ansia da separazione cap.3
"Arrivederci Dottore." disse Edward uscendo dall'ufficio del
dottor Richard.
Erano passati sei anni da quando il ragazzo aveva iniziato le
sedute, ora riusciva a stare solo per mezz'ora senza John, ma aveva ancora
molte difficoltà nel parlare con le persone senza avere
accanto il suo gemello.
John lo aspettava seduto nella sala d'attesa, leggeva riviste
che ormai conosceva a memoria.
"Ed!" disse alzando lo sguardo.
"Come è andata?" chiese ancora il più
grande.
"Come al solito." disse avvicinandosi al gemello.
"Andiamo a prendere un gelato al parco?" chiese John.
"Certo!" rispose felice l'altro che prese per mano John e si
avviò verso l'uscita.
Arrivarono al bar che si trovava fuori dal parco, presero il
proprio gelato e si incamminarono verso una panchina libera dove
potevano mangiare tranquillamente.
Finirono il proprio gelato ma decisero di rimanere seduti per
parlare:
"John, sono stanco di andare dal Dott. Richard, non vedo
miglioramenti..." disse Edward abbassando lo sguardo.
John strinse la mano al gemello:
"Secondo me hai fatto molti progressi Ed'dard, devi solo
continuare, credere in quello che fai." disse, iniziando ad accarezzare
il dorso della sua mano con il pollice.
"Il problema è che io non voglio!" disse con voce
tremante.
"Perchè dici questo?" chiese il più
grande.
"E' da sei anni che vado alle sedute, e con il tempo ho
capito che il vero motivo per cui devo andare è
perchè mi vogliono allontanare da te, Jawn." disse,
iniziando a piangere in silenzio.
Il gemello, vedendo il più piccolo in quello
stato, lo strinse forte a sè, baciandogli i capelli morbidi.
"Nessuno mi allontanerà da te, nessuno."
sussurrò al suo orecchio.
Rimasero abbracciati per un tempo indefinito, amavano stare
così e non gli importava della gente che li guardava o li
prendava in giro, ogni abbraccio per loro era un momento speciale.
Sono sempre stati abituati a scambiarsi segni di
affetto in pubblico, anche se, rispetto a prima, erano diminuiti.
Avevano bisogno del contatto fisico, di sentire il gemello
accanto e le carezze, gli abbracci e i baci venivano
spontanei.
Stavano per tornare a casa quando John si
fermò davanti al bar dove prima avevano comprato i gelati.
"Devo andare in bagno, faccio veloce." disse lasciando la
mano del gemello.
Edward rimase fuori ad aspettare.
"Guardate chi c'è! Perchè sei tutto
solo? Il tuo ragazzo ti ha lasciato?" la voce arrivò alle
sue spalle, seguita da risate.
Quando si voltò vide Robbie, il bullo, seguito dai
suoi amici.
Edward rimase in silenzio e guardò nervosamente
dentro il locale dove John era entrato.
"Ehy, rispondi principessa!" disse l'altro ragazzo
avvicinandosi a Edward.
Si trovava a pochi centimentri dal ragazzo quando lui disse a
denti stretti, guardando il terreno:
"Lasciatemi in pace."
"Solo se domani, a scuola, mi dai i tuoi soldi." disse con un
sorriso beffardo.
Il piccolo non rispose.
"Se domani non porti i soldi, a te e a tuo fratello
succederà qualcosa di brutto." disse infine, spingendo
Edward a terra mentre gli altri corsero nella direzione opposta.
John uscì dopo pochi minuti dal negozio con in
mano un sacchetto.
"Scusa Ed'dard se ci ho impiegato tanto, ma ho preso qualche
caramella e ..." si fermò, notando che il fratello si stava
alzando da terra.
"Tutto ok?" disse aggrottando la fronte e aiutando il gemello
ad alzarsi.
Il più piccolo si limitò ad annuire,
prendendo per mano il più grande e incamminandosi verso casa.
Il giorno sucessivo, a scuola, Edward si teneva stretto a John per
paura che Robbie e i suoi amici spuntassero da un momento all'altro.
Suonò l'ultima campanella della giornata, tutti
gli studenti se ne andarono e rimasero in classe i due gemelli da soli,
John in piedi ad aspettare che il gemello sistemasse la sua roba nello
zaino.
"Ti aspetto all'uscita, ok?" disse, incamminandosi
fuori dalla porta.
Aveva svoltato l'angolo del corridoio quando venne bloccato
da alcuni ragazzi, buttarono il suo zaino a terra e uno di essi gli
mise una mano sulla bocca, per impedirgli di urlare.
Robbie aprì la porta dello sgabozzino dei bidelli
e ordinò ai suoi amici di portarci John.
Quest'ultimo venne letteralmente lanciato dentro, sbattendo
la schiena contro le scope impolverate.
Il bullo chiuse velocemente la porta a chiave e si
incamminò verso la classe da dove Edward stava uscendo.
Appena vide i bulli, il ragazzò diventò
ancora più bianco di quel che era.
"Hai portato i soldi, ragazzina?" disse Robbie avvicinandosi
sempre di più.
"Può darsi." rispose Edward, cercando di tenere
testa al ragazzo.
