Naruto-7
Capitolo settimo
Il
Serpente e la donnola
«Ahh, maledizione!»
Ansante, Naruto cadde in ginocchio e
colpì il pavimento con un pugno.
Solo, nel suo appartamento,
circondato dalle cianfrusaglie, fissò con astio il pesante
kunai dalla forma bizzarra posato sul tavolo dall’altra parte della
stanza. Sul manico era riportata una formula complessa.
All’epoca non viveva insieme a
Sakura. Ed era ancora un chunin.
Qualcuno avrebbe detto che era pazzo
a voler imparare quella tecnica al suo livello… ma, oltre al fatto
che personalmente era convinto di essere già più forte
di parecchi jonin di Konoha, da quando aveva sentito Kakashi
parlarne, e da quando aveva sentito che era stata una tecnica del
quarto Hokage… beh. Aveva deciso che doveva essere sua.
Non sapeva esattamente perché,
semplicemente la voleva.
Forse, dopo aver appreso il
Rasengan, aveva iniziato a illudersi di poter maneggiare qualunque
tecnica di Yondaime.
Dislocazione istantanea.
Ecco come si chiamava.
Un nome semplice, facile da
imparare… e una tecnica pressoché impossibile.
Aveva chiesto a Kakashi di
prestargli il kunai appartenuto al quarto Hokage, quello che aveva la
formula riportata sul manico, e di spiegargli a grandi linee la
tecnica.
Era davvero convinto che ce
l’avrebbe fatta da solo.
Povero sciocco…
Ancora una volta, si era trovato
davanti alla genialità di Yondaime.
Innanzitutto doveva raccogliere
un’immensa quantità di chakra.
Ma a quello era abituato.
Poi doveva focalizzare la formula
nella sua mente.
E già era più
complesso, perché la formula era una mostruosità di
linee impossibili da memorizzare. Ma con un po’ di impegno poteva
farcela.
Infine doveva “indirizzare sé
stesso” verso la formula.
Quello davvero non capiva cosa
cavolo significasse.
Kakashi gli aveva parlato di una
sorta di teletrasporto visivo… Doveva “visualizzare sé
stesso nel luogo della formula”.
Sì, okay, parole splendide…
ma come cavolo si faceva?
Già doveva concentrarsi per
accumulare il chakra e focalizzare la formula, se poi doveva anche
“immaginarsi da un’altra parte” ne usciva pazzo.
Si rialzò da terra,
congiungendo le mani davanti al petto. Tremavano per lo sforzo.
“Non posso arrendermi” si disse
stringendo i denti. “Pensavo che anche il Rasengan fosse
impossibile, e invece l’ho addirittura superato…”
Peccato che quella non fosse una
tecnica sistemabile con la moltiplicazione superiore del corpo, come
le precedenti: lì a moltiplicarsi avrebbe solo triplicato la
fatica.
Raccolse il chakra, gridando per la
frustrazione, e lo sentì vorticare attorno al suo corpo e
sollevare i rifiuti sparsi per il pavimento. Chiuse gli occhi,
serrando le palpebre più che poteva, e cercò di
visualizzare nella sua mente il complesso disegno della formula…
ora doveva solo vedersi accanto a lei.
Naruto e la formula.
La formula e Naruto.
Lui e lei.
Poteva farcela!
Il chakra venne a mancare
all’improvviso, e lui ricadde di nuovo sulle ginocchia, senza
fiato.
Col cavolo che poteva farcela.
Spossato, si lasciò cadere in
avanti e rimase ansante sul pavimento, gli occhi vacui e fissi sulle
gambe del tavolo.
Maledetto Yondaime… lui e le sue
tecniche.
«Mm… immaginavo qualcosa del
genere» mormorò la familiare voce di Kakashi, e Naruto
spostò faticosamente la testa per guardare la finestra.
Eccolo lì, sul davanzale, a
fissarlo scuotendo il capo.
«Guarda come ti sei ridotto»
commentò saltando giù e aiutandolo a rialzarsi.
«Bah… dettagli»
bofonchiò Naruto lasciandosi ricadere sul divano. Spostò
da sotto il sedere un set di kunai. «Domani ci riuscirò»
«No, non credo»
«Sì invece!»
