Titolo one shot:
Warm breath -
wincest
Autore:
Thinias
Pairings:
Sam/Dean
Rating: pg-13
Personaggi: Dean
Winchester, Sam Winchester
Warning:
hypofic, angst, introspettivo, Hurt!Dean, wincest
Conteggio parole: 5.960
Timeline: nessuna
Spoiler: nessuna
Beta: Ele106
(mo sono azzi tuoi amò)
Disclaimer: I personaggi di
Supernatural non mi appartengono. Scrivo senza alcuno scopo di lucro e
non intendo
violare alcun copyright. Se siete sensibili a relazioni di tipo
omosessuale non
leggete la fanfiction.
Questa
fanfic ha partecipato al contest “Unholy
Cards” di Incest_Italia.
Trama:
Sam e Dean sono in caccia,
all’inseguimento di quello che credono un wendigo; i fratelli
verranno separati
e la situazione precipiterà velocemente, quando si
renderanno conto che quello
a cui stanno dando la caccia non è quello che credevano.
Dean si trasformerà da
cacciatore a preda, cercherà di scappare, ma
verrà ferito e finirà per dover
sfuggire non solo al mostro che lo sta inseguendo, ma anche alla
spietatezza
della natura e del clima che lo circondano.
Note: questa è una
wincest e prevede
che la relazione tra loro sia già instaurata da tempo; la
parte incest è presente
ma non descrittiva. Datosi che c’è una certa
persona che è passata direttamente
all’arruffianamento perché le scrivessi questa
fic, direi che nonostante tutto
mi tocca pure dedicargliela. Questa è la TUA fic Arial,
fanne quello che credi
e sappi che me ne devi una ;D Se poi ti fa schifo…
vabbè… ma non ti va mai bene
niente!! XD
Si muoveva
tra la vegetazione. I rami bassi e privi di foglie gli sferzavano il
volto, le
mani e i piedi affondavano nella neve fresca, riducendo la
velocità dei suoi
spostamenti.
Socchiuse
gli occhi a causa del riverbero della luce sul manto nevoso, il
biancore era
quasi fastidioso.
I rumori
sembravano ovattati a causa di quella coltre bianca, eppure, ogni passo
gli
sembrava estremamente rumoroso quando il suo peso schiacciava la neve
sotto le
suole.
I suoi sensi
erano tesi al massimo, come succedeva tutte le volte che era in caccia.
Cercava
di fare meno rumore possibile, attento a non trasformarsi da cacciatore
a
preda.
Aveva la
pistola stretta in pugno e spianata davanti a sé, le mani
erano arrossate a
causa del freddo; avrebbe volentieri indossato i guanti, ma questo gli
avrebbe
fatto perdere la giusta sensibilità al momento di premere il
grilletto.
Non vedeva
l’ora di concludere quella cosa e rintanarsi nella sua
macchina con il
riscaldamento al massimo, per cercare di riprendere
sensibilità nelle gambe
intirizzite e togliersi di dosso la sensazione di gelo che sentiva
nelle ossa.
Si fermò un
momento, cercando di concentrarsi per cogliere anche il più
piccolo rumore. Non
sentì nulla, ma grazie al piccolo brivido che gli pizzicava
la nuca, sapeva di non
essere solo. Il suo istinto l’aveva salvato diverse volte e,
col tempo, aveva
imparato a fidarsi delle sue sensazioni.
Il suo
istinto, ora, gli stava dicendo che le cose stavano andando a puttane.
Ed era
più che propenso a credergli.
All’inizio,
lui e Sam avevano creduto fosse un wendigo, ma ben presto avevano
scoperto di
essersi sbagliati. Il problema era che lo avevano scoperto troppo tardi
ed ora,
nel bel mezzo della mischia, non avevano idea di cosa fosse quello che
avevano
di fronte.
Si era
allontanato da Sam più di quanto avrebbe voluto. Sapeva che
contro quella
creatura era meglio stare uniti, ma quel maledetto mostro era fin
troppo furbo
per i suoi gusti ed aveva fatto in modo di dividerli.
Quando erano
stati separati, aveva fatto in modo di farsi seguire dalla creatura,
così da
allontanarla da Sam. Ora, dopo svariati minuti in cui aveva continuato
a
muoversi tra la vegetazione, non aveva osato chiamare suo fratello,
perché sapeva
che quell’essere non doveva essere molto lontano e aveva
paura di svelare la
sua posizione. Ma non sentiva più nemmeno Sam e non aveva
idea di dove si
trovasse.
La
preoccupazione per l’incolumità di suo fratello
corse infida lungo la sua spina
dorsale e lui cercò di ricacciarla indietro , ricordando che
Sam era un ottimo
cacciatore e che, in un caso o nell’altro, era più
che in grado di cavarsela da
solo. I sentimenti che provava per suo fratello erano in grado a volte
di
offuscare il suo giudizio, ma in quel frangente doveva solo metterli da
parte e
concentrarsi su quello che stava facendo.
Dean tremò
nei vestiti che indossava, quando un brivido di freddo gli fece
accapponare la
pelle. Si strinse la giacca addosso, avvicinò le mani alla
bocca e ci soffiò
sopra, cercando di scaldarle con il fiato.
“Dannazione!”
Imprecò sottovoce. “Sto morendo di freddo! Mai che
questi cazzo di mostri vadano
a farsi un giro su una spiaggia di Malibù!”
Ricominciò a
muoversi.
