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Autore: ivyblossom    06/04/2013    0 recensioni
Fa fresco stamattina. Più tardi pioverà. Non c'è niente da fare oggi tranne che pensare alla morte. Non sua, però. No. Non lo lascerei accadere. Solo di Moriarty.
E la mia.

La Caduta raccontata da Sherlock Holmes.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Nota: Prima di tutto vi chiediamo scusa per il ritardo nella pubblicazione, la vita vera s’è messa un attimo di traverso con mille impegni, le feste, gli ultimi esami ecc.
Secondo punto dolente: questo è l’ultimo capitolo che Ivy ha pubblicato. Purtroppo non ci è dato sapere quando arriveranno gli altri, ma tradurremo non appena sarà disponibile nuovo materiale.
Questo è solo un “arrivederci” :D
Peace out!



Troppo Presto

Non c’è bisogno che sia complicato. Lei lo aggiusterebbe perfino adesso se potesse: rendendolo più bello, più drammatico. Non così vicino agli occhi, forse. Più tragedia intorno al mento. È una pittrice, vuole dipingermi al meglio. Rendermi più raccapricciante, o più tragico. Lo so. Non c’è tempo per questo: non c’è. Fa’ il tuo lavoro. Mantenerlo a distanza. Quindici secondi, venti. Dev’essere realistico, e questo è realistico. Sangue; pallore. (Troppo presto: aspetta un altro minuto, allora sarà perfetto.) Una strana quiete: riesco a sentire i tuoi passi, John. Riesco a sentirti. Trenta secondi. Aspetta che ti raggiunga. Pausa.
Pronto.

Nessuno sparo. Il fucile è abbassato adesso? Una vista così limitata da quella finestra, una posizione idiota. Troppo facile nascondere l’intera operazione con questo vantaggio. Ci crede? Guarderà te per verificare. Ti sta guardando, John. Attraverso un mirino, al di là del reticolo di puntamento.

Per la maggior parte del tempo insieme abbiamo avuto puntatori laser che danzavano sui nostri petti, anche quando non lo sapevamo. (Lo adoravi, non è vero? Tutto quel tempo. Io sicuramente sì. Eravamo così ben assortiti, contro ogni previsione.)

Terrà i suoi occhi su di te fin quando tu manterrai i tuoi occhi su di me. Mi stai nascondendo, John. In questo momento mi proteggi, come fai sempre. Ne saresti contento? Uno sparo da una finestra per mantenermi al sicuro: è al contrario questa volta, il proiettile resta nella pistola, ma l’effetto è lo stesso. Mi sentirei più sicuro con il tuo dito sul grilletto, ma andrà bene. Mi crederai, perché lo fai sempre, e lui crederà a te. Interi discorsi comunicati senza parole. Non sono mai stato particolarmente bravo in questo.

Dolore acuto all’ascella: piccola pallina di gomma dura. Faccio pressione senza agitarmi. Un così delicato equilibrio tra dolore e immobilità. Marciapiede bagnato: l’acqua piovana nei miei pantaloni. La sensazione di un tocco leggero di un pennello sulla mia tempia. Ho freddo. Non rabbrividire: fingiti morto, non tremare. Il più leggero respiro batte contro le mie costole. Non posso deglutire. Avrei dovuto fare pratica.

Mi piacerebbe una tazza di the in questo momento: la mia gola è così secca. (Andiamo a casa, John. Andiamo a casa.) La porta su questa possibilità è chiusa adesso: niente più the a Baker Street. Non per me, comunque. Almeno per un po’. Forse parecchio tempo.

(Il calore che si espande una volta che la porta è chiusa; il chiavistello debole, che necessita di una vite in più nel meccanismo. Il tappeto sul pavimento che sta diventando logoro in alcuni punti. La trama della carta parati, l’odore di tappezzeria vecchia, caffè, amido, detersivo per piatti. Il rumore di un aspirapolvere. La tua voce, che chiacchiera di niente. La tua risata: le tue scarpe sulle scale. No: niente Baker Street per me, non più. Lo so, lo so.)

Morire è facile: studio cadaveri da abbastanza tempo, riesce quasi naturale. Essere un cadavere. Angolature particolari, rallentare il movimento con lo scorrere del sangue. Sono gelido nel profondo, sono bagnato, sono a pezzi. Lo sono, lo sono. Morto. Occhi aperti: vitrei. Non sbattere le palpebre. Guarda: fissa il vuoto.

