cap 4
Ricominciare ad amare ancora
Cap. IV - Tutto il mio amore
Era stata una nottata
estenuante per entrambi.
Jenny era stata affidata alle cure di un'agente della scientifica, una
bella signora sulla tarda quarantina con splendidi capelli corvini, lo
sguardo penetrante e un fare molto materno e protettivo nei suoi
confronti;
"Sei la ragazza di Don?" le aveva chiesto;
"Sì, sono Jenny, Jennifer Rossi, e .....beh, sì
...ho una storia con Don Flack. Da poco tempo, però"
"Piacere di conoscerti. Mi chiamo Jo Danville e sono una collega di
Don. Lavoro alla scientifica.....collaboro molto con il tuo
boyfriend. Lo sai, mi sembra già di conoscerti, Don parla
moltissimo di te"
"Ah sì...." Jenny era alquanto stupita da questa
rivelazione,
davvero non credeva di essere così importante per il
poliziotto
"e cosa dice di me?";
"Che sei bellissima, e questo è vero, e che sei fantastica,
intelligente, profonda, piena di vita. Fa veramente piacere sapere che
finalmente ha trovato qualcuno dopo....beh, dopo Jessica"
"Sai una cosa? - posso darti del tu, vero?";
Jo fece cenno affermativo col capo;
"Beh" proseguì Jennifer "lo sai che veramente non credevo di
contare così tanto per lui. Don mi piace
tantissimo, ne sono profondamente innamorata è la
storia
più importante della mia vita. Ma non ero sicura di essere
tanto
importante per lui. Temevo che stesse con me solo
perché......"
la ragazza tacque per qualche istante quasi a volere cercare le parole,
poi proseguì "....perché non voleva restare da
solo";
"No, ma cosa dici? Dammi retta: è veramente preso da te" Jo
pronunciò queste parole sicura, quasi con enfasi, poi
proseguì, più piano, quasi a scusarsi "Bene,
Jenny, adesso
ti porto al Pronto Soccorso, lì ti cureranno e faranno
accertamenti per essere sicuri che tu non abbia niente di rotto o
danneggiato. Dopo, proseguiremo con la deposizione ed il confronto,
ok?"
"Va bene".
L'agente Danville rimase con Jennifer per tutta la durata della sua
permanenza al Pronto Soccorso, dopo le medicazioni e i primi
accertamenti, assicuratisi che non aveva niente di rotto, le
fecero l'esame anti stupro:
"Ma non mi ha violentata," protestò lei "non ha
fatto in tempo, Don lo ha fermato";
"E' la procedura, Jennifer" le fu risposto "molte donne rimuovono
quanto veramente accaduto. Non possiamo correre il rischio di non
sapere. Per te innanzitutto, per correre ai ripari contro malattie e
gravidanze indesiderate, e inoltre per raccogliere eventuali prove".
Così la ragazza fu sottoposta ad un esame indubbiamente
fastidioso ed imbarazzante che, comunque, risultò negativo (meno male....ma lo avevo detto
io).
Dopo gli accertamenti medici fu, come si dice in termine
investigativo-forense, "processata". Jo le
fotografò
più volte il viso, laddove aveva la maggior parte dei lividi
e,
molto più sommariamente, il resto del corpo, e la
scansionò un po' dappertutto in cerca di prove certe
dell'avvenuta aggressione.
E poi fu la volta del confronto e della testimonianza.
Don, invece, era andato immediatamente in Centrale dove quelli squali
degli affari interni lo avevano torchiato a lungo circa i suoi rapporti
con Jennifer e severamente ammonito circa la scarsa
opportunità
di avere stabilito una relazione amorosa con una testimone (ma cosa ci posso fare, io, se
mi sono innamorato!?).
Alla fine lo avevano condotto davanti all'aggressore, il
quale,
piantonato in ospedale, aveva ripreso conoscenza e dimostrava di non
avere subito gravi danni dal pestaggio subito.