I suoi sensi
si tesero quando sentì un movimento improvviso alla sua
sinistra. Si
immobilizzò, spianando la pistola nella direzione da cui
proveniva il rumore, sperando
che le pallottole d’argento, con cui
era caricata l’arma, fossero sufficienti.
Solo un paio
di secondi e uno scricchiolio si ripeté nella direzione
opposta. Si rigirò su
se stesso, pronto a sparare appena individuato il bersaglio.
Si rese
conto, con una frazione di secondo di ritardo, di essere stato giocato;
mentre
stava per finire la rotazione del busto, percepì la creatura
che si lanciava su
di lui dalla direzione da cui era arrivato il primo rumore.
Sentì un
dolore lancinante al fianco quando gli artigli del mostro, lacerata
l’irrisoria
protezione dei vestiti che indossava, affondarono
nella sua carne. Dean urlò, ma spinto
dall’adrenalina, riuscì a ritrarsi buttandosi di
lato e a sparare due colpi in
rapida successione.
La creatura
ululò di dolore, ma non si fermò. Con
un’altra zampata colpì le mani di Dean,
riuscendo a strappargli la pistola prima che lui potesse sparare un
terzo colpo
e facendola volare lontano.
Dean aveva
sentito la pelle dell’avambraccio lacerarsi e una fitta
lancinante arrivargli
dritto al cervello. Il suo corpo era affondato nella neve su cui era
caduto, ma
i riflessi allenati e soprattutto l’istinto di sopravvivenza,
lo spinsero ad
approfittare del momento di distrazione del mostro per fuggire.
L’essere era
stato distratto dalla pistola; volando di lato, l’arma aveva
colpito degli
arbusti ed era partito un colpo. Il rumore sordo era rimbalzato nel
silenzio ovattato
dalla neve, con la potenza di un petardo del quattro luglio.
Il
cacciatore si era alzato con la forza della disperazione ed aveva
cominciato a
correre.
La neve
rallentava la sua fuga, ogni passo sembrava sempre più
difficile e sentiva
l’umido del sangue che gli stava impregnando i vestiti;
mentre si voltava per
vedere dove fosse il suo inseguitore, vide una scia di macchie rosse
sporcare
la coltre bianca dietro di lui, segnalando perfettamente la direzione
che aveva
preso.
“Maledizione!”
Imprecò, mentre stringeva i denti per tenere sotto controllo
il dolore. Non
sarebbe mai riuscito a sfuggirle in quel modo.
La creatura
lo stava inseguendo, ma sembrava che i colpi ricevuti
l’avessero rallentata;
Dean sperò di riuscire a mettere un po’ di
distanza tra loro. Si strinse il
braccio contro il fianco ferito, nel futile tentativo di fermare
l’emorragia.
Dopo pochi
passi inciampò e cadde in avanti, sprofondando nella neve
che fortunatamente attutì
la sua caduta. Si rialzò a fatica, il dolore al fianco gli
toglieva quasi il
fiato. Vide il manto bianco sporco di sangue, là dove il suo
corpo aveva
scavato una piccola fossa quando era caduto. Non poteva fermarsi a
constatare
l’entità della ferita, tornò a premere
l’avambraccio contro il fianco lacerato,
emise un gemito, ma poi riprese a correre. Il mostro si stava
avvicinando,
poteva sentirlo.
A causa
della neve, non riusciva a vedere gli avvallamenti nel terreno e
continuava a
perdere l’equilibro. Rami ed arbusti gli avevano permesso in
più momenti di non
cadere. Alla fine, era riuscito ad aggrapparsi ad un albero ritorto
prima di
finire di nuovo nella neve, ed era rimasto qualche secondo a riprendere
fiato,
con i polmoni che scoppiavano in cerca di ossigeno.
Piccole
nuvole di condensa rendevano quasi fisico il suo respiro, mentre
esalava l’aria,
scaldata dopo il giro fatto all’interno dei suoi polmoni.
Sentiva il dolore
pulsare di continuo al fianco e al braccio, digrignò i
denti, cercando di
reprimere il gemito che premeva per uscire dalla sua gola.
Il cuore
batteva furioso nelle sue orecchie, coprendo, di fatto, i rumori che lo
circondavano.
Quando si
staccò dal tronco a cui si era appoggiato, vide che il
sangue fuoriuscito dalla
ferita era colato lungo le venature della corteccia, in un piccolo
rivolo,
attratto verso il basso dalla forza di gravità.
Il suo
cervello registrò il fatto che stesse perdendo parecchio
sangue e, con esso, la
sua forza e le sue possibilità di salvarsi, ma
accantonò anche quel pensiero
per concentrarsi sulla fuga.
Lo schiocco
di un legno che si spezzava lo fece voltare di scatto, mentre
l’adrenalina
pompava immediatamente nuova forza nei suoi muscoli. Estrasse il
pugnale che
teneva assicurato alla cinta dei pantaloni e si tese, pronto ad
affrontare il
suo destino.
La creatura
sbucò tra i tronchi di due grossi alberi morti.
Dean ebbe
modo di osservarla meglio; aveva una forma umanoide, si muoveva su due
gambe e
in effetti ricordava parecchio un wendigo. Ora capiva perché
avevano preso
quell’abbaglio.
Anche il
mostro sanguinava, lo aveva colpito vicino alla spalla e al fianco,
eppure era
ancora in piedi.
L’attenzione
di Dean però, era attratta dalla bocca, che lasciava
intravedere la fila di
denti affilati che la affollavano. Ricordava la dentatura di un lupo,
solo
molto più grosso e cattivo.
