Naruto2
Capitolo secondo
Problemi di coppia
La notizia che Sakura Haruno se ne andava di casa per vivere con Naruto
Uzumaki fece il giro del villaggio in meno di una giornata, lasciando
metà delle persone a bocca aperta e l’altra
metà piegate in due dal ridere.
I protagonisti del pettegolezzo sembravano fare del loro meglio per
ignorare le occhiate, le frecciatine, le teste scosse e i consigli che
piovevano da ogni parte, ma scoprirono che era anche più
difficile di una missione di livello S. Il primo a esplodere fu Naruto.
«Un’altra parola e ti rapisco il cane!»
disse a Kiba Inuzuka il giorno in cui per la quarta volta gli
scoppiò a ridere in faccia.
«Come se Akamaru si lasciasse prendere
così» sghignazzò Kiba, gli occhi pieni
di lacrime. «E poi… dai, ammetti che è
assurdo! Sakura è una delle ragazze più in gamba
del villaggio, e… e si è messa
con…»
Non si seppe mai con chi – o cosa – esattamente si
fosse messa Sakura, perché un altro scoppio di risa gli
impedì di continuare.
Sulla fronte di Naruto si gonfiò una vena pulsante. I suoi
occhi saettarono su Akamaru, acciambellato ai piedi del padrone sotto
il tavolo del ristorante, e quello alzò la testa e
ringhiò piano.
«Ahh, che palle» sbuffò Shikamaru Nara,
stravaccato nell’angolo del divanetto, con la testa reclinata
all’indietro. «Lasciatelo in pace, non è
colpa sua se Sakura ha preso una botta in testa»
La battuta scatenò altre risate, e Naruto evitò
di ribaltare il tavolo solo perché non aveva ancora finito
di mangiare.
«Ora capisco il vero valore dell’amicizia, grazie
eh» commentò acido, affondando le bacchette in un
pezzo di carne con insolito impegno.
«Amicizia»
disse Sai, sollevando un rotolo con l’ideogramma
corrispondente, perfettamente serio in faccia. «Non significa
divertirsi tutti insieme?»
«Tu stai zitto» Naruto assottigliò gli
occhi, puntando le bacchette contro Sai come due spiedi. «Un
giorno o l’altro voglio avere per le mani quel maledetto
libro che dici sempre di aver letto… Vedi come te lo
concio»
«Dai, ragazzi» intervenne Neji Hyuga, in tono vago.
«Siamo qua per festeggiare, no?»
«Giusto!» approvò Rock Lee riemergendo
dalla sua ciotola di zuppa con un alone di salsa di soia attorno alla
bocca. «E allora festeggiamo!»
Si protese verso il sakè al centro del tavolo, ma un attimo
prima che lo toccasse tre mani glielo portarono via.
«Meglio evitare» disse Neji impassibile, facendolo
scivolare verso Shikamaru, dall’altra parte del tavolo.
«Perché?» piagnucolò Lee
deluso.
A tutti venne in mente la sera di Natale dell’anno prima,
quando per sbaglio gli avevano dato in mano una bottiglia di birra. Se
non si sbagliavano, il mattino dopo il locale che avevano affittato era
quasi demolito. E naturalmente loro avevano dovuto risarcire tutto.
Il fatto che Lee fosse un genio inconsapevole nella tecnica
dell’ubriaco poteva rivelarsi inaspettatamente pericoloso.
«Gaara?» domandò Shino, aprendo la bocca
per la prima volta dopo almeno venti minuti di cupo – e
assolutamente normale – silenzio.
«Gli ho inviato un messaggio l’altro giorno, ma non
ha ancora risposto» rispose Naruto a bocca piena.
Dalla sua parte del tavolo Shikamaru si lasciò sfuggire un
gemito.
«No, dimmi che non ha intenzione di farti
un’improvvisata…» si lamentò.
Choji sogghignò. «Temari ti fa una paura del
diavolo, eh?»
«Lascia perdere» mormorò il Nara cupo.
«Quella ragazza è un demone, altro che il
fratello»
«In effetti è l’unica cui Gaara porti
evidente rispetto» confermò Naruto con un piccolo
ghigno. «A quanto pare, comunque, non sono l’unico
impegolato con una ragazza…»
«Voi quando andrete a vivere insieme?» si
informò Sai in perfetta buona fede.
Shikamaru, che in quel momento stava buttando giù un sorso
di tè, si strozzò e sputò
metà del bicchiere in faccia agli altri.
«Ma sei scemo?» esclamò Choji
orripilato, vedendo il suo piatto ancora mezzo pieno irrimediabilmente
rovinato.
