Titolo:
A mente
aperta.
Autore: Lady Kokatorimon
Personaggi&Pairings: Uchiha,
Naruto Uzumaki (SasuNaru), nuovo personaggio (più o menoXD)
Rating: Verde.
Genere&Avvertimenti: Shounen ai, one shot, Romantico,
Commedia, Introspettivo.
Introduzione su EFP: "Ma io lo so qual è il mio problema. Non ci vuole poi
chissà cosa.
E so anche che non è così che lo risolverò.
Non perché sono io a chiederlo, certamente.
Non perché ammetterò di avere un problema, che in ogni caso non è neanche così
importante.
Non finché Orochimaru continuerà ad inseguirmi elemosinando le coccole la
mattina appena sveglio e Kabuto non la smetterà di guardarmi come se gli stessi
rubando il ruolo d’allegra concubina ingrata.
Non finché il mondo non capirà che a me non interessa, che non mi tocca.
Naruto Uzumaki può liberamente stare nella mia testa.
Non m’importa… assolutamente.
Non m’importa.
Non me ne potrebbe importare di meno."
SASUNARU
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NdA (facoltativo): Avevo già mandato questa fic ad un concorso, ma per un
mio errore ero stata squalificata. Sono pertanto lieta di poterla presentare a
questo venerabile contest, è un po’ come il ripresentarsi di un’occasione
persa! E persa stupidamente, aggiungo.
Non so perché l’ho
fatto.
È una risposta
abbastanza tipica di me, direi, ma stavolta sono abbastanza certo di non
saperlo.
Non lo so, punto.
Posso tornare ad affogare le mie nevrosi in un mare infinito di tagliolini e
carotine?
A quanto pare no.
D’accordo, ma dire
che Naruto Uzumaki va avanti seguendo delle motivazioni logiche, è come dire,
né più né meno, che Jiraiya è gay o che Tsunade ha le tette piccole. Insomma,
non scherziamo. Sarebbe del tutto al di fuori di ogni mia idea di me stesso.
Non lo so. Posso
tornare alla mia esistenza prima che arrivi a strozzarmi nelle mie stesse
viscere?
Andiamo! Io non ho
mai saputo il perché di quello che faccio. Non ho neanche idea del perché sto
al mondo!
Kami*.. troppo
complicato.
Potrei non venirne
mai a capo, e brancolare nel vuoto della sua assenza come un idiota fino alla
fine dei miei giorni, dice.
(Sempre ammesso che
le cose non vadano come dico io, e su questo mi lascio un sano beneficio del
dubbio)
Niente di tutto
questo mi aiuterà. Il lettino è scomodo, la tizia una psicopatica, e non ho
neanche fatto colazione.
Come pretende che
possa aprire la mente quando il mio stomaco sta annegando nei suoi stessi
acidi?
D’accordo.. apriamo
la mente.. un kunai dovrebbe andare bene? O forse è meglio piantarmi un
shuriken in fronte e grattare bene?
E il lettino diventa
sempre più scomodo, la tizia ha uno sguardo ancora più allucinato di quando
l’ho guardata l’ultima volta –mezzo secondo fa-, le immagini del fumo su una
tazza ricolma di brodo si fanno più insistenti.
D’accordo, ho
cominciato a fumare, cosa ci sarà mai di così illegale nel fumare?
Non mi sembra
sufficiente per etichettarmi come uno psicopatico –oltre che come il pericolo
pubblico che sono sempre stato-
Sakura non lo pensa
allo stesso modo. Benissimo.
Le voglio bene, è
una cara ragazza, mi conosce da quando ero più basso di lei e da quando me ne
andavo in giro con abbigliamento di dubbia colorazione. Gliene do tutti i
meriti e le riconosco tutto quello che devo riconoscere ad una persona così
importante nella mia esistenza.
Ma diavolo, avrò il
diritto di avere un dannato vizio come qualunque altro dannato adolescente di
questo dannato mondo?
So come
risponderebbe lei.
Non c’è bisogno di
aprire la mente per riuscire ad arrivarci, dannazione.
E so anche qual è il
mio dannato problema.
Non è il fumo, non è
il divano scomodo, non è la tizia che continuava a spiattellarmi tutte le sue
specializzazioni in psicologia, psicanalisi, studio delle psicosi, nevrosi e su
come ribalterà la mia mente come un calzino puzzolente pur di risolvere la
questione. Ed il fatto è che non c’è proprio nessuna questione che vorrei
risolvere.
Non è dovuto a
niente che riguardi le dieci bottiglie di sakè che mi sono scolato ieri sera,
proprio dopo il seminario sui danni al sistema nervoso di Sakura chan. L’alcol
fa male a non so quale tipo di cellula del cervello che non conosco, d’accordo,
quando me lo sarò scritto in fronte ti farò uno squillo, contenta?
Quindi, torniamo al
punto principale.
Il mio problema non
è tanto grave, ma tremendamente insistente.
Sembra sempre vicino
alla soluzione, a volte sembra che possa solo mandare via il peso con una
riflessione un po’ più lunga e tornare il momento successivo a farmi prendere a
cazzotti da Sakura o sfottere da Sai. Ed ogni volta me la fa sotto il naso.