Sbavava
compiaciuto, come se pregustasse il sapore della sua preda, ma il
peggio era il
ringhio basso che emetteva e lo sguardo da predatore furioso che gli
stava
indirizzando.
Si rese
conto che non sarebbe mai sopravvissuto ad un attacco diretto.
Dean cominciò
inconsciamente ad indietreggiare, mentre la sua mente cercava
freneticamente
una via d’uscita.
La speranza,
come sempre l’ultima a morire, lo portò a credere
che Sam sarebbe riuscito ad
arrivare in tempo e ad aiutarlo ad uscire da quella situazione.
Sapeva che
non era una cosa realistica, ma non era riuscito a sopprimere quella
flebile illusione.
Continuava
ad indietreggiare, mentre la creatura avanzava in modo circospetto
verso di
lui, forse timorosa di essere colpita di nuovo. Dean sorrise,
consapevole di
essere riuscito a farle male. Avrebbe solo voluto un’altra
pistola con sé, per
riempire di pallottole d’argento quel brutto muso.
Non si rese
conto di quello che stava succedendo, fino a che non fu troppo tardi.
Fece un
altro passo all’indietro e si sentì mancare la
terra sotto i piedi,
letteralmente.
Allungò le
braccia in avanti, cercando di riprendere l’equilibrio, ma
scivolò inesorabilmente
nel vuoto, senza poter in alcun modo frenare la caduta.
In quelle
situazioni, dove tutto scorre troppo velocemente e le cose sfuggono di
mano
senza che si possa davvero fermarle, alcuni minuscoli e insignificanti
particolari hanno la capacità di imprimersi a fuoco nella
coscienza di chi li
vive.
Dean vide la
creatura che abbassava gli artigli in un fendente, giusto una frazione
di
secondo dopo che lui, grazie alla caduta, andava fuori dalla sua
portata.
Sentì le
piccole scaglie di ghiaccio, scivolate nel colletto della sua giacca
quando si
era appoggiato contro il tronco, pochi attimi prima, che gli davano un
brivido
di freddo, entrando in contatto con la pelle del collo.
Lo specchio
di cielo su cui posò lo sguardo, mentre cadeva e alzava
involontariamente gli
occhi verso l’alto, era bianco latte, così come il
terreno coperto di neve su
cui aveva corso solo un attimo prima.
Quello che
non si aspettava e che gli tolse completamente il fiato, fu il contatto
con
l’acqua gelida.
Non avrebbe
saputo dire se fosse stato lo shock termico o semplicemente la forza
dell’impatto con la superficie del fiume a rubare
l’aria dai suoi polmoni. Probabilmente
però, fu proprio quello che gli permise di non inalare
l’acqua.
Il corpo
reagì come se fosse stato attraversato da una scossa
elettrica.
Il liquido
gelido lo circondò, impregnando i suoi vestiti e tirandolo
verso il basso.
Fu come essere
immerso in un mare di spilli che aggredivano impietosi la sua carne.
Si sentì
trascinare dalla corrente nel momento esatto in cui l’acqua
del fiume si
impossessò del suo corpo. Il bisogno di respirare si fece
immediatamente
impellente, ma fu solo un riflesso condizionato, perché il
freddo gli aveva
paralizzato anche la capacità di pensare in modo coerente.
Era completamente
sotto shock.
Fu di nuovo
l’istinto di sopravvivenza a prendere il sopravvento, ma fu
soprattutto grazie
alla fortuna che Dean non annegò in quell’istante.
La corrente che lo aveva
catturato lo sbatté contrò una serie di rocce e
grazie alla patina scivolosa
che le ricopriva e alla loro forma arrotondata, queste lo respinsero
verso
l’alto, senza fare troppi danni, facendolo riaffiorare in
superficie.
Il
cacciatore annaspò e prese una boccata d’aria
convulsa, ingoiando anche un po’
d’acqua, ma riuscendo comunque ad inalare abbastanza ossigeno
da ritornare
presente a se stesso.
Il gelo
mordeva la sua pelle senza sosta, gambe e braccia erano pesanti come
piombo.
Con una forza di volontà che pochi avrebbero avuto, strinse
i denti e cercò di
sfuggire alla corrente.
Fu nuovamente
la fortuna ad assisterlo, perché dopo l’ennesima
ansa, il fiume si allargò,
riducendo la sua profondità; solo pochi metri dopo la curva,
Dean riuscì a
posare i piedi e poi le ginocchia sul fondo scivoloso.
Avanzò
carponi nell’acqua limpida come il cristallo. Attraverso
quello specchio
trasparente, le mani avevano un malsano colorito bluastro e sembravano
distanti, quasi come se non appartenessero al suo corpo.
Mano a mano
che si avvicinava alla riva, sottili isole di ghiaccio condensavano il
liquido
in fragili lastre. Dean ne era a malapena cosciente, l’unica
cosa a cui era in
grado di pensare, era che doveva uscire dall’acqua al
più presto.
I denti battevano
furiosamente nella bocca, mentre un tremore continuo attraversava il
suo corpo
da capo a piedi.
Gli ultimi
metri che lo separavano dalla riva furono i più difficili.
I vestiti
erano fradici e gli si erano incollati addosso come una seconda pelle
ghiacciata.
Tossì,
sputando acqua e sangue. Aveva le labbra spaccate il più
punti, ma non sentiva
quasi nulla, anche il dolore al fianco sembrava galleggiare appena al
di fuori
della sua coscienza.
