«Ma
che..?»
Entrambi
corremmo fuori dalla stanza, diretti verso il cancello
d’entrata. Eccolo li, quel farabutto.
«Certo,
la polizia di Roma provvederà a risolvere il caso.. si,
signori miei, me ne occuperò personalmente.. sicuro,
collaborerò con la polizia
locale.. per adesso non ho altre dichiarazioni da fare, vi terremo
aggiornati
sullo sviluppo delle indagini.» disse l’ispettore
Luca Esposito.
Entrò
con quel suo fare da spavaldo, facendosi fotografare accanto
alla casa e sorridendo con una faccia da ebete.
«Se
proprio vuoi renderti utile comincia con l’ispezionare la
villa» lo affrontai.
Lui
si girò, con il sorrisetto malizioso che copriva sempre il
suo
volto e mi mandò un bacio; dopodiché
salì le scale, mentre io corsi a chiudere,
o piuttosto a sbattere, la porta in faccia a quei ficcanaso dei
giornalisti.
«Chi
è quell’individuo?» mi chiese il signor
Morgan dalla sala
principale.
«Un
gradasso dei R.I.S di Roma. Purtroppo dovrà collaborare in
quest’indagine, sempre che ne abbia
l’intenzione!» risposi, dirigendomi verso
il primo piano. Lenzi mi salutò dal fondo
del corridoio, indicando il luogo del delitto; quando entrai vidi
Esposito che
stava tastando il pavimento, forse alla ricerca di qualcosa che aveva
perso. Un
mio movimento brusco gli fece alzare lo sguardo.
«Ah,
eccoti qui Sophie..»
«Stai
cercando qualcosa in particolare?»
dissi, chinandomi accanto a lui.
«No,
però.. avete trovato qualcosa accanto al
corpo?» mi chiese, mentre il contatto ravvicinato tra i
nostri visi aveva
acceso le sue goti d’un colorito purpureo.
«Niente
di particolare purtroppo.. a parte
questo» gli mostrai il ciondolo.
Tutt’ora
non riesco a descrivere
l’espressione del suo volto, ma mi ricordo che i suoi occhi
si illuminarono e
prese tra le mani quell’indizio con un fazzoletto di stoffa.
«Questo
potrà essere molto utile! Lo porto
subito in commissariato!» disse, più euforico che
mai.
«E
il resto delle stanze? Non ti fermi ad
analizzarle?» esclamai, non senza un po’ di
sorpresa.
«Più
tardi mia cara, adesso questo ciondolo
dorato ha la precedenza! Ti chiamo io oggi pomeriggio»
Lo fulminai con lo sguardo,
mentre lui mi mandava un altro bacio. Eh no, adesso basta! Si sta prendendo decisamente
troppa libertà per i
miei gusti.
«Cosa
voleva quel mentecatto?» Lenzi entrò
nella stanza e si sedette accanto a me.
«Deduco
che nemmeno a te sia simpatico,
giusto?» gli sorrisi dolcemente.
«E’
troppo spavaldo e si fa beffe di tutti..
e il modo in cui le si rivolge, capo! E’ inaudito!»
«Non
ti preoccupare, basta non badarci.
Stasera ti andrebbe di venire con me a prendere Daniel da sua
nonna?» gli
proposi.
Daniel
giocava a calcio nel tempo libero, di
solito tutti i sabati e le domeniche. Anche Lenzi da giovane aveva
giocato a
calcio, così avevo fatto incontrare i due un giorno
d’estate: adesso erano
migliori amici e regolarmente si divertivano con due tiri al pallone
per
passare del tempo insieme.
«Certo
capo! Mi manca tantissimo quel furbetto
di Daniel!» rispose, sorridendo a trentadue denti.
Ci
alzammo entrambi dal pavimento, per poi
andare lungo il corridoio alla ricerca di qualche traccia:
c’era del sangue per
terra. Sangue essiccato.
«E
questo? Non mi sembra ci fossero macchie
quando siamo arrivati la prima volta» considerò il
mio collega.
«No,
infatti..» confermai, apprestandomi a
seguire quelle chiazze: portavano dritte alla stanza del signor Paul.
Grazie
alle ante di vetro dell’armadio sistemato accanto alla porta,
riuscii a intravedere
il diretto interessato che mi fissava nell’ombra.
