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E
così le vacanze sono finite.
Sono
tornata all'università il 9 Gennaio come tutti si
aspettavano che
facessi: Kristine e Spencer ne dubitavano in realtà, tanto
che erano
venute a prendermi a casa e mi avevano trovata già vestita e
con la
borsa pronta. Un vero record. Beh, in realtà sospettavo che
non si
sarebbero fermate alla mia promessa di capodanno, in fondo per un
buon proposito abbiamo a disposizione tutto l'anno ma ho sempre
pensato che fosse meglio cominciare da subito.
E
comunque la lista quell'anno è abbastanza lunga quindi tanto
vale
cominciare il prima possibile.
Noto
con piacere le espressioni soddisfatte delle mie migliori amiche non
appena scendo in cucina, moracolosamente vestita decentemente
– il
che vuol dire che non ho niente di nero addosso. Solo Kristine sembra
aver qualcosa da ridire: la vedo infatti grattarsi con le unghie
quasi inesistenti – Dio solo sa quanto ami mangiarsele, cosa
che io
giudico abbastanza irritante, tra l'altro – perfettamente
laccate
di rosso.
“Tu
non esci conciata così” mi minaccia lei.
Perché anche se non lo dice, è chiaro che
c'è sottointeso un gigantesco "o"
“Scusa?”
chiedo convinta di non aver sentito bene. Insomma, è il mio
primo
giorno della prima settimana di lezione dopo le vacanze,
nonché
ultima settimana prima dell'estenuante sessione invernale di esami,
quindi posso essere perfettamente padrona di decidere cosa mettere.
Anche perché stranamente i miei non sono ancora tornati,
decidendo
di trattenersi in vacanza perché “completamente
affascinati dalla
bellezza del luogo”, o almeno così hanno scritto
nell'ultima mail.
Anche se penso che lo facciano perché hanno paura di non
trovare più
la casa, probabilmente temono che sia stata colta da un qualche
raptus.
“Andiamo,
un po' di trucco non ti può certo far male, senza contare
che hai la
pelle di un colorito tendente al verde”
“Sempre
gentile, Kris, non ti sciupare” le rispondo io, senza dar
troppo
peso alle sue parole.
“Mannò,
sicuramente Kristine voleva dire che sei uno schianto, anche se con
un filo di rimmel potresti far invidia alle modelle di Maxim”
prova
a spiegare Spencer
“Veramente
io intendevo dire esattamente quello che ho detto, Spe” la
zittisce
la rossa.
Ecco,
ora capite perché odio svegliarmi con loro in casa? Non
promette
nulla di buono, anzi, la cosa migliore che può succedere
è essere
colte da uno straordinario mal di testa.
“Il
caffè è pronto” celia Spencer.
Okay,
devo ammettere che trovarsele in casa ha anche i suoi pregi, specie
se si prodigano a farmi la colazione.
“Un
caffé con un cucchiaio abbondante di zucchero per Kris, ed
uno con
del latte per Annie” ci esplica mentre versa il liquido scuro
nelle nostre
tazze, per poi prepararsene una anche per sé.
Mi
piace che Spencer sappia a memoria come prendiamo il caffé,
è una
piccola attenzione che la rende più adorabile del solito.
Perché
tra le tre lei è decisamente la meno sclerata e la
più posata.
Probabilmente senza di lei io e Kris finiremo per squoiarci su ogni
piccolezza. Okay, forse no, ma potremo senza dubbio rendere
insopportabile la vita altrui, quindi è un bene che ci sia
Spe a
farci da mamma, più o meno.
Anche
se, detta così, Spencer sembra noiosa. Cosa che in
realtà non è
affatto, anzi è la persona con più iniziativa tra
le tre, metterei
la mano sul fuoco che infatti è stata lei a proporre questa
irruzione in casa mia.
“A
pranzo da me?” propone Kris mentre si avventa su un biscotto
affogato nella nutella.
“Solo
se cucini tu” rispondo io sorridendo.
“Allora
per questa volta mi darò da fare per scaldare l'ottima pasta
al
forno che mia madre ha lasciato nel forno”
“Sempre
la solita” ride Spencer prima di scegliere con cura una
brioches
dal vassoio che Kris ha portato dalla pasticceria dei suoi zii.
