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Autore: _ayachan_    18/10/2007    3 recensioni
Naruto e Sakura: il giardino dell’Eden; i fratelli Uchiha: il serpente e la mela… Il peccato originale: il tradimento.
"Tutto ciò che credevo sicuro, si sgretolerà tra le mie mani...
Il mio passato, il mio presente, e il mio futuro...
Chi sono io?
Naruto o Kyuubi?"

[Pairing: cambieranno in corso d'opera, anche drasticamente! Threesome, in ogni caso. Molte]
Genere: Romantico, Drammatico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'eroe della profezia' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Naruto-7

Capitolo settimo

Il Serpente e la donnola



«Ahh, maledizione!»
Ansante, Naruto cadde in ginocchio e colpì il pavimento con un pugno.
Solo, nel suo appartamento, circondato dalle cianfrusaglie, fissò con astio il pesante kunai dalla forma bizzarra posato sul tavolo dall’altra parte della stanza. Sul manico era riportata una formula complessa.
All’epoca non viveva insieme a Sakura. Ed era ancora un chunin.
Qualcuno avrebbe detto che era pazzo a voler imparare quella tecnica al suo livello… ma, oltre al fatto che personalmente era convinto di essere già più forte di parecchi jonin di Konoha, da quando aveva sentito Kakashi parlarne, e da quando aveva sentito che era stata una tecnica del quarto Hokage… beh. Aveva deciso che doveva essere sua.
Non sapeva esattamente perché, semplicemente la voleva.
Forse, dopo aver appreso il Rasengan, aveva iniziato a illudersi di poter maneggiare qualunque tecnica di Yondaime.
Dislocazione istantanea.
Ecco come si chiamava.
Un nome semplice, facile da imparare… e una tecnica pressoché impossibile.
Aveva chiesto a Kakashi di prestargli il kunai appartenuto al quarto Hokage, quello che aveva la formula riportata sul manico, e di spiegargli a grandi linee la tecnica.
Era davvero convinto che ce l’avrebbe fatta da solo.
Povero sciocco…
Ancora una volta, si era trovato davanti alla genialità di Yondaime.
Innanzitutto doveva raccogliere un’immensa quantità di chakra.
Ma a quello era abituato.
Poi doveva focalizzare la formula nella sua mente.
E già era più complesso, perché la formula era una mostruosità di linee impossibili da memorizzare. Ma con un po’ di impegno poteva farcela.
Infine doveva “indirizzare sé stesso” verso la formula.
Quello davvero non capiva cosa cavolo significasse.
Kakashi gli aveva parlato di una sorta di teletrasporto visivo… Doveva “visualizzare sé stesso nel luogo della formula”.
Sì, okay, parole splendide… ma come cavolo si faceva?
Già doveva concentrarsi per accumulare il chakra e focalizzare la formula, se poi doveva anche “immaginarsi da un’altra parte” ne usciva pazzo.
Si rialzò da terra, congiungendo le mani davanti al petto. Tremavano per lo sforzo.
Non posso arrendermi” si disse stringendo i denti. “Pensavo che anche il Rasengan fosse impossibile, e invece l’ho addirittura superato…”
Peccato che quella non fosse una tecnica sistemabile con la moltiplicazione superiore del corpo, come le precedenti: lì a moltiplicarsi avrebbe solo triplicato la fatica.
Raccolse il chakra, gridando per la frustrazione, e lo sentì vorticare attorno al suo corpo e sollevare i rifiuti sparsi per il pavimento. Chiuse gli occhi, serrando le palpebre più che poteva, e cercò di visualizzare nella sua mente il complesso disegno della formula… ora doveva solo vedersi accanto a lei.
Naruto e la formula.
La formula e Naruto.
Lui e lei.
Poteva farcela!
Il chakra venne a mancare all’improvviso, e lui ricadde di nuovo sulle ginocchia, senza fiato.
Col cavolo che poteva farcela.
Spossato, si lasciò cadere in avanti e rimase ansante sul pavimento, gli occhi vacui e fissi sulle gambe del tavolo.
Maledetto Yondaime… lui e le sue tecniche.