I suoi
pensieri erano confusi, non sembrava in grado di fermarne nemmeno uno e
soffermarcisi abbastanza da renderlo un pensiero coerente.
Si rese
conto di un mutamento nel suo avanzare solo quando, sollevando la mano
dall’acqua per spingersi verso la riva, trovò una
lastra solida al posto del
liquido freddo; il ghiaccio non lo resse, quando ci caricò
sopra il peso, e lui
finì lungo disteso con il viso nell’acqua, mentre
le schegge taglienti gli ferivano
le mani ed il volto. Fece forza sulle braccia e sollevò il
busto, fermandosi un
momento per cercare di raccogliere le forze necessarie per rialzarsi.
Tremava in
modo convulso senza riuscire in alcun modo a controllarsi. Gemette, ma
si fece
forza, riuscendo ad alzarsi sulle gambe malferme.
La riva
distava solo pochi passi. Furono una tortura. Le scarpe fradice
sfondarono
il ghiaccio, mentre barcollava un passo alla volta, oltre quello strato
sottile
di acqua solidificata. Si era stretto le braccia intorno al corpo nel
mero
tentativo di conservare del calore corporeo, che in realtà
non aveva più.
In un altro
momento, se solo non fosse stato sul punto si morire congelato, Dean
avrebbe
anche potuto apprezzare la bellezza algida di
quell’ambientazione invernale. Ora
invece l’unica cosa che poteva fare era guardarsi intorno
nella speranza di
trovare un luogo, non coperto dalla neve, dove potersi lasciare cadere
e
riprendere fiato un momento.
Percepì
l’attimo in cui l’attrito sotto i suoi piedi
passò, dal rumore di vetri rotti
calpestati, a quello soffice dei passi nella neve.
Non sentiva
più il suo corpo, aveva solo la sensazione costante del gelo
che era penetrata
ovunque.
I vestiti
bagnati che grattavano contro la sua pelle insensibile, sembravano
diventare di
cartone ad ogni minuto che passava.
Un
avvallamento del terreno, a pochi metri da lui, si presentava come una
sorta di
collina il cui fianco era stato scavato. La sua forma era stata erosa
dalla
forza e dalla portata delle acque del disgelo che, in primavera,
dovevano
rendere il corso del fiume impetuoso e violento. Probabilmente quello
era il
vero argine del fiume, ma a causa della diminuzione del livello delle
acque, in
quel periodo dell’anno rimaneva esposto. L’erosione
aveva creato una conca,
sovrastata da una sporgenza ad un paio di metri di altezza,che lasciava
intravedere, tra la terra nuda, le radici libere delle piante che si
trovavano
al di sopra.
Sul bordo
della sporgenza era aggrappato un grosso arbusto carico di rami spogli;
sotto
di essa, una zona di terreno era scura, ricoperta dalle foglie cadute
dalla
pianta sovrastante e rimaste a marcire, durante il lungo inverno. La
neve non
era riuscita a raggiungerla, protetta dal riparo offerto
dall’arbusto che, come
una sorta di ombrello naturale, ne aveva catturato i fiocchi,
impedendole di
posarsi sul terreno sottostante.
Dean, appena
cosciente, si diresse in quella direzione, parzialmente consapevole che
almeno
non si sarebbe sdraiato su un giaciglio ghiacciato.
Poco prima
di raggiungere quello che vedeva come un riparo, crollò a
terra, rovinando
sulla neve intonsa.
Si trascinò
per gli ultimi metri, incapace di tirarsi nuovamente in piedi e si
lasciò
cadere sul letto di foglie, tenendosi le braccia strette intorno al
corpo; i
tremiti erano sempre più violenti.
L’odore
forte di terra e delle foglie in via di decomposizione gli
riempì le narici,
risvegliando parzialmente i suoi sensi.
Si rigirò
sulla schiena, reprimendo il gemito di sofferenza che spingeva in gola
per
essere lasciato libero, ma che lui, caparbiamente, si rifiutava di far
uscire,
perché il suo istinto, a dispetto della ragione, gli diceva
che la creatura che
gli dava la caccia forse era ancora sulle sue tracce.
Si lasciò
andare contro il terreno, il respiro ridotto a brevi rantoli tremanti.
La
sensazione di gelo che provava non poteva essere descritta, il suo
corpo non
gli rispondeva nemmeno più, aveva a malapena la coscienza
del tremito che lo
attraversava. Non sentiva più le gambe e nemmeno le mani,
che teneva bloccate
sotto le ascelle come per proteggerle e scaldarle, contro un corpo che
non
aveva più calore da offrire.
I minuti
passavano, Dean entrava ed usciva da uno stato di incoscienza.
Razionalmente
sapeva di dover rimanere sveglio, ma non riusciva a contrastare la
pesantezza
delle palpebre.
Aprì lo
sguardo di scatto, quando si rese conto di avere chiuso di nuovo gli
occhi. Lo
spettacolo dello scorcio di natura che lo circondava, coi suoi colori
invernali
ricoperti da un chiarore uniforme e il rumore dell’acqua che
scorreva a pochi
metri da lui, contribuiva a cullarlo verso il sonno mortale che Dean
cercava
cocciutamente di tenere lontano.
Si ripiegò
su se stesso, raccogliendosi in posizione fetale, come se con quel
gesto potesse
difendersi dal freddo che sentiva nelle ossa.
