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Beth non aveva voglia di
passare l'estate come aveva
fatto gli anni precedenti in città.
Spesso andava in piscina, tuttavia in quella
microscopica città non ce
n’era una. Ma nemmeno privata, Beth non ci metteva nulla a
scavalcare cancelli
o recinti, a volte rubava. Il più delle volte faceva da
palo, poiché doveva dei
favori a quelli che organizzavano i furti. Poi erano i suoi unici
migliori
amici, doveva farlo per loro.
Passava le giornate a studiare, stranamente, non voleva essere
bocciata. Tim lo
vedeva qualche volta la mattina, ma dopo l’incontro sotto la
pioggia
praticamente non si parlarono più per settimane.
Stava camminando a passo veloce, non voleva che nessuno la fermasse o
salutasse, quella sera di fine estate. Non aveva ancora litigato con
nessuno,
voleva solo andare in uno dei suoi “posti segreti”
che ancora non aveva
visitato.
Le mani nelle tasche del giacchino, la testa e lo sguardo basso per non
essere
notata. I capelli neri le coprivano metà volto. Dato che non
guardava avanti,
ma solo dove metteva i piedi, andò a sbattere contro una
ragazza. Sentì un
risolino fastidioso, roteò gli occhi.
Non alzò lo sguardo nemmeno un secondo, si scansò
e proseguì.
-Hei!- sempre una voce femminile la chiamò da dietro. Si
girò, alzò lo sguardo
e vide una bionda vestita completamente in rosa. Era una delle nuove,
sicuramente.
-Sei nuova, vero?- disse un’altra. Quella non era nuova,
Ellie la conosceva
benissimo, e l’aveva odiata tantissimo un tempo.
-No, sono Ellie.- Cercò di pronunciare quelle parole con
tutta la rabbia e
l’odio che avesse dentro. I suoi occhi mostravano tanto odio
e rancore che
Ellie se li sentiva in fiamme.
Ovviamente l’odiosa era
rimasta
scioccata, non se lo aspettava. Ellie riabbassò la testa non
nascondendo un
ghigno soddisfatto, poi proseguì per la sua strada.
Attraversò un ponticello, poi fece un tratto di bosco che
ricordava a memoria,
poi arrivò davanti ad un albero, il suo albero, o meglio,
quello suo e di Tim.
Quando si ritrovò davanti una massa di ragazzi, vecchi e
nuovi, insieme a
gallinette bionde, pensò di aver sbagliato posto.
Così si guardò un attimo
intorno.
No, era
impossibile, lei conosceva a memoria ogni angolo di quella
città microscopica,
comprese le campagne vastissime.
Quello era il suo albero. Solo suo.
Che diamine ci faceva tutta quella gente lì?
Forse qualcun altro aveva scoperto il posto, ma era praticamente
impossibile
cavolo. E poi Tim aveva il compito di… no, ovviamente non
l’aveva protetto.
Insomma, era diventato grande, pensava al lavoro e alle ragazze.
Chissà quante
biondine aveva portato lì…
-Beth!- vide Tim agitare una mano. Voleva andare via, non aveva mai
amato la
confusione, quando era lucida, o c’era troppa luce o non ci
fosse nessuno
spacciatore. No, quel clima non le piaceva.
Fece finta di non vederlo, quindi si girò per tornare a casa
sua.
-BETH!- sentì nuovamente Tim chiamare il suo nome. Fu
costretta a voltarsi, poi
a dirigersi verso di lui.
5 minuti e sarebbe andata via. Sembrava una festa organizzata dalle
ochette
della sua classe, non una di quelle a cui di solito andava quando
abitava in Tennessee.
Non c’erano così tanti ragazzi prima, molti erano
nuovi. Erano quasi tutti
nuovi. Molti dei vecchi nemmeno c’erano.
-Dimmi.- Beth cercò di forzare un sorrisetto, almeno un
po’ divertito. La cosa
fu difficile, quando notò che era seduto su una radice del suo albero,
con seduta sulla
gamba destra un’ochetta bionda. Si sentì
profondamente tradita, ovviamente lei
si aspettava sempre il peggio, da tutti. Pensava di non essersi fidata
di Tim,
non troppo. Invece si era fidata ciecamente di lui, e
l’aveva… delusa.
-Come ti sembra la festa?- le domandò, giocando con una
ciocca di capelli della
bionda. Cercò di non fissare troppo i movimenti della sua
mano, e soprattutto
cercò di evitare i suoi occhi.
-Bella, davvero bella. Solo che non mi sento tanto bene, quindi penso
che andrò
via presto.- cercava sempre di sorridere, mentre si massaggiava lo
stomaco,
recitando.
-Posso presentarti un po’ di gente nuova, prima che tu vada.
Ah, comunque
piacere io sono Denise. Io e Tim stiamo insieme da due mesi.-
sentì squillare
la vocetta irritante della biondina slavata-fisicoperfetto. Sembrava un
cheerleader, che troia. Poi perché aveva aggiunto che stava
con Tim da due
mesi?! Insomma, a Beth non importava, non importava a
nessuno… POTEVA TENERSELO
PER LEI.
-Non penso che sia una buona idea…- Beth stava
già indietreggiando, pronta ad
andare via.
-Dai, sarà divertente!- cercò di controllare il
tic che le era venuto
all’occhio quando quella biondina parlò
nuovamente. Odiava la sua voce
squillante.
-Ok, facciamo una cosa veloce però.- pur di non sentire
ancora la sua voce
replicare decise di assecondarla.
Roteò gli occhi, mentre Tim la guardava aggrottando le
sopracciglia. Forse si
aspettava di trovare Beth, in vece aveva trovato una fattona acida che
odiava
la razza umana e passava i suoi pomeriggi a suonare.