«Non da solo»
Silenzio.
«Oh. Beh, forse…»
«Anche il Rasengan, l’hai
imparato insieme al grande Jiraya»
«Sì, ma…»
«E quando sviluppavi la sua
evoluzione, c’era Yamato»
«Però…»
«Sei forte, Naruto»
Kakashi sorrise. «Ma per l’apprendimento sei davvero negato.
Chiedere aiuto non è una debolezza»
Naruto esitò, arrossendo.
Alla fine sbuffò.
«E va bene!» si arrese.
«Ma devi garantirmi che riuscirò a imparare questa
cavolo di tecnica entro tre giorni!»
Non ci era riuscito neanche in sei
mesi.
Era arrivato a un passo dal farcela,
sì… ma non ci era davvero riuscito.
Aveva raccolto il chakra, focalizzato
la formula, visualizzato sé stesso… ma c’era sempre
qualcosa che mancava. E la tecnica non si attivava.
Ora, fermo davanti alla copia di Sakura
che un attimo prima era stata un piccolo terrier marrone, tutti gli
allenamenti fatti con e senza Kakashi gli si presentarono alla
memoria in un solo colpo.
«Sveglia Naruto!» abbaiò
Pak, vedendolo immobile. «Dobbiamo andare!»
Cinque minuti prima aveva sentito
qualcuno avvicinarsi, e avevano scoperto che si trattava del cane
insieme a Sakura. Quando poi la bestiola aveva preso le sembianze
della kunoichi e aveva riferito di aver trovato Itachi Uchiha, lui,
povero animale che cercava soltanto di fare il suo dovere, si era
ritrovato di fianco un imbecille in catalessi.
«Naruto!» chiamò
anche Sakura. «Non perdere tempo qui!»
Lui la fissò.
Sakura.
La sua Sakura.
Non davanti a Sasuke, che pure sembrava
la più grande minaccia…
…ma davanti a Itachi Uchiha.
Determinata a combatterlo.
Non poteva permettere che le
accadesse qualcosa.
Congiunse le mani con tanta forza che i
muscoli guizzarono sotto la pelle.
«Che stai facendo?» abbaiò
Pak.
Raccolse il chakra, e una folata di
vento spazzò il pavimento polveroso.
«Naruto!» esclamò
Sakura, riparandosi il viso.
Focalizzò la formula.
Visualizzò sé stesso.
Lui e la formula.
Lui e Sakura.
E, per la prima volta, davanti agli
occhi stupefatti di Pak e della copia di Sakura, completò la
tecnica di dislocazione istantanea del quarto Hokage.
«Il mio nome è Sakura
Haruno. Sono qua per catturarti»
Itachi rimase in silenzio, sotto la
pioggia scrosciante. Con esasperante lentezza fece scivolare una mano
fuori dal kimono, e la osservò.
«Spiegami una cosa…»
mormorò. «Perché sprecate tante energie per
Sasuke? Lui vi ha tradito»
Sakura strinse i denti.
«Tu non potrai mai capire noi o
Sasuke!» gridò. «Non potrai mai capire il
sentimento che ci lega, o perché lo vogliamo indietro!»
«No, infatti non lo capisco…»
ammise Itachi, peraltro senza apparire molto turbato. «Lui ha
espresso chiaramente il suo desiderio di non avere più nulla a
che fare con il villaggio della Foglia… eppure voi insistete nel
volerlo riportare a Konoha. Il che va anche contro la sua volontà.
E quindi non è nel suo interesse. Vuoi forse dirmi che lo fate
“per il suo bene”? Sarebbe una sciocchezza. Capirei se lo
amaste…»
Involontariamente, Sakura sussultò
appena.
Itachi si interruppe.
«Oh. Dunque è così»
mormorò.
«No!» gridò Sakura.
«Il sentimento che ci lega a lui è diverso!»
«E il sentimento che ti
lega a lui?»
«E’ diverso!» ripeté
lei, furibonda.
Dove voleva portarla quel bastardo?
Voleva spingerla a dire qualcosa di cui
si sarebbe pentita per sempre?
«Ah» si limitò a
bisbigliare Itachi, senza staccare gli occhi da lei. «Dunque
non lo ami»
E all’improvviso i suoi occhi furono
scarlatti.
