43.
Tutti a casa.
ATTENZIONE, Episodio
conclusivo di lunghezza DOPPIA rispetto al solito.
Avrei potuto spezzarlo in due ma sarebbero venuti, comunque, un micro
capitolo e un macro capitolo... quindi ho deciso di tenere tutto
insieme...
Prendetevi del tempo per leggere tutto.
Ci vediamo sotto per i saluti.
Era tardo pomeriggio inoltrato quando i tre geniali scienziati emersero
dal loro buco trascinandosi dietro una Susan fiaccata nel fisico e
nella mente. Nonostante Visione, dopo un'iniziale resistenza, si fosse
lasciato studiare senza tentare di ostacolarli, la donna aveva dovuto
comunque tenere alta la guardia per prevenire un qualunque colpo a
sorpresa. Peter era rientrato alla base e si era trasferito nella
camera di Jhon, la versione miniaturizzata di una sala giochi dove si
erano riuniti praticamente tutti i maschi della squadra.
Le donne, invece, si erano sparpagliate tra la sala lettura e il
laboratorio sartoriale improvvisato di Janet. Coulson, insieme al suo
venerato Capitano Rogers, non le perdeva un attimo di vista, facendo la
spola tra i due ambienti.
Si riunirono, quindi, tutti in cucina, chi seduto all'ampio tavolo
rotondo, chi appollaiato sui mobili della stessa, chi sui gradini che
portavano dalla zona cottura alla sala da pranzo vera e propria e chi,
ancora, stava in piedi, braccia conserte.
“Siamo venuti a capo di quella cosa...”
annunciò Stark.
“In sola mezza giornata?” domandò Rogers
scettico.
“Siamo tre scienziati geniali” replicò
compiaciuto Pym
“E
pazzi!” precisò Wilson
“Cosa può capirne uno che viveva ancora a lume di
candela e che solo un mese fa si sorprendeva che l'Helicarrier fosse alimentato da una qualche forma
di elettricità?” rincarò
Stark, chiudendogli la bocca una volta per tutte.
“E cosa avete scoperto?” domandò,
allora, il soldato, cercando di non sembrare più offeso di
quanto non fosse in realtà.
“Rescue!” chiamò allora il magnate
“Scortate qui il nostro ospite...”
“Rescue?” sbigottì Pepper
“Cosa le hai fatto?” strepitò furibonda
“E' una Mark come tutte le altre e tu neanche la
volevi!” valutò Tony incuriosito da quello strano
comportamento “Ti avevo detto che saresti stata servo
assistita... ora che Visione ha rimosso il suo blocco alle armature
è, semplicemente, nuovamente autonoma...”
“Quindi non ero io a pilotarla davvero?”
domandò, offesa e delusa.
“Certo che sì” replicò lui
mentre la porta della sala si apriva silenziosamente “Se vuoi
che faccia tutto lei glielo devi solo dire...”
“E quando pensavi di avvertirmi?”
domandò allora, indispettita
“Ti ho avvisato!”
“No che non l'hai fatto!”
“...Me ne sarò scordato...” ammise
dubbioso “O l'avrò dato per scontato...”
“Certo, genio!”
sibilò lei
“Se avete
finito di battibeccare...” proruppe ancora il
mercenario “Potresti
spiegarci?” domandò con un'alzata del
mento verso le tre macchine che avanzavano nella sala, marciando in
sincrono: le due armature sospingevano tra loro Visione, in tutto e per
tutto identico a come l'avevano incontrato quella stessa mattina.
– Voglio porgere a lor signori le mie più sentite
scuse – proclamò l'androide inchinandosi al
cospetto di quella piccola folla.
“Sì sì, basta ciance”
borbottò Pym mentre svitava un barattolo di biscotti e
cominciava a servirsi avidamente senza offrire a nessuno.
– Permettete di presentarmi nuovamente. Il mio nome
è Visione e sono stato creato come primo prototipo di
macchina senziente per la caccia e la cattura di particolari forme di
vita.
I presenti si fissarono negli occhi, sgomenti “Le Sentinelle
sono state annunciate solo stamattina...” protestò
qualcuno.
–Sono decenni che le ricerche vanno avanti e si lavora sui
prototipi. Ora, per essere operative nel più breve tempo
possibile, era tempo di testare me, il vero prototipo, dopo Ultron che
è stato accantonato e prodotto solo a
metà.–
“Cosa è andato storto?”
domandò Pym curioso di sapere quale falla potesse mai avere
un suo progetto, per quanto rubato, copiato ed usato con
finalità completamente diverse da quelle originarie.
–In Ultron, la lega di adamantio e titanio....–
“Ma l'adamantio...” sbigottì Stark al
sentir nominare la lega metallica praticamente indistruttibile
–Non ci si può difendere da se stessi.–
disse serafico l'androide voltandosi a osservarlo coi suoi occhi
inespressivi –La scoperta, tardiva, è stata
realizzata solo qualche mese fa a Salt Lake City: l'adamantio
secondario, di cui Ultron è rivestito, era più
fragile dell'adamantio Beta. Non è, quindi, completamente
invulnerabile oltre a essere già troppo costoso. Inoltre,
resta comunque un metallo soggetto al magnetismo e si è ben
pensato di evitare di servire su un piatto d'argento un così
bel giocattolino a uno dei principali avversari–
“Scusa la domanda....” proruppe Rogue, sconcertata
“Qual'è la differenza tra adamantio secondario e
adamantio Beta?”