Sembra quasi furbo,
per quanto un problema possa dirsi furbo. Ma sta lì, consumando e rodendo e
limando, poi scompare.
Poi ricompare il
momento dopo. Non mi poi tanto fastidio, ma sento che c’è.
Prima è nero, poi
bianco, poi da un momento all’altro diventa rosso.
Camaleontico, per
quanto un problema possa dirsi camaleontico.
D’accordo. Apriamo
la mente.
Ma solo questa
volta!
Anche se rimane il
fatto che io lo so qual è il mio problema. So qual è il mio cazzutissimo
problema.
E so anche che non è
così che lo risolverò.
Non perché sono io a
chiederlo, certamente.
Non perché ammetterò
di avere un problema, che in ogni caso non c’è.
Non finché non avrò
annegato la faccia tra il sakè e non avrò soddisfatto il mio bisogno impellente
di nicotina.
Non finché il mondo
non capirà che a me non interessa, che non mi tocca.
Sasuke Uchiha può
liberamente stare nella mia testa, farci la sua casetta e tanti saluti.
Non m’importa.
Non m’importa
assolutamente.
Non me ne potrebbe
importare di meno.
Comprendo. Non ci
vuole poi molto.
Direi che era
prevedibile, se non addirittura conseguente.
C’era almeno il 90%
di possibilità che diventassi pazzo, lo sapevo fin dall’inizio.
Vivere in una specie
di castello dell’orrore senza neanche la luce elettrica, insieme ad un pedofilo
con problemi d’impotenza ed evidente avversione alla luce del sole, il suo
leccapiedi con aspirazioni da piccolo chirurgo e i loro bambocci da esperimenti
che girano per i corridoi con l’aria ebete di chi neanche sa dove si trova..
beh.. direi che farebbe uscire di brocca chiunque.
Non dovrei
lamentarmene.. non me ne lamento. È già qualcosa no?
Ammettere il
problema è già un passo verso il raggiungimento dell’equilibrio mentale.
In un tempo
relativamente breve, aggiungo.
D’accordo, che devo
fare? La faccenda sarà risolta per il prossimo massacro in programma
sull’agenda del biancone?
Evidentemente no.
D’accordo.. ma non
voglio essere incolpato in nessun caso di un eventuale calo delle prestazioni.
Bene, allora.
Un problema c’è, non
so qual è.. ma c’è.
Non è neanche tanto
rilevante, secondo me, ma non credo di avere tante possibilità tra cui
scegliere.
O lo risolvo o il
prossimo regalo del mio sensei sarà un collare con un dispositivo di
rintracciamento d’ultima generazione.
E direi che il
nostro rapporto è stato già abbastanza approfondito.. quindi gradirei evitare
qualunque genere di contatto ulteriore..
Da dove posso
cominciare?
Non mi accorgo
immediatamente quando si manifesta.
È procedimento
terribilmente subdolo, da questo punto di vista, me ne rendo conto.
Le parole mi escono
di bocca senza che le abbia pensate, la mia mano scrive cose che non mi
sfiorano neanche la mente.
Eppure accade.. e
non ho la benché minima idea di come evitarlo.
A quanto pare la
soluzione migliore è aprire la mente.
Ottimo, benissimo,
eccellente.
Direi di non essere
mai stato un esperto in questo.
C’è una formula? Un
posizionamento delle mani?
Un porticina dietro
la testa che devo aprire per estrarre i pezzi di cervello?
Ok, la parte della
mia psiche filo- Kabuto va assolutamente repressa.
Ma rimane il fatto
che non sembra una cosa semplice.. e nemmeno relativamente breve.
Insomma, so che
potrebbe sembrare che non abbia emozioni, che fare il culo a mio fratello nel
più sadico dei modi sia l’unica fonte di sinapsi del mio cervello.
È stata dura da
accettare anche per me.. ma sono umano anche io. C’è da farsene una ragione.
Prevedo di risolvere
la cosa entro la fine del mese, salvo intoppi, ma per il momento non posso far
altro che accettarlo.
Quindi apriamo
questa cavolo di mente e vediamo di dare una sistemata alla mia psiche entro la
fine del mondo.
Ma io lo so qual è
il mio problema. Non ci vuole poi chissà cosa.
E so anche che non è
così che lo risolverò.
Non perché sono io a
chiederlo, certamente.
Non perché ammetterò
di avere un problema, che in ogni caso non è neanche così importante.
Non finché
Orochimaru continuerà ad inseguirmi elemosinando le coccole la mattina appena
sveglio e Kabuto non la smetterà di guardarmi come se gli stessi rubando il
ruolo d’allegra concubina ingrata.
Non finché il mondo
non capirà che a me non interessa, che non mi tocca.
Naruto Uzumaki
può liberamente stare nella mia testa.
Non m’importa…
assolutamente.
Non m’importa.
Non me ne potrebbe
importare di meno.
“Cos’è che odi di
più in lui?”
Guardo il soffitto in
modo sbilenco, cercando di spingere le pupille ad incontrare la sua faccia.