E lui non fu più Itachi, ma
Sasuke.
“E’ un’illusione” realizzò
Sakura nel momento in cui il Sasuke che le stava davanti le sorrise.
«Ti amo…» le sussurrò,
e lei sentì un brivido correrle giù per la schiena.
«No!» gridò,
premendosi una mano sulla fronte e lasciando scorrere il chakra.
L’illusione prese contorni
sfilacciati e si dissolse rapidamente, lasciandola solo leggermente
stordita. Lei fissò il maggiore dei fratelli Uchiha con astio.
«Ti sei liberata…»
commentò lui, accigliandosi. «Significa che non bastava»
Sakura vide i suoi occhi mutare
leggermente nel disegno dello sharingan.
Fu solo un attimo, ma bastò per
richiamare alla memoria vecchie parole del maestro Kakashi:
“Lo sharingan ipnotico non è
una comune tecnica illusoria. Non si può contrastare con i
metodi tradizionali, e neanche io che possiedo lo sharingan sono in
grado di fermarla una volta che è iniziata. Non ha punti
deboli. Si può solo evitarla chiudendo gli occhi”
Abbassò le palpebre in fretta,
irrigidendosi in attesa di un eventuale attacco.
“Maestro Kakashi, come possiamo
combattere un possessore di sharingan ipnotico, allora?”
Sentì un impercettibile
spostamento d’aria davanti a sé, e rapida raccolse il chakra
nella mano destra, scagliando un pugno verso il basso.
“Tu vuoi sapere come battere
Itachi Uchiha, non è così Sakura?”
L’asfalto si frantumò con un
crack secco, e grossi frammenti taglienti le graffiarono
braccia e viso. Sentì il cappello volare via.
“Ehm…”
Sakura scattò indietro, tendendo
al massimo ogni suo senso per cogliere anche il minimo rumore o
spostamento.
“Lo sharingan non si può
battere, in teoria. Ma Itachi Uchiha ha un grosso punto debole: la
vista. Continuando a usare i suoi occhi indiscriminatamente si stanca
presto… e sono sicuro al 95% che ormai la sua vista sia molto
compromessa. Al momento è ancora forte perché il suo
sharingan gli premette di anticipare le mosse dell’avversario, e
perché la sua esperienza sul campo di battaglia è
immensa… ma credo che veda molto poco”
Sakura riaprì gli occhi di
scatto.
Non poteva combattere cieca.
Non poteva dare questo vantaggio a lui,
che già vedeva così poco.
Per una frazione di secondo le parve di
incrociare il cremisi intenso dello sharingan ipnotico, ma distolse
in fretta lo sguardo scartando di lato.
Fece scivolare una mano nel marsupio,
afferrando una manciata di polvere urticante, e mentre Itachi si
voltava nella sua direzione lei colpì di nuovo l’asfalto già
martoriato, facendogli perdere l’equilibrio. Itachi spiccò
un balzo, e lei con lui. Mentre i frammenti più leggeri della
pavimentazione erano ancora sospesi in aria, Sakura scagliò la
polvere verso i suoi occhi.
L’aveva preparata lei stessa.
Finissima, quasi invisibile, all’inizio
aveva pensato di lasciarla a casa.
Non credeva che le sarebbe servita.
Itachi la vide tendere la mano verso di
lui, e il suo sharingan gli disse che scagliava qualcosa nell’aria
davanti ai suoi occhi opachi. Scartò bruscamente, pur senza
vedere la polvere, ma quando atterrò di nuovo sentì la
prima, bruciante fitta.
Portò una mano alle palpebre,
corrucciato.
Sakura, con i piedi a terra a qualche
passo di distanza, esultò.
Ce l’aveva fatta!
Rapida afferrò uno dei kunai che
teneva sotto il mantello, e lo scagliò verso Itachi.
All’ultimo istante lui lo deviò
con il braccio, e le lanciò un’occhiata irritata.
Il kunai cadde a terra. Sul suo manico
era disegnata una formula complessa.
Naruto ne aveva regalato uno sia a lei
che a Sai.
«Non ti lascio scappare!»
gridò Sakura scattando in avanti.
