Il fiore e la farfalla
In un giardino
senza né universo né tempo, in un luogo ove non esistevano città e la vita
scorreva ininterrotta, i secondi, i minuti, le ore e gli anni senza
importanza, vi era una distesa verde, tutti fili d’erba simili fra loro, che
vivevano alla stessa maniera, pensavano in ugual modo. Poi, un po’ più
raramente, si potevano scorgere piccoli fiorellini selvatici, così simili a
ciò che li circondava che si mimetizzavano e, apparentemente, vivevano come
loro; tuttavia, dentro, nell’anima, erano differenti, ma temevano di non
riuscire a trovare i loro simili e quindi si adattavano, per non restare soli
ed appassire velocemente. Così facendo, però, prolungavano solamente la
propria agonia.
E, ancora più rari,
come perle in un guscio di un mollusco, come i pianeti abitati nell’universo,
come un’aurora, c’erano i fiori, fieri di essere tali.
Non importava loro
dell’erba e di ciò che pensava; un unico cervello, un’unica idea per migliaia.
Non aveva alcun valore per loro la vicinanza di quegli esili fili così poveri
d’animo.
Vivevano per loro
stessi, utilizzando il proprio cervello, superando da soli i propri problemi,
portando avanti la propria individualità, legando solamente con fiori di
altrettanta nobiltà, vestendo ogni giorno petali con colori luminosi e
sgargianti, colori di cui erano fieri, che sentivano propri, che li
descrivevano.
Nei giorni di
pioggia, di nebbia, di tristezza e delusione, di rassegnazione, portavano
colori scuri, vicini al nero;
Nei giorni in cui
la speranza vacillava, in cui l’ottimismo e la gioia venivano meno, nei giorni
in cui non avevano voglia di pensare, non avevano la forza di distinguersi, si
mimetizzavano, adottando colori spenti, opachi, morti;
Nei giorni in cui
invece erano allegri, la gioia dominava la loro anima e l’euforia governava il
loro comportamento ed i colori erano quelli del sole, dell’arcobaleno,
esplosioni di luci che scaldavano il cuore.
Un fiore in
particolare, che adorava assumere come colori le più svariate sfumature
dell’azzurro, non era particolarmente allegro, la malinconia pervadeva le sue
giornate, un piccolo vuoto lasciato dalla lontananza di presenze importanti
per la sua vita, importanza scoperta solamente all’ultimo, nel giorno
dell’addio.
Tutto ciò fino a
che non arrivò una farfalla nel giardino; subito questa straordinaria creatura
notò il fiore così particolare, così differente dagli altri; e, dal suo canto,
anche il fiore notò subito la nuova presenza.
Mossi dalla
curiosità i due si avvicinarono, si studiarono brevemente e la farfalla iniziò
a passare sempre più tempo col fiore, ascoltandolo, vedendolo aprirsi e,
appena l’apertura fu abbastanza grande, appena il fiore sbocciò, ella si
infilò al suo interno, assuefandolo, riempiendolo di dolci attenzioni, curando
i suoi mali, la sua tristezza, facendo svanire la malinconia, invadendo i suoi
pensieri, promettendo un incantevole futuro.
Amore, così fu
chiamato questo legame.
Poi, però, la
farfalla capì che era impossibile, un concetto utopico.
Si rese conto che
fra loro due, in quel giardino, non ci sarebbe potuto essere amore.
Così, volò via un
breve periodo, lasciando il fiore solo, abbandonandolo al suo dolore;
per il fiore furono
lunghe ed infinite giornate, vuote, riempite soltanto da tristi lacrime e dal
ricordo di ogni singolo bel momento condiviso con la sua farfalla.
Fortunatamente il
fiore non era solo, ma aveva accanto a sé altri dolci amici che lo
consolarono, gli ricordarono che non era solo, e proprio in quel momento né
scoprì un altro, un fiore affascinante che aveva trovato la sua metà e provava
simpatia per questo povero essere sofferente, una sofferenza che tanto lo
rammaricava.
La farfalla tornò.
Chiese scusa e il fiore, forse scioccamente, nella sua infinità bontà e per
via della grandezza indescrivibile di ciò che provava per lei, la perdonò, le
concesse nuovamente di posarsi sui suoi petali, ma stavolta la farfalla
neanche cercò di penetrare le profondità dell’amico.