«Mm… immaginavo qualcosa del genere» mormorò la familiare voce di Kakashi, e Naruto spostò faticosamente la testa per guardare la finestra.
Eccolo lì, sul davanzale, a fissarlo scuotendo il capo.
«Guarda come ti sei ridotto» commentò saltando giù e aiutandolo a rialzarsi.
«Bah… dettagli» bofonchiò Naruto lasciandosi ricadere sul divano. Spostò da sotto il sedere un set di kunai. «Domani ci riuscirò»
«No, non credo»
«Sì invece!»
«Non da solo»
Silenzio.
«Oh. Beh, forse…»
«Anche il Rasengan, l’hai imparato insieme al grande Jiraya»
«Sì, ma…»
«E quando sviluppavi la sua evoluzione, c’era Yamato»
«Però…»
«Sei forte, Naruto» Kakashi sorrise. «Ma per l’apprendimento sei davvero negato. Chiedere aiuto non è una debolezza»
Naruto esitò, arrossendo.
Alla fine sbuffò.
«E va bene!» si arrese. «Ma devi garantirmi che riuscirò a imparare questa cavolo di tecnica entro tre giorni!»


Non ci era riuscito neanche in sei mesi.
Era arrivato a un passo dal farcela, sì… ma non ci era davvero riuscito.
Aveva raccolto il chakra, focalizzato la formula, visualizzato sé stesso… ma c’era sempre qualcosa che mancava. E la tecnica non si attivava.
Ora, fermo davanti alla copia di Sakura che un attimo prima era stata un piccolo terrier marrone, tutti gli allenamenti fatti con e senza Kakashi gli si presentarono alla memoria in un solo colpo.
«Sveglia Naruto!» abbaiò Pak, vedendolo immobile. «Dobbiamo andare!»
Cinque minuti prima aveva sentito qualcuno avvicinarsi, e avevano scoperto che si trattava del cane insieme a Sakura. Quando poi la bestiola aveva preso le sembianze della kunoichi e aveva riferito di aver trovato Itachi Uchiha, lui, povero animale che cercava soltanto di fare il suo dovere, si era ritrovato di fianco un imbecille in catalessi.
«Naruto!» chiamò anche Sakura. «Non perdere tempo qui!»
Lui la fissò.
Sakura.
La sua Sakura.
Non davanti a Sasuke, che pure sembrava la più grande minaccia…
…ma davanti a Itachi Uchiha.
Determinata a combatterlo.
Non poteva permettere che le accadesse qualcosa.
Congiunse le mani con tanta forza che i muscoli guizzarono sotto la pelle.
«Che stai facendo?» abbaiò Pak.
Raccolse il chakra, e una folata di vento spazzò il pavimento polveroso.
«Naruto!» esclamò Sakura, riparandosi il viso.
Focalizzò la formula.
Visualizzò sé stesso.
Lui e la formula.
Lui e Sakura.
E, per la prima volta, davanti agli occhi stupefatti di Pak e della copia di Sakura, completò la tecnica di dislocazione istantanea del quarto Hokage.


«Il mio nome è Sakura Haruno. Sono qua per catturarti»
Itachi rimase in silenzio, sotto la pioggia scrosciante. Con esasperante lentezza fece scivolare una mano fuori dal kimono, e la osservò.
«Spiegami una cosa…» mormorò. «Perché sprecate tante energie per Sasuke? Lui vi ha tradito»
Sakura strinse i denti.
«Tu non potrai mai capire noi o Sasuke!» gridò. «Non potrai mai capire il sentimento che ci lega, o perché lo vogliamo indietro!»
«No, infatti non lo capisco…» ammise Itachi, peraltro senza apparire molto turbato. «Lui ha espresso chiaramente il suo desiderio di non avere più nulla a che fare con il villaggio della Foglia… eppure voi insistete nel volerlo riportare a Konoha. Il che va anche contro la sua volontà. E quindi non è nel suo interesse. Vuoi forse dirmi che lo fate “per il suo bene”? Sarebbe una sciocchezza. Capirei se lo amaste…»
Involontariamente, Sakura sussultò appena.
Itachi si interruppe.
«Oh. Dunque è così» mormorò.
«No!» gridò Sakura. «Il sentimento che ci lega a lui è diverso!»