Itachi spalancò gli occhi
scarlatti, incurante del dolore e delle lacrime che li offuscavano,
e, nonostante il mal di testa pulsante che avvertì subito
dopo, attivò lo sharingan ipnotico.
Sakura non riuscì ad evitarlo.
E mentre lei cadeva all’improvviso in
avanti, una nube di fumo si originò sopra il kunai regalatole
da Naruto.
Era dannatamente più difficile
del previsto.
Sai schivò la spada di Suigetsu,
e si trovò Sasuke alle spalle. Per evitare la sua katana fece
una complicata contorsione, e cadde sul polso in malo modo. Si gettò
di lato, per incappare nelle mani di Karin, ma prima che potesse
stupirsi si trovò di nuovo la lama di Suigetsu a un passo
dalla gola. Piegò la testa di scatto, e sentì lo
sfregio sul collo, mentre rotolava indietro.
«Che bestiolina agile»
ghignò Suigetsu divertito.
Gli arrivò un pugno di Karin,
che gli liquefece la testa.
«Guarda!» gridò la
kunoichi, piazzandogli sotto gli occhi in via di formazione una
ciocca di capelli tagliata di netto.
Sasuke li ignorò, e fu di nuovo
su Sai. Il jonin cercò di farsi indietro, ma la katana
dell’Uchiha fu prolungata dal Raikiri e penetrò nella sua
spalla, strappandogli un gemito.
«Ah! Ehi, era mio!»
protestò Suigetsu, spingendo da parte Karin.
Sai infilò una mano nella borsa
e ne estrasse un rotolo. Un’altra scarica di elettricità gli
fece perdere la presa, ma la riacquistò subito. Stringendo i
denti strappò il laccio e liberò una tigre
d’inchiostro, che si avventò su Sasuke. Per non essere morso
lui dovette estrarre la katana e lacerare l’animale, mentre Sai
sfruttava l’improvvisa libertà e con un balzo raggiungeva un
davanzale al primo piano.
«Non di qui» ghignò
Suigetsu, conficcando la spada nel muro accanto a lui.
Sai raccolse in fretta il chakra, ma il
suo avversario, gongolante, mollò la presa sulla sua lama e
afferrò l’altra che portava sulla schiena, fasciata in bende
strette. Gli bastò muoverla una sola volta, senza nemmeno
sfiorarlo, e il ninja della foglia non sentì più una
briciola di chakra nella tecnica.
«Wow» commentò
Suigetsu. «Era la prima volta che la usavo»
Sai cercò di raggiungere un
altro davanzale, ma Sasuke gli sbarrò la strada. Il chakra che
lo teneva attaccato al muro si interruppe, mentre Suigetsu agitava
nell’aria la spada un tempo appartenuta a Kisame, e lui scivolò
lungo la parete fino ad atterrare di nuovo nel vicolo.
E ora, davanti a lui, c’era un uomo
alto quasi due metri dall’espressione neutra… e uno schizzo di
sangue sul viso. Sai cercò di schivarlo e passare oltre, ma si
sentì afferrare per la collottola, e un attimo dopo un pugno
lo colpì tra le costole. Ne sentì almeno due
incrinarsi, mentre cadeva in ginocchio sputando sangue, e un calcio
lo raggiunse sotto il mento facendolo rotolare fino al muro.
«Vedi? Lui sì che sa come
si fa» commentò Karin sarcastica, verso Suigetsu.
«Parla lei che non ha alzato un
dito» ringhiò lui in risposta.
Sasuke raggiunse Sai.
Lo fissò, accasciato contro il
muro, ansante, stremato, con il bel viso macchiato di sangue.
Eppure anche in quella situazione non
riusciva a leggere vero odio nel suo sguardo.
Era come se quel ragazzo fosse stato
seriamente limitato nelle emozioni.
Alzò la katana, guardandolo
negli occhi.
«Non ho neanche dovuto usare lo
sharingan» mormorò.
Calò il colpo.
La lama si conficcò in un rotolo
estratto all’ultimo minuto.
Sasuke inarcò un sopracciglio,
perplesso.
«E’ questa la tua ultima
difesa?» domandò.
E allora vide l’inchiostro colare
sulla carta.
Lento, denso come sangue, gocciolò
a terra. Poi, come dotato di vita propria, prese a risalire la katana
ribollendo.