"Ti conviene, abbiamo qualcosa a cui tieni molto." disse
sorridendo, guardando l'amico che alzava lo zaino di John.
Edward iniziò a tremare.
"D...Dov'è?! Cosa gli avete fatto?!"
urlò con le lacrime agli occhi.
"Stà bene, non gli abbiamo ancora fatto niente,
per ora..." disse facendo una pausa.
"Prima dammi i soldi e dopo ti porteremo da lui."
continuò fermo, porgendo la mano per prendere il denaro.
Edward mise le mani tremanti nelle tasche, le
svuotò, dando i soldi al ragazzo.
Voleva farsi rispettare, non essere più trattato
come una ragazzina solo perchè John lo proteggeva sempre da
tutti, ma tutto questo svanì dopo aver pensato a
quest'ultimo in pericolo.
"Tutto qui?" si limitò a dire, fissando le due
banconote e qualche monetina.
Edward annuì, i suoi occhi erano rossi e gonfi.
"Non bastano." disse con sguardo serio, avvicinandosi al
gemello.
"E'...E' tutto quello che ho..." disse Edward controllando
una seconda volta le tasche.
Robbie fece un cenno con la testa ai suoi amici, uno di loro
prese Edward e lo bloccò contro il muro, gli altri uscirono.
"Dove stanno andando?!" chiese Edward, nervoso e
più preoccupato per John che per se stesso.
Sentiva le lacrime calde, scendere e rigare il suo viso.
Dopo pochi minuti i ragazzi che erano usciti ritornarono con
John, lo tenevano fermo, impedendogli di fare qualsiasi movimento.
Quest'ultimo alzò lo sguardo e, vedendo il suo
gemello in quello stato, tremante e in lacrime, gli venne un nodo alla
gola.
Aveva i polsi rossi, proprio dove il ragazzo che lo bloccava
lo teneva contro il muro, le lacrime gli rigavano il viso pallido e
sembrava sull'orlo di un attacco di panico.
Solo lui e le professoresse sapevano del problema di Edward.
"Lasciate stare Edward, non vedete che stà male?!"
urlò il più grande contro i ragazzi.
Robbie non ascoltò e ordinò all'amico
di stringere ancora più forte i polsi del ragazzo.
"St...State lontani da Jawn!" urlò tra le lacrime
il più piccolo.
"Dobbiamo punirti, non ci hai ascoltato." disse alzando un
sopracciglio.
Dopo pochi secondi Robbie era di fronte a John e lo fece:
picchiò il gemello più grande davanti a Edward
che ad ogni colpo, piangeva sempre più forte, cercava di
divincolarsi dalla forte presa del ragazzo, ma invano.
Solo quando il corpo di John si lasciò andare per
terra, i bulli si fermarono, incominciando a correre fuori
dall'edificio.
Edward si chinò vicino al gemello che
incominciò a tossire, cercando di alzarsi.
Mise una mano sullo stomaco, ma fece una smorfia di dolore
quando cercò di spostarsi verso il gemello.
"Jawn, st... stai bene?" domandò con voce tremante.
"Si, tranquillo." disse con voce roca, accettanto l'aiuto del
gemello per alzarsi.
Sul suo viso c'era qualche graffio, il suo zigomo aveva preso
colore, segno che si sarebbe gonfiato, e aveva un fortissimo dolore
allo stomaco.
Non voleva far preoccupare il gemello che lo
abbracciò forte una volta in piedi.
"Torniamo a casa." disse John serio, avvolgendo il braccio
intorno alla vita di Edward.
Quando arrivarono a casa, la madre aveva lasciato un biglietto sul
frigorifero dove diceva che la cena era in forno.
"Io non ho fame." disse il più grande
incamminandosi verso le scale.
Edward lo guardò salire, la mano sempre sullo
stomaco.
Riscaldò qualcosa velocemente e subito dopo aver
mangiato, seguì il fratello in camera.
Quando entrò, in camera non c'era nessuno, si
poteva solo sentire il rumore dell'acqua del bagno, segno che John era
chiuso dentro.
Edward si sdraiò sul letto, fissava il muro in
silenzio mentre aspettava il gemello.
Si sentì un singhiozzo, uno dei pochi che John
aveva lasciato scappare per sbaglio.
Il più piccolo si alzò dal letto e
appoggiò un orecchio sulla porta.
"John?" sussurrò.
L'acqua si arrestò.
"John, tutto bene?" chiese ancora.
"Si tranquillo..." rispose una voce tremante.
Un altro singhiozzo scosse il corpo del più
grande, facendo preoccupare l'altro che entrò in bagno,
trovando John seduto contro il muro in un angolo, era senza maglietta,
la schiena nuda contro le mattonelle fredde della parete.
Corse verso il gemello che, automaticamente, alzò
le braccia per cercare un abbraccio che non tardò ad
arrivare.
Nel fare tutto questo Edward riuscì a notare i
segni rossi che i bulli gli avevano procurato allo stomaco.
"John, tranquillo sono qui." disse, stringendo il gemello
contro il suo petto e incominciando ad accarezzargli la schiena.
Riuscì a calmarlo finchè, sfinito, si
addormentò tra le sue braccia.
Anche John aveva bisogno di lui, proprio come lui aveva
bisogno di John.
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