“L'adamantio
Beta è una modificazione che subentra in seguito a una
reazione con l'elevato fattore di rigenerazione del corpo mutante
ospite” spiegò Wade sbracato coi
piedi sul pianale della cucina e le braccia incrociate dietro la nuca “Con adamantio
secondario si indica il processo con cui si può produrre
dell'adamantio in quantità maggiori, a costi molto
più bassi, sacrificandone però parte della
resistenza. Rispetto ai più duri acciaio e titanio
è più elastico e resistente alle armi
convenzionali... missili balistici compresi. Però, rimaneva
inadatto allo scopo. Giusto?”
– Perfetto– concordò Visione
“Ma allora tu di cosa sei fatto se la formula di Ultron non
andava bene?” domandò Pepper curiosa
– Mescolate all'adamantio ci sono delle particolari cellule
sintetiche... –
“Lasciami indovinare...” borbottò
sarcastica Janet “Le particelle Pym?”
– Esattamente! La mescola è stata prodotta dalla
Zydex e, in questo modo, posso alterare la mia massa corporea,
replicare qualsiasi funzione organica ed essere sia intangibile come
l'aria sia duro come il diamante.1 –
“Eri praticamente indistruttibile, insomma...”
fischiò ammirato Tony “Abbiamo avuto davvero
fortuna...”
“Ne abbiamo avuta davvero tanta, a partire dai
Chitauri...” aggiunse Clint
– Produrre un esemplare come me, però, costa il
doppio o il triplo di Ultron.–
“Perché produrti, allora?”
domandò sconcertata Pepper “E' illogico”
–Il mio creatore, lo stesso Ultron, è riuscito ad
assemblarmi come voleva lui, inserendosi nei computer e dirottando
fondi. Mossa astuta che può essere mascherata una volta o
due. Ma non per un intero esercito che, visti i costi, non verrebbe mai
approvato. Inoltre, aveva voluto migliorarmi, fornendomi il pensiero
autonomo che lo contraddistingueva, proprio perché conscio,
in qualche modo, che sarei stato un esemplare unico. In questo modo,
inoltre, lo liberavo dall'incombenza di dovermi gestire a distanza e
potevo effettuare scelte critiche. Gli altri prototipi...–
continuò Visione – ...sono stati scartati uno dopo
l'altro per motivi di sicurezza. Ricordate tutti...– aggiunse
fissando Tony con lo sguardo vitreo delle lenti spettroscopiche che
aveva al posto degli occhi –... cos'è successo con
Ivan Vanko. Un solo uomo avrebbe potuto dominare il mondo con la sua
squadriglia di droni armati. Se solo si fosse concentrato
sull'obiettivo giusto–
“Stavano per fare secchi bambini che portavano la maschera di
Iron Man!” protestò Tony rabbrividendo al ricordo
di come fosse intervenuto appena in tempo.
– Motivo per cui io
sono stato dotato di coscienza e loro
sono stati scartati– affermò sicuro Visione.
“Justin Hammer...” sibilò Stark
indispettito
“Aspetta!” intervenne Rogers che si affaccendo nel
cercare un pezzo di carta “Ecco qui...” disse
scorrendo la lista e fissando i due X-men che già avevano
parlato di qualcosa che gli era suonato familiare “L'avevo
già sentito. Quel tale, Magneto, ce ne aveva parlato, quando
ci aveva riferito di quella strana riunione...”
Stark spostò lo sguardo da lui ai due mutanti che, con un
cenno del capo, gli fecero capire che era tutto lo stesso argomento. E
che l'avrebbero affrontato in separata sede. “Le
Sentinelle” disse solo Rogue “Tutto riporta a
questo”
“Quindi, i droni che due anni fa hanno attaccato all'Expo
erano dei prototipi per le Sentinelle?” domandò
Natasha con tutta tranquillità, nemmeno stesse chiedendo
l'ora al primo passante per strada.
– Sì– rispose altrettanto semplicemente
Visione.
“La prossima mossa?” domandò qualcuno
dal fondo della sala
– Non ne ho idea– ammise serafico l'androide
– Ma posso presumere che, dopo il mio fallimento e non
potendo stanziare più fondi così ingenti,
torneranno alle semplici macchine. Magari comandate, ciascuna, da un
singolo uomo. Direttamente o a distanza. Più probabilmente
si tratterà, ancora una volta, di droni: un conto
è buttare i soldi dei contribuenti, un altro giocarsi un
abile pilota in uno scontro diretto. Oppure, possono incrementare la
banca dati per una scelta dell'androide più mirata ed
evitare, così, di commettere certi errori grossolani e
superficiali e risparmiare sugli operatori. Sì. Propendo per
questa soluzione. Gli umani sono inclini alle scelte personali, le
macchine no: sono ciecamente fedeli–
“Tu no, però” lo corresse Peter Parker
che per tutto il tempo aveva preso appunti.
– Io sono un androide dotato di raziocinio–
replicò la macchina indignata.
“E' semplicemente andato in crash quando ha scoperto che
avrebbe dovuto affrontare il creatore del suo creatore” lo
aggiornò Stark
– Dio!– convenne Visione.
Se non fossero stati più che certi della sua natura
artificiale, avrebbero giurato di sentire nella sua voce una punta di
ammirazione estatica.