«Avanti,
venga fuori, mi dovrà spiegare un
paio di cose..» mi voltai e fissai
l’oscurità dell’altra stanza, sapendo
che li
in mezzo si nascondeva lui.
Infatti
poco dopo il bell’imbusto di
cinquanta e passa anni uscì con uno sguardo da gattino
indifeso: vedesse che
cambiamento da quando faceva il cascamorto con la cameriera.
Entrammo
nello studio e, di malavoglia,
chiusi la porta a chiave. Lui mi guardò terrorizzato.
«Stia
calmo, non ho intenzione di torturarla
o di legarla alla sedia elettrica. Solo desidero che non se ne vada da
questa
stanza fino a quando non mi avrà raccontato tutto per filo e
per segno.
Si
tranquillizzò, mentre io gli porsi una
tazza fumante di tè caldo; poi mi sedetti di fronte a lui.
«L’alcol
è uno dei miei peggiori problemi,
mia cara Sophie.. posso chiamarla Sophie, ispettore?»
«Assolutamente
si. Vada pure avanti»
«Capita
molto raramente che io non sia
ubriaco.. e di questo la signora Morgan se ne era accorta.» e
qui notai che la
sua voce assumeva un tono sempre più grave.
«Cos’è
successo tre giorni fa?» lo
incoraggiai.
«Lucia,
ovvero la signora Morgan, mi aveva
beccato in camera mia con una cameriera. La scena doveva essere
raccapricciante, me ne rendo conto, fatto sta che si infuriò
molto. La
raggiunsi nella sua stanza, cercando di spiegarle; ma lei non volle
sentire
scuse, disse che avrebbe detto tutto a mio fratello..»
«E
per la sua dignità, lei non poteva
permetterlo, giusto?» intervenni io.
«In
parte si.. ma capisce, in quel modo avrei
perso l’affetto di mio fratello, l’unica persona
che è stata buona con me! Così
presi una statuetta e la colpii sulla schiena.. lei cadde a terra,
esanime.»
«Capisce
che questa è una confessione in
piena regola, vero?»
«Si,
e sono pronto a confermare tutto quanto:
io ho ucciso Lucia.» disse, scoppiando a piangere.
Lenzi,
che per tutto quel tempo era rimasto
accanto a me, fece chiamare due agenti che ammanettarono Paul.
«Un’ultima
cosa, signor Morgan.. era lei che
mi osservava dalla finestra ieri, mentre ero di fuori?»
«No,
commissario. Ieri sono rimasto tutto il
tempo in camera mia, che si trova sul lato opposto rispetto al
giardino»
«Grazie
Paul, mi è stato di grande aiuto» mi
venne l’istinto di abbracciarlo, ma alla fine gli strinsi
solo la mano; sarà
stato anche un ubriacone e un donnaiolo, ma il suo cuore in fondo era
buono.
«E
così, il caso è chiuso..» Lenzi fece
per
andarsene, ma io lo bloccai.
«Direi
di no, invece.. insomma non ci ha
detto nulla del ciondolo, abbiamo trovato la signora con un proiettile
conficcato nel corpo, mentre lui ci ha detto di averla colpita con una
statuetta.. no, qualcosa non quadra.»
«Magari
per assicurarsi che fosse morta potrebbe
aver sparato un colpo, in seguito potrebbe aver gettato via la pistola,
completando la messa in scena con una lettera.»
«Io
non mi fermo qui. C’è qualcun altro
implicato in questa faccenda, e voglio scoprire chi.»
«In
questo caso, capo.. sono con lei! Qual è
la nostra prossima mossa?»
«Vediamo
di interrogare quella donna.. come
si chiama? Ah si, Anita , la sorella della vittima. Ho il sospetto che
anche
lei ci stia nascondendo qualcosa»
«Ed
ecco la nostra investigatrice Corsini che
si lancerà in un'altra entusiasmante avventura, accompagnata
dal suo fido
collaboratore.. riuscirà anche questa volta a districare il
nodo di enigmi e
domande irrisolte? Restate con noi!» urlò Lenzi,
imitando la voce del
presentatore del telegiornale mattutino.
«Cretino!»
risi, dandogli un colpetto sulla
testa.
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