BUON NATALE!
Un anno fa,
mandavo il primo capitolo di questa storia.
So che non
traduco così spesso come vorreste, e spero di poter postare un po’ più spesso
in futuro.
Questo è il
mio primo di regalo, dedicato alla mia Beta, che nonostante quello che si
potrebbe dire, non potrei sostituire con nessuno.
Il prossimi
arriva appena mi libero.
Auguri
7. The big brother
thing
La sveglia di Tonks si mise a suonare, facendosi lentamente strada
nel subconscio della ragazza, interrompendo un sogno particolarmente piacevole
su Remus. La giovane sbadigliò e maledisse la sua sveglia, mettendola
distrattamente a tacere con un colpo di bacchetta e passandosi una mano fra i
capelli.
Cosa stava sognando? Chiuse gli occhi e cercò di ricordare, ma
tutti i particolari si erano volatilizzati e più tentava di ricordare, più i
dettagli si diradavano, sgattaiolando fra i suoi pensieri come tante volute di
fumo. Qualunque cosa fosse, l’aveva lasciata con una piacevole sensazione alla
bocca dello stomaco.
Sospirò e poi saltò giù dal letto, consapevole del fatto che, più
avesse indugiato, meno sarebbe stato facile alzarsi. Si infilò in fretta un
paio di jeans ed uno spesso maglione prima che il freddo della stanza le
portasse via il dolce torpore che aveva accumulato sotto le coperte. Il sogno
l’aveva messa di buon umore, e pure l’andare a sbattere contro la gamba del
letto non riuscì a cambiare questo stato d’animo. Si mise le scarpe e contemplò
la sua immagine allo specchio.
Osservò il maglione giallo ed i capelli rosa, chiedendosi se forse
non avesse esagerato. Arricciò il naso e cambiò il tono dei capelli in un più
usuale castano scuro, cambiando idea un secondo dopo, decidendo che era troppo
razionale e adagiandosi quindi su un blu carico, colore che le sembrò un buon
compromesso. Si domandò cosa pensasse Remus del suo aspetto e se, magari,
qualche volta non preferisse che lei adottasse uno stile più sobrio.
Scese di sotto, chiedendosi vagamente se l’avrebbe trovato in
cucina.
A dire la verità, più che chiederselo lo sperava disperatamente.
Dopo tutto, la sola cosa che potesse superare il fatto di sognare Remus, era
vederlo di persona. Aprì la porta della cucina e si stupì di trovare Sirius
seduto a tavola, che sorseggiava una tazza di tè. Era davvero l’ultima persona
che si aspettava di incontrare lì alle sei e mezza del mattino. Il mago alzò lo
sguardo e borbottò un cupo buongiorno. “Che ci fai in piedi così presto?”
chiese lei.
“Remus mi ha svegliato quando è andato via,” replicò lui. “Ho
rinunciato all’idea di tentare di riaddormentarmi e mi sono alzato.”
“Oh,” mormorò Tonks, chiedendosi dove fosse andato così di fretta
e cercando di non suonare troppo delusa per il fatto di dover accontentarsi
della compagnia di suo cugino. “Dov’è andato?”
“E’ con Malocchio,” spiegò Sirius. “Quando gli ho chiesto dove
andassero, lui ha risposto ‘non me lo chiedere nemmeno’. Penso ritenga che
qualsiasi cosa stiano facendo sia uno spreco di tempo.”
La ragazza attraversò la cucina ed andò a prendersi una tazza
nella credenza, per poi sedersi di fronte a Sirius e versarsi un po’ di tè.
Aggiunse due cucchiaini di zucchero e un goccio di latte, pienamente
consapevole del fatto che Sirius la stava fissando con interesse.
“Allora,” esordì lui, appoggiandosi allo schienale della sedia,
sorridendole compiaciuto. All’improvviso non sembrò più tanto stanco o
irritabile. “Tu e Moony.”
Tonks incontrò il suo sguardo con un’espressione innocente,
intenzionata a non rivelare niente. Sospettava che Remus avesse ragione –
Sirius non poteva proprio fare a meno di interferire.
Beh, poteva. Solo non voleva.
“Sì?” fece lei, portandosi un ginocchio al petto e sorseggiando il
suo tè come se l’idea di parlare di quell’argomento non la turbasse
minimamente.
“Ho sentito che l’hai invitato a cena, questa sera.”
