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Autore: CyanideLovers    14/06/2013    7 recensioni
Salve gente! Ebbene si, sono tornata con una nuova, serissima, storia.
Dal testo:
Lei era sulla porta: Un piede sulla terra, con Tom, e uno nel mondo delle ombre con Julian. Il ragazzo dai capelli argentei la strinse per un momento a se. Per un momento pensò che l'avrebbe baciata con uno dei suoi meravigliosi e letali baci ricchi di passione, o sconvolgenti e pieni di sentimento come quello che si erano scambiati nella caverna. Ma lui non fece nulla. Appoggiò la bocca sulla sua fronte, nel più casto dei baci, per poi spingerla via con violenza. Jenny sentì mancare l'aria per la sorpresa. Guardò verso la porta: Julian le lanciò ancora uno sguardo per poi chiudersi la porta alle spalle.
Rimase immobile per un secondo, senza avere il coraggio di muoversi.
Si avete capito benissimo! Qui Julian alla fine de ''L'ultima mossa'' non muore....e mi sono chiesta allora, e se Julian riuscisse a catturare Jenny e a portarla con se nel mondo delle ombre?
Spero che la storia sia di vostro gradimento, fatemi sapere che ne pensate :)
Much love♥
PS: Ho messo il raiting arancione, onestamente non so se potrebbe cambiare, ma non credo.
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4 Seduta sul bordo del letto, Jenny si asciugò le lacrime con il dorso della mano e tirò su col naso.
-Coraggio, ragazza. Piangere non serve a niente.-
La sua voce risuonò nella stanza più ferma di quanto avesse previsto, e questo le diede un inaspettato sollievo. D’accordo: si sentiva confusa e spaventata, ma poteva riuscire a nasconderlo. Non era molto, ma era già qualcosa.
Si guardò intorno. Il suo letto era grandissimo e con coperte morbide e voluminose e dallo stile moderno e sofisticato, simile a quello che aveva visto nella stanza di Julian, ma le tende erano sul verde, e non avevano i colori freddi di quella dell'uomo Ombra.
L'arredamento era semplice e familiare: una toletta con uno specchio ovale, un basso armadio a quattro ante, un camino spento, sul quale troneggiava un dipinto raffigurante un paesaggio autunnale. Sparpagliati per la stanza c'erano diversi lumi ad olio, ma erano tutti spenti: l'unica luce presente era il chiarore lunare che filtrava attraverso un'ampia finestra.
-Ci vorrebbe un po' più di luce.- mormorò Jenny.
Aveva appena finito di dirlo, che piccole fiammelle incerte cominciarono a luccicare nei lumi, spandendo nella camera un morbido chiarore dorato.
Jenny sgranò gli occhi, le labbra si di schiusero in un sorriso pieno di meraviglia.
-Vorrei anche un po' di fuoco... nel camino.- si affrettò ad aggiungere.
Le fiamme divamparono nel caminetto, nonostante non ci fossero ceppi di legno da consumare. Le fiamme dalla particolare luce blu erano in netto contrasto con i lumi dal chiarore giallognolo, creando assurdi giochi di luce.-Così funziona tutto con la magia.- disse sorpresa.
Guardò la stanza con maggiore attenzione: sembrava disabitata da lungo tempo, ma non c'era un granello di polvere sulla superficie dei mobili o sopra lo specchio.
Jenny aprì i cassetti della toletta: c'erano spazzole, fermagli, boccette di profumo. Poi andò a curiosare nell'armadio. Quando aprì le ante scoprì che non solo c'erano tutti i suoi vestiti abituali ma anche tutti i vestiti che aveva adocchiato nei negozi ma che non aveva mai comprato. Dior, Chanel, Armani... uno solo di quei vestiti le sarebbero costati una fortuna. Per non parlare delle scarpe!
Jenny si diede della sciocca, tutto quello di cui aveva bisogno per il momento era un completo semplice e che la coprisse il più possibile. Anche se dubitava che Julian le sarebbe saltato di nuovo a dosso come prima. Infine, scelse una camicetta verde, pantaloni neri e scarpe basse.
