3 il sentiero
Con
la punta delle dita toccava un nastro multicolore, un velo fatto di
tempere chiare e di sostanza irrisoria, quasi impalpabile. Di
sè
vedeva solo le mani che si protendevano e lambivano quel velo che si
muoveva come se fosse agitato dal vento.
Non aveva freddo, non aveva caldo.
Non sentiva sensazioni sulla pelle.
Vedeva solo quel velo e null' altro.
Voleva assolutamente strapparlo con forza. Vedere cosa c' era oltre.
Nutrirsi di verità celate.
Divorarle.
Ucciderle.
In qualche modo violarle.
Sapeva che oltre il velo c' era solo il Nero. Un buio che non era buio,
che era pesante, potente.
Era afissiante come una scatola chiusa.
Appiccicoso come la pece. Poteva catturarlo e sporcarlo.
Poteva morirci dentro.
Eppure.
C' era qualcosa.
La sveglia suonò sul comodino, Hayato si girò a
spegnerla
con un gesto secco. Aprì gli occhi a fatica e gli sembava di
non
avere dormito un attimo.
I veli, i veli.
Doveva andare a scuola anche se non voleva.
Si alzò, si lavò e si vestì lentamente
saltando la colazione e uscendo di casa senza vedere nessuno.
Certe volte si chiedeva se fosse abitata.
Forse se lo domandava anche la gente che passava davanti a casa sua, la
villetta solitaria alla fine di una breve salita.
Attraversò il parco di corsa e poi un lungo sentiero
cosparso di foglie secche che scricchiolavano ad ogni passo.
Un po' come la sua vita, no?
Era un sentiero lungo, sembrava senza fine, sembrava rubato ad un
quadro e appiccicato alla bell e meglio alla realtà fisica.
Un quado fantastico e irreale.
Quella strada era diversa da tutto il resto. Le foglie secche coprivano
il sentiero come un lungo tappetto uniforme e senza buchi. Se ci si
guardava indietro ci si trovava di fronte vie strette e delicate,
brevi, costeggiate da rari alberi di ogni genere e tipo e da bassi
cespugli. Quel sentiero infinito e omogeneo invece sembrava un mondo
altro,
un a parte
separato dalla realtà.
Era come mettere i piedi oltre una linea di demarcazione che separava
il mondo fisico da quell' altro.
Fantasia?
Pensiero?
Coscienza?
O forse era semplice paura?
Semplice vuoto che era tale perchè dentro c' era un tutto
indistinto
che si muoveva e si mescolava senza requie mascherandosi sotto i
silenzi di quel luogo, sotto lo scricchiolare delle foglie, sotto quel
nulla apparente fatto di quiete.
Il vuoto non è mai vuoto, è sempre dannatamente
pieno solo che noi non lo sappiamo.
Non possiamo saperlo.
Dobbiamo fracassare il vuoto per renderci conto che è tale
solo
quando ci perdiamo nei nostri pensieri che si inseguono e si
attorcigliano
tra di loro creando masse intricate di una confusione che è
nera, che è notte e che ci atterrisce.
Non capiamo più niente in quell' indistinto, non troviamo
più niente, perdiamo la strada e siamo talmente confusi da
credere di non possedere più nulla, a tal punto da esserci
scordati persino
ciò che cercavamo. E non riusciamo a trovare quel qualcosa
in
quell' indistinto. Quel qualcosa che c' è, che è
lì da
qualche parte.
Ma dove?
E che diavolo stiamo cercando?
Non lo sappiamo.
Non lo sappiamo e allora c' è solo il nulla, il vuoto sui
cui confini vagare.
E' come se ci muovessimo terrorizzati sui bordi di una voragine nera.
Non siamo così stupidi da buttarci.
Siamo angosciati e ci domandiamo perchè c' è solo
un
niente che fa paura, perchè sentiamo quell' oppressione che
ci
pende sulla testa come una spada di Damocle, perchè c'
è
quel senso di... vuoto persino nel cuore.
Ci manca qualcosa che dovrebbe esserci e qualcos' altro che non
dovrebbe esserci invece c' è.
Siamo forse pazzi?
Hayato attraversò il sentiero di corsa fingendo di essere in
ritardo.
Urtò una spalla e quando si girò per chiedere
scusa riconobbe una faccia conosciuta.
Un sorriso comparve sulle labbra di Takeshi mentre si toglieva le
cuffie.
Era raro trovare gente a quell' ora.
-Yo- lo salutò
-Ehi- biascicò Hayato- scusa per prima- e voleva girarsi e
andare via.
-Aspetta
-Che vuoi?
-Siamo nella stessa classe.
-Embè?
-Mi aiuti?- Takeshi indicò la gamba e la stampella.
Hayato sghignazzò:- Ti sei fatto pestare per bene.- mosse un
paio di passi verso l' altro- che devo dare?- chiese quasi con rabbia
Takeshi sorrise:- Niente, solo farmi compagnia.