“Ancora?” sbottò Stark “Pym
NON è Dio!” sillabò a beneficio della
macchina che sembrava non essere poi così intelligente.
“Ti brucia, eh, che qualcuno consideri me -e non te- lo Scienziato Supremo
della Terra2?”
Rogers fissò prima Visione, quindi spostò la sua
attenzione sui due scienziati e scosse la testa mormorando avvilito
“Che Blasfemia!”
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Era ormai ora di cena quando Xavier ed Erik entrarono nel refettorio
scortati da quello strano angelo che era diventato Warren. Ora, sul suo
volto, non si leggeva alcuna aggressività. Le ali meccaniche
stridevano con l'aspetto dell'uomo già straniante di suo: i
capelli biondi risaltavano come il grano sul cielo sereno del
mediterraneo che era la sua pelle cianotica. L'atteggiamento era fiero
ma umile allo stesso tempo e avanzava sicuro al seguito dei due uomini
senza distogliere lo sguardo da nessuno.
“Non mi piace...” bofonchiò Fantomex da
una poltrona nella sala successiva e da cui poteva studiarne la
gestualità in tutta comodità.
“Perché? A me sembra tornato quello di
sempre...” commentò Logan, sbracato accanto a lui.
“La postura... non è da Angelo...”
commentò l'uomo in bianco, le braccia incrociate sul petto.
“Dovremmo avvisare Braddock di stare attenta...”
“Tardi!” commentò Logan che, con la coda
dell'occhio, aveva visto Psylocke ferma sulla soglia, di rientro dal
bagno dov'era andata a sciacquarsi la faccia per l'ennesima volta.
“Come sta?” alitò la donna rivolta al
professore, ignorando di proposito il biondo alle sue spalle
“Teoricamente bene...” rispose il professore
volgendosi a guardare l'uomo che, a sua volta, scrutava Psylocke con
occhi sgranati, come se la vedesse per la prima volta. “Sono
riuscito a rimuovere il blocco che Emma gli aveva imposto, ma ancora
non so se questa operazione ha comportato qualche modifica...”
“No, non mi piace per niente...”
commentò ancora Fantomex, accigliato, mentre Psylocke si
gettava con slancio tra le braccia di Warren. Angelo rimase colpito da
quel gesto e quasi si paralizzò sotto l'abbraccio della
donna.
“Non sono arrabbiata, Warren...” disse piano lei,
alzando il volto dal suo petto, per scrutare l'espressione dell'amato
che non accennava una minima reazione “Non sono arrabbiata...
non essere così sorpreso... Non eri in te...”
“... Tu chi sei?” domandò Warren
inclinando la testa e studiandola perplesso. Nella sala calò
un improvviso silenzio. Il cicaleccio che animava i momenti precedenti
il pasto erano scomparsi come se l'edificio fosse vuoto.
“Lo dicevo, io, che c'era qualcosa che non
andava...” bofonchiò Jean-Philippe tirandosi in
piedi e andando ad affiancare la donna, in evidente stato confusionale.
“Warren... non scherzare... sono io... Betsy...”
balbettò fingendo di stare allo scherzo
“Accidenti...” commentò Xavier poco
distante prendendosi il mento tra le dita, pensieroso “Emma
deve aver agganciato la sua barriera a precisi ricordi. Manipolando
quelli ha innalzato lo schermo che distorceva la realtà di
Warren. Con la rimozione, per quanto accurata, devono essere saltati
anche quelli...”
“Come sarebbe a dire?” sbottò Logan
saltando su dalla sua poltrona irritato dal commento “Non si
era accorto che c'era questo problema?”
“Emma è una telepate eccezionale. I nostri poteri
si eguagliano ma... lei gioca d'astuzia e per quanto abbia provato a
mettermi nei suoi panni e cercare di individuare trabocchetti del
genere, non ci sono riuscito. La mente è uno strumento
delicato, con cui non si dovrebbe giocare con tanta
superficialità”
“L'avete ridotto a un vegetale!” Sbottò
il canadese.
“All'inizio pensavo che fosse solo lo shock... E' evidente
che mi sono sbagliato... Ho fatto del mio meglio per riportare Warren
com'era in origine...”
Logan sbuffò stizzito e si ributtò a sedere
“Se le cose stanno così, preferisco tenermi i miei
vuoti di memoria piuttosto che rischiare di essere manipolato a questo
modo...”
Mentre il professore e Logan battibeccavano, Psylocke cercava di non
crollare davanti all'amorevole freddezza che Warren le stava
riservando. La trattava con dolcezza ma di una dolcezza che si riserva
agli estranei quando si ha un cuore colmo di compassione. E lei non
voleva la compassione dell'uomo che amava. Come scottata, si ritrasse
da lui e, con tutta la forza e la fierezza che riuscì a
racimolare, si allontanò dalla sala, apparentemente
tranquilla.
“Io vado con Bets...” disse Jean-Philippe passando
accanto a Wolverine. Non ci voleva un esperto di body language per
capire che la donna era sotto shock e cercava soltanto di mostrarsi
forte per non farsi compatire ulteriormente dagli amici e, tanto meno,
da Angelo.
Una volta all'aperto, quando fu certa che nessuno fosse nei paraggi,
scandagliando tutt'intorno col suo potere psichico, Elisabeth si
lasciò andare a un urlo liberatorio. Pianse a lungo,
distrutta dall'espressione che aveva scorto negli occhi di Angelo,
privi di un minimo barlume dell'amore che li animavano quando erano
assieme: uno sguardo sincero che ammetteva di non conoscerla affatto.