“Hai sentito giusto.”
“E’ molto intimo,” commentò Sirius con un ghigno.
“Se gioca bene le sue carte,” disse Tonks.
Sirius si lasciò scappare una risata. “Oh, lo farà,” annunciò, con
uno scintillio complice nello sguardo che lei non fu sicura le piacesse. “Puoi
starne certa.”
“Ah, è così?” lo interrogò la giovane, inarcando lievemente un
sopracciglio.
“Oh, sì,” confermò lui. “E’ molto bravo a - ” disse con un
risolino, “A giocare a carte.”
“A giocare a carte?”
“Sì,” confermò l’altro da oltre il bordo della sua tazza, “Ma non
sfidarlo a Spara Schiocco – specialmente a strip Spara Schiocco – quel bastardo
ha dei riflessi peggio di un fulmine. Mi ricordo quella volta che...”
“Ti do dieci galeoni per non finire la frase.”
“D’accordo,” acconsentì Sirius, con un sorriso. “Ma se finisci con
qualcosa di bruciacchiato, non venire a lamentarti da me.”
“Non puoi scottarti o finire bruciacchiato, con le carte da Spara
Schiocco.”
“Potevi, con quelle che usavamo noi.”
Tonks si concentrò sul suo tè e cerco di non pensare a partite di
Spara Schiocco con aggiunta di spogliarello, bruciature e, che Merlino la salvasse,
Remus nudo. Concesse per un nanosecondo alla sua colonia di farfalle di
svolazzare senza posa, prima di spedire il pensiero in quell’angolo della sua
mente dove teneva quelle cose a cui non avrebbe dovuto pensare a quell’ora del
mattino.
O in pubblico.
O, in effetti, cui non avrebbe dovuto affatto pensare.
Impose alla sua mente di riportarsi su un terreno più stabile,
terreno che non comprendesse Remus nudi. C’erano un paio di cose che avrebbe
voluto chiedere a Sirius e pensò che quello fosse un momento buono come tanti,
se solo fosse stata in grado di impedire alla sua fantasia di avventurarsi in
lande proibite.
“Finché siamo più o meno nell’argomento,” esordì Tonks, muovendosi
esitante sulla sedia e domandandosi se chiedere il consiglio di Sirius fosse
una buona idea, o se gli spianasse semplicemente il terreno per futuri
imbarazzi, “Che genere di ragazze piacciono solitamente a Remus?” chiese in
fretta, prima di poter perdere il coraggio.”
“Capisco,” commentò Sirius, “Vuoi far buon uso del tuo piccolo
arcobaleno personale, vero?”
“Forse,” fece lei, abbassando gli occhi e studiando la tavola.
Fece scorrere l’unghia lungo una delle crepe del legno, cercando di apparire
come se avesse fatto una banalissima domanda, mentre invece il suo stomaco
fremeva nell’attesa.
“Beh,” iniziò lui, “E’ uno strano soggetto, il nostro Moony.
L’unica cosa che avevano in comune tutte le ragazze di cui lui, a mia
conoscenza, si è interessato, è che non avevano assolutamente niente in
comune.”
“Oh,” mormorò la ragazza, provando un momentaneo moto di
irritazione. La sua solita fortuna, pensò, quella di scegliere un ragazzo con
un debole su cui fare affidamento, tipo bionde dalle gambe slanciate, brune
prosperose o qualcosa su cui poter lavorare.
Sirius alzò gli occhi al cielo, e poi si chinò verso di lei,
appoggiando la tazza sul tavolo e stringendola fra le mani. “Qualunque cosa gli
piaccia di te,” disse, con un tono molto più serio di quello che era abituata a
sentirgli usare. “Sono certo che non dipenda dal colore dei tuoi capelli. In
effetti, ne sono assolutamente sicuro.”
“Sul serio?”
“Sì, sul serio.”
“Ti ha detto qualcosa?”
“No.”
“Ma - ” balbettò lei, sentendo tutto il peso della confusione
mattutina premere sul suo cervello. Come poteva esserne sicuro se Remus non
aveva detto niente?
Cercò di raggruppare frammenti di conversazioni che avevano avuto
a riguardo in qualcosa che si avvicinasse ad un pensiero di senso compiuto.
“Hai detto che mi sbavava dietro da mesi,” disse poi, “Deve averti detto
qualcosa, se lo sapevi.”
