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Seduta
sul bordo del letto, Jenny si asciugò le lacrime con il
dorso della mano e tirò su col naso.
-Coraggio, ragazza.
Piangere non serve a niente.-
La sua voce
risuonò nella
stanza più ferma di quanto avesse previsto, e questo le
diede un
inaspettato sollievo. D’accordo: si sentiva confusa e
spaventata,
ma poteva riuscire a nasconderlo. Non era molto, ma era già
qualcosa.
Si guardò
intorno. Il suo
letto era grandissimo e con coperte morbide e voluminose e dallo stile
moderno e sofisticato, simile a quello che aveva visto nella stanza di
Julian, ma le tende erano sul verde, e non avevano i colori freddi di
quella dell'uomo Ombra.
L'arredamento era
semplice e
familiare: una toletta con uno specchio ovale, un basso armadio a
quattro ante, un camino spento, sul quale troneggiava un dipinto
raffigurante un paesaggio autunnale. Sparpagliati per la stanza c'erano
diversi lumi ad olio, ma erano tutti spenti: l'unica luce presente era
il chiarore lunare che filtrava attraverso un'ampia finestra.
-Ci vorrebbe un po'
più di luce.- mormorò Jenny.
Aveva appena finito di
dirlo, che
piccole fiammelle incerte cominciarono a luccicare nei lumi, spandendo
nella camera un morbido chiarore dorato.
Jenny
sgranò gli occhi, le labbra si di schiusero in un sorriso
pieno di meraviglia.
-Vorrei anche un po'
di fuoco... nel camino.- si affrettò ad aggiungere.
Le fiamme divamparono
nel
caminetto, nonostante non ci fossero ceppi di legno da consumare. Le
fiamme dalla particolare luce blu erano in netto contrasto con i lumi
dal chiarore giallognolo, creando assurdi giochi di
luce.-Così
funziona tutto con la magia.- disse sorpresa.
Guardò la
stanza con
maggiore attenzione: sembrava disabitata da lungo tempo, ma non c'era
un granello di polvere sulla superficie dei mobili o sopra lo specchio.
Jenny aprì
i cassetti della
toletta: c'erano spazzole, fermagli, boccette di profumo. Poi
andò a curiosare nell'armadio. Quando aprì le
ante
scoprì che non solo c'erano tutti i suoi vestiti abituali ma
anche tutti i vestiti che aveva adocchiato nei negozi ma che non aveva
mai comprato. Dior, Chanel, Armani... uno solo di quei vestiti le
sarebbero costati una fortuna. Per non parlare delle scarpe!
Jenny si diede della
sciocca, tutto
quello di cui aveva bisogno per il momento era un completo semplice e
che la coprisse il più possibile. Anche se dubitava che
Julian
le sarebbe saltato di nuovo a dosso come prima. Infine, scelse una
camicetta verde, pantaloni neri e scarpe basse.
Si guardò
intorno, dubbiosa.
-Ci sarà un
bagno, da qualche parte?-
Nascosta nella
penombra, scorse una piccola porta incassata nel muro.
La aprì
e... si ritrovò nel bagno di casa propria.
Si voltò,
disorientata.
Dietro di lei c'era la
stanza che Julian le aveva assegnato, davanti a lei il bagno del suo
appartamento.
Jenny
aprì il vano della doccia e scoppiò a
ridere vedendo la spugna a forma di coccodrillo.
-Questa poi! Questo
posto è semplicemente assurdo!-
Si spogliò
e si lavò
in fretta. Ogni cosa era al suo posto: dai flaconi di bagnoschiuma alle
asciugamani di spugna. Era tutto irreale: Jenny non sapeva
più
se si trovava nel mondo delle ombre e sognava di essere a casa, o se si
trovava casa e sognava di essere nel mondo delle ombre.
Uscì dal
bagno vestita di
tutto punto, finendo di abbottonare la camicia sul seno. Non aveva idea
di che ora fosse, men che meno dove potesse essere la sala da pranzo.
Decise di affidarsi alla dea fortuna e uscì dalla stanza. Il
corridoio era illuminato da lampade di riso e non era più
buio
come prima. Almeno poteva vedere dove metteva i piedi.
Iniziò a
curiosare per i corridoi, cercando di capire dove dovesse andare, si
fermò per un momento a guardare la porta della stanza di
Julian.
Corrugò la fronte e si voltò dall'altra parte. Si
sarebbe
affidata al proprio istinto piuttosto.
-Dopo averti osservata per così tanti anni, ero arrivato
alla
conclusione che fossi un tipo particolarmente puntuale...ma forse mi
sbagliavo- Dietro di lei, Julian si era di nuovo cambiato. Indossava
una
t-shirt blu chiaro e una giacca nera con i polsini girati sino ai
gomiti, le mani affondate nelle tasche del jeans nero e scarpe
classiche. Un vero misto di stili, eppure gli donavano in modo
impressionante
-Perchè sei sempre così odioso?-
sbuffò
infastidita. Poteva accettare che l'avesse rapita, portata in un mondo
che le era ostile, che fosse stata costretta a dire addio a tutte le
persone che amasse. Poteva anche sopportare l'idea che avesse rovinato
il suo matrimonio, ma non sopportava che se ne prendesse gioco.