“Quando hai finito, avvisami...”
borbottò Fantomex poco lontano. Psylocke si volse a
fronteggiarlo, infastidita dalla sua presenza. “Oh, scusa...
pensavo ricordassi che ho delle placche di ceramica nel cranio che mi
schermano da voi psicopatici...”
“Vattene, Jean!” strepitò lei, gli occhi
gonfi di lacrime “Lasciami in pace...”
“E permetterti di fare qualche sciocchezza? Ma nemmeno per
sogno...”
“Non farò pazzie...” replicò
lei, gelida
“Il tuo corpo dice il contrario... dimmi... hai intenzione di
tagliarti i polsi?” domandò lui come se stessero
parlando delle condizioni atmosferiche. Psylocke lo folgorò
con lo sguardo prima di congelarsi al suo posto, gli occhi appuntati
nel nulla davanti a sé “Ah, benone... ci mancava
una delle tue epifanie3... Cosa stai vedendo,
tanto per curiosità?”
Psylocke rimase imbambolata ancora per qualche istante e quando
sembrò svegliarsi fece scivolare lo sguardo su di lui,
accigliata “Ma non esiste!”
“Cosa?” domandò Fantomex che non capiva
la sua improvvisa, nuova, irritazione “Non me lo vuoi dire?
Tanto lo sai che lo scoprirò presto in ogni caso,
no?”
Lei lo fissò indignata “Fatti passare l'idea! Io e
te, mai! Piuttosto morta o suora di clausura!”
“Quale idea, Bets? Sono solo preoccupato. Come un buon
compagno di squadra dovrebbe essere...”
“L'unica cosa che ti muova, Jean, sono i soldi o l'interesse
personale. Non cercare di incantarmi...”
“Scusate...” li interruppe la voce di Angelo alle
spalle della donna.
Psylocke sbarrò gli occhi nel riconoscere la voce tanto
amata, quasi terrorizzata dal doverlo affrontare nuovamente.
“Cosa vuoi, Warren?” domandò acida
“Io... non capisco...” disse fissandola.
Pur avvertendo il suo sguardo sulla propria schiena, Psylocke non
osò voltarsi, restando ostinatamente girata verso Fantomex,
quasi Angelo avesse interrotto una discussione molto importante.
“Lo so...” disse solo, in un sospiro “So
cosa vuol dire quando ti portano via un pezzo di memoria o un trauma ti
cambia la personalità. Lo so. So che tu non sei
più... lui...
Ma non voglio ammetterlo... non ancora.” Commiserandosi, si
scoprì a desiderare che fosse solo un brutto incubo e,
timidamente, si voltò a osservarlo, nonostante la sua ferrea
decisione di non cedere a quella debolezza “Tu... provi
qualcosa.... di tenero ... per me? A livello inconscio, magari, non lo
so...”
La sua domanda nascondeva una supplica palese che diede il voltastomaco
all'uomo in bianco ma che il nuovo Warren non colse “Ma
certo!” disse lui in un sorriso smagliante, allargando le
braccia per accoglierla.
Lei rimase perplessa e attonita, incredula: cos'era, allora, la
freddezza che aveva letto nei suoi occhi? “Davvero?
Tu...”
“Se è tutto questo che ti preoccupa puoi stare
tranquilla... Io amo tutto ciò che è vivo. Non
temere. Perché dovrei odiarti?” disse lui,
convinto di compiacerla, con quel commento. “Posso vedere la
tua anima sofferente. Vedo che è in
difficoltà!” disse prendendola per le spalle
“Posso aiutarti! Ti prego... accetta il mio
aiuto...” fu la supplica che le rivolse lui, da vero angelo
qual'era.
Psylocke aveva vissuto il suo conflitto tra l'affetto filiale che lo
teneva agganciato alle idee eugenetiche del padre e ciò che
riteneva giusto e sacro: la stessa natura di mutante sua e dei suoi
amici che lo portava a lottare per i soprusi degli uomini. Aveva visto
la disperazione più nera in cui Warren era caduto a seguito
dell'operazione che l'aveva privato delle ali e lei aveva sofferto per
la rabbia cocente che lo aveva animato in quei giorni. Ma quel
distacco, quell'amore incondizionato verso tutti, com'era il Warren che
aveva conosciuto anni addietro, ma senza alcun trasporto verso di lei,
non riusciva ad accettarlo. Egoisticamente, avrebbe voluto che lui
ricordasse tutto ed era fortemente tentata dall'innestargli i suoi
ricordi. Ma non sarebbe stato giusto, come non lo sarebbero stati il
vissuto e la reazione alla stessa esperienza.
In ogni caso, non sarebbe mai più stata la stessa cosa. Il
Warren di cui si era innamorata e con cui aveva condiviso
così tanto era sparito.
Un battito di ciglia ed aveva incontrato la sua versione violenta e
rancorosa.
Un respiro ed eccolo tornato indietro nel tempo, dimentico di anni,
forse decenni, della propria vita. Forse avrebbe faticato addirittura a
riconoscersi allo specchio: quella sfumatura cianotica e quelle ali
metalliche, ora ridotte a una sorta di jet-pack sulla schiena, al di
là degli anni che il suo volto mostrava, sarebbero state
sufficienti a destabilizzarlo.