«Io?!»
replicò quello, sputando l’anima nel tentativo di
liberare i polmoni dal tè. «Chiedilo a
lui!» sbottò additando Sai. «Fare questo
genere di affermazioni da film dell’orrore mentre
bevo…!»
«Tu e Temari non state insieme?» chiese Sai
corrugando appena la fronte, senza capire.
«Mai!»
esclamò Shikamaru sbattendo i palmi sulla tavola.
«Prima di cedere a Satana vedrete il mio cadavere!»
Gli altri gli lanciarono un’occhiata scettica.
L’unico a dimostrare un po’ di comprensione fu
Neji, che gli batté una pacca sulla spalla e disse, in tono
rassegnato:
«Buona fortuna. Preferisci sepoltura o cremazione?»
Dall’altra parte del villaggio, nell’appartamento
di Naruto, Sakura e Ino erano impegnate nelle ultime opere di
sistemazione, e stavano riponendo i libri sulle mensole altrimenti
deserte.
«Ecco fatto, abbiamo finito» disse Ino con un
sogghigno soddisfatto. «Ora sembra quasi la casa di una
persona intelligente»
Sakura non rispose, fissando la costola di “Il chakra come fonte di vita”
che stava davanti ai suoi occhi.
«Ino…» mormorò, abbassando lo
sguardo. «Secondo te ho fatto un errore?»
Nella stanza scese il silenzio.
Fuori dalla finestra i grilli frinivano
nell’oscurità della sera, e una falena volteggiava
attorno alla lampada accesa sul tavolino.
Ino guardò Sakura.
«Non sono io che posso dirtelo» le fece notare.
«Sei tu che hai fatto una scelta, e credo che ci abbia
pensato un po’ prima di decidere, giusto?»
Sakura esitò.
Ci aveva pensato prima di decidere?
No, non ne aveva avuto il tempo.
Naruto aveva tentato l’esame di jonin così
all’improvviso da spiazzarla completamente, e tre giorni
prima, quando le aveva ricordato la promessa di vivere insieme che si
erano fatti, lei era davvero caduta dal pero.
Era stata convinta che quel giorno sarebbe venuto solo in un lontano
futuro, che per il momento poteva anche posticipare la
riflessione…
…Ma forse alla fine avrebbe accettato comunque,
perché amava davvero Naruto, e non aveva alcun genere di
ripensamento, e…
…Se non fosse
stato per quella cosa…
«Abbiamo una traccia di Itachi Uchiha»
mormorò piano.
Ino corrugò appena la fronte.
«Sasuke?» chiese.
Sakura si strinse nelle spalle. «Forse…»
«Ah. E tu… è per questo che ci stai
ripensando?»
Sakura si morse il labbro, distogliendo lo sguardo.
Si era arresa per quanto riguardava Sasuke.
Lui se ne era andato, li aveva traditi, aveva preferito rincorrere la
sua vendetta da solo… E inoltre, un anno prima,
l’ultima volta che lo avevano visto, aveva fatto capire
chiaramente a lei e a Naruto che non si curava più di loro,
e che non sarebbe mai tornato indietro.
Lei si era convinta che il gruppo 7 non sarebbe mai più
tornato quello di un tempo.
Ma ora…
…Ora che avevano notizie di Itachi…
…Ora che potevano ritrovare Sasuke, sulle tracce del
fratello…
…Ora che c’era una speranza che la sua vendetta si
compisse, definitivamente…
…Ora… ora forse poteva sperare che
tornasse…
O no?
Cosa avrebbe fatto
Sasuke dopo la scomparsa di Itachi?
«Sakura»
Ino la distolse dai suoi pensieri, facendola quasi trasalire. La
fissò scura in volto, le braccia incrociate sul petto e la
lunga coda bionda che ricadeva su una spalla.
«Se non sei convinta riguardo a Naruto, lo prenderai solo in
giro» le disse piano.
«Lo so» mormorò lei. «Non sono
stupida, lo so… E’ che… non so nemmeno
io cosa voglio»
Ino sospirò, e poi le rivolse un mezzo sorriso.
«Ti vanti tanto di essere cambiata… Ma in fondo
sei rimasta l’indecisa che eri da bambina, per le cose
importanti»
Sakura arrossì indignata.
«Vorrei vedere te al mio posto…»
bofonchiò risentita.
«Io avrei già preso una decisione. E avrei scelto
Sasuke, mi sembra ovvio»
«Perché dovrebbe essere ovvio?» chiese
Sakura ansiosamente.
«Ma li hai guardati un attimo, uno accanto
all’altro? Cioè, ti ricordi il divario immenso che
c’era quando avevano dodici anni?»