Il fiore era di
nuovo luminoso; certo, non radiante come all’inizio, la consapevolezza d’aver
perso quel qualcosa in più, che non sarebbe mai tornato come agli albori, che
il suo desiderio più grande non si sarebbe mai realizzato, gli poneva dei pesi
alla base, ma l’averla accanto, ogni giorno, parlarci, sentire la presenza di
quel legame, avere la consapevolezza di non aver perso la sua farfalla
allietava il suo animo; sentirsi dire che gli voleva bene gli riempiva ogni
volta il cuore di gioia, era una bella consapevolezza e nulla lo rendeva
felice come il sentire quel dolce suono ripetutamente.
Poi, la farfalla
scomparve di nuovo e a nulla servirono le ricerche del fiore, le chiamate; per
un giorno ed una notte il fiore rimase solo, senza respirare, il cuore chiuso
in una morsa, il timore che avanzava ingrassandosi della sua ignoranza.
Al suo ritorno, la
farfalla fu fredda, insensibile, si comportò in maniera indifferente, come se
non tenesse a lui, un modo così distante da quel che popolava i suoi dolci
ricordi, talmente differente che lo spinse a chiedersi se non avesse sognato
il periodo precedente.
Disse al fiore che
lei era così, poteva esserci come non, mossa soltanto dal suo volere, sparire
inaspettatamente e poi, improvvisamente, tornare, unicamente tenendo conto di
se stesso; per lei l’amicizia era esserci nel momento del bisogno, il resto
non contava, non aveva utilità la sua presenza in altri casi, quando non
urgeva un consiglio.
Ma, nei casi di
sofferenza, la farfalla si sarebbe offesa se lui non avesse chiesto a gran
voce il suo aiuto, se lui non l’avesse cercata; detto questo, volò via di
nuovo.
Il fiore pianse per
un giorno intero, solo nella sua solitudine, solo nel suo giardino, la
presenza dei fili d’erba fittizia, i fiori amici una mera consolazione, un
senso di disperazione che toccava ogni corda del suo essere, una melodia
triste e malinconica, straziante, era sospesa nell’aria, come a ricordargli
ogni istante la profondità della ferita infertagli.
Si richiuse. Fu una
delle prime reazioni, troppo doleva restare aperto, esposto ad eventuali altre
sofferenze. Non aveva la forza di sopportarne altre, così si chiuse, tenendo
al suo interno, però, il dolore inflittogli dalla farfalla, tenendo,
conservando quel dolce profumo, la sua innocente polvere depositatasi fra i
suoi lembi.
Era triste,
irrimediabilmente triste. Non poteva accettarlo, non poteva accettare anche
quel sacrificio per la farfalla, troppi ne aveva già fatti. Non lo considerava
giusto, giusto nei confronti, sembravano così immotivati quei “ti voglio bene”
e “tengo a te”. Se veramente teneva a lui, come mai la sua farfalla non lo
dimostrava, come mai pensava solo a se stessa, come mai non aveva un minimo di
considerazione per lui, per ciò che provava, come mai gli esponeva con
tranquillità concetti così taglienti?
Se ne era andata,
svolazzava libera, distante da lui, per nulla intaccata da quel che era
successo.
Mentre lui
soffriva, sentiva il vuoto dentro, un vuoto lasciato dalla sua “partenza”,
dalla sua ormai dichiarata presenza così labile e alternata, un vuoto cosparso
come un campo minato da pericolosi ricordi, ricordi di un qualcosa che non
sarebbe tornato. Un vuoto così difficile con cui convivere, una nuova ferita
più profonda delle precedenti.
E lei non c’era.
Non percorreva velocemente strette traiettorie per raggiungerlo, non più.
Non vi era alcun
motivo perché la farfalla accorresse dal fiore, il fiore non stava sul letto
di morte, non soffriva copiosamente. Ma neanche era allegro, neanche era
felice.
Perché, dopo tutto
quel tempo, tutti quei giorni passati assieme, nulla nella vita della farfalla
era cambiato, come se lui non fosse esistito, come se a lei non importasse
nulla di lui, di quel fiore con cui tanto aveva condiviso.
Il fiore iniziò a
spegnersi, i suoi colori di un impalpabile azzurro, così distante dai colori
cristallini e dalle sfumature oceaniche che soleva assumere.
E non chiedeva il
suo aiuto, non chiamava la farfalla. Non vi era un motivo abbastanza grande,
non voleva scomodarla, non voleva fare discorsi futili con lei, non voleva
invocare la sua presenza consapevole che per lei non avrebbe avuto alcun
valore quel momento trascorso assieme.
Si stava spegnendo,
e la farfalla non lo sapeva.
Recensite, por favor! È un racconto un po' particolare... ho provato a
descrivere una situazione fra due ragazzi in una maniera più... naturale...
ditemi cosa ne pensate!
Nancy
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