Quanto erano risaliti indietro nel tempo i danni provocati dall'operato
di Emma? Ricordava qualcosa? Della sua infanzia, magari...
E lei? Poteva ricominciare tutto da capo? Avrebbe avuto la forza di
farlo innamorare ancora di sé? Di aspettarlo? E vederlo,
magari, innamorarsi di un'altra?
No, si rispose. Non sarebbe riuscita a sopportare tutto quel dolore.
Quindi era meglio chiuderla al più presto, per evitare
inutili sofferenze, per entrambi.
“Grazie...” disse liberandosi della sua presa
quanto più delicatamente possibile, per non offendere il suo
animo di nuovo così altruista e generoso “Ma credo
di essere pronta per andarmene...”
“Non dire scemenze!” ringhiò
Jean-Philippe andando ad afferrarla per un polso “Non te lo
permetterò, a costo di starti incollato ventiquattro ore al
giorno e seguirti anche in bagno!”
Psylocke sorrise per l'ingenuità dal compagno di squadra.
Probabilmente doveva avere un'aria davvero distrutta se aveva tratto in
inganno anche lui “Pensavo solo di andarmene, domani mattina,
con le prime luci dell'alba, e tornare in Inghilterra...”
“Vuoi andare da tuo fratello4?”
domandò l'altro, per niente convinto “Un giro per
i cimiteri non è la cosa più sensata da fare, in
questi momenti...”
“E tu sei un esperto, vero?” replicò lei
seccata e sarcastica.
“Ti seguirò... e ti darò
ospitalità, avanti! Non credo che E.V.A.5
abbia particolari problemi... persona più, persona
meno...” disse stancamente prendendola sotto braccio e
conducendola nuovamente alla villa, lasciandosi alle spalle un Warren
rinato ma frastornato da un mondo che non capiva più.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
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Già che era lì, l'originario gruppo di
Vendicatori e X-men si fermò anche per cena.
Visione sedette con loro, sorvegliato direttamente dalle armature
autonome. La sua presenza, e quella delle due armature vuote ma
semoventi, risultava inquietante e agevolò la consumazione
del pasto in silenzio: da brava macchina non necessitava alimentazione
nonostante fosse, in tutto e per tutto, identico ad un essere umano e
ciò aveva un effetto straniante sui commensali.
Venne poi deciso, di comune accordo, che l'androide sarebbe andato alla
Stark Tower e, lì, J.A.R.V.I.S. l'avrebbe sorvegliato
direttamente. Per ogni precauzione, Pym applicò sulla nuca
del sintesoide un congegno che monitorasse e controllasse il loro
ospite.
Volarono in formazione, Visione al centro tra le due donne e Tony in
testa come apripista. Si infilarono, uno dopo l'altro, in un corridoio
nascosto, quasi fosse la predisposizione per un altro ascensore, che
dalla sommità della torre li condusse nelle viscere della
stessa.
Gli altri membri del gruppo li raggiunsero con mezzi più
tradizionali. Ad eccezione di Spider-man, che preferì usare
il suo solito filo per oscillare come un novello Tarzan nella jungla
metropolitana. Anche perché non c'era abbastanza spazio in
auto e già Wade aveva fatto casino per avere Natasha accanto
a sé. O direttamente in braccio, se lo spazio non fosse
stato sufficiente. Fu così che Steve, che rimaneva un
gentiluomo d'altri tempi, si era sacrificato, e imposto, al centro del
sedile posteriore per preservare l'unica donna da attenzioni moleste,
schiacciando di proposito il mercenario contro il finestrino. A farne
le spese, però, era stato anche Gambit. Ma lui era abituato
alle situazioni scomode e tacque per amor di pace.
Coulson avrebbe dato volentieri un passaggio ma doveva fermarsi al
Baxter Building per conferire privatamente con Pym in merito al suo
progetto sui guardiani robotici.
“E ora cosa facciamo?” domandò Clint
quando fu uscito dall'Acura Nera, la voce che echeggiava sinistra in
quel ambiente cavo.
Si guardarono attorno, spaesati e totalmente persi in quel luogo
sconosciuto: per i due agenti S.H.I.E.L.D. quella era una
novità assoluta: più che di garage si poteva
tranquillamente parlare di hangar o di bunker. Da qualche parte sopra
le loro teste, arrivava, ovattato, il possente ruggito metallico del
gigantesco reattore Ark che alimentava la torre. Potenti fari
illuminavano dall'alto le viscere scure della terra facendo pesare
tutta la piccolezza umana e dando l'illusione del silenzio siderale.
“Sembra
la Bat-caverna” osservò Deadpool “Solo che non ci
sono i pipistrelli a scagazzarti in testa. D'altronde abbiamo pure il
maggiordomo... che ne dici, Stark, costruisci un droide che ospiti
fisicamente J.A.R.V.I.S.? Con quella voce lo vedrei bene con le
fattezze di Paul Bettany6...”
Tutti attesero la risposta del magnate perché, in
realtà, era un'idea balenata nella mente di tutti.
L'espressione sul volto di Pepper, però, li lasciava
perplessi: sembrava sapere qualcosa e, ancor di più,
sembrava divertita come se lo avessero messo in difficoltà.
Dopo qualche minuto, quando ormai si erano convinti che non avesse
proprio sentito la domanda, Stark sbuffò
“J.A.R.V.I.S. era davvero il mio vero maggiordomo.