«Naruto è molto migliorato da
allora…»
«E quindi immagina quanto possa essere migliorato
Sasuke»
Sakura fece mente locale.
L’ultima volta che aveva visto Sasuke aveva la pelle scura,
occhi rosso sangue immersi nell’oscurità, e
un’unica ala dalla forma ripugnante sulla schiena, appaiata a
una serie di serpenti che emergevano dall’altra scapola.
No, non lo avrebbe definito esattamente attraente.
Però, prima che si trasformasse, lo aveva visto per come era
naturalmente… e, lo ammetteva con tutto il rimorso di cui
era capace, era diventato bello da togliere il respiro.
Naturalmente anche Naruto era diventato bello, a modo suo; si era fatto
alto, i suoi capelli avevano assunto un che di affascinante, e aveva
due occhi azzurri che disarmavano… ma non avrebbe mai potuto
competere con l’aura di nobile superiorità che
circondava gli Uchiha, sia Sasuke, sia Itachi.
«Se lo dici tu…» mormorò
Sakura evasiva, prendendo un libro dalla mensola e cambiandolo di
posto. «Però Naruto mi ama, no? Mentre
Sasuke… ha sempre detto che sono insopportabile»
“Eppure, quel ‘grazie’... Appena
sussurrato, prima di andarsene...”
«Ma se tu stai con Naruto pensando a Sasuke fai del male sia
a lui che a te stessa» disse Ino distogliendola dai suoi
pensieri. «Se lui ti ama si accorgerà che pensi a
un altro, e non credo che la prenderà bene, per quanto possa
essere un pezzo di pane e adorarti. Potrà anche considerare
Sasuke il suo migliore amico, suo fratello se proprio vuole, ma se
c’è di mezzo una donna dubito che gli
lascerà il campo in virtù del suo buon
cuore»
Sakura si accigliò, irritata.
Perché Ino le faceva notare tutte quelle cose? Credeva che
non ci avesse pensato? Certo che lo aveva fatto… e aveva
deciso di confinarle nella parte più profonda della sua
anima, dove non poteva vederle né sentirle.
«Va bene, grazie per l’aiuto» disse
sbrigativa. «Scusa se ti ho trattenuta così a
lungo, puoi andare»
Ino la fissò inarcando un sopracciglio. «Non
ricordavo che scappassi così spudoratamente»
«Buona notte» insisté Sakura.
Ino sospirò, scosse la testa, e si arrese.
«Buona notte…» salutò.
«Non disturbarti, so dov’è
l’uscita»
Ferma davanti alla solita mensola, Sakura sentì i passi di
Ino nell’ingresso, poi sentì la porta aprirsi e
richiudersi. Rimase sola.
Si sentiva uno schifo. Non ricordava di essere stata così
male nemmeno quando era stata avvelenata da Sasori della Sabbia,
più di due anni prima. Forse nemmeno quando Sasuke se ne era
andato. Stanca, si avvicinò alla finestra e posò
una mano sul davanzale, guardando le stelle che scintillavano
debolmente.
“Naruto…” pensò con un senso
di soffocamento. “Hai voluto che venissi a vivere con te
perché hai paura del ritorno di
Sasuke…?”
Il villaggio era silenzioso.
Notte fonda, tutti dormivano nei loro letti, l’aria era
tiepida e profumata d’erba; era una notte meravigliosa, di
quelle che capitano sì e no una volta l’anno, e in
cui tutto sembra essere perfetto. Anche i ninja di guardia sulle mura
del villaggio giocavano a carte passandosi una bottiglia di
sakè, ridendo tra loro, e tutti davano per scontato che
nulla avrebbe turbato la pace di Konoha.
Naruto raggiunse il suo appartamento su piedi un po’
instabili, e si appoggiò al muro per evitare di vomitare
tutto ciò che aveva nello stomaco. Forse non aveva bevuto un
granché, ma lui l’alcool non lo reggeva, e poi
aveva mangiato davvero troppo. Ruttò
nell’oscurità, sperando che il rumore non entrasse
dalla finestra aperta del suo appartamento, e soprattutto non
raggiungesse le orecchie addormentate di Sakura, e scosse la testa per
schiarirsi i pensieri.