“Ah,” fece Sirius, “No. Una cosa che devi imparare su Moony, è che
raramente quello che dice ti fa capire quello a cui sta pensando. Non avrei
saputo niente se non l’avessi sorpreso.”
La sua mente era nel caos più totale. “Sorpreso a fare cosa?”
chiese lentamente, e con una buona dose di trepidazione, la sorpresa che rese
il tono di voce un po’ più acuto del solito.
“A camminare avanti e indietro.”
“A camminare avanti e indietro?”
“Sì,” confermò Sirius. “Una notte, tu eri fuori per qualche
missione e io non riuscivo a dormire, così sono sceso per bere qualcosa e l’ho
sorpreso, in cucina, alla quattro del mattino, ad aspettarti e a camminare
avanti e indietro.”
“Mi stava aspettando?”
“Eri in ritardo – avresti dovuto tornare una o due ore prima. Era
preoccupato.”
“Ma si sarebbe preoccupato per chiunque.”
“Preoccupato sì, camminato no,” la corresse Sirius, evidentemente
divertito dallo sguardo confuso sul volto della ragazza. “Non hai mai notato la
sua sovraumana abilità di mantenere la calma ed il controllo?” chiese lui e lei
scosse la testa, disorientata, non riuscendo a capire cosa avrebbe dovuto
vedere. “Lo conosco da quando ha undici anni,” spiegò Sirius. “L’ho visto
camminare aventi e indietro non più di quattro volte e tu sei stata la causa di
una di quelle. Il motivo era molto evidente. Quando sei entrata, lui era così
sollevato che ho pensato ti avrebbe abbracciata. In effetti, credo che
probabilmente l’avrebbe fatto, se io non fossi stato lì.”
Una miriade di sensazioni si scatenarono nel petto di Tonks. Non
le era mai venuto in mente che lui potesse preoccuparsi per lei. Pensò a tutte
le volte in cui sembrava che si incontrassero per caso, quando lei tornava da
una missione per l’Ordine... aveva sempre creduto che lui sarebbe stato in
piedi comunque. Ma probabilmente non era così. “Tu, naturalmente, non ti sei
accorta di nulla,” disse Sirius. “Hai salutato e sei andata a dormire.”
“Lo sai, se l’avessi saputo – se qualcuno me l’avesse detto -”
lanciò a Sirius uno sguardo implicito e lui sprofondò leggermente sulla sua
sedia.
“Come potevo sapere che hai un debole per i Licantropi
trasandati?”
“Non ho un debole per i Licantropi trasandati!”
“Solo per uno, eh?”
Tonks rise. Era inutile tentare di negarlo. “Avrei anche detto
qualcosa,” si scusò Sirius, “Ma pensavo fosse solo l’ennesimo attacco da
simpatia non corrisposta. Credo che lo pensasse anche lui.”
“Lo dici come fosse una malattia trasmissibile sessualmente.”
“Oh, lo è,” fece Sirius, “E’ quella che ti prendi quando non ne
fai. Credo l’abbia avuta per la maggior parte della sua vita.”
“Sembravi pensarla diversamente, l’altra sera, quando parlavi
delle sue ex ragazze.”
Sirius le parve un po’ troppo compiaciuto di se stesso. “Devo
supporre che gli hai fatto il terzo grado?”
“Mi ha detto tutto, sì.”
“Facendo in modo di mostrarsi nella luce migliore, presumo,”
commentò lui.
“Non direi,”
“Oh, non sarà certo stato evidente,” disse Sirius, dondolandosi
sulla sedia. “Si sarà reso bastardo quanto bastava per farti pensare che era
sincero.”
“Pensi che mi abbia mentito?”
“Ma certo che l’ha fatto!” esclamò il mago, “Gli uomini non
raccontano mai la verità alle donne con cui vogliono andare a letto.”
Tonks si sentì arrossire. Naturalmente aveva pensato – addirittura
sperato – che Remus volesse dormire con lei, ma sentirlo dire esplicitamente lo
rendeva così, beh, esplicito, e non era sicura che fosse il genere di
conversazione che voleva avere con Sirius. O meglio, con nessuno.
“Si suppone che siate amici,” commentò Tonks, pensando che fosse
un argomento migliore che indugiare su – ehm- la questione dell’andare a letto
insieme.