Osserva, John. Guarda. Il volume del sangue sul marciapiede: è troppo, davvero. Leggermente troppo. Lo so che è così. Lo noterai? (No.) Hai già visto un trauma cranico prima d’ora, però. Più volte rispetto alla media. Hai visto ferite mortali alla testa. (Anche se: una ferita d’arma da fuoco è diversa, ovviamente.) È un indizio, troppo sottile da cogliere, io sospetto.

Lo noteresti solo se fosse troppo sbagliato, e non lo è. Molto più sangue di questo sarebbe una farsa; ma troppo poco, anche una quantità perfettamente realistica, assorbita dal mio cappotto, dai miei capelli ti farebbe guardare due volte. Non sembrerebbe abbastanza. Ti farebbe dubitare. Potresti pensare che potrei essere sopravvissuto. Lo so. Forse mi sbaglio: hai visto abbastanza scene del crimine. Magari indovinerai nel momento in cui riuscirai ad essere abbastanza vicino. C’è un quarto di pinta [1] in più sul marciapiede. Un quarto di pinta che dovrebbe essere ancora nel mio corpo. È un indizio, John. Lo vedi?

Ma loro non ti permetteranno di guardare. Non a lungo. Osserva tutto ciò che puoi, John. Studia la scena. Interiorizzala. Conosci i miei metodi. Osservami, e pensa. Sii razionale. C’è verità in ciò che vedi?

Ma non farlo. Non farti domande: non adesso. Non iniziare a pensare chiaramente adesso, Dio non voglia. Non uscire fuori dal personaggio facendo qualcosa di inaspettato come essere razionale. Ciò ci ucciderà entrambi. Che ironia: ho passato mesi a cercare di cambiare il tuo comportamento, cercando di spingerti ad osservare e a dedurre, a guardare ai fatti e solo ai fatti, e ora faccio affidamento sul tuo non riuscirci. Sono un insegnante terribile.

Ho bisogno che tu sia te stesso. Reagisci, non pensare. Piangi per me inutilmente. Ho bisogno che tu metta in mostra la tua irrazionalità a favore del nostro pubblico nascosto. Ho bisogno che tu assista a questo spettacolo di passione e che tu lo prenda per buono, come è probabile che tu faccia. Gioco con le tue debolezze. Sto usando la tua fiducia in me contro di te. Cosicché tu possa proteggerci entrambi, John. Per il bene superiore.

È un conflitto così strano: quello di cui ho bisogno e quello che voglio sono all’improvviso cose così differenti.

Sarai testimone di questo momento, allora. Così come devi. E credici anche, se necessario. Ma ripensaci, John. Dopo, quando la pioggia avrà smesso di cadere e chi legge i giornali non parlerà più di me. Ricordati di me così. Metti tutto in discussione. Non c’è troppo sangue sul marciapiede? Accade tutto troppo in fretta, non ha senso. Questi dettagli, sono improbabili. L’improbabilità è sempre una bugia. E questa è una bugia. Ascolta, John. Guarda. Osserva. Pensa.

Pensa, John: tutto questo sangue. Con la mia testa ancora parzialmente intatta? Avanti! Avanti: dovrebbe esserci ancora una quantità di sangue nel mio corpo a questo punto, calcola quanto dovrebbe essere. Dovrei ancora sanguinare a questo punto. Lungo il mio collo, nel mio cappotto. Sotto di me, non essendo più sospinto dal mio cuore. Avrebbe rallentato. Non dovrebbe essercene così tanto sul marciapiede. Non così presto.

È ovvio che le ferite alla testa sanguinano sempre tanto, questo è vero. E tu non hai visto l’impatto. Non sai quanto tempo è passato: sei in modalità di reazione, e il tempo sembra fermarsi. Non sai esattamente quando sei sceso dal taxi. Non hai abbastanza informazioni per poter andare avanti. Il tuo cuore rimbomba nelle tue orecchie. Non sei in condizioni di essere logico. Forse non indovinerai mai.

Non ti sarà permesso guardare due volte. Solo una volta; un’occhiata. Un solo sguardo a me che convinca. Sei il mio medico legale, sei tu la corte popolare. Sono morto. Spezzato, coperto di sangue. (Non è mio, John. Dovresti saperlo: sarai in grado di dirlo, se osserverai con attenzione. Cosa che non farai. Guarda. Osserva. Ricorda. Ti prego.)