Non si rese
conto di scivolare nuovamente nell’incoscienza.
Quando riaprì
gli occhi si trovava nella cameretta della sua infanzia. Era nel suo
letto,
sotto una coltre calda di coperte. Sua madre era china su di lui, bella
e
giovane come la ricordava nei suoi sogni di bambino, dopo averla persa
in quel modo
così drammatico.
Gli
carezzava la testa, affondando le dita nei suoi capelli. Dean ne
percepiva il
calore e sentiva l’amore di cui erano intrisi quei gesti.
Vedeva le
labbra di sua mamma muoversi, ma non sentiva alcun suono. Poi, come se
avessero
improvvisamente restituito i rumori al mondo, sentì la sua
voce che intonava la
ninna nanna che gli cantava quando era piccolo. Le parole di Hey Jude
risuonarono
nelle sue orecchie, portando con loro la calma che da bambino riusciva
sempre a
traghettarlo nel mondo dei sogni.
Si lasciò cullare
dalla voce di sua madre che lo avvolse in un caldo abbraccio,
sentendosi al
sicuro.
Un rumore
stonato si intromise nella serenità di quella canzone,
riportandolo
prepotentemente alla realtà; come lo sparo di un fucile in
una valle
silenziosa, un ramo si era spaccato sotto il peso della neve che non
era più in
grado di sostenere, ed era crollato a terra poco distante dal suo
riparo di
fortuna.
Il gelo
tornò ad aggredirlo, liberò le mani per portarle
davanti alla bocca e soffiarci
sopra un po’ del suo alito caldo. Le labbra si spaccarono di
nuovo quando aprì
la bocca e la piccola stilettata di dolore lo riportò
definitivamente alla
realtà. Si guardò le dita che avevano preso una
sfumatura bluastra e ci mise
qualche secondo a rendesi conto che le striature rosse che le
sporcavano, erano
di sangue.
Il ricordo
della ferita subìta fece riaffiorare il dolore, come se, la
ritrovata
consapevolezza, avesse riportato l’attenzione anche su quella
realtà.
Il suo
pensiero corse immediatamente a suo fratello. Sammy era da solo.
Sperò che i
colpi che aveva messo a segno avessero alla fine abbattuto il mostro, o
almeno lo
avessero indebolito a sufficienza da permettere al minore di ucciderlo
senza
rischiare.
Cercò di
rialzarsi con l’irrazionale intento di andare a cercare Sam,
coscio anche del
fatto che avrebbe dovuto muoversi per cercare di riattivare la
circolazione. Ma
la risposta a quel tentativo furono i mille aghi che si conficcarono
contemporaneamente nei suoi muscoli congelati. Crollò al
suolo, privo della
forza necessaria anche solo per cercare di continuare a respirare.
Scivolò di
nuovo nell’incoscienza, velocemente come la prima volta;
senza nemmeno
accorgersene il mondo intorno a lui si dissolse e lui si
lasciò abbracciare
dall’oscurità.
Quando riaprì
gli occhi si trovava in una stanza di motel che ricordava bene.
Era successo
lì la prima volta.
Quando
quello che c’era tra lui e suo fratello si era affacciato
alle loro coscienze
per quello che era, gli anni in cui entrambi erano stati titubanti ad
affrontare un sentimento che credevano sbagliato, si erano dissolti col
primo
bacio che si erano scambiati.
Dean era
sdraiato nel letto. Sapeva che, se si fosse voltato, avrebbe trovato
Sammy ad
attenderlo. Così si girò sul fianco e lo vide
addormentato accanto a sé, col
viso rivolto verso di lui. Gli occhi chiusi, l’espressione
rilassata e le
lenzuola che lo coprivano dalla vita in giù.
Lo guardò,
lasciandosi attraversare dai sentimenti di amore e protezione che
provava da
sempre per lui.
Per un
secondo, fu percorso da un brivido di freddo che non riuscì
a controllare, eco
di un gelo di cui non riusciva completamente a liberarsi. Senza
pensarci, si sporse
verso Sam, cercando un po’ di sollievo.
Il minore
aprì gli occhi e lo guardò, un sorriso luminoso
piegò gli angoli della sua
bocca. Poi allargò le braccia e lo circondò,
inondandolo con il proprio calore.
Dean si
lasciò avvolgere da quell’abbraccio, lasciando che
i loro corpi aderissero uno
contro l’altro, cercando di rubare da suo fratello il caldo
di cui aveva
disperatamente bisogno.
Intercettò
il suo sguardo e vi ritrovò lo stesso sentimento che provava
lui in quel
momento. Si sentiva bene stretto in quell’abbraccio, come se
quello fosse
l’unico luogo al mondo dove potersi sentire davvero al sicuro.
Sentì il
freddo crescere in un punto imprecisato dentro di lui, sprazzi di
realtà
tornarono con il loro carico di gelo a bussare alla sua parte
cosciente,
strappandolo dal sonno in cui era caduto.
Il
sentimento di perdita che provò fu più forte del
gelo che si era impadronito di
lui. Si strinse ancora di più le braccia intorno al corpo,
agognando il
contatto perso con quelle di Sam.
Sentiva che
stava cedendo, ormai era sicuro che sarebbe morto, eppure la cosa che
gli
faceva più male era di non avere la certezza che suo
fratello stesse bene.
