Nota: Prima di tutto
vi chiediamo scusa per il ritardo nella pubblicazione, la vita vera
s’è
messa un attimo di traverso con mille impegni, le feste, gli ultimi
esami ecc.
Secondo punto dolente: questo è l’ultimo capitolo
che Ivy ha pubblicato. Purtroppo non ci è dato sapere quando
arriveranno gli altri, ma tradurremo non appena sarà
disponibile
nuovo materiale.
Questo è solo un “arrivederci” :D
Peace
out!
Troppo Presto
Non c’è bisogno
che sia complicato. Lei lo aggiusterebbe perfino adesso se potesse:
rendendolo più bello, più drammatico. Non
così vicino agli occhi,
forse. Più tragedia intorno al mento. È una
pittrice, vuole
dipingermi al meglio. Rendermi più raccapricciante, o
più tragico.
Lo so. Non c’è tempo per questo: non
c’è. Fa’ il tuo lavoro.
Mantenerlo a distanza. Quindici secondi, venti. Dev’essere
realistico, e questo è realistico. Sangue; pallore. (Troppo
presto:
aspetta un altro minuto, allora sarà perfetto.) Una strana
quiete:
riesco a sentire i tuoi passi, John. Riesco a sentirti. Trenta
secondi. Aspetta che ti raggiunga. Pausa.
Pronto.
Nessuno sparo. Il
fucile è abbassato adesso? Una vista così
limitata da quella
finestra, una posizione idiota. Troppo facile nascondere
l’intera
operazione con questo vantaggio. Ci crede? Guarderà te per
verificare. Ti sta guardando, John. Attraverso un mirino, al di
là
del reticolo di puntamento.
Per la maggior parte
del tempo insieme abbiamo avuto puntatori laser che danzavano sui
nostri petti, anche quando non lo sapevamo. (Lo adoravi, non
è vero?
Tutto quel tempo. Io sicuramente sì. Eravamo così
ben assortiti,
contro ogni previsione.)
Terrà i suoi occhi
su di te fin quando tu manterrai i tuoi occhi su di me. Mi stai
nascondendo, John. In questo momento mi proteggi, come fai sempre. Ne
saresti contento? Uno sparo da una finestra per mantenermi al sicuro:
è al contrario questa volta, il proiettile resta nella
pistola, ma
l’effetto è lo stesso. Mi sentirei più
sicuro con il tuo dito sul
grilletto, ma andrà bene. Mi crederai, perché lo
fai sempre, e lui
crederà a te. Interi discorsi comunicati senza parole. Non
sono mai
stato particolarmente bravo in questo.
Dolore acuto
all’ascella: piccola pallina di gomma dura. Faccio pressione
senza
agitarmi. Un così delicato equilibrio tra dolore e
immobilità.
Marciapiede bagnato: l’acqua piovana nei miei pantaloni. La
sensazione di un tocco leggero di un pennello sulla mia tempia. Ho
freddo. Non rabbrividire: fingiti morto, non tremare. Il più
leggero
respiro batte contro le mie costole. Non posso deglutire. Avrei
dovuto fare pratica.
Mi piacerebbe una
tazza di the in questo momento: la mia gola è
così secca. (Andiamo
a casa, John. Andiamo a casa.) La porta su questa
possibilità è
chiusa adesso: niente più the a Baker Street. Non per me,
comunque.
Almeno per un po’. Forse parecchio tempo.
(Il calore che si
espande una volta che la porta è chiusa; il chiavistello
debole, che
necessita di una vite in più nel meccanismo. Il tappeto sul
pavimento che sta diventando logoro in alcuni punti. La trama della
carta parati, l’odore di tappezzeria vecchia,
caffè, amido,
detersivo per piatti. Il rumore di un aspirapolvere. La tua voce, che
chiacchiera di niente. La tua risata: le tue scarpe sulle scale. No:
niente Baker Street per me, non più. Lo so, lo so.)
Morire è facile:
studio cadaveri da abbastanza tempo, riesce quasi naturale. Essere un
cadavere. Angolature particolari, rallentare il movimento con lo
scorrere del sangue. Sono gelido nel profondo, sono bagnato, sono a
pezzi. Lo sono, lo sono. Morto. Occhi aperti: vitrei. Non sbattere le
palpebre. Guarda: fissa il vuoto.
Osserva, John. Guarda. Il
volume del sangue sul marciapiede: è troppo, davvero.