Mi ha praticamente cresciuto lui!”
“E quando è morto tu ne hai sintetizzato la voce
e... hai anche scansionato il suo cervello?”
Domandò l'arciere esterrefatto.
“Che schifo” “Sei macabro!”
protestò qualcuno prima ancora che lui potesse anche solo
accennare una replica.
Le rimostranze furono scavalcate dalla risposta del proprietario di
casa che, praticamente, si era messo a urlare “No! Non gli
avrei mai fatto una cosa simile! Ma dopo qualche mese... è
stata colpa sua!” Disse indicando Pepper che roteò
gli occhi al cielo, esasperata.
“Dev'essere sempre colpa di qualcun altro, no?”
Vedendo le occhiate curiose degli altri, proseguì
“Ero appena stata assunta e facevo proprio le veci di Edwin
Jarvis. All'epoca, di robot, c'erano solo J e J5, quelli che ora si
chiamano semplicemente Ferrovecchio e Tu7.
Sistemando il casino che Tony combina ogni volta che viene lasciato da
solo, ho trovato un filmato che vedeva il mio predecessore e Tony quasi
litigare. Litigare come fanno anche ora, molto pacatamente e tramite
frecciatine. Il sistema che voi conoscete come J.A.R.V.I.S. -Just a
Really Very Intelligent System- esisteva già ma era anonimo
e impersonale. Gli domandai perché, per sentire meno la
solitudine, visto che era così geniale, non aveva fatto in
modo da poter avere un dialogo minimo almeno con la sua macchina. Tanto
non è che gli serva molto: gli basta avere un brusio di
fondo, qualcuno che lo riprenda e qualcuno da prevaricare, parlandogli
addosso, e Tony già non ti calcola più. Rispose
che lui non era un tipo nostalgico e cestinò l'idea come
tutte le altre cose. Che poi puntualmente riprende, però. Ad
ogni modo...” continuò dopo essersi presa
un'occhiataccia al vetriolo “... voleva mostrarsi forte ma,
attaccandosi alla bottiglia, non faceva che peggiorare la
situazione.”
“E' un vizio, allora!” protestò la spia
spostando immediatamente l'attenzione dai vari congegni che riempivano
l'ambiente all'uomo che era stato il suo datore di lavoro.
“Passarono tre giorni” continuò Pepper
“E di punto in bianco trovai le porte che mi salutavano o mi
correggevano se sbagliavo a strisciare il badge: non aveva dormito e si
era nutrito solo di caffè...”
“Non è sentimentale..” lo
canzonò Clint “...l'alcolista!”
“Era stata solo una buona idea!” replicò
il magnate, offeso e imbarazzato “Con l'aiuto di
Pym...”
“Aiuto?
É lui
l'esperto di intelligenze artificiali...” lo corresse Pepper
Stark la prevaricò, non volendo ammettere che l'altro
scienziato potesse saperne qualcosa più di lui in qualunque
campo scientifico “Con la consulenza di Pym
l'ho potenziato come un qualunque computer: potevo anche avere un
dialogo intelligente e stimolante. Durante i miei esperimenti, poteva
ricordarmi cose che magari, in un particolare procedimento, il mio
cervello si era dimenticato... Era come avere un secondo me!”
“E il generatore Ark?” domandò Pepper
con un sorriso sarcastico che le sollevava metà della bocca
in una smorfia derisoria: anche il prototipo, che lei aveva voluto
conservare, era stato cestinato e successivamente ripescato per
salvarlo.
“Sei stata previdente!” ammise pur di non dargliela
vinta “Ma mi hai chiamato sfiga!”
protestò lui
“Visto
che le idee che hanno gli altri sembrano essere sempre così
brillanti... perché non mi fai contento?”
Domandò allora Wade. Al di là della maschera ci
si poteva ben immaginare lo sguardo sognante che aveva nel porre quella
richiesta
Stark lo studiò a lungo. Quindi borbottò alle
armature, nuovamente vuote, che si erano andate a disporre
ordinatamente nella teca insieme a tutte le altre
“J.A.R.V.I.S.? Crea un drone umanoide...”
– Un androide, signore?– domandò la voce
sintetica perplessa
“No, più precisamente un sintesoide! Prendi
come base il qui presente Visione. Usalo come cavia, scansionalo, fallo
a pezzi, fa quello che vuoi...” continuò,
incurante delle proteste dell'interessato e di Pepper che, in qualche
modo si era fatta garante della sua custodia “Tanto
è roba di Pym. Quindi, preparami una bozza che
visionerò domattina. Mi raccomando. Tieni il ragazzo
impegnato e sotto controllo!”
– Sarà fatto, signore!– rispose
l'entità elettronica con un accenno di sorriso nella voce
“E...” Tony tossicchiò imbarazzato
“Prova a simulare un rivestimento esteriore partendo da Paul
Bettany. Così anche il soldato
d'inverno8 non avrà
più problemi a capire con chi parliamo, quando ci riferiamo
a te”
– Certo, signore. Devo ammettere che apprezzo molto la scelta
del signor Wade Wilson. La trovo appropriata alle circostanze–
“Mettiti al lavoro!” ringhiò Stark di
rimando con secchezza per sopprimere l'improvvisa irritazione: apprezzava? Trovava
appropriato?
Era solo un dannato robot, non il vero Edwin Jarvis: perché
si risentiva tanto, nemmeno il giudizio mirasse a sminuire direttamente
lui.