Si guardò intorno, dubbiosa.
-Ci sarà un bagno, da qualche parte?-
Nascosta nella penombra, scorse una piccola porta incassata nel muro.
La aprì e... si ritrovò nel bagno di casa propria.
Si voltò, disorientata.
Dietro di lei c'era la stanza che Julian le aveva assegnato, davanti a lei il bagno del suo appartamento.
Jenny aprì il vano della doccia e scoppiò a ridere vedendo la spugna a forma di coccodrillo.
-Questa poi! Questo posto è semplicemente assurdo!-
Si spogliò e si lavò in fretta. Ogni cosa era al suo posto: dai flaconi di bagnoschiuma alle asciugamani di spugna. Era tutto irreale: Jenny non sapeva più se si trovava nel mondo delle ombre e sognava di essere a casa, o se si trovava casa e sognava di essere nel mondo delle ombre.
Uscì dal bagno vestita di tutto punto, finendo di abbottonare la camicia sul seno. Non aveva idea di che ora fosse, men che meno dove potesse essere la sala da pranzo. Decise di affidarsi alla dea fortuna e uscì dalla stanza. Il corridoio era illuminato da lampade di riso e non era più buio come prima. Almeno poteva vedere dove metteva i piedi. Iniziò a curiosare per i corridoi, cercando di capire dove dovesse andare, si fermò per un momento a guardare la porta della stanza di Julian. Corrugò la fronte e si voltò dall'altra parte. Si sarebbe affidata al proprio istinto piuttosto.
-Dopo averti osservata per così tanti anni, ero arrivato alla conclusione che fossi un tipo particolarmente puntuale...ma forse mi sbagliavo- Dietro di lei, Julian si era di nuovo cambiato. Indossava una t-shirt blu chiaro e una giacca nera con i polsini girati sino ai gomiti, le mani affondate nelle tasche del jeans nero e scarpe classiche. Un vero misto di stili, eppure gli donavano in modo impressionante
-Perchè sei sempre così odioso?- sbuffò infastidita. Poteva accettare che l'avesse rapita, portata in un mondo che le era ostile, che fosse stata costretta a dire addio a tutte le persone che amasse. Poteva anche sopportare l'idea che avesse rovinato il suo matrimonio, ma non sopportava che se ne prendesse gioco.
-Perchè mi diverte.-
-E' la seconda che mi rispondi così, ti diverte vedermi impazzire?-
-Qualche volta.- rispose con un sorriso. Si incamminò, facendole cenno di seguirlo. Di tanto in tanto, lui le chiedeva qualcosa sulla sua vita che, suo malgrado, si era lasciata alle spalle.
-Dopo di te.-
La ragazza entrò nella stanza, le gambe rigide.
E si fermò dopo qualche passo, incantata.
Nessun lume, nessun fuoco rischiaravano la tavola apparecchiata e le vivande.
L’unica luce presente veniva da una vetrata immensa, che occupava un’intera parete.
Il chiarore che filtrava dall’esterno era di un bianco perlato, e conferiva alle ombre una sfumatura azzurrina.
Come in un sogno, Jenny attraversò la sala. Oltrepassò il tavolo, le sedie, e si accostò ai vetri.
Ciò che vide le mozzò il fiato.
Il cielo del mondo delle ombre era privo di stelle, ma un'enorme luna piena lo rischiarava. La luce candida grondava sui bastioni della casa vittoriana,  circostante. Si riversava sulla tormenta e le dune di roccia come una densa colata d’argento, creando incredibili iridescenze.
In lontananza, l'orizzonte era nero come una macchia d’inchiostro. Il chiarore lunare non sfumava quell’oscurità, sembrava anzi definirla in modo più netto. C'erano altre case oltre a quella. Jenny riuscì a vedere delle piccole luci e sagome di edifici che fremevano bui, come se bisbigliassero tra loro e non riuscissero a trattenere risate crudeli.
Oltre quella che lei soprannominò ''la città'', la luce si sfarinava sulla superficie di lontanissime cascate verdazzurre e montagne innevate.