“Buono lì, maledetto d’un pavimento
ondeggiante…” pensò accigliandosi,
frugando in tasca alla ricerca delle chiavi. Fu un’ardua
impresa, perché le dita non volevano saperne di chiudersi
attorno al mazzo tintinnante, ma alla fine riuscì a tirarle
fuori e ad avvicinarle alla serratura. Gli scivolarono. Imprecando si
chinò e le tirò su, ritentò una
seconda volta, in qualche modo riuscì ad aprire e quasi
cadde dentro, mantenendosi in equilibrio solo per un pelo. Richiuse la
porta e guardò le scale debolmente illuminate da lampadine
elettriche. Represse un gemito sconsolato: si supponeva davvero che
salisse su di lì? Afferrandosi al corrimano
iniziò la scalata, sentendo lo stomaco brontolare debolmente
per l’allenamento imprevisto. Lo calmò con qualche
parola vaga e proseguì, impavido, fino a raggiungere il
terzo piano e il tappetino macchiato da qualcosa di misterioso e
sconosciuto, l’unico indizio che gli permise di capire che
era arrivato, e allora si fermò ansante. Che diamine,
perché le scale erano diventate più faticose di
un percorso di sopravvivenza?
Ancora una volta dovette cercare le chiavi, imprecando tra i denti, ma
finalmente, dopo un paio di tentativi a vuoto, riuscì a
entrare nel suo appartamento e a lasciarsi cadere sul divano che per
fortuna era a un passo dalla porta.
“Meno male che Sakura ha pulito” pensò
di sfuggita, mentre il suo stomaco lanciava segnali preoccupanti.
Naruto ritenne opportuno un bicchiere d’acqua, quindi si
rialzò di malavoglia, aprì il frigo mezzo vuoto e
prelevò la bottiglia nella portiera, svuotandone quasi
metà.
Incredibilmente, l’acqua sembrò dissipare la
nebbia che avvolgeva i suoi sensi, e lo lasciò parzialmente
lucido e rinfrescato. Guardò la bottiglia inarcando le
sopracciglia.
«Wow. Sei sicura di essere solo acqua?» chiese come
se la plastica avesse potuto rispondere.
Ma la bottiglia restò muta, naturalmente, e lui la rimise al
suo posto con un mezzo sorriso. Il suo secondo pensiero fu per una
doccia; poteva ancora sentirsi addosso la puzza di fritto del
ristorante in cui aveva festeggiato con gli altri, e di quel maledetto
cane che alla fine aveva minacciato di mordergli una caviglia. E che
cavolo, non era certo colpa sua se quella bestia aveva lasciato in giro
la coda e quella gli era finita sotto i piedi, no?
Con uno sbadiglio si avviò verso il bagno, cercando di fare
meno rumore possibile. Non poté impedire all’acqua
di scrosciare, ma poté permetterle di farlo solo per poche
frazioni di secondo alla volta, lavandosi a spizzichi e bocconi. Alla
fine in qualche modo uscì pulito, e gettò
un’occhiata al suo riflesso nello specchio sopra il lavandino.
“Sono un bel ragazzo” si complimentò con
sé stesso, esibendosi in un sorriso da playboy piuttosto
malriuscito. “E Sakura, quella
Sakura, ora vive con me”
Il sorriso scomparve dalle sue labbra, lasciando il posto a
un’espressione più cupa e dura.
“Sasuke… hai visto cosa hai perso
andandotene?”
Per un attimo scorse nello specchio un’altra immagine, un
volto pallido e regolare incorniciato da capelli neri come
l’ebano. Vide negli occhi rossi incisi dallo sharingan
un’espressione di disprezzo e velata indifferenza,
l’ultima occhiata che suo
fratello gli aveva rivolto prima di scomparire, un anno
prima, promettendo che non si sarebbero mai più rivisti.
Eppure, ora, sembrava che ci fosse qualche probabilità di
incontrarsi di nuovo.
Tsunade aveva detto a Naruto che avevano localizzato Itachi Uchiha ad
ovest, nel Paese della Pioggia, e che sembrava impegnato in qualcosa
che lo avrebbe tenuto fermo per un certo periodo. Secondo lei, e anche
secondo Naruto, Sasuke lo avrebbe individuato e raggiunto quanto prima.
‘Non abbiamo tempo da perdere’ aveva detto il
quinto Hokage, seria, mentre alle sue spalle Shizune stringeva tra le
braccia il maiale che le accompagnava sempre, se possibile ancora
più serio di entrambe. ‘Abbiamo al massimo una
settimana per organizzare le cose, poi voglio che tu, Sakura, Sai e
Kakashi partiate per recuperare entrambi i fratelli Uchiha’
‘Tutti e due?’ aveva chiesto Naruto accigliandosi.
‘Preferibilmente’
‘Anche Itachi… vivo?’
‘Pensi di riuscirci?’
Silenzio.
‘Possiamo provare… ma non garantisco
niente’
Il quinto Hokage aveva annuito. ‘Mi basta questo’
Già, a lei bastava
quello.