Nella
perdita di lucidità che stava pian piano consumando la sua
mente, si trovò a
pensare che avrebbe voluto Sam lì con lui. Egoisticamente
non voleva morire da
solo, avrebbe voluto andarsene tra le sue braccia. Avevano condiviso
tutto e si
erano donati così tanto l’un l’altro, da
non poter pensare di rimanere da solo
nei suoi ultimi momenti.
Si riscosse
con rabbia, lasciando che lacrime di frustrazione gli bagnassero le
guance e si
cristallizzassero sulla sua pelle, gelide come tutto quello che lo
circondava.
No, lui
poteva anche morire, ma suo fratello doveva vivere, doveva sopravvivere
a tutta
quella merda, anche se avrebbe dovuto farlo da solo.
Di nuovo
sperò di aver in qualche modo contribuito ad abbattere il
mostro che avevano
affrontato e che Sam fosse incolume, in salvo da qualche parte al caldo.
Si rendeva a
malapena conto di quanto i suoi pensieri fossero diventati incoerenti e
di
quanto il suo cervello continuasse ad insistere sulle stesse immagini:
baci
scambiati, abbracci, mani che esploravano il suo corpo e lui che le
lasciava
fare, felice di quel contatto, amplessi consumati in letti di motel, ma
tutti
speciali perché condivisi con Sam. L’amore negli
occhi di suo fratello e quello
sguardo unico che riservava solo a lui, e che celava al mondo il loro
segreto.
Dean sentiva
le forze abbandonarlo, ormai insensibile al freddo contro cui stava
definitivamente perdendo la sua battaglia. Davanti ai suoi occhi
velati, il
mondo circostante scomparve di nuovo ed il cacciatore si
trovò ancora catapultato
nella stanza di motel che divideva con suo fratello.
Sam era
davanti a lui e lo guardava come se si aspettasse qualcosa. Il suo
sguardo era
carico di apprensione, Dean poteva sentire riflessa sulla propria
pelle, la
paura che l’altro stava provando.
Il respiro
del minore era accelerato, tremava, sembrava quasi incapace di fare
qualsiasi movimento,
timoroso di fare la mossa sbagliata.
Il cuore di
Dean perse un battito, mentre vedeva l’amore che suo fratello
provava per lui,
agitarsi e lottare contro un timore che il maggiore non si spiegava.
Si avvicinò
a Sam e gli circondò la vita con le braccia, tirandoselo
vicino. Lo strinse,
cercando di rassicurarlo attraverso quel contatto, proprio come faceva
quando
erano solo dei ragazzini. Sarebbe andato tutto bene, lui era
lì, non avrebbe
permesso a nessuno di fargli del male.
Alzò lo
sguardo su Sam e quasi non poté sopportare il terrore che
vide nei suoi occhi,
soprattutto perché si rese conto che suo fratello aveva
paura per lui.
Avvicinò la
bocca a quella del minore, sentendo il suo respiro caldo sul viso un
attimo
prima che le loro labbra si toccassero. Lo sentì tremare
sotto quel contatto,
ma non lo lasciò andare. Portò una mano dietro la
sua nuca, tirandolo verso di
sé. Dean aveva bisogno di assaporare quel contatto, quasi
non volesse lasciare
a suo fratello nessuna possibilità di fuga; voleva placare
la sua paura,
facendogli sentire che gli era vicino e che non lo avrebbe lasciato.
Sam rispose,
premendosi contro di lui, succhiando le sue labbra, rubandogli quasi il
fiato.
No, non gli
stava rubando il fiato, glielo stava donando.
Dean sentì
il respiro caldo dell’altro invadergli la bocca e scendere
nei polmoni
doloranti. Il contatto della pelle calda contro la sua, sembrava il
paradiso.
La sensazione di freddo che si abbatté inaspettatamente su
di lui lo fece
tremare violentemente riportandolo alla realtà.
Sentì in bocca il sapore
metallico del sangue.
“Dean!” La
voce di suo fratello era carica di terrore, l’urgenza che
trasmetteva era quasi
fisica.
Lo sentì
muoversi sotto di lui, poi una piacevole sensazione di calore si
allargò nella
parte superiore del suo corpo, quando qualcosa di estremamente caldo
gli venne
appoggiato sul petto.
Tremava in
modo incontrollato, i denti battevano furiosamente gli uni contro gli
altri,
spinti da quello stesso tremore che contraeva i muscoli del suo corpo.
Il
fianco ferito aveva ripreso a pulsare, ricordandogli dolorosamente che
stava
perdendo sangue. Non riuscì a trattenere un gemito.
“Dean, resta
con me! Oh mio Dio… Dean, ti prego, resta con me!”
Lo sentì piegarsi su di lui
e di nuovo le loro labbra si incontrarono.
Il respiro
caldo di Sam entrò nuovamente dentro di lui, mentre il
sapore metallico si
mischiava con quello della bocca di suo fratello.
Dean si
abbandonò contro il minore, sentendo che l’alito
di aria calda che suo fratello
aveva respirato per lui, lo riscaldava dall’interno.
Tossì, gemendo di dolore
quando il suo corpo sembrò resistere al tentativo di Sam di
riportarlo indietro
dal torpore in cui si era rifugiato.
Si sentì
stringere dalle braccia dell’altro, contro la
solidità del suo corpo. Avrebbe
voluto rassicurarlo, ma non riusciva né a parlare,
né a muoversi.
Non voleva
quasi credere di essere tra le braccia di Sam, era convinto che fosse
uno
scherzo della sua mente. Doveva vedere.