Ed
eccoci, davanti alla facoltà di ingegneria. Nessuno si
aspettava che
ci sarei arrivata davvero, sbaglio? E invece questa volta ci sono,
convintissima di entrare dentro questo edificio che, all'apparenza,
sembra più un museo di arte moderna, con le pareti ricoperte
di
specchi, almeno per quanto e riguarda la segreteria.
Una volta
varcata lastanza chic, ci aspetta lo squallore degli enormi edifici
interni, palazzi alti non so quanti piani, che circondano ogni lato
del cortile interno.
Una
vera rovina per gli occhi.
Senza
contare che ti fanno sentire minuscolo ed insiginificante, mentre
dentro di te cresce un senso di claustrofobia.
“Abbiamo
analisi, alla prima ora. Qualcuno mi uccida” piagnucola
Spencer non
appena entriamo nel cortile semi deserto, ci sono giusto un paio di
coppie intente a sbaciucchiarsi su qualche panchina.
Tempo
fa, li avremo presi in giro, urlando qualcosa del tipo
“Prendetevi
una stanza”.
Ma
ora è tutto diverso, ora che Peter è morto, non
me la sento di fare
una squallida ironia sulla vita sentimentale degli altri. Non ho
voglia di affrontare l'argomento, non ho nemmeno voglia di osservarli
mentre pomiciano incuranti della gente che passa.
E
credo di essere gelosa, di quello che si prova quando si è
innamorati, del guardarsi negli occhi e sapere esattamente cosa pensa
l'altro.
Kris
mi afferra saldamente la mano.
“Ce
la puoi fare” mi sussurra mentre Spencer continui a
piagnucolare di
quanto odi limiti ed integrali.
Varchiamo la porta dell'aula non appena
suona la prima campanella, annunciandoci che mancano solo cinque
minuti all'inizio della prima lezione.
Sbuffo, mentre seguo le mie due
migliori amiche e mi accomodo su un banco centrale dell'auditorium.
Kristine e Spencer stanno parlando con
Greg di qualcosa che non riesco a capire, sono in uno stato di trance
non indifferente: sulla lavagna ci sono ancora scritti i calcoli
disordinati di Peter. Non hanno pulito l'aula, tutto sembra congelato
a quando, quel pomeriggio di tanto tempo fa, il mio ragazzo mi
spiegava l'integrale definito.
Sospiro e scendo lentamente le scale
laterali, avvicinandomi a quella lavagna.
Sfioro leggermente la pietra, proprio
dove la sua scrittura brilla. Al mio tocco, le parole si sfaldano,
cancellandosi parzialmente, dando alle scritte un che di grottesco.
Sospiro di nuovo mentre afferro la
cimosa e cancello la sua grafia mentre nuove lacrime tornano ad
offuscarmi la vista. Sento i singhiozzi crescere nel mio petto, fino
a che non mi decido a lasciarli uscire, accasciandomi a terra.
Non ce la posso fare.
Nell'auditorium è sceso il silenzio,
sento lo sguardo delle mie amiche addosso, ma so che non verranno:
rispettano il mio dolore.
Eppure sento dei passi, il suono è
inconfondibile. Qualcuno si sta avvicinando a me.
So che dovrei vergognarmi di questa mia
debolezza, ma non riesco a pensare ad altro, se non al fatto che
Peter non è lì, e che la sua calligrafia
è così reale, così
nitida davanti ai miei occhi.
La persona misteriosa si china al mio
fianco, e afferra la cimosa. Io gliela lascio, non ho forza per
opporre resistenza.
Sento l'inconfondibile suono del
cancellino sulla pietra, vedo la polvere di gesso scivolare.
Alzo lo sguardo, ed incontro gli occhi
verde smeraldo di un ragazzo. Di quel ragazzo, dello stesso ragazzo a
cui avevo gettato in faccia lo spumante a capodanno.
Ora, inspiegabilmente, vorrei non
averlo fatto.
Che pensiero sciocco.
Le sue labbra si muovono, componendo un
muto “Va tutto bene?” a cui io non rispondo.
Perché non voglio ammettere che la mia
vita sia uno schifo, e di certo non voglio dirgli che va tutto bene,
quando è chiaro come il sole che sto mentendo. Quindi il
silenzio è
l'opzione migliore.
Lui distoglie lo sguardo, continuando a
cancellare, mentre io mi rialzo, strofinandomi con le mani il viso:
grosso errore, le dita sono piene di gesso, così la polvere
entra
dentro i miei occhi, tornando a farmi lacrimare.