Quando il suo respiro appannò leggermente il vetro, si rese conto di aver trattenuto il fiato per qualche secondo.
-È tutto… diverso.-
-Perché i tuoi occhi sono diversi.-
La presenza di Julian... vicino, molto vicino… le diede un brivido non del tutto sgradevole.
Per una volta la sua voce non le sembrò né beffarda né allusiva. C’era una sorta di stanchezza in essa, che Jenny non riuscì a capire.
Premette la mano contro il vetro freddo, socchiuse gli occhi, rapita, lasciando che il chiarore di quella strana luna le sfiorasse la guancia come una carezza.
Quasi si stupì che non le trasmettesse calore.
-In questi sette anni, quando sognavo il mondo delle ombre o il parcogiochi, lo sognavo così.-
Il tono di Julian fu perfettamente incolore:
-Così tu hai sognato il mondo delle ombre.-
Jenny si staccò dal vetro di scatto.
-Qualche volta.-
Fece per allontanarsi dalla vetrata, ma Julian le sbarrò la strada.
Non tese le mani verso il suo viso, non fece nulla per toccarla, eppure questa volta fu lei che si premette i palmi contro le gambe per non poggiare le mani sul suo petto.
-Hai mai sognato me, Jenny?-
La ragazza lo guardò negli occhi, e improvvisamente ebbe paura.
Nel vederlo in quel modo, il volto livido al chiarore argenteo della vetrata, con quei capelli selvatici che sembravano fatti di luce e quegli occhi blu dalla vitalità inumana, le sembrò un essere terribilmente diverso da lei, incomprensibilmente altro.
Non aveva nemmeno importanza che non volesse farle del male: la sua sola vicinanza, di per sé, la minacciava.
La verità le parve l’unica, fragile difesa in grado di proteggerla da lui.
-Sì, ho sognato anche te, a volte.- Esitò. -Non erano bei sogni.-
Julian chiuse gli occhi.
Impossibile dire se fosse rimasto sorpreso o ferito dall’onestà di quell’affermazione.
O se, in fondo, se la fosse aspettata.
Quando parlò, il suo tono fu accuratamente vuoto di ogni emozione.
-A volte, Jenny, preferirei che tu mentissi.-
***
Rimasero in silenzio per un po'. La ragazza si chiese se non fosse il caso di dire qualcosa ma poi ritirò l'idea. Era furiosa con Julian.
Mangiarono in silenzio e lei si stupì della bontà di quei cibi. Chi cucinava...Julian? L'idea di vederlo impegnato ai fornelli la fece sorridere senza accorgersene.
-Cosa c'è che ti diverte tanto?- domandò senza alzare lo sguardo dal piatto.
-Mi chiedevo se avessi cucinato tu.-
-Certo.- rispose con un sorriso. A Jenny per poco non andò di traverso l'acqua che stava bevendo.
-Cosa? TU sai cucinare?-
-Sono rimasto solo per molto tempo...- rispose e Jenny vide i suoi occhi riempirsi di ombre, non osò dubitare delle sue parole -Il minimo che potessi fare era imparare a provvedere a me stesso, non credi?-
-Si.-
Doveva aver passato molto tempo da solo, Jenny non riuscì a non immaginarsi che cosa volesse dire vivere per così tanto tempo in totale solitudine, senza poter parlare con nessuno, osservare ore ed ore la terra. Julian fece uno sbuffo infastidito non appena sentì scoccare l'ora.
-Ci ri siamo!- sbuffò fra se e se.
-Come?-
-Mi dispiace, è meglio se torni nella tua stanza- disse senza darle una risposta. -Stanno per arrivare i miei antenati- aggiunse a mo' di spiegazione. -Non credo di convenga che ti trovino qui-
Jenny rabbrividì, non voleva incontrarli in nessun caso, ricordava ancora in modo spaventosamente reale l'ultima volta che li aveva visti, la loro pelle cuoiosa, gli occhi famelici, troppo veri visto che quella non poteva essere la realtà.