Aprire le
palpebre gli costò uno sforzo enorme, ma emise un rantolo
doloroso quando si
rese conto che le ciglia si erano congelate e lui non poteva sollevarle
senza
strapparle. Le lacrime che aveva versato si erano cristallizzate
chiudendo i
suoi occhi. Desistette a causa del dolore, anche se avrebbe voluto
vedere il
viso di suo fratello.
Sembrò che
Sam lo avesse intuito e lo sentì piegarsi verso di lui.
Invece che donargli un
altro respiro però, poggiando le labbra sulle sue come si
sarebbe aspettato, il
fratello posò la bocca prima su una e poi
sull’altra palpebra chiusa, usando il
suo calore per sciogliere la brina che gli impediva di aprirle.
“Dean…” Sussurrò.
Il maggiore
riprovò a socchiudere gli occhi e, nonostante lo sforzo
sembrasse sovrumano per
le sue forze residue, riuscì finalmente a focalizzare lo
sguardo sul volto di
suo fratello.
Sam sorrise,
ma Dean lo vide solo per una frazione di secondo, perché
l’altro si piegò ancora
su di lui e le loro labbra si incontrarono di nuovo.
Ora più consapevole,
Dean riconobbe e si abbandonò al sapore del minore; un
ultimo bacio, ringraziò
il cielo per avergli dato quel dono. Represse le stilettate di dolore
che sentì,
quando le sue labbra, ormai congelate, si spaccarono, spillando sangue.
Si rese
conto che il sapore metallico che aveva sentito prima, era quello del
suo
sangue, ma sembrava che a Sam non importasse.
Quando suo
fratello si staccò da lui ne ebbe la conferma, vedendo la
bocca dell’altro sporca
del liquido vermiglio.
“Dean, ti ho
trovato…” Sam gli passò una mano
tremante sul viso e il maggiore non poté che
apprezzare anche quel contatto, bisognoso di tutto il calore che gli
veniva
offerto. Vide che suo fratello aveva drappeggiato la sua giacca su di
lui, come
se fosse stata una coperta, per cercare di scaldarlo.
Pensò,
insensatamente, che così Sam sarebbe morto di freddo.
Si rilassò
contro di lui, in qualche modo sollevato di vedere che
l’altro fosse sano e
salvo. Sentiva che poteva lasciarsi andare ora, non c’era
più bisogno di lui.
Chiuse gli
occhi, ma immediatamente si sentì scuotere dalle braccia che
lo circondavano.
“Non ti addormentare Dean! Devi restare sveglio! Resta con
me!” Sentì l’urgenza
nella sua voce e cercò di lottare contro il torpore, ma si
rese conto che stava
rapidamente perdendo anche quella battaglia.
L’emorragia
e il freddo avevano fatto il loro lavoro e lui sapeva di non avere
più energie
per lottare.
Sentì Sam
dire qualcosa, ma non riuscì più a cogliere il
senso delle sue parole; percepì
suo fratello muoversi sotto di lui, in qualche modo sapeva di essere
appoggiato
contro il suo petto, ma fu tutto quello che riuscì a
registrare, poi fu
inghiottito di nuovo dall’oscurità. Si arrese,
convinto che quella fosse la fine.
****
Quando aprì
di nuovo le palpebre la luce ferì i suoi occhi e lui li
richiuse, gemendo debolmente.
Si sentiva indolenzito e aveva ancora addosso la sensazione di avere
freddo,
nonostante sentisse di essere sepolto sotto una montagna di coperte.
Alzò la mano
e si grattò il naso, rendendosi conto nell’attimo
in cui lo fece, di essere di
nuovo in grado di muoversi. Ogni parte del suo corpo sembrava
irrigidita, ma poteva
sentirla.
Nel momento
in cui cominciò a muoversi sotto le coperte, Sam comparve al
suo fianco e
vicino a lui apparve anche Castiel.
“Hey, ti sei
svegliato finalmente! Ti senti bene?” Il sorriso che Sam gli
rivolse gli
illuminava il viso. Non fu difficile per Dean leggere il sollievo che
stava
provando.
“Si... credo
di si.” La voce uscì un po’ gracchiante,
ma nel complesso non sembrava così
male.
Si sollevò a
sedere, Sam lo aiutò a sistemarsi i cuscini dietro la
schiena per stare più
comodo.
“Che è
successo?” Chiese il maggiore agli altri due. Aveva un
po’ di confusione in
mente, con solo dei flash di quello che era successo, che gli passavano
davanti
agli occhi, in un susseguirsi di scene confuse.
Poi la
consapevolezza di essere stato ferito lo raggiunse come una saetta e
lui si
portò la mano al fianco, tastando la parte che avrebbe
dovuto essere lacerata per
colpa di quell’affare che lo aveva aggredito.
“Ti ha
guarito Cass.” Rispose
Sam, appena
comprese a cosa stesse pensando suo fratello.
“Quando quel
mostro ci ha separato, ti ho perso di vista e non sono più
riuscito a trovarti.
Quel bastardo aveva seminato delle finte tracce che mi hanno
allontanato da te.
Ci sono cascato come un idiota…” La voce del
minore si abbassò di tono, ma
prima che Dean potesse dire qualcosa per rassicurarlo,
l’altro riprese il suo
racconto.
“Ho sentito
gli spari...” fece un cenno verso il tavolo e il maggiore
vide la sua pistola
poggiata sul ripiano, contento del fatto che suo fratello
l’avesse recuperata.