E Hayato sgranò gli occhi. Forse dopo tutto non era una
cattiva idea.
Ci fu un momento di silenzio, poi Takeshi parlò:- Ti piace
questa strada?
Hayato si voltò di scatto verso di lui. Che domanda era?
-Sinceramente- puntualizzò il moro.
L' italiano ci pensò su:-Vuoi la verità-
ponderò
-E' strano?
-Non ti puoi accontentare di una conversazione superficiale come fa la
gente normale?
-Credi che la gente faccia così?
-Di solito- tacque- spesso- rettificò.
-Lo fa quando non ha nulla da dirsi, quando è in imbarazzo-
spiegò Takeshi sorridendo.
-O se ti vuole impressionare- aggiunse Hayato- cioè spesso.
Quando conosci una persona cerchi sempre di fare una buona impressione.
Di sembrare speciale, magari se quella persona ti attira veramente. Si
finisce per strafare e quindi per fingere. E si mettono su
conversazioni
idiote.
-Le prime conversazioni tra due persone che si conoscono appena non
possono certo essere... intime, diciamo, no?
-Credo di sì. E allora tu che diavolo vuoi?
Takeshi rise:- Voglio rompere questa specie di regola non scritta.
Quella delle conversazioni idiote come le hai chiamate tu!
-Ah.- Hayato si concesse un mezzo sorriso- saltare le tappe, eh?
Takeshi si fermò al' improvviso, Hayato fece altrettanto
girandosi verso di lui. Il giapponese disse:
-Credi di poterlo fare? Ti sentiresti pronto a saltare i convenevoli e
buttarti in discorsi più profondi? A svelarmi qualcosa di
te, a svelare quello che si cela dietro i tuoi occhi, nel tuo
cervello?
-Ti facevo sinceramente più stupido- fece Hayato- e comunque
la
risposta e no. Dalle mie parti si dice: "fatti i fatti tuoi e campa
cent' anni", ecco, fatti i cazzi tuoi.
Gli voltò le spalle infilandosi le mani nelle tasche e
muovendo i primi passi.
-Sbrigati, idiota, o ti lascio qui- scosse la testa contrariato
soffocando le sue parole in un borbottio sconnesso- che razza di
discorsi. Di primo mattino poi.
Takeshi lo seguì sorridendo. Lo sapeva, in qualche modo quel
ragazzo era come lui.
-E tanto per chiarire- aggiunse l' italiano- di te non mi fido.
E Takeshi in quel momento pensò che sarebbe stata dura con
quello lì, che c' era molto da lavorare visto che il suo
nuovo
amico era certamente testardo come un mulo.
Alla fine delle lezioni Hayato sbirciò di sottecchi il moro.
Lo
vide alzarsi faticosamente dalla sedia mentre parlottava con un paio di
ragazzi. L' italiano prese la tracolla e si alzò a sua volta
dirigendosi verso la porta, lentamente.
-Ohi Gokudera!- quando si girò vide Takeshi zoppicare verso
di lui- aspettami.
Hayato sbuffò tuttavia si fermò ugualmente.
-Facciamo la strada insieme, ti va?
-Se andiamo nella stessa direzione tanto vale...- concesse l' altro.
Takeshi sorrise:-Se ti va possiamo fare la strada insieme ogni giorno.
La mattina ci possiamo vedere da qualche parte e andare a scuola
assieme che
dici?
-Dico che ti stai prendendo troppe confidenze.
Il tragitto fu stranamente silenzioso, a differenza della
mattina, poi si fermarono solo una volta superati i cancelli del parco.
-Qui ci separiamo- disse Takeshi.
Hayato grugnì qualcosa accendendosi la seconda sigaretta del
percorso.
-Domani ti aspetto qui- gli urlò l' altro allontanandosi e
sventolando la mano in aria.
-Come se avessi detto che ci sarò- borbottò l'
italiano.
L' indomani Hayato uscì dalla villa di fretta, con una certa
agitazione nel corpo. Fremeva.
Chissà se...
pensò.
Più si avvicinava ai cancelli del parco e più
affrettava il passo. Eppure faceva di tutto per non pensarci, non si
aspettava certo niente da quell' idiota, non si aspettava niente da
nessuno, figurarsi da un tipo simile appena conosciuto.
Andava bene fare la strada da solo. Anzi, era anche meglio.
Era anche...
Si fermò al centro della strada non appena vide Takeshi
appoggiato pigramente ad un muretto.
C' era, si disse.
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Ciao a tutti, capitolo confusionario, mi rendo conto, ma questa storia
è talmente introspettiva da essere sfuggente, i pensieri non
si toccano, assumono contorni definiti o sfumature, forme, immagini,
colori o addirittura diventano il niente assoluto e qui è
proprio questo che ho cercato di riprodurre anche se goffamente. Forse
è difficile da seguire a volte ma non voletemene, sto
sperimentando, come sempre ultimamente. Spero non sia sempre
così ^^"
Scusate per gli errori ma non ho avuto tempo di ricontrollare bene.
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