«E il sentimento che ti lega a lui?»
«E’ diverso!» ripeté lei, furibonda.
Dove voleva portarla quel bastardo?
Voleva spingerla a dire qualcosa di cui si sarebbe pentita per sempre?
«Ah» si limitò a bisbigliare Itachi, senza staccare gli occhi da lei. «Dunque non lo ami»
E all’improvviso i suoi occhi furono scarlatti.
E lui non fu più Itachi, ma Sasuke.
“E’ un’illusione” realizzò Sakura nel momento in cui il Sasuke che le stava davanti le sorrise.
«Ti amo…» le sussurrò, e lei sentì un brivido correrle giù per la schiena.
«No!» gridò, premendosi una mano sulla fronte e lasciando scorrere il chakra.
L’illusione prese contorni sfilacciati e si dissolse rapidamente, lasciandola solo leggermente stordita. Lei fissò il maggiore dei fratelli Uchiha con astio.
«Ti sei liberata…» commentò lui, accigliandosi. «Significa che non bastava»
Sakura vide i suoi occhi mutare leggermente nel disegno dello sharingan.
Fu solo un attimo, ma bastò per richiamare alla memoria vecchie parole del maestro Kakashi:
Lo sharingan ipnotico non è una comune tecnica illusoria. Non si può contrastare con i metodi tradizionali, e neanche io che possiedo lo sharingan sono in grado di fermarla una volta che è iniziata. Non ha punti deboli. Si può solo evitarla chiudendo gli occhi
Abbassò le palpebre in fretta, irrigidendosi in attesa di un eventuale attacco.
Maestro Kakashi, come possiamo combattere un possessore di sharingan ipnotico, allora?
Sentì un impercettibile spostamento d’aria davanti a sé, e rapida raccolse il chakra nella mano destra, scagliando un pugno verso il basso.
Tu vuoi sapere come battere Itachi Uchiha, non è così Sakura?
L’asfalto si frantumò con un crack secco, e grossi frammenti taglienti le graffiarono braccia e viso. Sentì il cappello volare via.
Ehm…
Sakura scattò indietro, tendendo al massimo ogni suo senso per cogliere anche il minimo rumore o spostamento.
Lo sharingan non si può battere, in teoria. Ma Itachi Uchiha ha un grosso punto debole: la vista. Continuando a usare i suoi occhi indiscriminatamente si stanca presto… e sono sicuro al 95% che ormai la sua vista sia molto compromessa. Al momento è ancora forte perché il suo sharingan gli premette di anticipare le mosse dell’avversario, e perché la sua esperienza sul campo di battaglia è immensa… ma credo che veda molto poco
Sakura riaprì gli occhi di scatto.
Non poteva combattere cieca.
Non poteva dare questo vantaggio a lui, che già vedeva così poco.
Per una frazione di secondo le parve di incrociare il cremisi intenso dello sharingan ipnotico, ma distolse in fretta lo sguardo scartando di lato.
Fece scivolare una mano nel marsupio, afferrando una manciata di polvere urticante, e mentre Itachi si voltava nella sua direzione lei colpì di nuovo l’asfalto già martoriato, facendogli perdere l’equilibrio. Itachi spiccò un balzo, e lei con lui. Mentre i frammenti più leggeri della pavimentazione erano ancora sospesi in aria, Sakura scagliò la polvere verso i suoi occhi.
L’aveva preparata lei stessa.
Finissima, quasi invisibile, all’inizio aveva pensato di lasciarla a casa.
Non credeva che le sarebbe servita.
Itachi la vide tendere la mano verso di lui, e il suo sharingan gli disse che scagliava qualcosa nell’aria davanti ai suoi occhi opachi. Scartò bruscamente, pur senza vedere la polvere, ma quando atterrò di nuovo sentì la prima, bruciante fitta.
Portò una mano alle palpebre, corrucciato.
Sakura, con i piedi a terra a qualche passo di distanza, esultò.
Ce l’aveva fatta!
Rapida afferrò uno dei kunai che teneva sotto il mantello, e lo scagliò verso Itachi.
All’ultimo istante lui lo deviò con il braccio, e le lanciò un’occhiata irritata.