È come se mi stesse
chiedendo perché sto al mondo –cosa che in ogni caso nemmeno so- , la cosa ha
un che di paradossale.
Non c’è qualcosa di
Sasuke Uchiha che odio.
Odio Sasuke Uchiha
nella sua totalità, nel suo stesso essere.
Non ‘qualcosa’.. ma
semplicemente tutto.
Tutto qua. Non vedo
cosa ci sia da discuterne.
Non conta il fatto
che un tempo andassi in giro dicendo che era il mio migliore amico, o peggio
ancora un fratello.
Un migliore amico
non cerca d’ucciderti, un fratello non t’abbandona come un emerito deficiente
per andar dietro al primo biancone ninfomane che gli offre la luna. Non è così
che si fa. Davvero non lo è.
Da quando l’ho
capito, so di aver ritrovato l’equilibrio psichico.
Niente più visi
pallidi e capelli neri nei miei sogni –o nelle allucinazioni in stato
d’ubriachezza- niente più castelli in aria su riappacificazioni strappalacrime
e lieti fine da favoletta per mocciosi.
…… Va bene.. forse
non del tutto.
Ma so che è
questione di tempo.
Il raggiungimento
della pace interiore è solo questione di tempo.
Ma d’accordo.
Apriamo questa cavolo di mente.
Solo momenti
confusi, l’uno accatastato all’altro quasi, in cui sono stato vicino ad
ucciderlo –e sarebbe stato ‘sayonara’ a tutti i miei sconvolgimenti psichici-
mi vengono alla mente. Rimpianti di occasioni non colte quando mi si sono
presentate davanti.
Ricordo una missione
con il maestro Kakashi.
Ce ne sono state
tante, ma non so perché questa la ricordo in modo particolare.
Nitida.
Come se accadesse in
questo momento.
-Non imparerai mai,
Usurantokachi*…-
….Sorrideva….
-…Sei un incapace
totale-
Era la sua classica
battuta d’effetto teatrale. Non credo di essere in grado di dimenticarla.
Niente di così
sconvolgente, niente di così traumatico.
Mi ero abituato ad
essere “Usurantokachi” così come mi ero abituato ad essere un mostro.
Perfettamente
normale, quotidiano. Il lineare svolgimento degli eventi della mia giornata
tipo.
-Pensa ai cavoli
tuoi, teme*-
Odiavo il modo in
cui mi guardava. Lo ricambiai dal basso della mia posizione prona.
Sembravo una scimmia
che cercava d’imitare un comportamento umano. Ma ero convinto di quello che
facevo, perlomeno.
Sasuke aveva sempre
avuto un modo di guardare le persone che mi terrorizzava. Le pupille sollevate
sin nella parte più alta dell’occhio, come se guardasse tutto perennemente
dall’alto in basso. Superbo, altezzoso, inquisitore.
Guardai il liquido
rosso e zuccheroso sulle mie dita.
-Non devi
raccoglierle in questo modo, baka*..- esalò, accucciandosi vicino a me con
qualche respiro di fatica.
Afferrò lo stelo di
una della miriade di piante di fragole che eravamo incaricati di saccheggiare
-.. altrimenti ti si sfracelleranno tutte in mano-
-Non sono stupido
fino a questo punto-
-Io ho i miei dubbi-
La sua vicinanza mi
opprimeva.
Era come se una
pressa bollente di schiacciasse il cervello. Diventavo rosso come un pomodoro,
urlavo più forte e balbettavo in modo più ridicolo. Vibravo, indeciso tra
l’allontanarmi e sopportare quella sensazione insopportabile.
Non mi piaceva,
davvero non mi piaceva.
-Sono stanco-
-Anch’io..- concesse
-.. ma sono abbastanza professionale da fare bene il mio lavoro-
-Oh, certo, come
avrò fatto a non capirlo? Scusa tanto se sono umano- sobbalzai quasi.
Insieme alla pupilla
nerissima che era discesa al livello delle mie. Ci guardavamo fissi, paralleli.
Non lui più in alto,
non io più in basso.
-Hai capito adesso
baka?-
-Eh?- Sospirò,
sbattendosi una mano in faccia con fare esasperato.
-Hai capito come
fare?-
-Fare che?-
Replicò il gesto
aggraziato a cui non avevo fatto attenzione prima, afferrando il picciolo
anziché il frutto, come facevo io.
Lo recise dallo
stelo con una breve pressione delle dita, portandosi così dietro la fragola che
gli cadde sul palmo della mano.
Terribilmente
semplice, anche se prima io non ero riuscito ad arrivarci.
Mi sentivo così
messo alla prova che non riuscivo più a pensare in modo normale, con lui.
E qualcosa di così
scontato diventava lontano, qualcosa di così semplice diventava
incomprensibile.
Guardavo il rosso
carminio contrastare il bianco marmoreo della sua mano, assorto.
Non lo capivo.
Non capivo cosa ci
fosse di sbagliato in me.
E sapevo che se
avessi continuato a stargli vicino.. non lo avrei mai capito.
