Diede un ultima occhiata al piatto, metà della pizza giaceva
sul vassoio tondo, un’ altro morso e la nausea sarebbe diventato qualcosa
di più concreto…
Attorno a lei parlavano, solo briciole e le croste bruciate sui
piatti sporchi di pomodoro, troppo occupate a parlare per accorgersi del sapore
di quello che avevano ingerito.
Lo stomaco le si contorse, in parte per la fame e
dall’ altra per gli ingredienti non molto freschi a quanto pare, senza
farsi vedere strinse il pugno sulla stoffa della maglia, all’ altezza
dello stomaco.
< Che dite andiamo? > propose Tayuya con una piccola
smorfia, osservando il bicchiere di birra media svuotato.
< Direi di sì… > le rispose Ino alzandosi e
scrollandosi dai panatoli D&G bianchi le briciole della pasta croccante e
bruciacchiata della pizza.
Le altre la imitarono provocando con le sedie un rumore che
Sakura trovava insopportabile e inutile, potevano anche alzare le gambe delle
seggiole evitando tanto frastuono.
Aspettò che le altre si fossero alzarsi prima si fare lo
stesso, non aveva di certo fretta di pagare, prese il giubbotto di pelle
appoggiato sullo schienale tirandone fuori un piccolo borsello di stoffa rossa.
Controllò il budget a disposizione, 15 euro, probabilmente
le sarebbero bastati a malapena per pagare la cena.
Era stata molto attenta a ordinare poco e con moderazione.
< Sakura datti una mossa stiamo aspettando solo il tuo
contributo! > le urlò dalla cassa di sotto Karin con poca grazia,
infischiandosene degli sguardi che catturava, all’ infuori del corto
vestito rosso che le arrivava a metà coscia.
Sakura non potè far a meno di chiedersi come potesse
viaggiare così svestita, ma era stata ben attenta all’ astenersi da
commenti di qualsiasi genere.
Si infilò il giubbotto e con il borsello ancora in mano si
diresse alla cassa, c’ era solo lei, le altre erano uscite senza neanche
aspettarla.
Era di nuovo sola.
< Quanto è? > chiese con tono piatto senza alzare lo
sguardo dalle banconote.
< 10 euro > le rispose cortesemente la cassiera con un
gran sorriso, la ragazza sorrise di risposta, era diventato un gesto automatico
per lei.
Si strinse nel giubbotto preparandosi alla gelata di vento
che l’ aspettava non appena avesse messo piede al dì fuori del locale,
intanto la cassiera si voltò verso un cameriera che le passò dietro.
< Certo che mi poteva anche lascerà qualche euro di
mancia > commentò con amarezza, sicura che la ragazza non la sentisse, ma
non sapeva di sbagliarsi.
Si fermò a pochi passi dalla porta a vetro, convinta di
voltarsi per risponderle a quella nota poco carina, ma fermò l’
intenzione sul nascere.
In fondo, sarebbe stato inutile, avrebbe creato solo altro
scompiglio, e di certo non l’ avrebbe convinta a pensarla diversamente.
Spinse la maniglia cromata, uscendo dal tiepido calore del
ristorante e venendo accolta malamente dal vento gelido di Novembre.
L’ aria era talmente ghiacciata che le sembrava di
essere trapassata da mille lame affilate, ma quel gelo non era paragonabile a
ciò che sentiva dentro.
Una piana desolata, abitata solo da piccoli mostri con gli
occhi rossi, che la mangiavano dall’ interno ramificandosi come un cancro
attorno al suo cuore.
Ad ogni battito il muscolo cardiaco le doleva, nonostante
battesse lento come a sperare di fermarsi da un momento all’ altro,
questo le faceva un male tremendo.
Non si sarebbe stupita se da un momento all’ altro
fosse stata colta da un’ infarto.
Vide il piccolo gruppetto camminare verso la via principale,
le raggiunse con una piccola corsa, mentre gli anfibi scontrandosi con l’
asfalto creavano un forte rumore che risuonava sulle fredde pareti dei palazzi
intorno a lei.
Le luci erano spente, era sicuramente mezzanotte passata.
< Allora Ino, chi ti viene a prendere? > le chiese
Tayuya prendendola a braccetto, squadrandola in cerca di qualche traccia di
imbarazzo per la domanda.
< Secondo te? Shikamaru! No? > le rispose come se
fosse la cosa più ovvia del mondo.
< Shikamaru? Quello svogliato fa tre Km per te? E’
un miracolo! > la schernì Karin allargando le braccia verso il cielo.
< Basta prenderlo in giro! A metterlo in riga ci penso
io! > le tre risero prendendosi per mano, mentre sotto la luce dei lampioni
erano visibili le loro guance arrossate per l’ alcool e il freddo.
Sakura continuò a camminare dietro di loro in religioso
silenzio, osservando la punta degli stivali coperti da un leggero strato di
polvere.
Non provavano nemmeno a coinvolgerla, nonostante la trovasse
una cosa ridicola stringersi per mano a quell’ età, le avrebbe pur sempre
fatto piacere.
Così di sentiva coinvolta, importante e in un certo senso
l’ avrebbe fatta avvicinare di più a loro.
Tayuya si voltò all’ improvviso facendo ondeggiare i
lunghi capelli vermigli, arricciati per l’ occasione.
