Capitolo 6.
Castelli di carte
Venerdì
Mancava un solo giorno. Ventiquattro ore mi separavano
dalla libertà. Davvero non vedevo l'ora di rompere con Ryan,
quel fidanzamento forzato avrebbe dovuto terminare il prima possibile,
perciò sperai che in qualche oscuro modo, portassimo a
termine la nostra "missione" il sabato stesso. Ma più ci
pensavo, più mi illudevo di qualcosa di irrealizabile.
Facendo due conti, era alquanto improbabile che i genitori la dessero
inconsapevolmente vinta alla loro figlia. Già da alcune
settimane temevo che i signori Valente fossero sbarcati a New York solo
ed esclusivamente per stanarla. E la mia ansia cresceva in modo
esponziale.
Quando Chiara non parlava per un po' di tempo, sembrava ancora meno
sveglia. Molti, pensai, quando tacciono assumono un'aria intellettuale
o, perlomeno, misteriosa, sensibile o che ne sappia. Ma lei, invece,
non faceva altro che sembrare incantata. Non saprei, la mia simpatia
per Chiara stava pian piano cominciando a... Svanire. Nonostante non lo
volessi.
Cercai ancora una volta di far pace. Le avevo provate tutte, tranne
una. Mio malincuore, avrei dovuto prendermi la colpa di tutto: il
fidanzamento, l'arrivo dei genitori, il disinteresse di Ryan verso la
sua persona.
<< Chiara, dovrei dirti una cosa...
>> come se non fosse stato prevedibilissimo, non mi
degnò di uno sguardo.
<< ... >>
<< Mi dispiace per Ryan. In effetti, io
provo... >> in quel momento, nella mia testa giravano
parole come "ribrezzo", "disgusto", "niente", "antipatia" o "odio", ma
mi limitai a dirle quanto mi piacesse.
<< ... >>
<< ... Una certa attrazione per lui. Scusami,
non avrei voluto accettare la sua proposta, ma pareva essere l'unica
alternativa per mandare via i tuoi da qui. Dimmi, come avremmo fatto
altrimenti? >>
<< Mmm. >> beh, se non altro
stavo facendo progressi. Stava guarendo dal mutismo.
<< Davvero, mi dispiace. Guarda il lato
positivo: domani scioglieremo il nostro fidanzamento, e Ryan
sarà di nuovo libero. Vedrò di mettere una buona
parola per te, che ne dici? >>
Di tutta risposta, sbuffò, si alzò e
sparì dal soggiorno. Ecco, era ufficiale: con quel tentativo
aveva davvero giocato tutte le mie carte. Il sabato mattina, verso le
dieci, avremmo dovuto incontrare Ryan per mettere in atto il nostro
piano. Inutile dire quanto mi sentissi depressa in quei giorni.
Insomma, la mia migliore amica non esisteva più, dire di
essere fidanzata con Ryan McCarthy non rappresentava certo un onore,
avevo lasciato la scuola senza pensarci tre volte, non
avevo ancora sentito i miei genitori che, appena scoperta la mia fuga,
mi avrebbero linciato. Così la seguì sino in
camera, dove la vidi seduta sul materasso. Mi avvicinai a lei e cercai
un ultimo, disperato tentativo di farmi perdonare; "Per cosa, poi?" mi
dissi.
<< Chiara, mettiti nei miei panni, cosa avrei
dovuto fare? Te lo ripeto ancora: lo sto facendo per te, in modo da
mandar via i tuoi! Sai che ti ucciderebbero se ti trovassero qui, no?
Buon Dio, capiscimi una buona volta! >>
cominciavo ad averne le tasche piene di quella storia.
<< Già. >> bene, altri
progressi. Stava gradualmente passando dal mutismo, alle risposte a
bocca chiusa, ai monosillabi. Continuando a supplicarla, umiliandomi
fino a non avere più aria nei polmoni, forse mi avrebbe
"perdonato". La lasciai ed uscì per fare quattro passi. Il
venerdì avevo il turno di pomeriggio allo Starbucks,
così avrei potuto pensare ad altri modi per tornare a
parlare con Chiara. Non mi venne in mente niente. Mentre ero assorta
nei miei pensieri, sentì qualcuno che pronunciava il mio
nome. Alzai lo sguardo: una signora non molto alta ora mi stava
guardando per accertarmi che fossi davvero io.
<< Arianna Baroni, la fidanzata del rampollo,
Ryan McCarthy! Sai di essere su tutti i giornali scandalistici? Guarda,
ho qui una copia dell'American Gossip! >> e mi
mostrò il giornale. In effetti, notai con mio dispiacere di
essere stata fotografata mano nella mano con Ryan. Non potevo crederci.
Non poteva essere vero. Ma la foto era lì, sulla copertina
di uno dei giornali scandalistici più importanti di tutta la
Grande Mela, con tanto di articolo correlato su di noi. Intanto le
amiche della signora mi avevano accerchiato. Notai che anche
loro avevano un giornale di quel genere, ma con una testata diversa.