«Lascia la spada!» gridò
Karin all’improvviso.
Sasuke obbedì d’istinto, e la
lama restò conficcata nel rotolo.
Prese a vibrare, tremante, e un sottile
filo di fumo iniziò ad alzarsi dall’acciaio.
Sai strinse le dita attorno
all’inchiostro che l’avvolgeva come una guaina, e la estrasse con
un colpo secco, gettandola a terra. Quando riaprì la mano, era
seriamente ustionata. Ma non ci fece caso; aprì il rotolo, e
mentre i suoi avversari cercavano di capire cosa tentasse di fare,
una colata di inchiostro denso e rovente si sprigionò dalla
carta e andò a invadere il vicolo.
Il Serpente balzò
simultaneamente fino a raggiungere i davanzali del primo piano,
mentre Karin intimava a tutti di non sfiorare la strana sostanza per
nulla al mondo; quella sorta di sangue nero, come animato di vita
propria, prese allora a seguirli lungo le pareti, arrampicandosi come
mani viscide e roventi, e li costrinse a risalire ancora.
Sai, in un’isola preservata dal
veleno, stringeva ancora il rotolo, ansante.
Suigetsu lo vide e ghignò.
Spiccò un salto – con Karin
che gli dava dell’idiota – e agitò in aria la spada di
Kisame.
A Sai mancò il fiato, così
come il chakra.
Nello stesso attimo l’inchiostro
smise di muoversi, e come al rallentatore si staccò dalle
pareti, precipitando al suolo. Lo vide colare lungo i muri e lasciare
tracce color carbone, e poi… lo vide divorare in fretta i limiti
che lui aveva disegnato poco prima.
Lo avrebbe raggiunto.
Non aveva scampo.
Si tirò in piedi con le ultime
energie, mentre Suigetsu, attaccato al muro, ghignava, e cercò
in fretta una soluzione. Estrasse un altro rotolo, in cerca di un
uccello, ma uno shuriken proveniente da Sasuke glielo strappò
di mano.
Prima che l’inchiostro lo
raggiungesse, lui alzò gli occhi neri a incontrare quelli
altrettanto scuri dell’Uchiha.
Li fissò, senza distogliere lo
sguardo.
«Naruto non si fermerà»
disse, abbastanza forte perché tutti lo sentissero. «Mai»
Sasuke non fece una piega.
L’inchiostro rovente lambì i
piedi di Sai.
E la strada intera andò in
frantumi.
Grossi frammenti d’asfalto scomposto
salirono verso l’alto, innaturalmente lenti nell’ottica da
moviola di Sai. Nere gocce d’inchiostro costellarono l’aria,
tremolanti, disegnando scie lucenti insieme alle gocce di pioggia.
Poi, quasi fiaccamente, ogni elemento
della composizione prese a cadere verso il basso… e, oltre le
schegge più grosse, Sai vide… Sakura. Con il pugno ancora
calato.
Anche Sasuke la vide.
E lei vide lui.
Fu uno scambio di sguardi lungo un
istante…
…poi Sasuke fece un cenno agli altri.
E il Serpente fuggì.
Sasuke era lì, davanti a lei.
In un bagno di sangue.
E Itachi, su di lui, colpiva.
E colpiva e colpiva e colpiva,
infierendo sulla sua carne bianca, mentre le sue grida aumentavano di
tono e volume… ma non supplicava, perché non lo avrebbe mai
fatto… non lui, non l’Uchiha sopravvissuto… e lei guardava,
impotente, legata, e le corde le incidevano la carne… il suo sangue
cadeva verso il basso, in un’oscurità senza fine… le sue
lacrime cadevano con lui… le sua urla si perdevano nel vuoto, con
l’unico scopo di superare quelle di Sasuke, di azzerarle, di non
fargliele sentire…
«Sakura!»
No!
No, non Naruto, per favore, ti
prego… non lui, non lui!
Un grido straziante.
Un ruggito.
E la volpe, un ammasso di chakra
scarlatto, che dilaniava le sue carni… suoi capelli dorati, quei
capelli che amava tanto, intrisi di sangue… l’aria impregnata di
grida, le sue, quelle di Naruto, quelle di Sasuke…
…ore… ore… ore… e ore…
…e, alla fine, in un silenzio
irreale, la morbida voce di Itachi.