“Ho seguito
il rumore, ma ci ho messo un secolo a trovare il posto in cui vi siete
scontrati.” Continuò Sam, abbassando di nuovo lo
sguardo. “Quando sono arrivato
lì, ho visto il sangue e ho creduto che fosse troppo
tardi…” prese fiato prima
di proseguire “poi ho visto le tracce e le impronte dei tuoi
passi quando sei
corso via e quelle della creatura quando ti è venuta
dietro.”
Sam si
allontanò dal letto, passandosi le mani nei capelli.
“Quando l’ho raggiunta era
quasi morta... gli ho solo dato il colpo di grazia.” Lo
guardò come per cercare
approvazione e la ottenne immediatamente, quando a Dean
scappò un mezzo
sorriso.
Solo allora Sam
sembrò rilassarsi un poco. “Dai segni sulla neve
ho capito che eri caduto in
acqua. Ci ho messo due ore a trovarti! Non pensavo che la corrente ti
avesse
portato così lontano e quando sono arrivato da
te…” lo guardò e Dean questa
volta lesse il dolore che l’altro stava provando. Gli si
strinse il cuore,
perché sapeva cosa suo fratello avesse passato, poteva
immaginare le loro parti
invertite e sentì lo stesso dolore picchiare contro il
proprio cuore.
Sam si
riavvicinò al letto e si sedette sul bordo accanto a lui.
“Credevo fossi morto…
Dio, eri immobile e la tua pelle sembrava fatta di vetro. Aveva delle
sfumature
quasi blu, così come la tua bocca. Mi sono reso conto che
eri vivo solo quando
le tue labbra si sono spaccate e il rosso vivo del sangue le ha
sporcate.”
Dean
ricordava il sapore del sangue e la sensazione di calore che il respiro
di suo
fratello gli aveva donato.
Si guardarono
per un lungo momento; tra loro ci fu uno scambio di messaggi di
gratitudine e
di sollievo, di ringraziamento e di amore.
“Mi sono
reso conto che non sarei mai riuscito a salvarti da solo...”
continuò il
minore, “… e ho pregato Cass di
guarirti.”
Dean spostò
l’attenzione sull’angelo, che fino a quel momento
era rimasto un po’ in
disparte.
“Vi ho
portato qui e ho curato le tue ferite.” Disse laconico il
serafino. “Ho cercato
di riparare i danni causati dall’ipotermia. Fisicamente stai
bene ora, ma
dovresti cercare di riposarti. Eri quasi morto.”
Dean
sorrise, Castiel non sarebbe mai cambiato.
“Grazie!” Disse.
Poi si
rivolse ad entrambi. “Non sarei qui se non fosse stato per
voi due.”
Dentro di
lui sapeva che Sam non lo avrebbe lasciato andare così
facilmente, ma quando lo
aveva visto e si era reso conto che era salvo, per Dean era stato
sufficiente.
A quel punto, poco gli importava della propria incolumità.
Per quello che lo
riguardava, semplicemente Sammy veniva prima di tutto il resto, sempre.
Castiel
ruppe l’imbarazzante silenzio. “Devo tornare in
Paradiso... mi stanno
chiamando.”
Sam si alzò
e gli posò una mano sulla spalla. “Grazie Cass,
davvero. Di tutto.”
L’angelo
annuì e poco dopo scomparve.
“Non mi
avresti lasciato andare, vero?” Dean guardava suo fratello e
Sam si girò verso
di lui, sostenendo il suo sguardo.
“Certo che
non ti avrei lasciato andare! Non sono pronto a vivere la mia vita
senza di
te.”
Dean
sorrise, consapevole del fatto che di fronte ad una scelta simile, lui
non
avrebbe avuto nessun dubbio.
Sam rispose
al suo sorriso. “Mi hai fatto spaventare a morte.”
Il ragazzo
scivolò nel letto accanto al maggiore e questa volta fu il
turno di Dean di
abbracciarlo. “Mi dispiace, Sammy.”
Dean rimase
silenzioso per un po’, stringendo suo fratello tra le braccia.
Il minore si
abbandonò contro di lui, poggiando la testa sul suo petto e
ascoltando il
battito del suo cuore, come per accertarsi che fosse tutto vero, che
fosse
davvero lì con lui. Poi si girò verso Dean e i
due si scambiarono un bacio
delicato, che questa volta non aveva nulla dell’urgenza della
sopravvivenza, ma
solo la forza del sentimento che provavano l’uno per
l’altro.
Quando si
separarono rimasero vicini, le bocche che continuavano a sfiorarsi.
Dean sentì
il respiro caldo di suo fratello sul viso e la mente tornò
alla sensazione di
calore che gli aveva donato quando erano nella foresta.
Quel respiro
lo aveva in qualche modo riportato indietro. Sorrise, pensando alla
forza del
loro legame.
“Grazie
Sammy...” Disse semplicemente, lasciando che il fratello si
accoccolasse contro
di lui.
N.d.A.
Ecco cosa succede quando la mia propensione per l'hurt!Dean viene
istigata.
Questa volta quindi non è tutta colpa mia, io ho solo
seguito con magnanimità le richieste e i kink di qualcun
altro XD
Spero di non aver esagerato o in realtà dovrei dire che
spero di aver soddisfatto i lettori amanti del genere hurt!
Che dire, anche questa è andata, e ha pure vinto il contest
a cui ha partecipato :P
Se vi va fatemi sapere che ne pensate.
Ciao a tutti, alla prossima ;)
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