Leggermente
troppo. Lo so che è così. Lo noterai? (No.) Hai
già visto un
trauma cranico prima d’ora, però. Più
volte rispetto alla media.
Hai visto ferite mortali alla testa. (Anche se: una ferita
d’arma
da fuoco è diversa, ovviamente.) È un indizio,
troppo sottile da
cogliere, io sospetto.
Lo noteresti solo se
fosse troppo sbagliato, e non lo è. Molto più
sangue di questo
sarebbe una farsa; ma troppo poco, anche una quantità
perfettamente
realistica, assorbita dal mio cappotto, dai miei capelli ti farebbe
guardare due volte. Non sembrerebbe abbastanza. Ti farebbe dubitare.
Potresti pensare che potrei essere sopravvissuto. Lo so. Forse mi
sbaglio: hai visto abbastanza scene del crimine. Magari indovinerai
nel momento in cui riuscirai ad essere abbastanza vicino.
C’è un
quarto di pinta [1] in più sul marciapiede. Un quarto di
pinta che
dovrebbe essere ancora nel mio corpo. È un indizio, John. Lo
vedi?
Ma loro non ti
permetteranno di guardare. Non a lungo. Osserva tutto ciò
che puoi,
John. Studia la scena. Interiorizzala. Conosci i miei metodi.
Osservami, e pensa. Sii razionale. C’è
verità in ciò che vedi?
Ma non farlo. Non
farti domande: non adesso. Non iniziare a pensare chiaramente adesso,
Dio non voglia. Non uscire fuori dal personaggio facendo qualcosa di
inaspettato come essere razionale. Ciò ci
ucciderà entrambi. Che
ironia: ho passato mesi a cercare di cambiare il tuo comportamento,
cercando di spingerti ad osservare e a dedurre, a guardare ai fatti e
solo ai fatti, e ora faccio affidamento sul tuo non riuscirci. Sono
un insegnante terribile.
Ho bisogno che tu
sia te stesso. Reagisci, non pensare. Piangi per me inutilmente. Ho
bisogno che tu metta in mostra la tua irrazionalità a favore
del
nostro pubblico nascosto. Ho bisogno che tu assista a questo
spettacolo di passione e che tu lo prenda per buono, come è
probabile che tu faccia. Gioco con le tue debolezze. Sto usando la
tua fiducia in me contro di te. Cosicché tu possa
proteggerci
entrambi, John. Per il bene superiore.
È un conflitto
così
strano: quello di cui ho bisogno e quello che voglio sono
all’improvviso cose così differenti.
Sarai testimone di
questo momento, allora. Così come devi. E credici anche, se
necessario. Ma ripensaci, John. Dopo, quando la pioggia avrà
smesso
di cadere e chi legge i giornali non parlerà più
di me. Ricordati
di me così. Metti tutto in discussione. Non
c’è troppo sangue sul
marciapiede? Accade tutto troppo in fretta, non ha senso. Questi
dettagli, sono improbabili. L’improbabilità
è sempre una bugia. E
questa è una bugia. Ascolta, John. Guarda. Osserva. Pensa.
Pensa, John: tutto
questo sangue. Con la mia testa ancora parzialmente intatta? Avanti!
Avanti: dovrebbe esserci ancora una quantità di sangue nel
mio corpo
a questo punto, calcola quanto dovrebbe essere. Dovrei ancora
sanguinare a questo punto. Lungo il mio collo, nel mio cappotto.
Sotto di me, non essendo più sospinto dal mio cuore. Avrebbe
rallentato. Non dovrebbe essercene così tanto sul
marciapiede. Non
così presto.
È ovvio che le
ferite
alla testa sanguinano sempre tanto, questo è vero. E tu non
hai
visto l’impatto. Non sai quanto tempo è passato:
sei in modalità
di reazione, e il tempo sembra fermarsi. Non sai esattamente quando
sei sceso dal taxi. Non hai abbastanza informazioni per poter andare
avanti. Il tuo cuore rimbomba nelle tue orecchie. Non sei in
condizioni di essere logico. Forse non indovinerai mai.
Non ti sarà
permesso guardare due volte. Solo una volta; un’occhiata. Un
solo
sguardo a me che convinca. Sei il mio medico legale, sei tu la corte
popolare. Sono morto. Spezzato, coperto di sangue. (Non è
mio, John.
Dovresti saperlo: sarai in grado di dirlo, se osserverai con
attenzione. Cosa che non farai. Guarda. Osserva. Ricorda. Ti prego.)