Lui, immacolato, davanti ai suoi
occhi senza più lacrime.
«Non avresti dovuto cercarmi»
Sakura cadde in ginocchio, senza fiato.
«Sakura!» la chiamò
la voce di Naruto.
Lei si portò le mani alle
orecchie, gli occhi sbarrati.
No, lui non poteva essere lì,
non così in fretta… era l’illusione... non voleva sentirlo
gridare ancora! No!
«Nooo!» urlò.
«Sono io! Sono qui!» le
disse lui, inginocchiandosi davanti a lei.
Sakura sentì le mani di lui
sulle proprie, calde, reali.
Tremante alzò lo sguardo
inondato di lacrime e incontrò i suoi occhi celesti, ansiosi,
ma… non disperati. Non urlanti.
«N…Naruto…» balbettò,
sfiorandogli il viso con dita gelide.
«Era un’illusione!»
esclamò lui, prendendole le mani con apprensione. «Stai
bene? Non era vero. Non era vero!»
“Ma certo che non era vero” le
disse la parte più razionale del suo cervello. “Stai
affrontando Itachi Uchiha, devi aspettarti questo ed altro”
Sakura deglutì.
Anni prima Kakashi l’aveva messa
davanti a un’illusione simile, ma infinitamente più leggera…
e lei era svenuta.
Credeva di essere migliorata da allora.
Credeva di essere diventata più
forte non solo nelle tecniche, ma anche nell’animo.
“Stai affrontando Itachi Uchiha” le
ripeté la vocina nella sua testa. “E’ tutto un altro
livello”
Lei si morse le labbra.
Oltre le spalle di Naruto, vide una sua
copia scambiare colpi violenti con l’Uchiha, da un lato all’altro
della strada. Ecco perché l’illusione si era interrotta.
“E’ tutto un altro livello”
Allontanò le mani di Naruto.
“E io sono un’altra Sakura” si
disse, corrugando la fronte.
Erano lì per catturare Itachi
Uchiha e riportare Sasuke a Konoha.
Non poteva cedere.
Non poteva avere paura.
Doveva combattere.
Fece per alzarsi sulle gambe ancora
tremanti, quando la mano di Naruto si posò sulla sua spalla e
la tenne giù.
«Ho bisogno che tu stia qui»
le disse, grave. Lei fece per ribattere, ma lui fu più veloce.
«Devi stare lontana!» esclamò. «Non devi
avvicinarti!»
«Perché?» ribatté
lei, furiosa.
Lui voleva proteggerla, e le stava
bene, ma lei non era una sciocca ragazzina debole!
Poi sentì le sue dita, affondate
nella spalla, tremare.
«Perché…» mormorò
Naruto, quasi gli costasse fatica. «…Perché ho bisogno
che mi fermi… dopo»
Sakura corrugò la fronte.
E vide la sua pupilla stringersi, e
diventare verticale.
Attorno l’iride era di un rosso cupo.
La sua mano scottava.
«Naruto…» bisbigliò,
spalancando lentamente le palpebre. «Avevi detto che potevi
controllarla!»
Lui le rivolse un sorriso sghembo. «Ma
certo» assicurò.
«No! Non è vero! Avevi
detto che era…»
«Sakura»
Lei ammutolì.
«Io la sto già
controllando. Solo che… non funziona esattamente come pensi tu»
«E allora come…» tentò
di dire lei, ma inutilmente.
Naruto scosse la testa, e gli artigli
comparsi improvvisamente alle sue mani rischiarono di penetrarle
nella pelle.
«Me ne occupo io» disse, la
voce leggermente distorta. «Ci penso io… tu fermami, dopo. Ti
chiedo solo di fermarmi»
«Ma…»
«Giuramelo!» ruggì.
Sakura sussultò, e un brivido le
corse lungo la schiena.
«Va bene…» fu costretta a
mormorare.
Vide Naruto sorriderle, snudando le
zanne già accentuate, e poi… scomparve.
E di lui rimase un’unica immagine,
ferma davanti a Itachi, ansante.
Pronta a combattere davvero.
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