Mi alzai di scatto,
come una molla. Come se quella sensazione fosse finalmente riuscita a
raggiungere un punto più sensibile della mia pelle e ad eroderla, provocandomi
un dolore improvviso. Tremai un attimo, con le braccia incollate ai fianchi, lo
sguardo su un punto imprecisato del terreno.
Non ci riuscivo.
Dannazione.. non ci
riuscivo proprio.
-Neanche io pensavo
che fossi stupido fino a questo punto-
Vibravo contro
l’aria fredda. Sapevo che non sarebbe durato a lungo, ma quella sensazione
d’impotenza mi legava tutto il corpo.
Ero Naruto Uzumaki..
e Naruto Uzumaki non resiste a lungo a stare nelle stesso punto senza spostarsi
o senza aprire la bocca per più di due secondi netti. Ne erano passati molti di
più. La tensione sulla testa mi faceva arrossire ancora, le mie guance dovevano
essere di un colore così rosso da sembrare che fossi in grado di scoppiare come
una pentola a pressione da un momento all’altro.
-N.. no..o-
-Dai vieni-
Ero troppo occupato
a rimirarmi i piedi per accorgermene.
Per accorgermi che
mi trovavo ancora al suo livello, e che la vicinanza non era più tale.
Era un reale
contatto.
-Non è niente di
così infattibile, baka-
Anche il suo fiato
sembrava aver preso consistenza.
Mi toccava proprio
come le sue mani. Sulle mie.
Le mani freddissime.
Il fiato incandescente.
Fece muovere le mie
dita sulla pianta. Afferrarono lo stelo, poi il picciolo.
La fragola cadde
sulla mia mano con una breve caduta e una movenza d’assestamento, rotolante.
Ero appoggiato a lui
così totalmente che se avesse anche solo pensato di muovere un muscolo gli
sarei caduto addosso.
Sono più o meno
sicuro nel dire che le mie orecchie stessero emettendo fumo da molto prima che
me ne accorgessi.
Ed era come fossi
stato aria calda su un vetro freddo. Ghiacciato.
-Lo sapevo, teme-
Il suo viso marmoreo
e i suoi occhi d’antracite erano così vicini che non serviva neanche voltare il
capo.
Se dovessi dire
qualcosa della totalità delle cose che odio ed odiavo di Sasuke Uchiha direi
che una sarebbe quella.
Non vacillava, non
si scioglieva. Rigido come il ghiaccio. Non c’era l’errore o lo sbaglio
nel suo vocabolario.
Anche se ci fosse
stato, non sarebbe servito a sciogliere il ghiaccio.
Lui rimaneva fisso
su quello che pensava, che faceva, che avrebbe pensato e fatto.
Ed io, per quanto
allungassi la mano, non riuscivo a toccare la struttura di ghiaccio su cui
giaceva.
Che lo teneva così
inevitabilmente lontano da me.
Non mi piaceva.
Neanche un po’.
Il modo in cui mi
guardava, tenendo la bocca chiusa su parole che si risparmiava di spararmi addosso.
Il modo in cui le
pupille rimanevano indenni, senza deviare dal loro obbiettivo.
Il modo in cui le
labbra si piegavano, in bilico. Indecise
Il ghiaccio –che le
ricopriva- non permetteva loro di sorridere.
-Attento a non
cadere dalla pianta.. fragolino-
Era un idiota.. un
perfetto idiota.
Non aveva diritto di
superarmi in testardaggine.
Lo pensavo mentre il
suo tocco mi soggiornava per gli ultimi istanti sulle dita.
Mentre osservavo la
vena rosata che cominciava a tingere le sue mani.
Dall’esatto punto in
cui io le avevo toccate.
“Cos’è che ti
piaceva di lui?”
Non ho proprio idea
di cosa sarà più idiota.
La domande, la
risposte… o l’argomento. Possiamo dire che questo è un degno modo d’imboccare
la strada della follia più assoluta.
Ad ogni modo.
Naruto Uzumaki.
Non so se ho mai
pensato che ci fosse in lui qualcosa da apprezzare in sé e per sé.
Casinista.
Imbranato.
Testardo.
Imperfetto.
Ancora casinista.
Decisamente non so
cosa potessi avere a che fare con lui.
Dicevo che era il
mio migliore amico.. no? Dannazione.
Ci sarà pur stato
qualcosa che mi piaceva di lui? Di solito con gli amici è così.. no?
Non sono tanto
esperto in materia, non sono esperto in materia di apertura mentale..
figuriamoci. E mi sto sentendo un idiota.
Non sono mai stato
abituato a non essere esperto in quello che faccio.. non mi ci ritrovo. Mi
sento perso.
Non credo di esserci
abituato.
Ad ogni modo, anche
se avessi idea di cosa mi piace di lui, non avrebbe importanza.
Ho tentato di
ucciderlo.. non è qualcosa di trascurabile. Anche se mi piacesse qualcosa di
lui –cosa a cui devo pensare con più impegno- non so quanto potrei
approfondire. Una volta mi cercava.. si, questo è vero, ma quanta pazienza può
avere una testa calda come lui, fin quando continuo a tirare la corda?
Poca. Non è stupido
fino a questo punto.