Non voglio che dubiti di
me, John. Ho solo bisogno che tu lo faccia.
Immaginerai che la
parte posteriore del mio cranio sia completamente distrutta a
giudicare dalla quantità di sangue. (Ma osserva la mia nuca:
è
intatta. Se fosse rotta sarebbe schiacciata. O se distrutta in modo
irregolare, in una parte, sarei voltato in un’altra direzione
o
verso il marciapiede. Non lo noterai se non ci sono io ad indicarlo,
vero? Il mio dottore. Troppo complicato. Lo so.) Dubbio fastidioso;
aggràppati a questo. Avanti, John.
Riesco a sentirti:
stai discutendo. Vuoi passare. Vuoi vedermi. Vuoi aiutarmi. Sei un
dottore, come se potesse servimene uno in questo stato. Hai speranza.
Anche adesso. Anche dopo avermi visto cadere. Per te il tempo
s’è
fermato, e in una certa misura credi di poter ancora afferrarmi, di
poter impedire che mi spezzi. Salvami.
Hai dubbi, quindi.
Bene. Ma è troppo tardi per i medici, John. Anche per uno
come te.
Devi dimostrare a loro che ci credi. Mostragli che è vero:
nessun
dottore può aiutarmi. Sono pronto per le cure di qualcuno
più
simile a me, adesso: qualcuno che si diverte a contatto con un
cadavere fresco. Sono diretto solo all’obitorio. Sono morto.
“È mio amico.”
Alla fine, è questo
quello che sono, allora: due parole. Un aggettivo, possessivo. Un
semplice sostantivo che denota affetto reciproco. Suo. Definisce la
relazione, prima che lo faccia qualcun altro. Sta montando una
discussione. Dovrebbe avere un accesso speciale a me, per vedermi,
toccarmi, salvarmi. Amico: di tanto in tanto dico che non ne ho. Nei
miei momenti di maggiore debolezza ci credo. Solo al mondo, non
appartengo a nessuno, nemmeno a te. Sono sempre stato una creatura
solitaria, John. Siamo tutti soli nella nostra testa, per la maggior
parte del tempo, non è vero? Sarò di nuovo solo.
E’ stato un
momento di tregua da tutto questo, essere tuo. Tuo amico. Per un
periodo di tempo. È stato bello.
Tornerò. Non
posso
dirtelo. Ma lo farò.
Mi sei di fronte; mi stai
guardando. Nessun respiro, nessun movimento, nessuna messa a fuoco.
Tutto è sfuocato, ma riesco a vederti comunque. Il colore
dei tuoi
occhi, l’angoscia che ti attanaglia. È nelle tue
spalle, nelle tue
braccia. Il modo in cui ti tieni la testa. Sofferente. Ti ho ferito.
Solo. Freddo, vuoto
doloroso come una pugnalata al petto. Solo. Strano. Circondato da
tutte queste persone, e solo. Di già. Non me lo sarei
aspettato. E’
troppo presto. Tu sei proprio qui, e mi manchi già. Non mi
piace
mentirti, John. Sono solo qui sul marciapiede, ti sto mentendo.
Voglio raccontarti tutto, tutti i più piccoli dettagli e i
piani
elaborati, ma non posso. Non c’è
nient’altro che possa dirti.
Il tuo respiro
adenoidale. (Avrai problemi a dormire stanotte. Perché? La
pioggia,
forse. Umidità. Le nuvole che si spingono verso il basso.
Russerai,
parecchio, ti sveglierà e ti agiterai nel tuo letto, mezzo
addormentato. È la pioggia che provoca tutto questo?
Reazione allo
stress, forse. Può essere? No. Posso sentirlo: respiro
arrabbiato.
Il suono della tua voce nel tuo inspirare, espirare. Collegato
all’umidità, forse a una leggera allergia. Muffa.
Reazione allo
svenimento, nuova muffa contro la parete. Magari è una spora
sollevata dal nascosto Fleet River [2], scesa lungo le strade, e di
corsa lungo il Tamigi, per poi risalire dal canale di scolo a farti
tossire.
O potrebbe essere il
dolore della perdita? Potrebbe; naturalmente. Muco che risale,
liquido nei tuoi polmoni, reazione a un trauma. Al mio trauma. Al mio
essere morto. Tristezza. Lacrime nella tua gola. Posso sentire il
battito del tuo cuore nel tuo respiro. L’ho già
sentito prima. Non
posso guardarti correttamente. Non riesco davvero a vederti. Addio,
John. Addio.)