Il kunai cadde a terra. Sul suo manico era disegnata una formula complessa.
Naruto ne aveva regalato uno sia a lei che a Sai.
«Non ti lascio scappare!» gridò Sakura scattando in avanti.
Itachi spalancò gli occhi scarlatti, incurante del dolore e delle lacrime che li offuscavano, e, nonostante il mal di testa pulsante che avvertì subito dopo, attivò lo sharingan ipnotico.
Sakura non riuscì ad evitarlo.
E mentre lei cadeva all’improvviso in avanti, una nube di fumo si originò sopra il kunai regalatole da Naruto.


Era dannatamente più difficile del previsto.
Sai schivò la spada di Suigetsu, e si trovò Sasuke alle spalle. Per evitare la sua katana fece una complicata contorsione, e cadde sul polso in malo modo. Si gettò di lato, per incappare nelle mani di Karin, ma prima che potesse stupirsi si trovò di nuovo la lama di Suigetsu a un passo dalla gola. Piegò la testa di scatto, e sentì lo sfregio sul collo, mentre rotolava indietro.
«Che bestiolina agile» ghignò Suigetsu divertito.
Gli arrivò un pugno di Karin, che gli liquefece la testa.
«Guarda!» gridò la kunoichi, piazzandogli sotto gli occhi in via di formazione una ciocca di capelli tagliata di netto.
Sasuke li ignorò, e fu di nuovo su Sai. Il jonin cercò di farsi indietro, ma la katana dell’Uchiha fu prolungata dal Raikiri e penetrò nella sua spalla, strappandogli un gemito.
«Ah! Ehi, era mio!» protestò Suigetsu, spingendo da parte Karin.
Sai infilò una mano nella borsa e ne estrasse un rotolo. Un’altra scarica di elettricità gli fece perdere la presa, ma la riacquistò subito. Stringendo i denti strappò il laccio e liberò una tigre d’inchiostro, che si avventò su Sasuke. Per non essere morso lui dovette estrarre la katana e lacerare l’animale, mentre Sai sfruttava l’improvvisa libertà e con un balzo raggiungeva un davanzale al primo piano.
«Non di qui» ghignò Suigetsu, conficcando la spada nel muro accanto a lui.
Sai raccolse in fretta il chakra, ma il suo avversario, gongolante, mollò la presa sulla sua lama e afferrò l’altra che portava sulla schiena, fasciata in bende strette. Gli bastò muoverla una sola volta, senza nemmeno sfiorarlo, e il ninja della foglia non sentì più una briciola di chakra nella tecnica.
«Wow» commentò Suigetsu. «Era la prima volta che la usavo»
Sai cercò di raggiungere un altro davanzale, ma Sasuke gli sbarrò la strada. Il chakra che lo teneva attaccato al muro si interruppe, mentre Suigetsu agitava nell’aria la spada un tempo appartenuta a Kisame, e lui scivolò lungo la parete fino ad atterrare di nuovo nel vicolo.
E ora, davanti a lui, c’era un uomo alto quasi due metri dall’espressione neutra… e uno schizzo di sangue sul viso. Sai cercò di schivarlo e passare oltre, ma si sentì afferrare per la collottola, e un attimo dopo un pugno lo colpì tra le costole. Ne sentì almeno due incrinarsi, mentre cadeva in ginocchio sputando sangue, e un calcio lo raggiunse sotto il mento facendolo rotolare fino al muro.
«Vedi? Lui sì che sa come si fa» commentò Karin sarcastica, verso Suigetsu.
«Parla lei che non ha alzato un dito» ringhiò lui in risposta.
Sasuke raggiunse Sai.
Lo fissò, accasciato contro il muro, ansante, stremato, con il bel viso macchiato di sangue.
Eppure anche in quella situazione non riusciva a leggere vero odio nel suo sguardo.
Era come se quel ragazzo fosse stato seriamente limitato nelle emozioni.
Alzò la katana, guardandolo negli occhi.
«Non ho neanche dovuto usare lo sharingan» mormorò.
Calò il colpo.
La lama si conficcò in un rotolo estratto all’ultimo minuto.
Sasuke inarcò un sopracciglio, perplesso.