Itachi Uchiha e Sasuke Uchiha legati insieme dal Paese della Pioggia a
quello del Fuoco. Come dire un barile di olio su un fiammifero.
Naruto appoggiò le mani al lavandino, fissandosi attraverso
lo specchio.
Sasuke, Sasuke… aveva ancora paura di lui?
Aveva ancora paura del suo ritorno, paura che gli portasse via Sakura?
No, Sakura lo amava, diceva di amarlo…
…E allora perché, come aveva sentito di Itachi,
si era buttato a capofitto nell’esame per diventare Jonin?
Perché aveva voluto che vivessero insieme, perché
aveva voluto legarla a sé così improvvisamente?
La stretta delle sue dita sulla ceramica bianca aumentò,
così come la ruga tra le sopracciglia.
“E’ perché potremmo anche non tornare
vivi da questa missione” cercò di convincersi.
“Itachi è il ninja più forte che la
Foglia abbia mai visto, forse anche più forte del quarto
Hokage… potremmo anche morire…”
Distolse lo sguardo, trattenendo l’ultimo pensiero nella sua
testa come se avesse potuto fare davvero la differenza.
Lui amava Sakura e Sakura amava lui, e stop. Non c’era altro
da dire.
Non c’erano altre persone che potevano intromettersi.
Ancora umido dopo la doccia, infilò un paio di boxer che
Sakura gli aveva lasciato in bagno e decise che aveva troppo caldo per
la maglietta.
Andò in camera senza accendere luci, muovendosi in punta di
piedi per non svegliare lei, che dormiva dandogli la schiena. La vide
respirare piano, la spalla nuda sollevarsi lenta e poi abbassarsi,
illuminata appena da un raggio di luna che penetrava dalla finestra.
Era la sua Sakura, e dormiva nel suo letto.
Nessun Sasuke avrebbe mai potuto cambiare una cosa come quella, vero?
Senza fare rumore scivolò carponi sul materasso, e si spinse
fino a lei. Si sporse per vedere il suo viso addormentato, una ciocca
dei capelli chiari a sfiorarle il naso, e con un sorriso ricolmo di
tenerezza la scostò delicatamente. Sakura aprì
gli occhi.
«Scusa… ti ho svegliata?»
mormorò Naruto in un sussurro appena udibile.
«Mm… mi ero appena
addormentata…» mugolò lei riabbassando
le palpebre sulle iridi verdi.
«Scusa…» ripeté lui,
chinandosi a baciarle la spalla. Posò le labbra sulla pelle
morbida che conosceva tanto bene, poi scese verso il collo,
salì all’orecchio, alla tempia. Sakura
sospirò, lasciandolo fare, lasciandosi invadere da una
piacevole sensazione di torpore venata soltanto da una riga
d’ansia.
Naruto fece scivolare un braccio oltre il suo corpo, intrappolandola, e
aspettò che lo guardasse per cercare la sua bocca. Lei si
girò appena, incontrò i suoi occhi stanchi eppure
svegli, che in ogni attimo del giorno e della notte le gridavano quanto
l’amasse e quanto sarebbe stato disperato se lei lo avesse
lasciato. Naruto si chinò, e a un soffio dalle sue labbra
lei parlò:
«Naruto…»
«Cosa c’è?» chiese lui, mentre
il suo cuore mancava un battito.
In quel momento pensarono entrambi alla stessa persona, pur senza
saperlo. Alla stessa macchia che incombeva su entrambi, così
lontana eppure così pericolosa.
«Niente…» mormorò poi Sakura,
cancellando in fretta il viso di Sasuke dalla sua mente.
No, non sarebbe successo.
Lei amava Naruto, lui amava lei, sarebbero rimasti insieme qualunque
cosa fosse accaduta.
Tese un braccio sopra la spalla di lui, e posò le dita
sottili sulla sua nuca, attirandolo verso il basso.
Le loro labbra si incontrarono, piene di dolcezza e di passione, e le
lenzuola frusciarono quando Sakura si girò completamente, e
gli cinse il collo anche con l’altro braccio.
La pelle di Naruto profumava di bagnoschiuma, i capelli umidi di
shampoo, e il petto nudo era ancora solcato da qualche goccia leggera
che scendeva dalle punte dei capelli.
«Bagnerai le lenzuola» sorrise Sakura fermando una
goccia con le labbra.
«Farò di peggio a queste lenzuola»
promise lui, strappandole una minuscola risata.