Le cose cambiano,
non posso aspettarmi che lui continui a cercarmi per sempre. Anche lui capirà,
se non l’ha già fatto.
Non che me ne
importi, poi.
È più che naturale,
e non vorrei tanto meno il contrario. È così che deve andare, e niente di meno.
Sono solo io quello
che sbaglia a ripensarci ancora. Il suo mondo, semplicemente, non continuerà a
girare intorno al mio per sempre.
Finché continuerò ad
impedirgli d’entrare, lui batterà alla mia porta, attendendo scalpitante che io
apra, che torni, redento dai miei peccati, a casa. Sarà lui l’unico a sperarci
ancora. Io non ho illusioni irrealizzabili, non ho niente di tutto questo.
Io ho solo la mia
immutata rassegnazione.
Ed è così che deve
essere.. e niente di meno.
Il battito dei suoi
pugni scagliati sulla porta. È questo il mio problema.
Cosa mi piace di
lui… e poi?
Lui non smetterà di
bussare. Ecco quello che mi piace di lui.
Nonostante le tempie
mi facciano male e la testa diventi ogni volta più pesante di dolore
pruriginoso.
Lui busserà fin
quando ci sarà una porta su cui farlo. Cosa mi piace di lui?
Niente.. proprio
niente.
E smettila di
battere.. baka.
Aprirò la mente..
d’uno spiraglio appena.
Lui non deve
entrare. Giusto per far passare qualche ricordo, di lui, attraverso l’uscio.
Appena appena.
Sfiorato nei
pensieri.. e niente di più.
-Ti odio, Teme-
Sorridevo.
Alzando l’angolo
sinistro della bocca, assottigliandola.
Era lui. Uzumaki
Naruto. Non potevo aspettarmi qualcosa di diverso.
Così come lui non poteva
aspettarsi qualcosa di diverso da me.
Avevo imparato ad
essere ‘teme’ così come avevo imparato ad essere l’ultimo super dotato
superstite di uno dei più nobili clan della storia di Konoha.
Semplice, logico,
evidente quasi. Perfettamente normale, quotidiano. Il lineare svolgimento degli
eventi della mia giornata tipo.
Tutto qua.
-Che novità..
Usurantokachi-
-Mi fa male-
Il ghigno si
sciolse, come cera sulla mia faccia. Lo guardavo.
Le guance rigide che
mi pizzicavano.
-Dovevi solo stare
più attento-
-La fai facile.. tu-
Naruto guardava
sempre in faccia le persone. Qualunque cosa stesse dicendo, qualunque cosa
stesse accadendo nel frattempo, lui guardava dritto negli occhi sempre –o
quasi-. Forse aveva quella inaspettata consapevolezza del fatto che i suoi
occhi erano tanto grandi che farci affogare qualcuno era praticamente niente.
Ma era molto più
semplice pensare il contrario.
Non aveva nessun
altra intenzione che di guardarti.
Nient’altro.
-Certo.. hai una
laurea in scivolata- acrobatica- sui- pomodori?-
-Non è divertente..
Teme, non è divertente-
Mi guardava da
basso, la gamba sinistra incrociata in modo aerodinamico sulla sinistra -le sue
articolazioni a volte avevano qualcosa d’inumano-, le guance gonfiate e
pressanti sotto le iridi affilate dalla rabbia e sopra i denti
digrignati. Se non fosse stato per il rossore che lo faceva sembrare così
dannatamente patetico, avrei pensato che stesse per saltarmi addosso per
cercare d’azzannarmi la gola.
Ma non lo pensai
ugualmente. E non solo perché aveva una gamba fuori uso.
-Forse un pochino..
baka..- lo apostrofai, imitando il suo abbozzo di richiamo al duello animalesco
-.. sei in punto di morte?-
Spalancò gli occhi,
facendoli ruotare per tutto lo spazio circostante tranne che su di me,
terminando il tour sulla sua gamba, amorfa.
Ci stava pensando.
Dio mio… Erano così difficili da capire le mie domande retoriche?
La nostra
comunicazione reciproca ne sarebbe uscita gravemente compromessa.. almeno da
parte mia.
-No-
-Allora si.. è
terribilmente divertente-
Cantilenai,
soddisfatto nel senso malsano del termine.
Dolcemente
soddisfatto.
-Ti ho già detto che
ti odio vero?-
Ah, si.
C’erano I suoi
ragionamenti, poi.
Non avevano mai
avuto niente di umano, di terreno, di tangibile per me.
Un momento mi
guardava, sembrando di non voler far altro. L’altro voltava il viso, dilatava
le guance, si abbracciava il petto così forte da sembrar quasi che volesse
comprimersi la cassa toracica fino a non farci più passar l’aria. E borbottava,
su di giri, insulti al vento e al vuoto del cielo, cose che in situazioni
normali mi avrebbe detto fissandomi in modo così diretto da farmi sentire
l’acqua di quegli abissi nella bocca.
Poi abbassava la
testa, di leggero soppiatto, quando pensava che nessuno lo guardasse,
illanguidendo, senza motivo apparente.