«E’ questa la tua ultima difesa?» domandò.
E allora vide l’inchiostro colare sulla carta.
Lento, denso come sangue, gocciolò a terra. Poi, come dotato di vita propria, prese a risalire la katana ribollendo.
«Lascia la spada!» gridò Karin all’improvviso.
Sasuke obbedì d’istinto, e la lama restò conficcata nel rotolo.
Prese a vibrare, tremante, e un sottile filo di fumo iniziò ad alzarsi dall’acciaio.
Sai strinse le dita attorno all’inchiostro che l’avvolgeva come una guaina, e la estrasse con un colpo secco, gettandola a terra. Quando riaprì la mano, era seriamente ustionata. Ma non ci fece caso; aprì il rotolo, e mentre i suoi avversari cercavano di capire cosa tentasse di fare, una colata di inchiostro denso e rovente si sprigionò dalla carta e andò a invadere il vicolo.
Il Serpente balzò simultaneamente fino a raggiungere i davanzali del primo piano, mentre Karin intimava a tutti di non sfiorare la strana sostanza per nulla al mondo; quella sorta di sangue nero, come animato di vita propria, prese allora a seguirli lungo le pareti, arrampicandosi come mani viscide e roventi, e li costrinse a risalire ancora.
Sai, in un’isola preservata dal veleno, stringeva ancora il rotolo, ansante.
Suigetsu lo vide e ghignò.
Spiccò un salto – con Karin che gli dava dell’idiota – e agitò in aria la spada di Kisame.
A Sai mancò il fiato, così come il chakra.
Nello stesso attimo l’inchiostro smise di muoversi, e come al rallentatore si staccò dalle pareti, precipitando al suolo. Lo vide colare lungo i muri e lasciare tracce color carbone, e poi… lo vide divorare in fretta i limiti che lui aveva disegnato poco prima.
Lo avrebbe raggiunto.
Non aveva scampo.
Si tirò in piedi con le ultime energie, mentre Suigetsu, attaccato al muro, ghignava, e cercò in fretta una soluzione. Estrasse un altro rotolo, in cerca di un uccello, ma uno shuriken proveniente da Sasuke glielo strappò di mano.
Prima che l’inchiostro lo raggiungesse, lui alzò gli occhi neri a incontrare quelli altrettanto scuri dell’Uchiha.
Li fissò, senza distogliere lo sguardo.
«Naruto non si fermerà» disse, abbastanza forte perché tutti lo sentissero. «Mai»
Sasuke non fece una piega.
L’inchiostro rovente lambì i piedi di Sai.
E la strada intera andò in frantumi.
Grossi frammenti d’asfalto scomposto salirono verso l’alto, innaturalmente lenti nell’ottica da moviola di Sai. Nere gocce d’inchiostro costellarono l’aria, tremolanti, disegnando scie lucenti insieme alle gocce di pioggia.
Poi, quasi fiaccamente, ogni elemento della composizione prese a cadere verso il basso… e, oltre le schegge più grosse, Sai vide… Sakura. Con il pugno ancora calato.
Anche Sasuke la vide.
E lei vide lui.
Fu uno scambio di sguardi lungo un istante…
…poi Sasuke fece un cenno agli altri.
E il Serpente fuggì.


Sasuke era lì, davanti a lei.
In un bagno di sangue.
E Itachi, su di lui, colpiva.
E colpiva e colpiva e colpiva, infierendo sulla sua carne bianca, mentre le sue grida aumentavano di tono e volume… ma non supplicava, perché non lo avrebbe mai fatto… non lui, non l’Uchiha sopravvissuto… e lei guardava, impotente, legata, e le corde le incidevano la carne… il suo sangue cadeva verso il basso, in un’oscurità senza fine… le sue lacrime cadevano con lui… le sua urla si perdevano nel vuoto, con l’unico scopo di superare quelle di Sasuke, di azzerarle, di non fargliele sentire…
«Sakura!»
No!
No, non Naruto, per favore, ti prego… non lui, non lui!
Un grido straziante.
Un ruggito.