-Allora io vado- disse alzandosi.
-Jenny, aspetta...- sussurrò Julian ancora seduto sulla poltrona. Aveva un gomito appoggiato al tavolo e con l'altra mano tracciava spirali argentate. Era così esotico, e fuori dall'ordinario che ancora faticava a rendersene conto.
-Che c'è?-
Sembrava titubante, quella doveva essere la prima volta che lo vedeva così.
-Nulla. Buonanotte.-

***

Il corridoio fiocamente illuminato era incredibilmente inquietante. Non perchè fosse di pietra, come vecchie catacombe che ti rendono claustrofobica, ma perchè nella una ordinarietà era misterioso. I quadri ad esempio, inizialmente non li aveva notati. Adesso si concesse un'occhiata più tranquilla alle pitture. Fanciulle squisite, nude o con drappi leggeri, in stile cinquecentesco, antichi miti rappresentati con genio, colori brillanti, vivi, talmente vivi che sembravano potessero prendere vita da un momento all'altro, e altri ancora spaventosi, orribili incubi talmente angoscianti che le fecero venire i brividi.
-Ti abbiamo riportato in vita, ma per uno scopo.- Una voce meravigliosa interruppe i suoi pensieri. Si voltò di scatto ma la voce non parlava con lei, era rivolta a Julian, in una delle stanze. Per un momento fu tentata di scappare, rifugiarsi nella sua stanza. Aveva paura degli uomini ombra, paura di quello che sarebbe potuto succedere se l'avessero trovata li. Ma, infine, la sua curiosità ebbe la meglio. Accostò l'occhio alla porta socchiusa e vide un'ombra gigantesca. Era enorme, ricurva, era di fronte a Julian che era di profilo, e riusciva a vedere solo i contorni neri e definiti del mostro, come se indossasse un manto di tenebre. 
-Tu hai un debito con noi-
-Sono pronto a estinguerlo. Sono un uomo di parola, lo sai bene.-
-Non ne sarei così sicuro. Ci hai già delusi in passato. E adesso...sei tornato ad inseguire quell'insulsa ragazzina.- La voce dell'ombra si fece più dura, feroce.
-Non ostacolerà di certo i vostri piani- Julian si era voltato. Il suo profilo, così pulito e perfetto, venne oscurato dalla mano dell'ombra, dal suo ghigno lucente, dalla luce zaffirica degli occhi.
-E cosa vorresti farne di quella ragazzina, dimmi?-
-Io voglio...- si interruppe per un momento, i capelli bianchi di Julian sembravano color oro illuminati dal fuoco che danzava nel camino -Voglio semplicemente possederla. E' la mia preda.-
-Sarà meglio così. Ma che ti sia ben chiaro questo monito: Non appena infrangerai il tuo giuramento, la tua punizione sarà ben più dolorosa di quella che ti abbiamo già inferto per il tuo tradimento-
Jenny deglutì a fatica. Si allontanò lentamente, girò l'angolo e arrivò nella sua stanza. Sentiva il cuore battere a mille, non sapeva neanche dire il perchè. La vista dell'uomo ombra l'aveva terrorizzata. Le aveva trasmesso così tante cattive sensazioni che non riusciva a credere che esistesse un essere tanto spregevole... non che credesse alle parole di Julian in ogni caso. Se avesse voluto solo possederla, nella sua stanza avrebbe potuto benissimo farlo.  Non riusciva a muoversi. Ogni sua terminazione nervosa era tesa in attesa di un attacco da qualcuno nell'oscurità.

Riuscì a calmarsi solo dopo qualche ora. Era rimasta per tutto il tempo seduta per terra con le spalle contro la porta, in ascolto. Le mancava Tom. Le mancava la tranquillità del loro appartamento, le mancavano i progetti per la luna di miele, le mancavano gli scherzi e le risate. Li non sapeva neanche che ora fosse. Aveva come l'impressione che il quel mondo non sorgesse il sole.
Che fosse un mondo vuoto, come il cuore degli uomini ombra.
   
 
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