Non voglio che dubiti di me, John. Ho solo bisogno che tu lo faccia.

Immaginerai che la parte posteriore del mio cranio sia completamente distrutta a giudicare dalla quantità di sangue. (Ma osserva la mia nuca: è intatta. Se fosse rotta sarebbe schiacciata. O se distrutta in modo irregolare, in una parte, sarei voltato in un’altra direzione o verso il marciapiede. Non lo noterai se non ci sono io ad indicarlo, vero? Il mio dottore. Troppo complicato. Lo so.) Dubbio fastidioso; aggràppati a questo. Avanti, John.

Riesco a sentirti: stai discutendo. Vuoi passare. Vuoi vedermi. Vuoi aiutarmi. Sei un dottore, come se potesse servimene uno in questo stato. Hai speranza. Anche adesso. Anche dopo avermi visto cadere. Per te il tempo s’è fermato, e in una certa misura credi di poter ancora afferrarmi, di poter impedire che mi spezzi. Salvami.

Hai dubbi, quindi. Bene. Ma è troppo tardi per i medici, John. Anche per uno come te. Devi dimostrare a loro che ci credi. Mostragli che è vero: nessun dottore può aiutarmi. Sono pronto per le cure di qualcuno più simile a me, adesso: qualcuno che si diverte a contatto con un cadavere fresco. Sono diretto solo all’obitorio. Sono morto.

È mio amico.”

Alla fine, è questo quello che sono, allora: due parole. Un aggettivo, possessivo. Un semplice sostantivo che denota affetto reciproco. Suo. Definisce la relazione, prima che lo faccia qualcun altro. Sta montando una discussione. Dovrebbe avere un accesso speciale a me, per vedermi, toccarmi, salvarmi. Amico: di tanto in tanto dico che non ne ho. Nei miei momenti di maggiore debolezza ci credo. Solo al mondo, non appartengo a nessuno, nemmeno a te. Sono sempre stato una creatura solitaria, John. Siamo tutti soli nella nostra testa, per la maggior parte del tempo, non è vero? Sarò di nuovo solo. E’ stato un momento di tregua da tutto questo, essere tuo. Tuo amico. Per un periodo di tempo. È stato bello.

Tornerò. Non posso dirtelo. Ma lo farò.

Mi sei di fronte; mi stai guardando. Nessun respiro, nessun movimento, nessuna messa a fuoco. Tutto è sfuocato, ma riesco a vederti comunque. Il colore dei tuoi occhi, l’angoscia che ti attanaglia. È nelle tue spalle, nelle tue braccia. Il modo in cui ti tieni la testa. Sofferente. Ti ho ferito.

Solo. Freddo, vuoto doloroso come una pugnalata al petto. Solo. Strano. Circondato da tutte queste persone, e solo. Di già. Non me lo sarei aspettato. E’ troppo presto. Tu sei proprio qui, e mi manchi già. Non mi piace mentirti, John. Sono solo qui sul marciapiede, ti sto mentendo. Voglio raccontarti tutto, tutti i più piccoli dettagli e i piani elaborati, ma non posso. Non c’è nient’altro che possa dirti.

Il tuo respiro adenoidale. (Avrai problemi a dormire stanotte. Perché? La pioggia, forse. Umidità. Le nuvole che si spingono verso il basso. Russerai, parecchio, ti sveglierà e ti agiterai nel tuo letto, mezzo addormentato. È la pioggia che provoca tutto questo? Reazione allo stress, forse. Può essere? No. Posso sentirlo: respiro arrabbiato. Il suono della tua voce nel tuo inspirare, espirare. Collegato all’umidità, forse a una leggera allergia. Muffa. Reazione allo svenimento, nuova muffa contro la parete. Magari è una spora sollevata dal nascosto Fleet River [2], scesa lungo le strade, e di corsa lungo il Tamigi, per poi risalire dal canale di scolo a farti tossire.

O potrebbe essere il dolore della perdita? Potrebbe; naturalmente. Muco che risale, liquido nei tuoi polmoni, reazione a un trauma. Al mio trauma. Al mio essere morto. Tristezza. Lacrime nella tua gola. Posso sentire il battito del tuo cuore nel tuo respiro. L’ho già sentito prima. Non posso guardarti correttamente. Non riesco davvero a vederti. Addio, John. Addio.)