E la volpe, un ammasso di chakra scarlatto, che dilaniava le sue carni… suoi capelli dorati, quei capelli che amava tanto, intrisi di sangue… l’aria impregnata di grida, le sue, quelle di Naruto, quelle di Sasuke…
ore… ore… ore… e ore…
e, alla fine, in un silenzio irreale, la morbida voce di Itachi.
Lui, immacolato, davanti ai suoi occhi senza più lacrime.
«Non avresti dovuto cercarmi»
Sakura cadde in ginocchio, senza fiato.
«Sakura!» la chiamò la voce di Naruto.
Lei si portò le mani alle orecchie, gli occhi sbarrati.
No, lui non poteva essere lì, non così in fretta… era l’illusione... non voleva sentirlo gridare ancora! No!
«Nooo!» urlò.
«Sono io! Sono qui!» le disse lui, inginocchiandosi davanti a lei.
Sakura sentì le mani di lui sulle proprie, calde, reali.
Tremante alzò lo sguardo inondato di lacrime e incontrò i suoi occhi celesti, ansiosi, ma… non disperati. Non urlanti.
«N…Naruto…» balbettò, sfiorandogli il viso con dita gelide.
«Era un’illusione!» esclamò lui, prendendole le mani con apprensione. «Stai bene? Non era vero. Non era vero!»
“Ma certo che non era vero” le disse la parte più razionale del suo cervello. “Stai affrontando Itachi Uchiha, devi aspettarti questo ed altro”
Sakura deglutì.
Anni prima Kakashi l’aveva messa davanti a un’illusione simile, ma infinitamente più leggera… e lei era svenuta.
Credeva di essere migliorata da allora.
Credeva di essere diventata più forte non solo nelle tecniche, ma anche nell’animo.
“Stai affrontando Itachi Uchiha” le ripeté la vocina nella sua testa. “E’ tutto un altro livello”
Lei si morse le labbra.
Oltre le spalle di Naruto, vide una sua copia scambiare colpi violenti con l’Uchiha, da un lato all’altro della strada. Ecco perché l’illusione si era interrotta.
E’ tutto un altro livello
Allontanò le mani di Naruto.
“E io sono un’altra Sakura” si disse, corrugando la fronte.
Erano lì per catturare Itachi Uchiha e riportare Sasuke a Konoha.
Non poteva cedere.
Non poteva avere paura.
Doveva combattere.
Fece per alzarsi sulle gambe ancora tremanti, quando la mano di Naruto si posò sulla sua spalla e la tenne giù.
«Ho bisogno che tu stia qui» le disse, grave. Lei fece per ribattere, ma lui fu più veloce. «Devi stare lontana!» esclamò. «Non devi avvicinarti!»
«Perché?» ribatté lei, furiosa.
Lui voleva proteggerla, e le stava bene, ma lei non era una sciocca ragazzina debole!
Poi sentì le sue dita, affondate nella spalla, tremare.
«Perché…» mormorò Naruto, quasi gli costasse fatica. «…Perché ho bisogno che mi fermi… dopo»
Sakura corrugò la fronte.
E vide la sua pupilla stringersi, e diventare verticale.
Attorno l’iride era di un rosso cupo.
La sua mano scottava.
«Naruto…» bisbigliò, spalancando lentamente le palpebre. «Avevi detto che potevi controllarla!»
Lui le rivolse un sorriso sghembo. «Ma certo» assicurò.
«No! Non è vero! Avevi detto che era…»
«Sakura»
Lei ammutolì.
«Io la sto già controllando. Solo che… non funziona esattamente come pensi tu»
«E allora come…» tentò di dire lei, ma inutilmente.
Naruto scosse la testa, e gli artigli comparsi improvvisamente alle sue mani rischiarono di penetrarle nella pelle.
«Me ne occupo io» disse, la voce leggermente distorta. «Ci penso io… tu fermami, dopo. Ti chiedo solo di fermarmi»
«Ma…»
«Giuramelo!» ruggì.
Sakura sussultò, e un brivido le corse lungo la schiena.
«Va bene…» fu costretta a mormorare.
Vide Naruto sorriderle, snudando le zanne già accentuate, e poi… scomparve.
E di lui rimase un’unica immagine, ferma davanti a Itachi, ansante.
Pronta a combattere davvero.

  
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