Si fermava con i
piedi sopra l’ombra d’un albero, mentre camminavamo, aspettava che qualche
metro lo dividesse dal nostro vociare confuso o dal nostro silenzio forzato, e
rimaneva fermo. Immobile sotto il fruscio, per qualche minuto che sull’orologio
non contava, sospeso come i rami verdi e sussurranti che aveva sul capo.
E non era più lui,
in quei momenti.
Solo un ombra
arancione che si poteva scorgere appena, e con difficoltà.
Io riuscivo a
vederla solo aguzzando bene la vista, mentre pensavo a quanto baka fosse.
Mille foglie gli
cadevano addosso, mentre questo pensiero mi attraversava la mente.
Prima di rendermi
conto che era tardi.
E che non avremmo
fatto in tempo a mangiare il ramen all’Ichiraku, perché stava per chiudere.
E solo allora, lo
chiamavo.
-Mille e mille
volte, baka-
Sbuffò, come se
quello paziente dei due fosse lui.
-Non vorrei che te
lo dimenticassi.. teme..- sospirò, pragmatico -.. non è per il fatto che ho
bisogno d’aiuto che lo chiederò proprio a te-
-Ah no? E perché?-
-Perché..- cominciò
tirandosi un po’ indietro la frangia troppo lunga che prima era stata
trattenuta dal copri fronte -.. beh.. pensavo che fosse chiaro, insomma!-
-Non lo è-
Il capo segui il
movimento della mano su un ciocca di capelli, tirandosi indietro con uno
scattone.
Le guance rosse,
quasi pulsanti.
-Si che lo è-
-T’ho detto di no-
-Solamente perché mi
stai prendendo per i fondelli-
-Non ho idea di che
cosa tu stia parlando-
-Siiiiiiiiiii che lo
saaaaaaaaaaaai!-
-No-
-SI-
-no-
-si-
-no-
-si-
-no-
-SIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!-
-Ok-
Un breve sbattimento
delle palpebre.
Un tremolio
inconsulto del labbro inferiore.
Una voglia
impellente di ridergli in faccia che mi saliva su per la gola.
-Lo dicevo io che mi
prendevi per i fondelli-
Mi crogiolavo nella
sua baka- aggine. Ed è molto peggio, credo.
Non ho idea di come
abbia solo potuto questa parola.. ma è davvero calzante.
Adoravo metterlo
alle strette, stuzzicarlo sulle sue ferite aperte ogni volta che potevo,
vederlo arrossire e gonfiare le guance se messo davanti alla dura verità.
Girare il dito nella piaga quando sbagliava.
Ero sempre un ‘teme’
no?
Non facevo
nient’altro che il mio ruolo.
Nient’altro che
questo.
-Ordinaria
amministrazione-
-Siamo rivali,
teme..- piegò la testa di lato, opposta alla mia, mentre lo diceva -.. è sempre
così che è stato-
-Lo so, baka..-
guardavo dritto al suo collo teso -.. ma te l’ho detto. È ordinaria
amministrazione anche quella-
Lo sapeva, in cuor
suo, perciò continuò ad evitarmi, tenendo ancora di più collo lontano da me,
arrossendo ancora sulle guance sgonfie.
Con tutto l’orgoglio
di cui era capace.
Avevo il mio ruolo
di ‘teme’, ed aveva la sua dannata importanza, in fin dei conti.
Dava un senso alle
cose, quando non ce l’avevano. Sapevo cosa aspettarmi da me stesso e dagli
altri.
V’erano cose che
c’erano permesse, e altre che non lo erano.
Sarebbero state
battute di troppo su un copione finito, note stonate su uno spartito già
scritto.
Non c’era spazio per
altro.
Solo un ‘teme’, e
solo un ‘baka’.
Il resto erano
comparse, erano tutt’altra cosa. Cose a cui avrei pensato poi, quando le sue
guance avrebbero stinto il loro colore carminio, quando avrei smesso di pensare
a quanto il suo orgoglio fosse divertente da stuzzicare, ogni volta. E mi
piaceva.
Tutto ciò.. mi
piaceva.
-Vieni-
Non era neanche la
prima volta. Ma lui non ci credeva mai.
Non riusciva a
vedere oltre la mia figura chinata al suo fianco, alla schiena piana che gli
offrivo.
Strabuzzava gli
occhi, allora, rendendoli ancora più grandi.. per quanto fosse possibile.
-Stai scherzando..
vero?-
-Mai stato più
serio-
-Ma… m… ma.. t’ho
appena detto che ti odio… e che siamo rivali… e che…-
-Me lo dici sempre-
-Sarà forse per il
fatto che è la verità?-
Borbottai,
indignato, incompreso, chiedendomi internamente come facesse a non capire.
Davvero.. a me
sembrava così dannatamente semplice.
-Ci penseremo dopo..
ora vieni-
Fu con un sbuffo
d’interdizione, e con un roteare stizzito delle pupille azzurrissime, che
accettò.
Tremando leggermente
depose prima il petto sulla superficie offerta, il viso nella incavo del mio
collo, le gambe avvinghiate ai miei fianchi.
La testa in bilico,
tra il cadere lungo l’avambraccio, e rimanere appollaiata al limite della
spalla sinistra.