Si trattava solo del suo Ego ferito che, per un momento, non era stato
sotto la luce dei riflettori o era gelosia per qualcuno/qualcosa che
lui riteneva solo sua proprietà esclusiva?
Tanti pensieri gli vorticavano nel cervello da quel pomeriggio,
rimettendo in discussione la sua decisione di non sostenere la
registrazione dei superumani.
Dopo gli eventi di quei giorni, con un comunicato stampa ancora da
rivedere, ora aveva un nuovo obiettivo nella vita. Tenere Pepper al
sicuro era già la sua priorità. Al di
là di quello, sentiva l'esigenza di mettersi in discussione
e non solo tramite le sue macchine. Chi era davvero lui?
Perché i commenti di Jarvis gli sembravano tanto
inappropriati?
Ancora. Aveva fatto bene a rendere pubblica la sua identità,
quella volta, tanti anni prima? Come potevano esistere aberrazioni
simili a Visione, fuori da ogni controllo? Avrebbe dovuto riconsiderare
ancora una volta la propria posizione nei confronti della registrazione
dei mutanti. Forse non era giusto costringere tutta la popolazione
superumana a venire monitorata. Ma gli eventi di quel giorno
continuavano a dargli da pensare: forse sarebbe stato legittimo
chiedere che venisse stilata una lista con il nome di tutti, con
relative abilità; in casi di attacchi simili a opera di
superumani, forse sarebbe stato utile sapere contro chi o cosa si stava
combattendo. E gli dei? Se mai fossero tornati, come dovevano essere
considerati?
1 James KAKALIOS, La
Fisica dei supereroi,
Einaudi, Torino, 2005, pagg 352-354
“Oltre
alla visione laser, alla capacità di volare e alla mente di
un
computer, Visione ha il superpotere di un controllo totale e
indipendente della propria densità. E' un grado di rendere
il suo
corpo, o una qualsiasi parte di esso, duro come il diamante o tanto
inconsistente da passare attraverso gli oggetti solidi. Kitty Pryde
degli X-Men supera i muri grazie al suo potere mutante di variare la
probabilità quantistica dell'effetto tunnel, mentre Visione,
quando
vuole entrare in una stanza, dovrebbe limitarsi a usare la porta.
La
densità di ogni oggetto corrisponde alla massa per
unità di volume, e
si può modificare cambiando una di queste due grandezze. Il
volume
dipende dallo spazio medio tra gli atomi. In genere nei solidi gli
atomi sono piuttosto compatti, quindi si può considerare che
si
tocchino (devono essere così vicini per formare legami
chimici, che in
fondo sono ciò che tiene insieme gli atomi in un solido). In
linea di
massima, tutti i solidi hanno una densità simile,
più o meno entro un
fattore dieci. Il diamante è un materiale duro non
perché i suoi atomi
siano particolarmente vicini, ma perché i legami chimici che
tengono
insieme gli atomi di carbonio sono molto rigidi e inflessibili. La
grafite, usata come mina per matite,ha la stessa composizione chimica
del diamante, ma è molto morbida; la sua densità
è circa la metà di
quella del diamante, ma la grande differenza nella durezza è
dovuta ai
legami chimici deboli che tengono insieme gli strati dei piani
esagonali di atomi.
Anche se Visione fosse in grado di
controllare la propria densità a piacere, mantenendo
l'integrità
strutturale del suo corpo, non riuscirebbe a passare attraverso i muri.
Un gas, per esempio l'aria nella vostra stanza, è
relativamente
diluito, dato che lo spazio medio tra gli atomi è circa
dieci volte
maggiore della grandezza di un atomo. Eppure il fatto che l'aria della
vostra stanza sia meno densa del muro non significa che lo possa
attraversare. Ed è un bene, perché altrimenti
l'aria di un aeroplano
fuoriuscirebbe dalla fusoliera, e i viaggi aerei sarebbero ancora meno
piacevoli. Quindi dobbiamo dedurre che Ultron, costruendo Visione con
il potere di cambiare densità, abbia fatto un altro errore
(il primo
era stato quello di credere che questo nobile androide potesse tradire
i potenti Vendicatori).”
2 In realtà la battuta
è di Etenrità ma, per non incasinare la trama, lo
cito così :)
3 Bets ha anche limitate
capacità precognitive che si manifestano in modo abbastanza
incontrollato.
4 Brain Braddock, fratello gemello della
mutante, nonché Capitan Bretagna.
5 Di
Fantomex non ho parlato abbastanza.... Dunque, cominciamo col dire che
per la creazione di Fantomex Grant Morrison trasse ispirazione da
Diabolik,
protagonista dell'omonimo fumetto italiano (tanto che la sua
partner E.V.A. prende il nome della storica amante Eva Kant) e dal
personaggio letterario francese Fantômas,
che ha giocato un ruolo non
indifferente nella scelta del nome
Fantomex possiede (oltre a
tre cervelli in uno protetti da placche di ceramica) un sistema nervoso
esterno contenuto nella sua partner E.V.A., un organismo
bio-tecnologico che lui afferma essere emerso dalla sua bocca durante
il periodo trascorso nel Mondo. Capace di assumere varie forme e
dimensioni, E.V.A. mantiene quasi sempre quella di navetta volante
simile ad un U.F.O. permettendo così a Fantomex di viaggiare
velocemente da un posto all'altro comodamente seduto al suo interno. La
loro relazione, oltre che telepatica, è empatica
cosicché quando l'uno
prova dolore anche l'altra lo sperimenta; tuttavia quando E.V.A.