Scostò la stoffa leggera, inutile ostacolo che lo separava
dal corpo tiepido di lei, e di nuovo chinò il capo sulla sua
spalla, facendo correre le mani alla canotta nera e levandogliela con
un unico gesto fluido. Cercò il suo seno con le labbra,
sorprendendosi, come sempre, perché era più
morbido di quanto appariva, e lottando contro la tentazione di morderla
per sentirla gemere, e avvertì le sue dita tra i capelli e
il suo sospiro di piacere.
Era sua, e sempre lo sarebbe stata, nei momenti in cui facevano
l’amore e quando uscivano in missione. Era la sua Sakura,
maledizione, Sasuke non poteva ricomparire all’improvviso e
distruggere il loro mondo perfetto!
Preso da una sorta di frenesia, in un attimo in un attimo si
liberò dei vestiti di entrambi, ed entrò dentro
di lei senza la solita mezzora canonica di preliminari e giochetti, che
lui e Sakura tanto amavano. Ma neppure lei si lamentò; aveva
bisogno di annullarsi, di perdersi nel piacere e non pensare a nulla,
perché l’immagine di un'altra persona non si
sovrapponesse a quella di Naruto, e alle sue labbra serrate tra i denti
non sfuggisse il nome sbagliato…
Dio, perché era così distante eppure
così ossessionante?
Ebbe inizio la serie infinita di movimenti lenti e coordinati che
avevano imparato insieme, e che presto accelerò,
aumentò il ritmo dei loro cuori e dei loro respiri, fece
sì che dalle loro gole uscissero gemiti e ansiti. I loro
corpi umidi di sudore sfregavano l’uno contro
l’altro in una danza inebriante, finché Sakura non
affondò le unghie nella schiena di Naruto e si
lasciò andare quasi a un urlo nel momento
dell’amplesso.
Allora, ansimanti, scivolarono l’uno lontano
dall’altra; Naruto rotolò sulla schiena fino al
suo lato del letto e lì giacque supino, sudato come se non
avesse nemmeno fatto la doccia, gli occhi puntati sul soffitto buio.
Non era stato come al solito… e sapeva che anche lei se ne
era accorta.
Non ebbe bisogno di guardarla per sapere che si era girata su un
fianco, che si era alzata dal letto ed era uscita, presumibilmente per
andare a farsi una doccia. In un silenzio terribilmente eloquente.
Allora Naruto nascose gli occhi dietro alle mani e affondò
le dita sulle tempie, furioso con sé stesso.
“Sasuke, Sasuke, sempre Sasuke! Quando smetterà di
essere un incubo?” urlò dentro di sé.
All’improvviso sentiva il fortissimo desiderio che, dieci
anni prima, Itachi avesse eliminato tutti i membri
della casata Uchiha…
Il mattino dopo aveva già cambiato idea.
Come la maggior parte dei pensieri notturni, soprattutto se influenzati
da alcool e sesso, anche quel particolare desiderio era evaporato,
lasciando il posto a un blando rimprovero e biasimo per sé
stesso.
Lavandosi i denti dopo colazione, Naruto pensò che dopotutto
era un pensiero giustificabile, considerato il contesto, e che
l’importante era che quel mattino avesse cambiato idea.
In fondo sapeva che non avrebbe mai potuto desiderare razionalmente che
Sasuke fosse morto anni prima con la sua famiglia: con Sasuke aveva
vissuto alcuni tra i momenti più belli della sua vita, di
Sasuke aveva fatto il fratello che non aveva mai avuto, lui era il suo
rivale e il suo più grande compagno d’allenamento.
Come aveva lottato per superarlo da ninja, ora Naruto avrebbe lottato
anche per Sakura.
E poco importava che anni prima lei fosse stata innamorata di Sasuke, e
che forse anche adesso lo pensasse… in ogni caso lui avrebbe
vinto, e l’avrebbe tenuta stretta a sé.
Sputò nel lavandino e si sciacquò la bocca,
infinitamente più spavaldo di quanto sia lecito aspettarsi
dal reduce di una sbronza, e poi lasciò cadere lo spazzolino
nel bicchiere che conteneva anche quello rosa di Sakura.
«Forza» si disse, come un condottiero pronto alla
battaglia.
Uscì dal bagno e trovò la colazione pronta sul
tavolo, mentre Sakura, dandogli la schiena, preparava le ultime cose.
«Che buon profumo» disse cercando di usare il
solito tono leggero e spensierato. Lei non rispose.
Un po’ demoralizzato, Naruto si sedette e prese in mano le
bacchette.
«Kakashi è tornato dalla sua ultima
missione» riferì Sakura a quel punto.
«Sì?» replicò Naruto alzando
la testa, ansioso di trovare un appiglio per conversare.
«Sì. Quindi suppongo che potremo partire a
breve»
Cadde il silenzio. Argomento spinoso.
