La mattina
seguente, erano ancora abbracciati sotto le coperte.
Il temporale
era cessato durante la notte e il sole splendeva alto nel cielo.
Il primo ad
aprire gli occhi fu Daniel, che cominciò ad accarezzare i capelli del barone
per svegliarlo.
Dopo qualche
minuto anche Alexander si svegliò e fece un grande sbadiglio.
“Non dormivo
così bene da tanto tempo.” Ammise il bambino.
“Perché non
rimane così allora?
Voglio dire,
perché vuole tornare ad essere anziano?”
Sul volto
del barone si formò una smorfia, poi spiegò.
“Ho già
vissuto queste esperienze, molto tempo fa. Non voglio riviverle di nuovo.
Voglio
soltanto riavere la mia vita indietro.
Se vuoi
vedila dal punto di vista sociale.
Cosa credi
che penseranno i miei colleghi? Non vorranno trattare con un bambino!
Come faccio
a tenere sotto controllo Brennenburg e il castello in queste condizioni?”
“Lei è così
saggio, barone.”
Ad un certo
punto cominciarono a sentire un odore strano.
Alexander
arrossì vertiginosamente e bisbigliò:
“Daniel…
temo di essermi fatto la cacca addosso.”
Il ragazzo
cercò di trattenersi dal ridere, ma non ci riuscì, scoppiando in una forte
risata.
Il barone si
coprì il viso con entrambe le mani per la vergogna.
Daniel gli
diede un bacio gentile sulla testa.
Poi lo prese
in braccio e andò in bagno per cambiarlo.
Nel corso
della mattinata, i due passarono molto tempo nel laboratorio.
Alexander
aveva estratto qualche fiala del suo sangue e le aveva posizionate in fila sul
tavolino.
Il barone
cominciò a dare ordini.
“Ora, non
resta che iniziare gli esperimenti. Abbiamo già perso troppo tempo.
Se non ci
muoviamo gli effetti potrebbero diventare permanenti.”
Afferrò una
provetta dal tavolo.
“Tu mi farai
da assistente, esegui tutto quello che ti dico io.”
Daniel
annuì. Appoggiò sul tavolino tutti gli ingredienti necessari per un probabile
antidoto.
Alexander
armeggiava con gli alambicchi e le erbe con aria sicura, consapevole di ciò che
faceva.
Visto da
fuori sembrava un piccolo genio.
Un bambino
così piccolo alle prese con la scienza.
Erano
passati solo tre giorni dall’incidente, ma il barone era sempre più deciso nel
suo intento.
Subito dopo
pranzo si erano recati nel laboratorio per fare altri esperimenti.
I primi test
erano falliti miseramente.
In un caso,
alcuni cani su cui erano state fatte le prove tornarono cuccioli. Tutto
l’opposto di ciò che stavano cercando.
In un altro,
molti animali morirono a causa della pozione. Probabilmente aveva creato un
potente veleno,
ma non era
ciò che stava cercando.
Finalmente,
dopo molti test, Alexander sembrava aver trovato un vaccino.
Il fumo
rosso usciva lentamente dalla provetta, dall’aria per niente invitante.
L’effetto
era quello desiderato.
Era un
liquido in grado di far invecchiare la materia organica.
“Siete certo
che vada bene?” Chiese titubante Daniel.
“Ne sono
totalmente sicuro. Sulle altre creature ha funzionato.”
“Quanta ne
deve prendere? C’è una dose prestabilita?”
L’espressione
tranquilla del barone cambiò all’istante.
Adesso era
molto preoccupato.
Aveva
pensato a tutto, alla qualità degli ingredienti, gli effetti che avrebbe avuto,
ma non alla
quantità che avrebbe dovuto ingerire.
Se ne
bevesse troppo, l’antidoto potrebbe ucciderlo.
Invecchiarlo
fino ad essere a un passo dalla morte.
Aveva la pozione
in mano, o meglio, ciò che ne rimaneva.
L’aveva
sprecata sugli animali e lo stesso valeva per il resto delle sostanze che lo
componevano.
“Daniel…”
Cominciò a
dire.