è
lontana, Fantomex non prova dolore o soffre per le ferite eventualmente
riportate. Oltre a permettere di guidarla a distanza e utilizzare i
suoi "occhi" per avere un altro tipo di visuale, E.V.A è
anche capace
di generare e rilasciare potenti raggi energetici.
6 L'attore che, nell'originale, presta la
voce all'I.A. E' ricordato per il ruolo di Silas ne Il codice Da Vinci
7 Sì,
sorpresa delle sorprese, i robot cretini sono 2! ma uno è un
po' più
sveglio... in originale Dummy (anche ribattezzato Butterfinger -noi
diremmo mani di pasta
frolla-) e You. Il primo risale a un anno prima
l'ingresso al MIT, il secondo gli è più giovane
di
soli due anni. Jarvis
arriva dopo il MIT (la documentazione la trovate qui
).
J5 è una mia aggiunta, in omaggio a Corto
Circuito visto che -nella mia testa- i robot di Stark
devono molto al
protagonista di questo film, Numero 5, ribattezzato Jhonny, vuoi per il
braccio o per i cingoli... N°5 che poi cmq è stato
ispiratore anche di
Wall-E,
brutalmente scopiazzato...
8 In realtà è il
nome in codice di Bucky ma la neve, il freddo e i ghiaccioli (cose che
rimandano al sonno prolungato di Cap) a me fan
venire in mente l'inverno....
Visto
che nella Ultimate
Avengers -il film- Nat ha una storia con Cap (nel 2
si vedono i figli...il discorso tornerà più
avanti, non temete) e visto
che in passato, invece, ce l'aveva avuta con Bucky (come
risulterà dal
secondo film di Cap, spero!) … Beh... Loro hanno mescolato
le cose
ancora una volta??? E allora lo faccio pure io! Tiè! Bucky
prende il
posto di Cap? Bene... allora io do il suo nome a Rogers
ù_ù
PS: questo discorso ritornerà nella prossima parte e
sarà centrale nel rapporto tra Vedova, Cap e Clint...
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Eccoci alla fine ragazzi...
Finalmente direte voi!
Invece no. E' solo Fine primo tempo... E io mi rifaccio al cinema di un
tempo, più simile alle opere teatrale, dove di tempi ce
n'erano più di due. Ergo, non prometto nulla sulla
brevità dell'opera totale.
Che dire? Ho chiuso, più o meno, i discorsi imbastiti ma ne
ho lasciati molti altri in sospeso: vi ho raccontato la mia versione di
Budapest, ho mosso i primi passi per riavere, nuovamente nel gruppo i
mutanti -anche se non quelli giusti, che continuano a fare i
vergognini- com'era in principio ma che per questione di diritti
cinematografici sono rimasti esclusi, ho introdotto altri storici
membri... Insomma... era la parte delle presentazioni, come in teatro,
vi ho raccontato una sorta di antefatto. Ora ognuno ha fatto la sua
mossa e nella prossima parte vedremo l'evolversi della situazione.
Rien ne Va plus, dice il croupier (Letteralmente “Niente
è più valido” cioè -Avete
fatto il vostro gioco, ora aspettiamo e vediamo i risultati-). La
prossima parte esporrà le dirette conseguenze di queste
mosse (e altre che, nel frattempo, sono rimaste in ombra).
Cosa ne sarà del rapporto di Nat e Clint? E i Vendicatori
del Baxter Building si integreranno con il gruppo già
eterogeneo che stanzia presso la torre di Stark? I mutanti verranno
degnamente rappresentati in questa task-force di superumani per
salvaguardare il pianeta?
Ma soprattutto... il subdolo piano di Loki, che non è stato
ancora svelato del tutto, a cosa mira e quali altre sorprese
riserverà ai nostri eroi?
E l'atto di registrazione? E le Sentinelle (allargate alla cattura, non
solo dei mutanti, ma di tutti i non perfettamente umani)?
Insomma, cominciato all'alba di AVX
questa fic era già nata
con l'intenzione di arrivare a ciò che ora viene pubblicato
come Uncanny Avengers.
Ma d'altronde, era naturale, con metà
del corpo mutante che ha militato nei Vendicatori o per lo S.H.I.E.L.D.
Che dire? Grazie a tutti quelli che mi hanno seguito fin qui in questa
avventura, cominciata quando avevo appena cominciato il mio stage ad
Anversa... :) Mi avete fatto compagnia fino adesso e spero vorrete
continuare a darmi motivo di sfogarmi (perché questo
è lo scrivere, per me: raccontare storie mi aiuta a svuotare
la mente e a lavorare meglio a tutti gli altri progetti che porto
avanti in parallelo. E più è caotico il periodo
più scrivo...). Su, una volta che avrò finito
anche gli esami del 3° anno mi resterà solo la
stesura della terza tesi... (ma chi me lo fa fare?). XD se volete
potete puntare gli orologi. Al più tardi a novembre voglio
finire! Quindi non vi tedierò con una saga infinita (anche
se 43 capitoli non sono mica pizza e fichi).
Ok, basta ciance...
Ci risentiamo presto -la prossima settimana- con la seconda parte, per
l'appunto, L'ira degli
eroi – Rien ne va plus.
Ciaooo
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