia.
« Li
hai presi da internet? »
« Ne
dubito, il testo sulle piante mostruose che ho letto a diciannove anni
è andato perso in un incendio. »
Se lo sguardo
di Camille prima era confuso, adesso si poteva definire parecchio
sbigottito.
Lucy e lei
erano coetanee, tutte e due nate nel 1994.
« Tu
non hai ancora diciannove anni, Lucy. »
« Ne
sei così sicura? »
La castana
sorrise nuovamente in quel modo e, come quando le era stato svelato
della mandragola, un brivido percorse la schiena di Camille.
« Il
discorso che ti ho fatto sulla “trasformazione”
della mandragola non vale solo per una creatura del genere. Il mondo
non vieta nulla a nessuno e anche noi umani, se abbiamo fortuna,
possiamo fare il bis. » Lucy si passò una mano tra
i capelli; la sua voce tremava appena. « Nel 1300,
però, la pensavo un po’ diversamente. »
Le
informazioni vorticarono nella testa di Camille a gran
velocità.
Rivide Lucy
nella biblioteca darle il verso delle Rime Petrose da sottolineare
senza guardare sul testo, la vide girare gli occhi in “Vita
Nova” e rivide anche le compagne, mentre parlavano di lei,
dicendo come la sconosciuta dimostrava, in un’interrogazione
a sorpresa, di conoscere a menadito l’Inferno.
«
… Non hai il naso aquilino, però »
« E
menomale. Sono anche diversa come carattere, grazie al cielo!
»
« A
questo… A questo posso scegliere se credere o no? »
«
Oh, fa’ come vuoi, tanto a me non cambia nulla. »
Lucy rise di
cuore e, con un’allegria che non le aveva mai visto indosso
fino a quel momento, saltò in piedi.
«
Hai fatto venire voglia anche a me, Cam! »
« Di
cosa? »
« Di
sognare! »
«
Non lo facevi? »
Lucy
salì sul muretto vicino, provando il brivido di trovarsi a
otto centimetri d’altezza.
«
Non per me. Sai, quando ho capito perché avevo poesie in
fiorentino piantate in testa nonostante io sia nata in California, mi
sono detta: perché non faccio una bella cosa? Indovina cosa!
»
Camille fece
spallucce.
« Si
vede che non hai studiato, Cam. Insomma, ho pensato che questa era
l’occasione che aveva sognato scrivendo cento canti e quindi
mi sono messa a cercare lei, Beatrice. Ma sai, è un
po’ complicato capire dove sia andata a finire. »
Saltò, salì di nuovo, procedé a
zig-zag.
«Quindi
è meglio se inizio a sognare per me. Cosa potrei fare?
Magari la scrittrice, con tutti questi paroloni che ho in
testa…! »
Si
lasciò nuovamente scivolare. Rivelando quel suo segreto, che
quasi rendeva la mandragola una cosa “normale”,
Lucy sembrava un’altra, ben più leggera e allegra
rispetto a quella vista la prima volta nella mensa a
rosicchiare muffin.
«
Però mi sembrerebbe quasi uno sfruttamento, se non un
ladrocinio. »
«
Potresti fare la psicologa. »
Commentò
Camille, sedendosi accanto a lei.
« Ce
ne sono troppi! »
« Se
è per questo, allora ci sono anche troppi pianisti.
»
Si sorrisero;
in pochi giorni si era creata tra loro un’amicizia tanto
forte da far spavento.
«
Beh… » La voce di Lucy si perse dietro lo scoccare
della sua lingua. « Per ora potrei provare. Nel
caso vada male, sognerò qualcos’altro! »
Accavallò
le gambe e, puntando lo sguardo verso la punta del Rockfeller Center,
iniziò ad immaginarsi seduta in uno studio e con un perfetto
sconosciuto steso su una bella poltrona rossa, simile a quella del
bibliotecario.
Camille le
sorrise e rimase in silenzio, a osservare il punto dove il seme
dell’ex mandragola era stato piantato.
Pure
quell’essere aveva avuto un sogno, che si era esaudito poche
ore prima.
Lucy aveva
ragione, pensò; avrebbe sognato e sognato, senza farsi
bloccare da nessun limite, avrebbe lottato per realizzare i suoi
desideri.
Se dal
conservatorio sarebbe arrivata una risposta negativa, allora avrebbe
provato ancora, oppure cambiato strada e pensato
qualcos’altro che non “doveva”, ma
“voleva”.
Avrebbe creato
milioni di sogni, esaudendoli, abbandonandoli, ma senza più
chiuderli in antri oscuri.
Avrebbe messo
se stessa in ognuno di loro.
Così,
arrivata ad un certo punto, anche a novantotto anni, si sarebbe
guardata indietro e avrebbe visto tutte le strade che lei, lei e
nessun’altro, aveva scelto, che fossero con o senza sbocco.
E, fatto
ciò, con il sorriso sulle labbra, avrebbe capito cosa voleva
dire vivere appieno.
_________________________________________________________________________________________________________________end.
Et woila, è
finita.
L'avevo nel pc da
tantissimo, ma mi sono dimenticata di aggiornare...!
Spero vi sia piaciuta.
Ma, soprattutto, spero che il suo messaggio sia arrivato.
Non smettete mai di
credere.
Baci!
_Valkyrie.
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