Sospiro, uscendo e dirigendomi verso il
bagno per sciacquarmi, poco importa che il rimmel coli, anzi,
accidenti a me e a quando ho deciso di dar retta alle mie due
migliori amiche e truccarmi. Ben mi sta.
Sento dei passi affrettarsi nella mia
direzione, dal suono riconosco perfettamente chi si sta avvicinando:
Spencer e Kristine.
“Scusa” esordisce la prima.
“Non avremmo mai dovuto convincerti a
venire” conclude la seconda, sfiorandomi sotto gli occhi
sporchi
per il trucco colato dal pianto.
Annuisco, accettando il fazzoletto che
Spencer mi porge e finisco di togliere le orribili macchie di trucco
sul mio volto.
La campanella suona proprio in questo
istante.
Sospiro e abbraccio le mie migliori
amiche, prima di entra in classe. Il professore entra non appena ci
siamo sedute.
Prendo una penna ed apro il quaderno,
predisponendomi per prendere appunti, dato che ora non ci
sarà Peter
a spiegarmi ciò che non avrò capito.
Tutto
okay? -H
Leggo sulla prima
riga della pagina nuova. Mi volto a novanta gradi, avvistando Harry.
Lui sorride, io annuisco, leggermente stordita. In fondo che gli
frega, se sto bene o no? Non sono affari suoi.
Sospiro e torno ad
osservare la lavagna luminosa, tornando a dedicare attenzione al
professor Woods.
Dopo un'ora e
mezza, il magnanimo insegnante, si rende conto che nessuno lo sta
più
ascoltando, così ci concede una pausa di dieci minuti per un
caffè.
Mi lascio scivolare
fuori dallo scanno e scendo le scale: ho voglia di un po' d'aria
fresca, sempre che l'aria satura di fumo del cortile meriti tale
appellativo.
“Va tutto bene?”
mi chiede Harry, non appena finisco di scendere le scale.
Odio che le persone
mi stiano così addosso, credevo l'avesse capito dal fatto
che
nessuno nell'aula avesse osato avvicinarsi a me prima.
“Stavo meglio
prima” gli comunico, alludendo al fatto che trovo la sua
presenza
alquanto opprimente.
Lui sembra non
recepire il messaggio, infatti quando lo supero continua a seguirmi.
Questo vuole
proprio morire precocemente: si sente lontano un miglio, quando non
è
aria, con me.
“La smetti di
seguirmi?”
“Credevo di
meritare almeno un ringraziamento, per aver cancellato la lavagna al
tuo posto”
“Nessuno ha
chiesto il tuo aiuto”
“Lo so, ma
pensavo fosse la cosa giusta da fare”
Io non rispondo, so
già che se gli dessi spago lui continuerebbe a parlami, ed
io non ne
ho affatto voglia.
Ovviamente, a me
toccano sempre le persone più testarde: lui continua a
seguirmi. Mi
fermo di scatto, così lui mi finisce inevitabilmente addosso.
“Ma sei nuovo?”
gli chiedo scorbutica.
Lui annuisce “Mi
sono trasferito da poco da Holmes Chapel”
“E cosa ti ha
portato dai monti alla metropoli?”
Lui ride “Ancora
queste idee borghesi?” chiede.
Almeno ha il senso
dell'umorismo, cosa che non è troppo uno schifo,
considerando che è
pur sempre uno stupido ragazzo snob con manie da paladino.
“Dimmi, ti
piacciono i supereroi?”
“Scusa?” chiede
lui, non afferrando – ovviamente – il senso della
mia domanda.
“Rispondi alla
domanda”
“Sì – si
affretta lui – mi piace l'idea di qualcuno dotato di poteri
che
sceglie di proteggere le persone”
“Allora tornatene
sul tuo pianeta, Superman. Nessuno qui ha bisogno di un salvatore, ed
io di certo non sono la povera ed indifesa ragazza, quindi vedi di
sparire, novellino” rispondo io telegrafica, prima di
nascondermi
nel bagno delle ragazze. Così almeno la smette, di starmi
addosso.
Salve!
Anche stavolta ci ho messo tanto, chiedo venia,
Il fatto
é che - ops - mi sono presa una tendinite alla mano destra,
quindi era impossibile digitare.
Ma oggi mi sono data tanto da fare u.u
Niente, oggi è andata un po'
così, il capitolo non mi convince ma non avevo niente di
meglio in mente.
Il prossimo sarà "più meglio" cit. Simone.
Un
bacio.
-J♥
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