“Questa
provetta è l’ultima che rimane.
Potrebbe essere
letale, quanto inefficiente. Chi può dirlo.”
“Lasci
perdere! Non vale la pena rischiare di morire!”
Il ragazzo
cercò di sfilargliela di mano, ma Alexander la mise velocemente in tasca.
“Stai calmo.
Non ho intenzione di berla. Non ancora.”
“Mi prometta
che non farà cose azzardate, signore.”
Gli occhi di
Daniel erano tristi. Non voleva perdere un caro amico a causa della sua
disattenzione.
“Sembri
stanco. Perché non vai a riposarti, mh?” Alexander cambiò discorso.
“D’accordo,
barone. Vado a riposarmi nella mia stanza, se ha bisogno di me, sarò là.”
Di fretta il
ragazzo uscì dal laboratorio e andò nella sua camera.
“Finalmente
solo… a volte quel ragazzo è davvero impossibile.” Borbottò il bambino.
Stette
qualche istante a fissare il fluido cremisi all’interno della fiala.
Poi con un
unico sorso ne bevve il contenuto e cominciò a tossire.
Sembrava che
avesse appena bevuto del fuoco e si mise in ginocchio, la provetta rotta
davanti a sé.
“Forse aveva
ragione Daniel…!” mormorò, accasciandosi a terra.
Tutto
diventò buio all’improvviso.
Alexander
svenne sul pavimento del laboratorio.
Qualche ora
dopo, il barone riaprì gli occhi.
Emise un
piccolo sospiro. Almeno non era morto.
Per prima
cosa guardò le sue mani.
Erano esili,
vecchie e rugose. Rovinate dal tempo e dal lavoro.
Cercò di
alzarsi in piedi, ma sentì uno strappo nel mezzo della schiena.
Riconobbe i
dolori che lo affliggevano meno di una settimana prima.
Sorrise di
nuovo.
Sotto di sé
un piccolo pezzo di stoffa, probabilmente il vestito che indossava prima della
trasformazione.
Alexander si
guardò. Era nudo, percorreva con le dita le proprie cicatrici, i tagli e le
ferite che aveva guadagnato negli anni.
Si passò una
mano sul torace, le costole sporgevano e la pelle era ruvida.
Sorrise
ancora di più quando si accorse di avere un piccolo taglio sulla gamba destra,
quello che Daniel gli aveva provocato appena un mese prima.
Era passato
troppo vicino a lui con una sega. Sempre il solito distratto.
Con fatica,
si alzò in piedi.
Tutto era
tornato delle dimensioni normali.
Aprì la
porta del laboratorio e si condusse barcollando nella propria camera.
Prese la
camicia, la giacca rossa e i pantaloni.
Gli stavano
alla perfezione.
Stette molto
tempo a guardarsi allo specchio, il suo volto magro e l’espressione
impassibile.
Guardò il
fisico un po’ scheletrico a cui era abituato, ma capace di contenere tutta la
sua forza di demone.
L’altezza
era rimasta invariata, esattamente identica a prima.
Era
soddisfatto di vedere che i suoi trecento anni erano tornati.
E li portava
più che bene.
Poco prima
di uscire dalla stanza, afferrò una frusta che era appoggiata su un mobile.
Poi si
diresse alla camera di Daniel.
Lui era lì
che leggeva, sdraiato sopra il letto.
Aveva la testa
tra le nuvole, come sempre.
Entrando,
Alexander fece schioccare la frusta e il ragazzo sobbalzò al suono.
Daniel
rimase senza parole, subito gli corse in contro e lo abbracciò piangendo dalla
felicità.
Immerse il
proprio volto nel suo petto, contento di esser tornato il più piccolo e
indifeso della situazione.
“…signore!”
Sussurrò,
alzando lo sguardo e azzardando un sorriso.
L’espressione
di Alexander era più cattiva e sadica che mai. Incuteva paura soltanto a
guardarlo.
Con un
ghigno stampato sul volto, accarezzò la testa del ragazzo e sibilò:
“Andiamo,
Daniel. Abbiamo dei prigionieri che ci aspettano.”
Fine.