-Perchè mi diverte.-
-E' la seconda che mi rispondi così, ti diverte vedermi
impazzire?-
-Qualche volta.- rispose con un sorriso. Si incamminò,
facendole
cenno di seguirlo. Di tanto in tanto, lui le chiedeva qualcosa sulla
sua vita che, suo malgrado, si era lasciata alle spalle.
-Dopo di te.-
La ragazza entrò nella stanza, le gambe rigide.
E si fermò dopo qualche passo, incantata.
Nessun lume, nessun fuoco rischiaravano la tavola apparecchiata e le
vivande.
L’unica luce presente veniva da una vetrata immensa, che
occupava un’intera parete.
Il chiarore che filtrava dall’esterno era di un bianco
perlato, e conferiva alle ombre una sfumatura azzurrina.
Come in un sogno, Jenny attraversò la sala.
Oltrepassò il tavolo, le sedie, e si accostò ai
vetri.
Ciò che vide le mozzò il fiato.
Il cielo del mondo delle ombre era privo di stelle, ma un'enorme luna
piena lo rischiarava. La luce candida grondava sui bastioni della casa
vittoriana, circostante. Si riversava sulla tormenta e le
dune di
roccia come una densa colata d’argento, creando incredibili
iridescenze.
In lontananza, l'orizzonte era nero come una macchia
d’inchiostro. Il chiarore lunare non sfumava
quell’oscurità, sembrava anzi definirla in modo
più
netto. C'erano altre case oltre a quella. Jenny riuscì a
vedere
delle piccole luci e sagome di edifici che fremevano bui, come se
bisbigliassero tra loro e non riuscissero a trattenere risate crudeli.
Oltre quella che lei soprannominò ''la città'',
la luce
si sfarinava sulla superficie di lontanissime cascate verdazzurre e
montagne innevate.
Quando il suo respiro appannò leggermente il vetro, si rese
conto di aver trattenuto il fiato per qualche secondo.
-È tutto… diverso.-
-Perché i tuoi occhi sono diversi.-
La presenza di Julian... vicino, molto vicino… le diede un
brivido non del tutto sgradevole.
Per una volta la sua voce non le sembrò né
beffarda
né allusiva. C’era una sorta di stanchezza in
essa, che
Jenny non riuscì a capire.
Premette la mano contro il vetro freddo, socchiuse gli occhi, rapita,
lasciando che il chiarore di quella strana luna le sfiorasse la guancia
come una carezza.
Quasi si stupì che non le trasmettesse calore.
-In questi sette anni, quando sognavo il mondo delle ombre o il
parcogiochi, lo sognavo così.-
Il tono di Julian fu perfettamente incolore:
-Così tu hai sognato il mondo delle ombre.-
Jenny si staccò dal vetro di scatto.
-Qualche volta.-
Fece per allontanarsi dalla vetrata, ma Julian le sbarrò la
strada.
Non tese le mani verso il suo viso, non fece nulla per toccarla, eppure
questa volta fu lei che si premette i palmi contro le gambe per non
poggiare le mani sul suo petto.
-Hai mai sognato me, Jenny?-
La ragazza lo guardò negli occhi, e improvvisamente ebbe
paura.
Nel vederlo in quel modo, il volto livido al chiarore argenteo della
vetrata, con quei capelli selvatici che sembravano fatti di luce e
quegli occhi blu dalla vitalità inumana, le
sembrò un
essere terribilmente diverso da lei, incomprensibilmente altro.
Non aveva nemmeno importanza che non volesse farle del male: la sua
sola vicinanza, di per sé, la minacciava.
La verità le parve l’unica, fragile difesa in
grado di proteggerla da lui.
-Sì, ho sognato anche te, a volte.- Esitò. -Non
erano bei sogni.-
Julian chiuse gli occhi.
Impossibile dire se fosse rimasto sorpreso o ferito
dall’onestà di quell’affermazione.
O se, in fondo, se la fosse aspettata.
Quando parlò, il suo tono fu accuratamente vuoto di ogni
emozione.
-A volte, Jenny, preferirei che tu mentissi.-
***
Rimasero in silenzio per un po'. La ragazza si chiese se non fosse il
caso di dire qualcosa ma poi ritirò l'idea. Era furiosa con
Julian.
Mangiarono in silenzio e lei si stupì della bontà
di quei
cibi. Chi cucinava...Julian? L'idea di vederlo impegnato ai fornelli la
fece sorridere senza accorgersene.
-Cosa c'è che ti diverte tanto?- domandò senza
alzare lo sguardo dal piatto.
-Mi chiedevo se avessi cucinato tu.-
-Certo.- rispose con un sorriso. A Jenny per poco non andò
di traverso l'acqua che stava bevendo.
