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Celio era il più piccolo dei suoi fratelli, o almeno, lo
era stato fino a che Palatino non aveva portato a casa i due gemelli.
*Claudio (questo il suo nome umano) non era forte come gli altri sei,
era il più basso, il più smilzo e gracile, dai tratti del
viso più morbidi, non adatto al lavoro nei campi per via della
sua pelle troppo delicata, né buono a fare il brigante, era
troppo lento.
Eccelleva, il povero Celio, solo nel distinguere le erbe e nel
prepararci intrugli, molto spesso veleni.
I suoi fratelli maggiori, uomini piuttosto pratici ed energici, sempre
pronti a menare le mani in qualunque situazione, lo lasciavano
spessissimo a casa, a preparare pranzo e cena e, ora come ora, a fare
da balia ai due marmocchi, e poco contava che avessero stabilito dei
turni, alla fine, soltanto lui e Palatino si alternavano con frequenza
quasi precisa.
Celio sospirò sconsolato, di certo il lavoro da balia non lo
nobilitava agli occhi dei suoi fratelli maggiori.
Infatti i sei colli, a causa della poca forza e della poca resistenza
di Celio, dei suoi tratti delicati e del suo carattere lunatico e alle
volte isterico, avevano preso a considerarlo la donna di casa, lo
chiamavano spesso e volentieri “Claudia” e non esitavano a
fermare uomini a caso per le strade dei loro villaggi e a far finta di
offrire loro un’ipotetica dote per il matrimonio.
Era ovviamente uno scherzo, ma uno scherzo di pessimo gusto.
Anche quel giorno, i suoi fratelli mangiavano e lui correva dietro a
quelle due pesti in miniatura, che gattonavano ad una velocità
assurda per casa, e ridevano dei suoi tentativi vani di afferrarli.
- Vieni qui!- sibilò, afferrando Clelia in tempo affinché
non sgattaiolasse sotto uno dei pochi mobili della cucina.
La bambina gorgheggiò ridendo, protendendo le manine verso di
lui.
Per lei è tutto un
gioco…sbuffò tra sé Claudio, guardandola
accigliato.
- Non ci si nasconde sotto i mobili.- l’ammonì, poi prese
in braccio anche Tiberio, il quale, avendo visto sua sorella in
posizione “privilegiata” (ovvero tra le braccia di un
qualsiasi essere umano), aveva cominciato a mordergli, con i primi
dentini che aveva messo su da qualche giorno, una gamba.
- Ehi Celio, saresti una madre perfetta!- l’apostrofò
Viminale, ridendo.
- Sì…- continuò ridendo a sua volta Campidoglio.-
…quand’è che potrò essere zio?-
Risero tutti e sei, mentre Claudio prendeva un respiro profondo per non
massacrarli di insulti.
- Quando troverò una moglie.- rispose placidamente poi,
sorridendo forzatamente.
- Una moglie o un marito?- intervenne Quirinale, suscitando una nuova
ondata di derisione.
Prima o poi gl’infilo il veleno
nella minestra…complottò, sospirando irritato il
più piccolo.
- Mamma!- squittì d’improvviso una vocina, ammutolendo le
risate dei sei fratelli.
- Che…- sibilò Celio, fissando Clelia.
- Mamma!- fece lei, sorridendogli ed aggrappandosi alle sue vesti, come
per abbracciarlo.
Palatino sghignazzò, incredulo.
- No, non sono “mamma”.- puntualizzò Claudio, sempre
più nervoso.
- Mamma!- ripeté Clelia, imperterrita.
- No, no, no…- scosse la testa, disperato.- …fratello.-
le sillabò.
- Semmai sorella…- ridacchiò Esquilino.
- Sorella!- esultò d’un tratto un’altra vocina.
Il più piccolo dei sette fratelli guardò Tiberio, sconvolto.
- Fratello!- ripeté Celio, mentre gli altri colli sghignazzavano
e sogghignavano.
- Sorella!- ripropose Tiberio, battendo le manine.
- Ma perché…- si lagnò esasperato il
poveretto.-…sono vostro fratello.- asserì convinto,
rivolto ai due bambini.
- Mamma!- insistette Clelia.
- Sorella!- rise Tiberio.
La lupa, che era rimasta in disparte, si avvicinò scodinzolando,
iniziando a strusciarsi contro le gambe di Celio.
- E tu che vuoi, cane pulcioso?- sbottò lui, fissandola con
astio.
- La cena.- rispose Palatino.- Non l’hai ancora fatta
mangiare…-
- No, Celio, male!- lo riprese sardonicamente Viminale.- Una buona
donna di casa pensa anche al cane!- esclamò alzandosi in piedi,
per enfatizzare la situazione.
Tutti scoppiarono a ridere fragorosamente.
Celio posò a terra i bambini e saltò addosso a suo
fratello Viminale.
Come risultato, si ebbe una rissa di famiglia, durante la quale la lupa
mangiò il pranzo di tutti e sette i fratelli ed i due bambini
risero di gusto guardandoli e continuarono ad urlare le uniche parole
che conoscevano.
Alla fine Claudio aveva pestato tutti e sei i suoi fratelli maggiori,
dando libero sfogo ad anni ed anni di ira repressa, era calato poi il
silenzio.
I sette fratelli, dopo la rissa, se ne stavano seduti a terra, senza
dire una parola o scambiarsi uno sguardo.
Avvertirono, nell’immobilità della stanza, un paio di
risatine allegre e videro i due piccoli gattonare fin da loro.
I gemelli si aggrapparono alla tunica di Celio, strattonandola.
- Fratello!- risero in coro, cristallini, nella loro candida
ingenuità da bambini.
Il ragazzo sorrise, scompigliando loro delicatamente i capelli.
- Oh, adesso va bene.- sghignazzò soddisfatto.
Da quel momento in poi, nessuno dei suoi fratelli maggiori si
azzardò più a dargli della donna.
Se per ottenere questo risultato,
dovevo pestarli a sangue, a saperlo, li avrei pestati molto tempo
fa…pensò tra sé Claudio, sospirando
gravemente.
Angolo autrice:
*Il nome di Celio riprende quello della gens Claudia, una delle
più antiche e potenti di Roma.
E' esperto nei veleni perché, come ricorderete, probabilmente
l'imperatore Claudio fu avvelenato da sua moglie, quindi ho fuso un po'
di roba storica, anche l'instabilità caratteriale è
ripresa dalla dinastia imperiale giulio- claudia (Caligola).
Salve, che dire? Ecco a voi il terzo "capitolo".
Ovviamente le nazioni non crescono come i comuni mortali, ecco
perché i due bambini crescono in pochi giorni ed hanno
già i denti.
Ringrazio come al solito chi ha inserito la storia nelle seguite e chi
ha commentato e spero continui a commentare. :)
Vi ringrazio per aver letto, spero che questa "raccolta" vi stia
piacendo.
Alla prossima,
Giallo4ver.
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