L'uomo, che rispondeva al nome di Jaime Navarro, ed era, come
aveva ben intuito Jenny, di origini ispaniche, si stava atteggiando a
povera vittima della brutalità della polizia e asseriva che
si
stava "intrattenendo" con un'amica quando era arrivato quell'energumeno
(alludendo a Don) che lo aveva preso a calci e pugni senza apparente
motivo.
A Flack non rimase altro che additarlo come aggressore di Jennifer,
affermare di averlo trovato mentre teneva la ragazza sotto minaccia di
un'arma da taglio e stava cercando di violentarla, dopo averla
picchiata
abbastanza duramente. Sapeva benissimo, però, che, in un
eventuale processo, la propria testimonianza poteva non essere
sufficiente e le cose si sarebbero potute mettere male per lui.
Sperava solo che la deposizione di Jenny e le prove raccolte da Jo
venissero in suo aiuto, altrimenti sarebbero stati casini......grossi
casini.
Jenny, introdotta al cospetto di Navarro, non aveva avuto dubbi: con
una fermezza e una tranquillità sorprendenti, per una
persona
ancora sotto choc, lo aveva accusato come suo aggressore,
ricostruendo con grande precisione l'accaduto, ricordando per filo e
per segno le percosse subite, lo aveva riconosciuto come il
killer
della metropolitana e aveva anche riportato esattamente le parole che
l'uomo aveva pronunciato poche ore innanzi, poco prima del tentativo di
stupro e assassinio nei suoi confronti, parole che non lasciavano alcun
dubbio su cosa avesse fatto e sulle sue intenzioni.
"Vedrai, lascia che lo mettano alle strette e canterà come
un
uccellino" le aveva detto Jo mentre lasciavano la stanza di ospedale
dove era ricoverato l'uomo "probabilmente si è trattato di
un regolamento
di conti fra bande rivali, o di un delitto nell'ambito del commercio di
droghe. Navarro è risultato avere parecchi precedenti per
furto,
spaccio e stupro. Non per omicidio, non ancora almeno"
"Vuoi dire che mi è andata bene?";
"Parecchio bene, direi......fortuna che il tuo angelo custode
è arrivato in tempo"
".....Don, il mio cavaliere dall'armatura scintillante....."
"Credimi." continuò Jo, "ci tiene veramente tanto a te".
Il cielo si stava rischiarando e stava per nascere un nuovo
giorno; "Devo venire in Centrale, ora?" chiese Jennifer;
"Sì, ma solo per firmare ufficialmente la testimonianza. Hai
fatto tutto quello che dovevi fare, non ci devi più dire
niente,
ormai. Penso che non vedrai l'ora di andare a casa a riposare"
"A casa, già...." rispose pensierosa la ragazza.
Don sedeva, con aria tenebrosa, alla propria scrivania, Jo aveva
telefonato che
Jenny stava bene e che le prove raccolte erano più che
sufficienti ad
incastrare Navarro e che pertanto il giovane agente poteva stare
tranquillo. Ma lui non era tranquillo proprio per niente.
"Un dollaro per i tuoi pensieri" gli disse Mac sedendosi sulla sedia
libera proprio a fianco a quella di Flack;
"Eh? cosa hai detto?"
"Lasciamo perdere. Don si può sapere a cosa stai pensando?
Ti
vedo molto turbato. Non eri così da quando...." Taylor stava
per
dire "....da quando Jessica è morta" ma si era
trattenuto
in tempo......"da molto tempo" disse, invece;
"Stavo pensando a Jennifer, al fatto che non sono riuscito a
proteggerla. Il fatto è che ho fallito nuovamente,
come
è stato per Jessica."