-Cosa? TU sai cucinare?-
-Sono rimasto solo per molto tempo...- rispose e Jenny vide i suoi
occhi riempirsi di ombre, non osò dubitare delle sue parole
-Il
minimo che potessi fare era imparare a provvedere a me stesso, non
credi?-
-Si.-
Doveva aver passato molto tempo da solo, Jenny non riuscì a
non
immaginarsi che cosa volesse dire vivere per così tanto
tempo in
totale solitudine, senza poter parlare con nessuno, osservare ore ed
ore la terra. Julian fece uno sbuffo infastidito non appena
sentì scoccare l'ora.
-Ci ri siamo!- sbuffò fra se e se.
-Come?-
-Mi dispiace, è meglio se torni nella tua stanza- disse
senza
darle una risposta. -Stanno per arrivare i miei antenati- aggiunse a
mo' di spiegazione. -Non credo di convenga che ti trovino qui-
Jenny rabbrividì, non voleva incontrarli in nessun caso,
ricordava ancora in modo spaventosamente reale l'ultima volta che li
aveva visti, la loro pelle cuoiosa, gli occhi famelici, troppo veri
visto che quella non poteva essere la realtà.
-Allora io vado- disse alzandosi.
-Jenny, aspetta...- sussurrò Julian ancora seduto sulla
poltrona. Aveva un gomito appoggiato al tavolo e con l'altra mano
tracciava spirali argentate. Era così esotico, e fuori
dall'ordinario che ancora faticava a rendersene conto.
-Che c'è?-
Sembrava titubante, quella doveva essere la prima volta che lo vedeva
così.
-Nulla. Buonanotte.-
***
Il corridoio fiocamente illuminato era incredibilmente inquietante.
Non perchè fosse di pietra, come vecchie catacombe che ti
rendono claustrofobica, ma perchè nella una
ordinarietà
era misterioso. I quadri ad esempio, inizialmente non li aveva notati.
Adesso si concesse un'occhiata più tranquilla alle pitture.
Fanciulle squisite, nude o con drappi leggeri, in stile cinquecentesco,
antichi miti rappresentati con genio, colori brillanti, vivi, talmente
vivi che sembravano potessero prendere vita da un momento all'altro, e
altri ancora spaventosi, orribili incubi talmente angoscianti che le
fecero venire i brividi.
-Ti abbiamo riportato in vita, ma per uno scopo.- Una voce meravigliosa
interruppe i suoi pensieri. Si voltò di scatto ma la voce
non
parlava con lei, era rivolta a Julian, in una delle stanze. Per un
momento fu tentata di scappare, rifugiarsi nella sua stanza. Aveva
paura degli uomini ombra, paura di quello che sarebbe potuto succedere
se l'avessero trovata li. Ma, infine, la sua curiosità ebbe
la
meglio. Accostò l'occhio alla porta socchiusa e vide
un'ombra
gigantesca. Era enorme, ricurva, era di fronte a Julian che era di
profilo, e riusciva a vedere solo i contorni neri e definiti del
mostro, come se indossasse un manto di tenebre.
-Tu hai un debito con noi-
-Sono pronto a estinguerlo. Sono un uomo di parola, lo sai bene.-
-Non ne sarei così sicuro. Ci hai già delusi in
passato.
E adesso...sei tornato ad inseguire quell'insulsa ragazzina.- La voce
dell'ombra si fece più dura, feroce.
-Non ostacolerà di certo i vostri piani- Julian si era
voltato.
Il suo profilo, così pulito e perfetto, venne oscurato dalla
mano dell'ombra, dal suo ghigno lucente, dalla luce zaffirica degli
occhi.
-E cosa vorresti farne di quella ragazzina, dimmi?-
-Io voglio...- si interruppe per un momento, i capelli bianchi di
Julian sembravano color oro illuminati dal fuoco che danzava nel camino
-Voglio semplicemente possederla. E' la mia preda.-
-Sarà meglio così. Ma che ti sia ben chiaro
questo
monito: Non appena infrangerai il tuo giuramento, la tua punizione
sarà ben più dolorosa di quella che ti abbiamo
già
inferto per il tuo tradimento-
Jenny deglutì a fatica. Si allontanò lentamente,
girò l'angolo e arrivò nella sua stanza. Sentiva
il cuore
battere a mille, non sapeva neanche dire il perchè. La vista
dell'uomo ombra l'aveva terrorizzata. Le aveva trasmesso
così
tante cattive sensazioni che non riusciva a credere che esistesse un
essere tanto spregevole... non che credesse alle parole di Julian in
ogni caso. Se avesse voluto solo possederla, nella sua stanza avrebbe
potuto benissimo farlo. Non riusciva a muoversi. Ogni sua
terminazione
nervosa era tesa in attesa di un attacco da qualcuno
nell'oscurità.
Riuscì a calmarsi solo dopo qualche ora. Era rimasta per
tutto
il tempo seduta per terra con le spalle contro la porta, in ascolto. Le
mancava Tom. Le mancava la tranquillità del loro
appartamento,
le mancavano i progetti per la luna di miele, le mancavano gli scherzi
e
le risate. Li non sapeva neanche che ora fosse. Aveva come
l'impressione che il quel mondo non sorgesse il sole.
Che fosse un mondo vuoto, come il cuore degli uomini ombra.
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