La bionda si allontanò, Beth la vide parlare con un gruppo
di ragazzi, poi
voltarsi verso di lei, indicandola.
-Beth ma cosa ti è successo?- Tim sgranò gli
occhi, osservandole il braccio.
-Nulla, sono cambiata. E mi sembra che anche tu sia cambiato tanto,
come questo
posto del resto, no?- evitò di mettere parolacce ogni due parole, per
sembrare
più educata.
-Non sono cambiato. Non così tanto. Come te le sei fatte
quelle?- sapeva
benissimo di cosa stesse parlando, delle cicatrici sul suo braccio.
Indossava
sempre giacchini scuri, come quella sera. Solo che facendo
particolarmente
caldo si era alzata le maniche.
-Ero ubriaca, mi sono svegliata e avevo il braccio in questo stato.-
disse come
se fosse la cosa più naturale del mondo. Ovviamente mentiva,
ma non voleva che
le facesse troppe domande.
Si era seccata di aspettare la bionda, così si voltò e se
ne andò. Quella
sarebbe stata l’ultima volta che sarebbe andata sotto il suo EX albero.
Si diresse verso casa a passo svelto, sempre con i capelli neri che le
coprivano metà volto, tirando con gli anfibi scuri calci a
tutto ciò che trovasse,
calpestando ogni fiore. Si legò il giacchetto in vita.
Suo padre non era in casa, nessuno era in casa. Perfetto. Probabilmente
erano
usciti per cena. Forse quindi sarebbe rimasta sola a cena. Era stupendo
cenare
da sola. Diceva sempre.
Aprì il frigo, prese quello che trovò e
iniziò a mangiare. Una vaschetta intera
di gelato, due pacchetti di patatine e due bottiglie di birra. La birra
in quel
posto era ottima, doveva ammetterlo.
Seduta sulla sedia della cucina, con i piedi sul tavolo in legno scuro,
si
guardava intorno.
L’arredamento era cambiato, la tv più moderna,
parecchi tappeti erano spariti,
i divani erano diversi, il frigo era più grande e moderno.
Non la sentiva più
casa sua.
Si alzò e andò con una bottiglia di birra verso
le scale che ancora
scricchiolavano. Si chiuse in camera sua, l’unico angolo
della casa che, forse
per pigrizia, non era stato modernizzato.
Andò con la bottiglia verso il balcone, fissò un
attimo la terrazza della villa
difronte, poi, stando attenta a non far cadere dalle mani la bottiglia
di birra,
si arrampicò sul tetto e si mise a sedere, con le gambe al
petto.
Prese a canticchiare una vecchia canzone, che le aveva insegnato nonno
Joe
quando era bambina. Tra un sorso e l’altro si faceva scappare
qualche sospiro.
Fissava la luna, mentre si domandava che ore fossero, ormai doveva
essere
parecchio tardi.
Quando abbassò lo sguardo vide Tim rientrare in casa seguito
dalla biondina, sapeva
già cosa avrebbero fatto. Sentì una voragine
aprirsi nello stomaco e
risucchiarle tutto quello che aveva dentro.
Li vide entrare in camera di Tim, dalla finestra che conduceva al
terrazzo. Lui
la buttò sul letto, a quel punto Beth chiuse gli occhi e
fiondò la testa tra le
gambe, magari si sarebbe addormentata lì.
Si spinse le gambe maggiormente contro il petto, urtando la bottiglia
di birra,
che stava rotolando giù dal tetto. Si sporse per prenderla,
ma era già lontana
quando allungò il braccio.
Si mise in piedi, cercando di non perdere l’equilibrio, fece
qualche passo e
poi si allungò verso la bottiglia verde.
Il tetto era vecchio, una mattonella cedette sotto il peso di Beth,
facendola
scivolare. Riuscì ad aggrapparsi in tempo ad un angolo del
tetto. Cercò di
arrivare con le gambe sulla ringhiera del balcone, ma era troppo
lontana.
Merda!
Chiedere aiuto non era nel suo stile. Cercava un modo per togliersi da
quella
situazione, quando sentì le braccia che si stancavano, e le
dita che sudavano,
facendola scivolare lentamente.
Cercò nuovamente di arrivare al balcone, ma non era
abbastanza lunga.
Sentì la finestra della villa di Tim aprirsi, probabilmente
sentivano caldo in due.
Sperava che non la notasse, nel buio. O che non guardasse nemmeno
fuori.
Stava per girarsi e tornare dalla bionda, quando la bottiglia di birra
cadde
sul balcone di Beth, rompendosi.
Il rumore fece sobbalzare Tim, che ovviamente notò Ellie.
-Oddio Beth! Ma che cazzo fai?!- urlò. Ellie fu pervasa da
una sensazione di
piacere, quando lui si accorse di lei. Aveva avuto paura, doveva
ammetterlo. E
doveva anche ammettere che, in fondo,
sperava che Tim l’aiutasse.
-Sono scivolata, non vedi? Testa di cazzo!- eccola che partiva con gli
insulti.
Le dita sudavano sempre di più, stava perdendo la presa. Tim
doveva sbrigarsi
se voleva salvarla.
-Sei proprio una deficiente.- pensò ad alta voce Tim, mentre
dal suo terrazzo
passava sul cornicione della casa di Beth per ritrovarsi sul suo
balcone. Si arrampicò
velocemente sul tetto, afferrando Ellie per le braccia, tirandola su
velocemente. Come fosse un piuma.
-Idiota.- Ellie si asciugava le mani bagnate di sudore sulle gambe
infreddolite,
guardando in basso. Solo quando alzò lo sguardo, si rese
conto che si trovavano
sul terrazzo di lui, soli.
Notò che la bionda era sparita, e che Tim non se ne
preoccupava minimamente.
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