"Ma tu l'hai salvata! Sei arrivato in tempo, sei riuscito ad evitare
che quell'uomo le facesse veramente del male. Non hai niente da
rimproverarti"
"L'avresti dovuta vedere, Mac, vedere come l'ho vista io. In preda ad
una crisi isterica, piangente, arrabbiata....arrabbiata con me. Le
avevo promesso che non le sarebbe successo niente, ed invece......ha
passato dei bruttissimi momenti e io non ero lì con lei. Non
so
se riuscirà a perdonarmi. Non so nemmeno se ci
riuscirò io"
"Ragazzo mio" Mac mise una mano sul braccio di Don a sottolineare le
sue parole e, quasi, a consolarlo "se lei veramente ti
vuole bene, allora capirà e saprà come
perdonarti.
Credimi! Ma devi essere meno duro con te stesso; la vita spesso riserva
un'altra possiblità"
L'altro non rispose, si limitò ad annuire con la testa e
rimase qualche istante con lo sguardo perso chissà dove.
Fu solo più tardi, a caso definitivamente, concluso
che
Don riuscì a prendersi un po' di tempo e
pensò bene
di andare a casa
a farsi una dormita (sempre
che io riesca a dormire).
Indossò la giacca, i guanti e si
avviò verso
l'uscita. Era ancora sulla soglia della Centrale di Polizia, quando la
vide: "Jen!" mormorò sorpreso.
Jennifer stava lì, appena fuori dalla porta, tutta stretta
nel
suo piumino nero, le braccia incrociate intorno al corpo nel tentativo
di scaldarsi o, forse, di proteggersi e lo aspettava.
Aveva un aspetto molto provato: gli occhi gonfi e cerchiati di rosso,
il labbro tumefatto e spaccato, parecchi lividi sul viso ma si sforzava
di
sorridere. Non appena lo vide gli andò incontro e gli prese
la
mano.
"Andiamo a casa" gli disse;
Don fece scivolare la propria mano sul braccio di Jenny fino a
poggiarla sulla sua spalla, la attirò e la
strinse
forte a se; lei affondò il viso
sulla sua spalla allacciando le braccia intorno alla vita del suo
ragazzo.
Sentì che stava tremando, dapprima lievemente, poi
sempre
più forte e prese a massaggiarle la schiena premendo appena
le labbra fra i suoi capelli, per confortarla. (Ci sono io, Jen, ci sono io con
te!)
La tenne abbracciata a lungo, fin
quando non gli
sembrò che il tremito si fosse calmato, poi le
sollevò il
viso per guardarla bene. Aveva le guance rigate di lacrime e nei suoi
occhi c'era un'espressione vuota, lontana. Non erano più gli
occhi della sua Jenny, quello sguardo intenso e brillante che egli
aveva imparato ad amare nei giorni addietro. Quelli davanti a lui erano
occhi spaventati e velati al tempo stesso; avevano
l'espressione ferita che egli aveva
riscontrato tante volte, nel suo lavoro, ma che mai e poi mai
avrebbe voluto vedere nella persona amata.
Aveva bisogno di lui e Don si sarebbe preso cura di lei.
Le avrebbe dato tutto quello che poteva darle: se
stesso, il
suo amore, la sua devozione, la sua passione; ogni cosa pur di vedere
di nuovo quella luce nel suo sguardo.
Questo, era il compito che si era dato e non avrebbe fallito.
Non poteva fallire.
Accostò il proprio viso a quello della ragazza, le diede un
piccolo, dolce bacio a fior di labbra, e le sussurrò:
"Sì, andiamo a casa".
La prese per la vita e la portò via con se.
E finisce qui, al quarto
capitolo.
Alla fine non è nemmeno venuto poi tanto corto!
Ho proprio cercato di non metterci troppo tempo e penso di esserci
riuscita, spero (ma dovrete dirmelo voi) che non risulti troppo "tirata
via" velocemente tanto per finirla. Ho cercato di mettere bene a fuoco
le situazioni e di rifletterci sopra (impegni permettendo) ma non so se
ci sono riuscita.
Ho dato un ruolo "interessante" a Jo Danville, perché
è
un personaggio che mi piace molto; trovo che abbia una grande
umanità.
Spero che la mia fiction vi piaccia.
Attendo recensioni
Baci
Love
Jessie
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