Slaves
Capitoli
Capitolo 5
Delle
enormi nuvole scure coprirono il sole, fino a spegnere
la sua essenza, e delle gocce di pioggia martellante iniziarono a
colpirci al
punto tale da svegliarci da quella magia e farci rientrare in casa. Mi
sedetti
sul divano, con il bicchiere ancora mezzo pieno. Ville prese la sua
chitarra e
si sedette vicino a me, iniziando a strimpellare qualche verso delle
sue
composizioni.
-Ricordi
quando ti ho insegnato a suonarla?- domandò
accennando un leggero sorriso, continuando a suonare –Dio che
disastro che eri,
povere le mie orecchie e la mia chitarra- esclamò. Lo
guardai con una smorfia,
dandogli una spinta al braccio. Il ragazzo, per tutta risposta,
scoppiò in una
fragorosa risata, posando la chitarra vicino al bracciolo del divano,
iniziando
a farmi del solletico sui fianchi. Lo implorai di smettere, avevo le
lacrime
agli occhi e intanto pensavo a come il tempo fosse tornato indietro
rapidamente, facendomi rivivere tutti i gli attimi passati con lui in
un
meraviglioso flashback. Tante erano le cose fatte insieme, che
diventava quasi
impossibile ricordarle tutte, ma soprattutto, dimenticarle. Ville aveva
proprio
ragione, qualcosa ci aveva destinati, legandoci insieme in un patto
inviolabile, che nessuno mai avrebbe potuto scindere ed ora finalmente
riuscivo
a capire, perché vedevo ovunque i suoi occhi di ghiaccio, il
motivo per cui,
durante la notte, sentivo la sua voce sussurrarmi di ritornare a casa,
mentre
con le mani mi avvolgeva nella sua volontà.
Continuammo
a stuzzicarci, a giocare come dei bimbi, con dei
sorrisi stampati sui nostri volti, che mai nessuno sarebbe stato in
grado di
spegnerli. Ridendo, mi ritrovai stesa sul divano, con Ville sopra di
me. Calò
il silenzio, il ragazzo spostò una ciocca dei miei capelli
ricci dietro
l’orecchio e mi diede un delicato bacio sul naso. Riuscivo a
sentire il battito
del mio cuore, che, nervosamente, pulsava nel mio petto, come se
volesse uscire
ed esprimere tutta la sua forza ed essenza.
-È
davvero incredibile come, nonostante gli anni passati
insieme, ti emozioni sempre come la prima volta –sorrise
poggiando il suo
orecchio a contatto con il mio petto. Alzò il capo,
sorridendo, mentre mi
abbassava leggermente i pantaloni.
-Ho
bisogno di viverti, adesso –sussurrò al mio
orecchio,
togliendosi la maglia.
In
un istante eravamo già nudi sul divano, di nuovo uniti
come la notte scorsa, avvolti dal vortice della passione, che solo in
quel
momento riusciva a manifestare tutta la sua verità. Fu
meraviglioso poterlo
sentire dentro me, il suo profumo che mi entrava nella testa e mandava
in
confusione ogni parte vitale, il suo corpo che si muoveva cautamente
sopra di
me, cercando sempre con estrema attenzione di non farmi male,
regalandomi
sempre attimi di piacere immensi, come aveva fatto anni prima.
Consumammo
il nostro amore in quel divano, ritrovandomi con
il capo poggiato sul petto di Ville, mentre lui fumava, coperti
entrambi da un
plaid rosso bordeaux, che emanava un soffice calore. Il ragazzo
buttò fuori del
fumo dalla bocca e poi posò il suo sguardo su di me,
sorridendo.
-Baby
perché non vai a farti una doccia mentre io preparo
qualcosa per cena? –domandò portando una ciocca
dei miei capelli dietro
l’orecchio, carezzandomi dolcemente il volto. Feci cenno di
sì con la testa,
alzandomi dal divano, mentre Ville finiva la sua sigaretta. Entrai in
doccia e
lasciai che l’acqua mi entrasse dentro, con fare delicato,
aiutandomi a capire
tutto quello che stava succedendo. Mille domande mi frullavano in
testa,
domande che solo lui avrebbe saputo rispondere, ma non volli farlo
… no, l’unica
cosa di cui mi importasse ora, era poter rivivere tutto il mio passato
in
quelle due settimane, perché quando Jonna sarebbe tornata,
tutto sarebbe andato
a finire nel dimenticatoio della mia mente e, ancora una volta, avrei
dovuto
combattere tra me e me per cercare di non distruggermi.