Dita sul mio polso: calde. Sei caldo. Appena sceso dal taxi, non sei stato esposto al vento sul tetto. Io sono già pallido e freddo. Ha senso, John? Ne ha? Dovrei essere ancora caldo, sono passati solo pochi attimi. Nemmeno quattro minuti completi da quando sono morto, dovrei essere già così freddo? Così pallido? Così presto? Pensa. Pensa, John. Non sono morto da abbastanza tempo perché la mancanza di ossigeno potesse scolorire il mio viso. Labbra bluastre, devi notarlo. Devi vederlo. E’ troppo presto per questo. Quasi un minuto ancora prima che sia ovvio. Stai contando? Ha senso tutto questo? Guarda il tuo orologio. Pensa. C’è troppo sangue. È troppo presto.

Risolvi la tempistica. Non andare nel panico. Non puoi farci niente, vero? Non te l’aspettavi, anche se ho provato ad avvisarti. L’ho fatto. Ricordalo, John. È una performance. Non solo per te: anche per il resto di questo pubblico maniaco. Dovresti saperlo; loro non lo sapranno mai. Mi conosci. Non ti avrei lasciato in questo modo. Non t’avrei mentito. Sono davvero così intelligente. Sono passati tre minuti, non quattro. A te quanto sembra sia passato? Riesci a dirlo?

Respira, John. Stai piangendo? Non piangere. No: guardami. È solo dipinto su di me, John. Il sangue è stato dipinto sul mio viso. Con un pennello. Non troverai alcun polso, ma hai visto la pallina di gomma, non è vero? Tutti conoscono questo trucco. Tutti sanno come fermare le pulsazioni del polso. Un gioco da ragazzi. Letteralmente.

Non vuoi lasciar perdere. Ma ti costringono: lasci cadere la mia mano.

“Dio, no.”

Ah. Ecco. Ci credi, allora. Deludente. No: è come dovrebbe essere. Come deve essere. È fatta. Siamo salvi. Nessuno sparo, nessun altro morirà oggi. Siamo protetti. I miei polmoni si spingono contro le mie costole cercando aria. Respirare respirare respirare non ancora.

Le tue ginocchia cedono. Stai piangendo, riesco a sentirlo. Le tue emozioni sono diventate palpabili, di carne. Sei triste; ti ho reso triste. Sono stato solo tutta la vita, e non ne sono stato mai tanto cosciente quanto adesso. Mi dispiace, John. Tornerò.

Ti spingono lontano da me. Per il tuo bene, ovviamente. Non perché ho bisogno di spazio per prendere un altro respiro. Ovviamente no: sono morto. Guarda tutto questo sangue. Guarda quanto sono pallido, quanto sono freddo. Le mie labbra sono diventate blu. (Irene aveva ragione: fingere la tua propria morte è davvero troppo facile.) Sono morto. Anche tu ci credi.

Potremmo mettere fine a tutto questo in un momento. Potrei alzarmi, potrei afferrarti la mano e guardarti dritto negli occhi. È una performance, John. Riesci a vederlo? Sei troppo onesto per questo, non funzionerebbe mai. E io sono troppo disonesto. Devo essere disonesto adesso: è richiesto. Perdonami. Quello di cui ho bisogno non è quello che voglio. Come spiegarlo? Non posso, comunque. Non posso.

Sirene; una donna grida da qualche parte qui vicino. Ad alcune persone le scene del crimine non piacciono.

La tua voce, da qualche parte in lontananza, stai dicendo qualcosa che non riesco a capire bene. Non sono nemmeno sicuro siano parole. Sei istintivo e devastato. Non ti ho mai visto in questo modo. Ti ho visto spaventato, e risoluto, e arrabbiato. Ma non così.

Tornerò. Lo farò. Quando potrò. Tornerò. Goodbye, John.


Note:
[1] Una pinta è poco meno di mezzo litro. In questo caso quindi circa un quarto di mezzo litro. Una quantità infinitesimale che solo uno come Sherlock potrebbe notare a primo acchito.
[2] Il Fleet River è il più grande fiume sotterraneo di Londra (e affluente del Tamigi)

  
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