Dita sul mio polso:
calde.
Sei caldo. Appena sceso dal taxi, non sei stato esposto al vento sul
tetto. Io sono già pallido e freddo. Ha senso, John? Ne ha?
Dovrei
essere ancora caldo, sono passati solo pochi attimi. Nemmeno quattro
minuti completi da quando sono morto, dovrei essere già
così
freddo? Così pallido? Così presto? Pensa. Pensa,
John. Non sono
morto da abbastanza tempo perché la mancanza di ossigeno
potesse
scolorire il mio viso. Labbra bluastre, devi notarlo. Devi vederlo.
E’ troppo presto per questo. Quasi un minuto ancora prima che
sia
ovvio. Stai contando? Ha senso tutto questo? Guarda il tuo orologio.
Pensa. C’è troppo sangue. È troppo
presto.
Risolvi la tempistica.
Non
andare nel panico. Non puoi farci niente, vero? Non te
l’aspettavi,
anche se ho provato ad avvisarti. L’ho fatto. Ricordalo,
John. È
una performance. Non solo per te: anche per il resto di questo
pubblico maniaco. Dovresti saperlo; loro non lo sapranno mai. Mi
conosci. Non ti avrei lasciato in questo modo. Non t’avrei
mentito.
Sono davvero così intelligente. Sono passati tre minuti, non
quattro. A te quanto sembra sia passato? Riesci a dirlo?
Respira, John. Stai
piangendo? Non piangere. No: guardami. È solo dipinto su di
me,
John. Il sangue è stato dipinto sul mio viso. Con un
pennello. Non
troverai alcun polso, ma hai visto la pallina di gomma, non
è vero?
Tutti conoscono questo trucco. Tutti sanno come fermare le pulsazioni
del polso. Un gioco da ragazzi. Letteralmente.
Non vuoi lasciar perdere.
Ma ti costringono: lasci cadere la mia mano.
“Dio,
no.”
Ah. Ecco. Ci credi,
allora. Deludente. No: è come dovrebbe essere. Come deve
essere. È
fatta. Siamo salvi. Nessuno sparo, nessun altro morirà oggi.
Siamo
protetti. I miei polmoni si spingono contro le mie costole cercando
aria. Respirare respirare respirare non ancora.
Le tue ginocchia cedono.
Stai piangendo, riesco a sentirlo. Le tue emozioni sono diventate
palpabili, di carne. Sei triste; ti ho reso triste. Sono stato solo
tutta la vita, e non ne sono stato mai tanto cosciente quanto adesso.
Mi dispiace, John. Tornerò.
Ti spingono lontano da
me.
Per il tuo bene, ovviamente. Non perché ho bisogno di spazio
per
prendere un altro respiro. Ovviamente no: sono morto. Guarda tutto
questo sangue. Guarda quanto sono pallido, quanto sono freddo. Le mie
labbra sono diventate blu. (Irene aveva ragione: fingere la tua
propria morte è davvero troppo facile.) Sono morto. Anche tu
ci
credi.
Potremmo mettere
fine a tutto questo in un momento. Potrei alzarmi, potrei afferrarti
la mano e guardarti dritto negli occhi. È una performance,
John.
Riesci a vederlo? Sei troppo onesto per questo, non funzionerebbe
mai. E io sono troppo disonesto. Devo essere disonesto adesso:
è
richiesto. Perdonami. Quello di cui ho bisogno non è quello
che
voglio. Come spiegarlo? Non posso, comunque. Non posso.
Sirene; una donna grida
da
qualche parte qui vicino. Ad alcune persone le scene del crimine non
piacciono.
La tua voce, da
qualche parte in lontananza, stai dicendo qualcosa che non riesco a
capire bene. Non sono nemmeno sicuro siano parole. Sei istintivo e
devastato. Non ti ho mai visto in questo modo. Ti ho visto
spaventato, e risoluto, e arrabbiato. Ma non così.
Tornerò. Lo
farò. Quando
potrò. Tornerò. Goodbye, John.
Note:
[1] Una
pinta è poco meno di mezzo litro. In questo caso quindi
circa un
quarto di mezzo litro. Una quantità infinitesimale che solo
uno come
Sherlock potrebbe notare a primo acchito.
[2] Il Fleet River è il
più grande fiume sotterraneo di Londra (e affluente del
Tamigi)
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