L’unico
modo per sfuggire a questa situazione, era quella di
allontanarsi da lui, ma il mio cuore premeva talmente tanto da far in
modo che
gli ubbidissi ogni cosa decidesse per me, senza dover ascoltare
nessuno, perché
sapeva benissimo che solo Ville era in grado di farmi raggiungere
quella
felicità tanto attesa. Uscii dalla doccia, coprendo i miei
capelli con un
asciugamano. Andai in cucina e vidi Ville dietro ai fornelli, intento a
cucinare il suo piatto forte, anche perché era
l’unico che gli riuscisse bene.
Mi uscì un lieve sorriso ed il mio corpo fu pervaso da una
tale spensieratezza
e leggerezza che non avevo mai sentito prima d’ora. il
ragazzo spense i
fornelli, lasciando raffreddare un po’ il pasto. Come suo
solito, si accese
un’altra sigaretta, mentre si avvicinava alla porta finestra,
osservando il suo
giardino.
-Riavverti
Paula, dille che, oltre alla cena, quella tua
“amica” ti ha gentilmente invitato a passar
lì la serata, come la volta scorsa
–esclamò buttando fuori il fumo, addosso al vetro.
Dal volto riflesso nel
finestrone, potevo intravedere un bellissimo sorriso, che era in grado
di
ipnotizzarti in una maniera davvero assurda e sconosciuta, ma in fondo
adoravo
essere catturata da quel sorriso, anzi avrei voluto essere sua
prigioniera per
tutta la vita. Mi avvicinai al divano e cercai sotto il plaid i miei
vestiti,
sparsi qua e là. Trovai i pantaloni e, da dentro le tasche,
presi il cellulare.
Mandai un SMS a Paula, scrivendole appunto che non sarei tornata per la
notte.
Mentire a lei, che si era sempre fatta in quattro per aiutarmi a
superare ogni
difficoltà, che cercava in ogni istante di farmi uscire un
sorriso nei momenti
più bui della mia vita, mi addolorava molto. Aveva davvero
il diritto di sapere
la verità, anche se ero quasi certa che lei sapesse
già tutto quanto. Non avevo
più segreti per Paula, era come se fossi un libro aperto, di
cui lei conosceva
benissimo ogni capitolo, parola e virgola.
Posai
il cellulare sul tavolinetto e raccolsi i miei
vestiti. Ville mi si avvicinò e mi cinse i fianchi con le
sue braccia,
stringendomi in un soffice abbraccio.
-Prendi
dei vestiti puliti dal mio armadio, i tuoi lasciali
qui che li metto in lavatrice io –esclamò, dandomi
un delicato bacio sulla
guancia. Gli sorrisi, ricambiando il suo bacio, poi mi sciolsi da
quell’abbraccio e mi diressi in camera sua. Feci cadere
l’accappatoio lungo il
mio corpo con fare delicato, come se mi accarezzasse, lasciandolo
giacere sul
letto matrimoniale. Strofinai i miei capelli contro
l’asciugamano con cui li
avevo avvolti, cercando di asciugarli velocemente, dato che non avevo
nessuna
intenzione di accendere il phon. Lo tolsi dalla testa e, accuratamente,
lo
ripiegai sempre sopra il letto. Mi avvicinai poi all’armadio,
lo aprii ed
iniziai a contemplare gli infiniti vestiti che Ville si ritrovava,
peggio di
una ragazza. Non riuscivo a sceglierne uno, li provai e riprovai per
circa
mezz’ora, tanta era la voglia di apparire impeccabile come lui. Mi ero sempre
chiesta come ci
riuscisse, come sapesse dire la cosa giusta al momento giusto, in che
modo
fosse capace di comprendere al volo ogni mio pensiero, dubbio o
sentimento,
come risultasse estremamente perfetto in ogni suo gesto o modo di fare
ed io,
purtroppo, ero tremendamente innamorata di quella perfezione, di
quell’uomo
che, anni fa, mi rapì e non aveva più intenzione
di lasciarmi andare o, forse
non volevo andarmene io. Il mio cervello voleva imparare a cavarsela da
solo,
ma il cuore mi implorava di non allontanarmi, poiché aveva
bisogno della sua
presenza … quanto aveva ragione! Ogni istante in cui sentivo
Ville lontano da
me, divenivo pian piano sempre più debole, fino a ridurmi ad
un essere
inanimato che, solo per la forza di inerzia, continuava miseramente a
vivere.