«Dovremo muoverci in fretta» continuò
Sakura, sempre rivolgendogli le spalle. «Se Itachi si
muovesse… o se Sasuke arrivasse prima di
noi…»
«Sì, sarebbe inutile» tagliò
corto Naruto, infilandosi in bocca del riso bruscamente.
Perché Sakura voleva parlare di quello? Perché
insisteva con quell’argomento che non faceva piacere a
nessuno dei due? Perché non si comportava con un minimo di
dolcezza, considerato che quella notte non era stata esattamente
idilliaca per loro?
Lei finalmente si voltò, e lui vide che teneva gli occhi
bassi. Non erano arrossati, ma lo evitavano. Sakura posò sul
tavolo l’ultima ciotola e si sedette all’altra
sedia, alla destra della sua. Lui la fissò, senza mangiare
altro, costringendola a sentire il suo sguardo sulla pelle, a sentirlo
bruciare e insistere, finché non cedette e finalmente
incontrò i suoi occhi.
«Mi dispiace» le disse a quel punto, tutto
d’un fiato. «Per questa notte…
ero… ero un po’ brillo, sono stato troppo
brusco»
Lei esitò per un istante. Poi riabbassò gli occhi
e riprese a mangiare, piano. «Non importa»
mormorò.
E non disse nient’altro.
«Sono un maledetto cretino!»
Coricato su una panchina nel parco del villaggio, Naruto teneva un
braccio sulla faccia e i pugni serrati.
«Questa non è una novità»
disse Shikamaru pragmatico, accanto a lui; fermo con le mani in tasca,
in piedi, lo fissava con blanda curiosità e
l’espressione vagamente annoiata.
«Tu sì che sai confortare»
brontolò il biondo lanciandogli un’occhiata offesa.
L’altro sospirò. «Non prendiamoci in
giro, sappiamo tutti e due che Sasuke aleggerà sempre sulla
storia tra te e Sakura, non è un segreto per
nessuno» commentò.
Naruto non ribatté, chiudendosi in un silenzio ostinato.
«Adesso andate a recuperarlo, e magari riuscite a sistemare
definitivamente la cosa, no?»
«Ah, certo!» esclamò Naruto sprezzante.
«Lo vediamo, ci dà la sua benedizione e viviamo
felici e contenti! E’ così
semplice!»
«Hai paura che Sakura faccia marcia indietro?»
Altro silenzio.
(Sì che aveva
paura)
No, Sakura lo amava!
«Stronzate» masticò tra i denti.
«Non ho paura di quello»
«E allora qual è il problema?»
Naruto si alzò a sedere di scatto. «Okay, va bene,
la psicanalisi finisce qui» disse secco.
«Come vuoi…» sospirò
Shikamaru guardando distrattamente il cielo azzurro.
«Però credevo che volessi una mano quando mi hai
portato qui»
«Io… no! Non ho bisogno di nessuna mano!»
«Ah okay. Il sesso turbolento sarà un effetto
collaterale della convivenza, allora»
«Non dovevo accennartelo!» ringhiò
Naruto additandolo astioso. «Il tuo problema è che
non hai mai problemi! Non ti preoccupi mai per nulla!»
«Ho valanghe di problemi…»
«Ah! La battuta del giorno» disse una voce
sarcastica che non era né di Shikamaru, né di
Naruto.
Nell’istante in cui la sentì, lungo la schiena del
moro corse un brivido gelido, e il sudore gli imperlò la
fronte. Chiuse gli occhi, disperato, mentre Naruto si voltava e
inarcava le sopracciglia.
«Gaara!» esclamò. E poi:
«Anche Temari e Kankuro!»
A parlare era stata l’unica ragazza del gruppo che si
avvicinava, la quale rivolse un ghignetto pieno di strafottenza
all’indirizzo di Shikamaru.
«Hai ricevuto il mio messaggio, allora!»
continuò Naruto di umore decisamente più allegro,
alzandosi dalla panchina per andare incontro al Kazekage e ai suoi
fratelli.
Gaara annuì, salutando con un cenno anche Shikamaru.
«Congratulazioni per essere diventato jonin. Ma…
avevo capito che c’era una festa» disse.
«Davvero?» fece Naruto perplesso. «Ho
scritto così?»
Per un attimo Gaara lo fissò, impassibile. «Te ne
sei scordato» constatò poi, in tono piatto.
«Beh… può darsi…»
fece Naruto vago. «Sai, l’euforia del momento, la
novità… ehm… fatto buon
viaggio?»