< E tu Sakura? Hai qualcuno che ti viene a prendere? >
le chiese con gli occhi ridotti a fessure, nel tono di voce una punta di
malignità, conoscendo già la risposta.
< No, nessuno… > mormorò stringendosi nel
cappotto, la presa serrata sul biglietto del treno.
< Che peccato > si finse dispiaciuta Karin facendo
schioccare le labbra.
Tornarono a confabulare, con voce più controllata rispetto
agli strepiti di prima.
Poté sentire dentro di lei il cuore stringersi nel petto,
come se una mano invisibile lo usasse come anti-stress, perché le volevano
farle del male?
Scosse energicamente la testa.
Non erano loro il problema. Il problema era solo lei.
Si stava comportando come una vittima.
Adesso capiva perché fosse così sola, c’ era qualcosa
che non andava in lei, non ne gli altri. Era solo lei. Lei era la colpa del suo
male.
E per questo si odiava.
Odiava il suo carattere perché non le permetteva di avere
amici, odiava i suoi capelli perché la rendevano originale, odiava il suo
aspetto perché si trovava esteticamente orribile – questo era il suo duro
giudizio su se stessa - .
I suoi passi divennero più pesanti, questo era il peso della
tristezza che teneva chiusa dentro di sé.
Nessuno sapeva, del dolore e dei suoi sentimenti, neanche
lei a volte riusciva davvero a capirli.
Sono sola e rimarrò per sempre sola, pensò guardando le
schiene delle amiche allontanarsi sempre più da lei.
Le distanza aumentavano e lei rimaneva sempre più indietro,
senza riuscire a fare nulla per fermare tutto ciò.
Arrivarono davanti alla stazione di Shibuya, c’ era
poca gente alla fermata, la piazza dove si ergeva la statua di Hachi era
attraversata, a volte, da uomini e donne con le valigie.
Ad aspettarle c’ erano due macchine, una BMW
metallizzata e un’ altra blu notte, appena le videro suonarono il clacson
come forma di saluto.
Le tre corsero verso i veicoli mentre Sakura rimaneva sul
marciapiede immobile a guardare Ino che salutava Shikamaru con un profondo
bacio, Karin saltare al collo di Suigetsu al volante e Tayuya sedersi accanto a
Sakon nei sedili posteriori.
Tutte sorridevano.
Erano felici. Veramente felici.
Mentre lei si corrodeva il fegato pensando: io non sarò mai
come loro.
La prima macchina, quella metallizzata partì subito, senza
salutarla e senza accorgersi che anche lei era lì ad aspettare.
La BMW blu fece retromarcia affiancandola, il vetrino del
passeggero si abbassò mostrando la bionda che rideva raggiante, gli occhi che
brillavano, il volto illuminato dall’ allegria.
< Hai bisogno di un passaggio? > le chiese cortesemente,
ma Sakura potè vedere il viso di Shikamaru contorcersi in una smorfia, di
sicuro aveva pensato di passare il resto della serata con la Yamanaka.
< No, ho il treno fra dieci minuti > inarcò le labbra,
quello non poteva essere chiamato sorriso, ma sceneggiata, non voleva fare il
terzo incomodo.
Gli occhi color speranza della giovane videro la mano del
Nara scivolare sulla gamba fasciata dai jeans bianchi della ragazza, che però
lo ignorò.
< Ne sei sicura? Non sono certa che ci siano treni a quest’
ora… > le confidò guardando la stazione.
Come poteva saperlo? Non aveva mai preso un treno.
Non poteva neanche sapere che l’ ultimo treno era a
mezzanotte.
< Sicura > le ripeté salutandola con la mano e
allontanandosi con passi pesanti.
Sentì la macchina ingranare la marcia e partire, per poi
sparire al primo incrocio.
Non potè allontanarsi dalla stazione che il cellulare vibrò
nella tasca del giaccone, alzò gli occhi al cielo.
Non aveva voglia di fingere ancora, per quella notte.
Il nome sul display si illuminò ad intermittenza, mostrando
il nome Mamma.
Con il polpastrello cliccò il tasto verde portandosi il
cellulare all’ orecchio ornato dai tre orecchini nel lobo.
< Pronto? >
< Sakura quando torni a casa? E’ già l’ una e
mezzo! > la rimproverò la voce squillante dall’ altro capo del
telefono.
< Dormo da un’ amica > bugiarda.
< E’ Ino? >
< Sì >
< Allora va bene, domani prendi il treno delle undici o
giù di lì che devi mettere a posto casa! > si raccomandò riattaccando.
< Anche io ti voglio bene mamma… > disse
ironicamente facendo finta di parlare ancora con la madre.
Rimise il cellulare in tasca.
Alzò il viso verso il cielo stellato, se non fosse stato per
il vento, poteva essere una bella giornata.
Osservava il cielo sola e sconsolata.
Lei era sempre sola.
E lo sarebbe per sempre stata, nonostante gli sforzi per
evitarlo.
La solitudine era una costante nella sua vita, dove il
dolore, la tristezza, l’ angoscia e l’ illusione dominavano
incontrastate.
Adesso doveva solo risolvere il problema di dove passare la
notte…
N/A: Grazie per i commenti, ma
non riesco a rispondervi, vi sono davvero grata. Le coppie devo ancora
deciderle con sicurezza. Da qui in poi, la storia si sarà un po’ diversa
dalla mia…