Ogni donna del gruppo possedeva ora un giornale diverso con la mia
foto. Una di loro me lo porse, notai il titolo di copertina e la
notizia: "New York Gossip 2.0" e "Chi è la ragazza
misteriosa del rampollo della casata McCarthy? I dettagli
all'interno.", ed un altro con un titolo differente: "NYC Stars", con
scritto "Arianna Baroni, la futura signora McCarthy. Scoprite i
dettagli, solo un dollaro e venti.". Sul serio, ero disgustata. Neanche
una settimana di fidanzamento e già avevo i paparazzi alle
costole. Forse Ryan era più importante di quanto pensassi. Ma come avevano osato scrivere
di me come la signora
McCarthy?!
Una folla di curiosi si era pian piano avvicnata a me, stavo sostenendo
una specie di intervista clandestina. Ma i Newyorkesi non avevano di
meglio da fare?!
Riuacì a disfarmi di quei nullafacenti solo dopo un'ora e
qualche minuto. Esasperata, tornai a casa per predere alcune cose e
correre al lavoro. Non ne parlai con Chiara, al fine di evitare scenate
di gelosia per il successo che avrebbe dovuto ottenere lei al posto
mio. Arrivata al lavoro, Ryan mi aspettava sulla soglia.
<< E così ora sei famosa, eh?
>>
<< Lascia stare, è orribile.
Capisci, non ho mai sognato di diventare famosa! >>
<< Davvero? >>
<< Davvero. Sono sempre stata nell'ombra, ed
ora per colpa tua mi ritrovo sui tre quarti dei giornali scandalistici
americani! >>
<< Eh beh, essere ricchi e famosi fa schifo...
>>
<< Non prendermi in giro. Non sai quanto
è bello guadagnarsi con le proprie capacità del
denaro e poter andare in bagno senza il rischio che qualcuno possa
farti una foto. >>
<< Immagino... >> ecco, la solita
schifezza-McCarthy.
Dopo il turno di lavoro, tornai a casa e sparì nella camera
da letto, sperando che, addormentandomi, tutto svanisse e fosse solo un
sogno.
Sabato
Il giorno era arrivato. Nonostante prima fossi sicura che
il piano sarebbe riuscito, ora tutte le mie idee cominciavano a
crollarmi addosso come un castello di carte.
Io e Chiara ci ritrovammo a discutere anche quella mattina, Non sarebbe
venuta con me da Ryan, e questo non faceva altro che farmi capire
quanto fosse egoista.
Mi preparai e da sola raggiunsi la residenza McCarthy. Ovviamente Ryan
non potè proprio fare a meno di baciarmi. Non lo sopportavo
minimamente. Mi fece accomodare nel suo salotto e mi accorsi che
dall'ultima volta in cui avevo visto casa sua, tre settimane prima,
qualcosa era cambiato: aveva aggiunto due poltrone di pelle nera, aveva
cambiato il divano e posto una pianta a chioma circolare vicino alla
TV. Nonostante mi stesse antipatico, aveva un buon gusto nell'arredare.
Davanti al divano su cui ero seduta c'erano alcune carte di credito,
dei fogli con appunti vicino ad una cartella marrone, un posaceneri ed
una stilografica sopra ad un blocco per gli assegni. Si sedette vicino
a me.
<< Allora, ho preparato tutto. Come vedi, ho
buttato giù qualche lettera da spedire ai Valente.
Fingerò di essere un importante uomo d'affari italiano che
li vuole per un grosso investimento. Chiederò la loro
presenza a Roma ed un appuntamento in un luogo preciso. Intanto, un mio
amico sarà lì e fingerà di essere
l'uomo d'affari. Il bello viene qui. Gli faremo una proposta tale da
essere impossibile da accettare: molto conveniente per noi,
terribilmente sconveniente per loro, in modo che si sentano costretti a
rifiutare. Che ne pensi? Tutta farina del mio sacco, Ari bella.
>>
<>
<< Va bene, mi hai convinto. >> e
mi baciò di nuovo.
<< Ma insomma, perchè oggi sei
così morboso? Non dirmi che ne stai approfittando
perchè da domani fingeremo di non esserci mai conosciuti...
>>
<< Eh, è proprio così.
>>
<< Dai, infine erano i patti. >>
<< Lo so, ed è questa la parte
più brutta. Non farmi domande. >> si depresse
un po' dopo quelle parole. E, in fondo, non potei negare di avere avuto
la sua stessa reazione.
Comunque sia, dopo un quarto d'ora di modifiche al piano, prese il
telefono. Il suo amico aveva degli impegni, e così non
avrebbe potuto fingere di essere l'uomo d'affari via webcam.
Sollevò la cornetta del telefono e premette alcuni tasti
che, secondo me, avrebbero dovuto rappresentare una sequenza da
comporre prima del numero per far sì che il numero chiamante
non fosse l'originale, ma un falso. Certi trucchetti potevano solo
essere una sua idea. Il colloquio andò a buon fine.
Fissarono un appuntamento di lavoro una settimana dopo la chiamata, il
che significava che avrei dovuto rimanere insieme a Ryan ancora per
sette giorni. "Che pizza...", pensai. Il mio incubo non era ancora
finito. Mi chiesi per quanto ancora sarebbe andata avanti quella
storia.
L'appuntamento si sarebbe tenuto a Roma, in via Carlo Alberto, in uno
dei tanti appartamenti in giro per il mondo di Ryan. Avevo il forte
presentimento che davvero tutto fosse un immenso castello di carte.
|