“Lo siamo,” confermò Sirius. “Se non lo fossimo, me ne starei
semplicemente in disparte ad aspettare che mandi tutto all’aria, così potrei
farmi una bella risata. Dio solo sa se ne avrei bisogno, confinato come sono in
questo posto,” disse, occhieggiando la cucina con disgusto. Tonks pensò che se
quello che le aveva raccontato Remus era vero, la loro amicizia non avrebbe
impedito a Sirius di farsi una bella ristata a sue spese.
“Come sai che manderà tutto all’aria?”
Sirius inarcò le sopracciglia. “Credevo avessi detto che ti ha
raccontato tutto delle sue precedenze esperienze romantiche!”
“L’ha fatto.”
“Allora come puoi pensare che non manderà tutto all’aria?” replicò
Sirius. “E’ molto bravo nei giochi di carte, ma una frana nel capire quando è
bene rischiare o quando ritirarsi.”
“Parli sempre per metafore, a quest’ora del mattino?”
“Non saprei,” fece pensoso il cugino, “Sono vent’anni che non mi
alzo così presto.”
“Beh, questo spiega tutto,” comprese lei. “Follie da sveglia
all’alba.”
“Forse.”
Sirius si alzò e raggiunse la credenza. Frugò per circa un minuto
e ne uscì con la scatola dei biscotti. “Che vuoi per colazione?” chiese,
sollevando il coperchio e offrendole il contenitore. “Digestivi o biscotti
tradizionali?”
Lei prese un biscotto e lo immerse nella sua tazza prima di
ficcarselo tutto in bocca. Sirius fece la stessa identica cosa, e Tonks non
poté fare a meno di trovarlo preoccupante. “Allora, tu e Moony,” esordì lui.
“Non l’abbiamo appena fatta, questa conversazione?” domandò la
ragazza, incontrando lo sguardo del cugino con un’espressione confusa dipinta
in volto.
“Sì,” confermò lui, “Ma non è andata esattamente come volevo, così
ho pensato di ricominciare daccapo.”
“Hai intenzione di dire effettivamente qualcosa, stavolta? Magari
omettendo le tue insulse metafore?”
“Le mie metafore sono assolutamente Swiftiane.”
“Swiftiane?” fece Tonks.
“Ho letto un libro,” ammise Sirius, “Non dirlo a nessuno.”
La ragazza rise. “Quindi, cosa stavi cercando di dire?” chiese,
prendendo un altro biscotto e cercando di ingurgitarlo in modo più decoroso,
questa volta.
“Niente, solo...” Sirius apparve momentaneamente indeciso,
probabilmente tra quello che voleva dire e quello che pensava di poter
dire, pensò Tonks. “Non è affatto dolce e innocente come appare, tutto qui. E’
un Malandrino e non solo di nome.”
“Sei bravo a parlare,” osservò lei. “Mamma l’ha sempre detto che
sei un incantatore.”
“E lo sono,” confermò il cugino, “Se solo ne ho la
possibilità,”aggiunse, parlando tra sé. “Ma almeno sono esplicito quando lo
faccio.”
“E pensi che lui non lo sia?” Sirius inarcò un sopracciglio in
direzione della cugina. “Ti farebbe sentire meglio se ti dicessi che finora si
è comportato da perfetto gentiluomo?”
Sirius sbuffò. “Scommetto che non lo è stato davvero.”
“Credo che me ne sarei accorta, se...”
“No,” rise lui, “Volevo dire che scommetto che ha fatto qualcosa
di losco, sottomano. Tu non l’hai notato perché non penseresti mai che lo
farebbe.” Tonks si accigliò e Sirius tacque alcuni istanti soprappensiero.
“Fammi pensare,” disse, arricciando le labbra, “Quando è stata la prima volta
che ti ha baciata?”
“Natale.”
“Natale, mmh?”
“Dopo che ero tornata dalla cena coi miei. Era in soggiorno.”
“Aspettando il tuo ristorno in modo da approfittare del tuo
spirito festivo,” esclamò Sirius, gli occhi che si illuminavano. “Visto?”
Tonks alzò gli occhi al cielo. “Stava leggendo.”
“Questo è quello che lui voleva che tu pensassi. Come è successo?”
“Cosa vuoi dire, come è successo?” domandò lei, “Stavamo parlando,
c’era il vischio e mi ha baciata. Tutto assolutamente innocente.”