-Ma che non si
ripeta mai più-
-Certo.. certo..-
Improvvisazione..
baka.. improvvisazione.
Lo pensavo mentre
m’incamminavo fra lo spazio circondato di piante piene di frutti rossastri.
Evitando pomodori
spremuti ad ogni passo.
“Cosa gli diresti,
se lui fosse qui?”
La cosa sta prendendo
una piega che non mi piace, davvero.
È come se la tizia
psicopatica fosse una voce lontana, non la sento più.
Ora mi rendo conto
di qualcosa che mi era intelligentemente sfuggito.
Che fosse la mia
ancora di salvezza? Che io stia annegando nei fiumi della mia follia?
Va bene, tanto.
Follia in più, follia in meno. I conti sono fatti, e non ho voglia di stare a
pensarci troppo.
Perciò ignoro la sua
scomparsa, ignoro l’assenza del ticchettare nervoso delle sue dita sul tavolino
basso pieno di documenti in plichi ordinati, ignoro la mia improvvisa
solitudine. Non ci deve essere nient’altro che lui, nella mia testa.
Altrimenti sarà
tutto inutile.. no?
Se lui fosse qui.
La domanda fatidica,
uoho. Mi tremano le gambe.
Se fosse qui
dovrebbe essere lui ad aver paura. È inutile che mi guardi con quella faccia da
madrina affranta.
Non so neanche io
come, ma l’ho sentita distintamente.
Quindi vedi un po’
che vuoi fare, strizza cervelli del cavolo.
Comunque.. Se lui
fosse qui, eh?
Lo ucciderei con un
solo sguardo.
Lo farei affogare
nei miei occhi, lo farei soffocare tra le più atroci sofferenze.
Poi lo farei tornare
di nuovo, in un modo o nell’altro, per non far finire il divertimento, per
ricominciare da capo.
E gli chiederei
cento, mille, tremila, milioni di volte perché.
Ne ho così tanti che
non so neanche più contarli, i miei perché.
Glieli lancerei
addosso, uno dopo l’altro, come pugnali affilati e mortali.
A cui è impossibile
sopravvivere… se non rispondendo.
Lo prenderei a
pugni, così forte da spaccarmi le nocche della mano.
Urlerei così forte
da scaraventarlo via con l’attrito del mio fiato.
Gli farei capire
quanto dannatamente sbagliate siano state le sue decisioni.
Che non era
necessario seguire un potere che avrebbe potuto divorarlo, che non era
necessario correre il rischio.
Che è stato come
cercare le carote per un ramen già buono di per sé**.
Per la cronaca.. io
non ho mai amato le carote nel ramen.
E poi… poi.
Altri perché..
probabilmente, ce ne sono troppi per finirli tutti in una sola volta.
E poi aspetterei le
sue risposte, con le braccia l’una sull’altra, e gli occhi fissi nei suoi.
Aspetterei, in piedi
davanti a lui.
Le sue parole.
Aspetterei.
Se lui fosse qui..
eh?
Se lui fosse qui, io
sarei da lui. Vedrei le sue lacrime, probabilmente. E i suoi sforzi per
trattenerle.
Non avrei modo di
fare granché. Perché, semplicemente, farebbe tutto lui.
A me non resterebbe
altro che starlo a guardare, come il mio ruolo lo richiede.
Come il traditore,
come di chi ha il ruolo di colui che ha tutto da biasimarsi, e niente di cui
gioire.
Tacerei. Perché non
avrei niente da dirgli. Assolutamente niente.
Con le braccia
conserte, lo sguardo fisso e vagante sulla sua faccia rossa –di collera, o di
gioia, o di non so neanch’io cosa- senza mai guardarlo fisso.
Eviterei i suoi
occhi, soprattutto nel caso in cui fossero diventati più grandi, se fossero
diventati addirittura più belli.
Passerei per
vigliacco, dal suo punto di vista, ma non me ne importerebbe.
Sarebbero baratri
senza ritorno, acqua nella gola, un fastidio ed un dolore del tutto inutile.
Mi pruderebbe la
gola, le mani.
E comincerei ad
avere qualcosa da dire.
Poi.. beh.. forse
una cosa dirgli ce l’avrei.
Che nel suo
ragionamento c’è sempre stata un idea di fondo sbagliata.
-A me sembrava
chiaro. A lui no. Ma, ormai, tanto tempo è passato-
Che nonostante lui
s’impegnasse tanto, non sarebbe comunque servito a niente.
Che per quanto
desiderasse salvarmi.. io non ho mai avuto bisogno di essere salvato da nessuno
che non fossi io stesso.
Che se anche fosse
arrivato a rompere tutte le ossa del mio corpo pur di riportarmi via con lui,
io avrei soltanto aspettato che tornassero al loro posto.
Solo questo.
Io non ho mai avuto
bisogno di essere salvato.
Tutto qua.
Ma lui non
capirebbe.
Saprei anche questo,
e non me ne importerebbe.
Non arriverà il
giorno in cui mi volterò indietro, con la speranza di poter tornare indietro
come se niente fosse successo.
Saprò già mettere
avanti le mani, senza alcuna speranza di non averne conseguenze.