«Uno schifo» commentò Temari pragmatica,
squadrando con un’occhiata Shikamaru, che cercava di
diventare invisibile senza ricorrere al chakra. «Ma
è sempre così quando veniamo qua»
“Allora potevi restartene a casa” pensarono i ninja
della Foglia contemporaneamente.
«Siamo venuti qui per niente?» chiese Kankuro a
quel punto. «Non c’è una
festa?»
«Beh, ehm… c’è stato una
specie di party ieri sera…» borbottò
Naruto imbarazzato. «Se foste arrivati un giorno
prima…»
«Non si può replicare?»
insisté il burattinaio, con voce desiderosa.
Naruto lo fissò vagamente scioccato: da quando Kankuro era
un festaiolo?
«Non saprei… Molto presto dovremo
partire… una missione…» rispose
incerto, e poi guardò Gaara. «Sasuke»
spiegò con una sola parola.
Il Kazekage ricambiò l’occhiata senza una
reazione, mentre Kankuro fissava entrambi senza capire cosa succedesse.
Temari, lì accanto, decise di rompere il silenzio.
«L’Uchiha?» domandò piazzando
le mani sui fianchi. «Avete intenzione di riportarlo
indietro, vivo o morto, volente o nolente?»
«Ehm… questa sarebbe
l’idea…» rispose Naruto tralasciando il
particolare Itachi.
«Se fossi in voi l’avrei lasciato perdere da
tempo» sbuffò lei. «E’
evidente che non vuole tornare. E poi sai che sbattimento trascinarlo
indietro per tutta la strada? Non credo che sia nel Paese del Fuoco,
vero?»
Naruto non poté che concordare sull’ultima
parte… riportare indietro Sasuke, soprattutto se insieme a
Itachi, sarebbe stato un incubo…
Fu allora che l’illuminazione lo colpì come un
fulmine a ciel sereno:
«Ehi, potreste venire con noi!» esclamò
raggiante.
Mentre i ninja della Sabbia inarcavano le sopracciglia
all’unisono, Shikamaru nascose il viso dietro una mano.
“Quel cretino di Naruto…”
pensò.
«Stai chiedendo di scomodare il Kazekage per inseguire un
ninja della Foglia che non vuole neanche essere portato
indietro?» chiese Temari, apparentemente sconvolta
dall’audacia della richiesta.
«Ehm… non si può?» fece
Naruto perplesso. «Il Fuoco e il Vento non sono
alleati?»
«No, evidentemente non capisci la portata della
cosa… stai scomodando il Kazekage per un
unico ninja di un altro villaggio, pure traditore…»
«Naruto» interruppe Shikamaru, facendosi avanti
controvoglia. «Non puoi chiedere ad altri di risolvere le
beghe del nostro villaggio. E poi credevo che volessi recuperare Sasuke
da solo, no?»
Naruto mugugnò qualcosa di indistinto, sbuffando.
«Avrei voluto soltanto una mano per il
ritorno…» borbottò, vedendo scomparire
l’immagine mentale di Itachi e Sasuke che, separati, venivano
riportati a Konoha. Ma nessuno degli altri riuscì a capire
cosa intendesse, e Gaara si limitò a rivolgergli un mezzo
sorriso.
«Sono sicuro che riuscirai a riportarlo indietro con le tue
forze» disse tranquillo.
Naruto lo guardò e sorrise a sua volta, riconfortato.
«Sì» disse convinto.
«Va bene, problema risolto, io vado…»
borbottò Shikamaru, defilandosi alla velocità
della luce.
Ma prima ancora che fosse sparito lungo la strada, Temari gli
scoccò un’occhiata furba, sorrise appena a Naruto
e annunciò che aveva una cosa da fare al villaggio. E anche
lei se ne andò lungo la stessa strada presa da Shikamaru, a
passi rapidi.
Naruto corrugò la fronte. Una confusa immagine di Shikamaru
che negava con forza di avere a che fare con Temari – che
definiva “Satana” – aleggiò
per un attimo davanti ai suoi occhi. Guardò Gaara e tese un
dito verso la strada.
«Ma quei due…?» chiese, lasciando in
sospeso la frase.
«Boh» rispose il Kazekage vago. «Non
l’ho ben capito»
«Ah…»
«Ve la spiego io» intervenne Kankuro, incrociando
le braccia sul petto e sbuffando. «La caccia è
aperta»
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Spazio autore
Wow, grazie davvero per le recensioni e le letture!
Mi hanno fatto tantissimo piacere!
Spero di poter continuare a scrivere qualcosa che vi entusiasmi tanto
anche in futuro,
e di migliorare ad ogni capitolo!
Grazie mille ancora,
a tutti!
Aya
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