“Perfettamente innocente il mio ippogrifo!” scoppiò Sirius,
trattenendo a stento una risata. “Che mi dici del vischio?”
La guardò con l’espressione di uno che la sa lunga, sguardo che
lei trovava irritante, guardarlo mentre si mordeva un labbro per trattenere un
sorriso. Non sapeva se stesse sorridendo all’idea di quello che Remus aveva
presumibilmente a che fare col vischio o per il fatto che non aveva la più
pallida idea di cosa stesse parlando. “Il vischio?” ripeté.
Sirius la fissò con curiosità, appoggiando la testa sul palmo della
mano. “Chi pensi che l’abbia messo lì?”
“Non essere ridicolo. Non aveva modo di sapere dove mi sarei
fermata.”
“Oh, per l’amor del...” fece Sirius, alzando gli occhi al cielo e
scuotendo la testa in silenziosa esasperazione. “Sei un Auror o cosa? C’era,
quando sei entrata?”
“Non lo so,” ammise Tonks. “Me ne sono accorta soltanto quando ci
sono capitata sotto.”
“Non pensi,” suggerì Sirius, con un tono di voce a metà tra il
divertito e l’irritato, “Che ci sia una possibilità che tu te ne sia accorta
perché è comparso all’improvviso, dal nulla, come per magia?”
Tonks spalancò gli occhi, mentre sentiva il suo stomaco
afflosciarsi nel realizzare. “Pensi che l’abbia evocato per avere un pretesto
per baciarmi?”
“Grazie!” fece Sirius, accasciandosi sulla sua mano con
melodrammatico sollievo, “Iniziavo a pensare che non ci saremmo mai arrivati.”
La ragazza sorrise al pensiero di Remus che si dava tanto da fare
solo per poterla baciare. Non che avrebbe protestato se e quando avesse deciso
di farlo, ma il semplice fatto che lui ci avesse pensato al punto da ingegnarsi
per trovare un modo per farlo, bastava a risvegliare la colonia di farfalle nel
suo stomaco. “Tipico,” commentò Sirius, “Io faccio una cosa del genere e la
gente mi accusa di essere un predatore, un manipolatore che ha in mente solo
una cosa. Lo fa lui, e la gente pensa che sia dolce.”
“E’ dolce.” Sirius alzò gli occhi al cielo. “Cosa? Lo è.”
“Oppure è subdolo e manipolatore,” commentò il cugino.
“Tu pensi che sia subdolo e manipolatore, perché se lo facessi tu,
le tue intenzioni sarebbero subdole e manipolatrici.”
Sirius si lasciò scappare una risata. “Cugina,” disse, “Credo che
in questo io debba darti ragione.”
“Beh,” esordì Tonks, “Tutta questa cosa del grande fratello è
stata divertente, ma dovrei andare al lavoro.”
“Divertente?” esclamò lui, seccato. “Io ero serio. Per la maggior
parte,” aggiunse, ripensandoci.
Tonks attraversò la stanza e portò la sua tazza nel lavandino, prima
di voltarsi verso Sirius. Appoggiò il gomito sulla spalla di lui ed il mento
sulla mano, sbirciandolo da sotto un ciuffo di capelli blu. “Lo so che lo eri,”
lo rassicurò, “E apprezzo i tuoi sforzi, ma...”
“Ma non ascolterai nemmeno una parola di quello che ti ho detto.”
“Sono una bambina grande,” disse lei, “L’ho fatto ancora, in
passato.”
“D’accordo,” concesse Sirius, alzando le mani in segno di resa.
“Solo tieni alta la guardia. Vig...”
“Sirius Black, se solo userai la frase ‘vigilanza costante’, ti
strangolo.”
“E’ solo – è sempre da quelli alle persone tranquille che devi
fare attenzione, tutto qui. Ricorda soltanto quello che ho detto a proposito
dei bruchi e incantesimi del solletico quando tenterà di sedurti subdolamente.
Cosa che farà.”
Tonks passò le braccia attorno alle spalle di Sirius e lo
abbracciò velocemente.
“Ti è mai passato per la testa,” disse, “Che io voglio che
lui mi seduca subdolamente?”
“Cosa?” esclamò Sirius.
“Non l’avrei invitato a cena, se non lo volessi.”
Diede un bacio sulla guancia a Sirius e lo lasciò a boccheggiare
silenziosamente la sua disapprovazione alla cucina vuota.