Non avrò stupide
illusioni, su ritorni a casa e lieto fine. Non per me.. non per lui con me.
Non dirò
nient’altro.
Aspetterei, in piedi
davanti a lui.
Che lui se ne vada,
senza più tornare.
Aspetterei.
-Baka-
-Teme-
-Sei qui?-
-Si.. tu?-
-Si-
-Non urli?-
-Mi stai
parlando?-
-Ho voglia di
parlarti-
-Non ho voglia di
urlare-
-Non mi chiedi
niente?-
-Non ho niente da
chiederti.. adesso-
-Sicuro?-
-Sicuro-
-E non mi
picchi?-
-Ho le mani
intorpidite-
-Non mi prendi a
calci?-
-Ho anche le
gambe intorpidite-
-Non mi chiedi di
tornare a casa?-
-No-
-Perché?-
-Non lo so-
-Oh-
-Tu non scappi?-
-No-
-Perché?-
-Non ne ho idea-
-Non cerchi di
uccidermi?-
-Non ho motivo di
farlo-
-Non ce l’avevi
neanche l’ultima volta, teme-
-Avevo voglia di
farlo. Adesso non ne ho-
-Perché?-
-Non lo so-
-Non ha senso-
-Già-
-Dovresti girare
i tacchi.. e andartene.. e fare il bastardo, il pezzo di ghiaccio..di nuovo il
bastardo..-
-Non lo faccio-
-.. oppure
ridermi in faccia.. prendermi in giro.. darmi dell’idiota…
-Non lo faccio-
-Perché?-
-Non lo so-
-Oh-
-Tu non urli? Non
mi dai del bastardo? Non mi dai del pezzo di ghiaccio? Non mi picchi?-
-No-
-Perché?-
-Non lo so-
-Oh-
-Non ha senso-
-Già-
-Mi stai ancora
cercando?-
-Nel tempo
libero-
-Oh-
-Tornerai un
giorno?-
-Potrei fare un
salto, magari.. nel tempo libero-
-Oh.. molto
gentile da parte tua, teme-
-Grazie, baka-
-Siamo pazzi?-
-Probabile-
-È un sogno?-
-Probabile-
-Mi prendi in
giro-
-Si-
-Oh-
-Comunque
non lo so, baka-
-Neanche io-
-Oh-
-Che facciamo
quindi?-
-Aspettiamo-
-Tutto qua?-
-Si, tutto qua-
-La tizia ribalterà
la mia mente come due calzini puzzolenti.. la prossima volta-
-Quale tizia?-
-Niente, teme,
niente-
-Oh-
-Ci sarà tanto da
aspettare?-
-Non lo so. Non
m’interessa-
-Neanche a me-
-Abbiamo lasciato
la mente troppo aperta mi sa-
-Ce l’hai
tu la chiave?-
-Non esiste una
chiave della mente, baka-
-Non puoi
saperlo, teme-
-Tsk.. baka-
-Teme-
-Baka-
-Teme-
-Baka-
-Teme-
-Va bene va
bene.. provo a cercare in tasca-
-Bravo-
-Non c’è-
-Quindi?-
-Aspettiamo,
baka..
…aspettiamo-
-Oh-
-Signor Uzumaki?-
Ha qualcosa da
ridire la vecchiaccia?
Sbadiglio, giro le
gambe in senso rotatorio l’una sull’altra, la guardo stralunato, senza capire.
-Si mi dica-
-Ha dormito.. tutto
il tempo, Signor Uzumaki, tutto il tempo-
Do un occhiata al
timer che aveva posato precedentemente sul ripiano di vetro, in bilico, per
contare esattamente un ora da quando aveva cominciato a frugarmi nella testa.
Un ora esatta. 1.00.09
Strano, eppure non
mi sento per niente.. frugato.
-E perché non mi ha
svegliato?-
Che strano.
È indecisa tra il
tenere uno sguardo indignato e indisponente, ed arrossire di tutto il rosso del
sangue che gli scorre sotto la faccia.
Non me la racconta
giusta. Ma concludo che tutte le sue specializzazioni in psicologia,
psicanalisi, studio delle psicosi, nevrosi eccetera eccetera abbiano almeno il
loro valore.
-Non volevo essere
maleducata-
-Non lo sarebbe
stata-
Evita di guardarmi.
Devo aver fatto
qualcosa di davvero disdicevole, per ridurla così.
Ma ahimè.
Non m’importa.
Non m’importa
assolutamente.
Non me ne potrebbe
importare di meno.
-Ricominceremo da
capo la prossima settimana.. signor Uzumaki-
Annuisco, sorrido,
mi dirigo alla porta.
-Alla prossima
settimana-
Un pensiero strano
mi attraversa la testa.
Per aprire la mente
ci vogliono le chiavi.
Che ridere.
Eppure, il cuore era
già spalancato.
Vocabolario e
spiegazioni
*Teme: Bastardo.
*Baka: Stupido,
sciocco.
*Usurantokachi: Idiota
completo (tradotto come “testa quadra” nella versione italiana)
**Le carote nel
ramen sono un ingrediente facoltativo.