Imploravo la mente di non farmi pensare al futuro, di non proiettarmi
al giorno
in cui Jonna sarebbe tornata, perché al solo pensiero
iniziavo a logorarmi
dentro, uccidendomi poco alla volta, consapevole del fatto che la
persona in
grado di salvarmi, non avrebbe potuto fare nulla, poiché non
era più mio.
Scrollai
la testa e mi resi conto che, tra un pensiero e
l’altro, era passata circa un’ora ed io ero ancora
indecisa sul cosa mettermi.
Tra i vari indumenti che avevo sparso sopra il letto, decisi di
indossare una
semplice maglia nera, che mi faceva quasi da vestito, considerando che
Ville in
confronto a me era un gigante. Mi specchiai più e
più volte, per vedere come mi
stava. Cercai di dare una sistemata ai miei ricci selvaggi, che si
rifiutavano
in tutto e per tutto di avere un senso. Presi una matita nera e la misi
nella
rima inferiori degli occhi e valorizzai le ciglia con un po’
di mascara, misi
le mie vans old skool nere e sistemai dentro l’armadio i
vestiti che avevo
tirato fuori. Non volevo uscire dalla stanza, mi sentivo ancora troppo
imperfetta per mostrarmi al suo cospetto, controllai la mia figura allo
specchio non so quante altre volte, cercando di raggiungere almeno un
briciolo
della perfezione che caratterizzava quell’uomo.
L’avevo sempre pensato che in
lui c’era qualcosa di disumano, una sorta di
divinità si rincarnava in lui,
conferendogli quella bellezza eterea e regale, del tutto inimitabile.
Mai in
tutta la mia vita avevo conosciuto un uomo così e ancora mi
chiedo perché il mio
cuore aveva deciso di innamorarsi di lui, condannandomi in questo modo,
lasciandosi imprigionare dalla sua volontà, rendendomi un
essere incompleto
senza di lui … sì, in sua assenza, era come un
vegetale privo di vita,
bisognoso della sua presenza, che mi faceva bene e male allo stesso
tempo.
Decisi,
però, che non potevo passare l’intera serata
dentro
la camera da letto, anche perché Ville sarebbe venuto
sicuramente a cercarmi.
Feci un bel respiro ed aprii la porta. Lo raggiunsi in sala da pranzo e
lo vidi
seduto di fronte alla tavola apparecchiata, i gomiti sopra al tavolo,
le dita
incrociate creavano una sorta di appoggio al mento, che si poggiava
delicatamente sopra di esse. Era davvero la perfezione rincarnata in un
solo
uomo. Vestito rigorosamente di nero, dei pantaloni stretti mettevano in
evidenza la magrezza delle sue gambe, indossava una camicia a maniche
lunghe,
che rimaneva leggermente larga sulle spalle. Ai piedi aveva le sue
solite
converse nere, mezze rovinate a causa dello scorrere del tempo. Tutto
il suo
abbigliamento andava in contrasto col pallore e la candidezza del suo
volto,
caratterizzato da dei lineamenti a dir poco meravigliosi.
Ciò che spiccava in
quel viso, era il rossore delle sue labbra, morbide e carnose, che
avrei voluto
sulla mia pelle, marcandomi per tutta la vita, impadronendosi di me. La
cosa
che più mi stregava di lui erano i suoi occhi di ghiaccio,
che mi avevano
sempre perseguitata, anche quei due anni in cui ero lontana da loro,
cercando
di dimenticarli in tutti i modi, ma è stato del tutto
inutile, poiché ormai mi
avevano segnata, entrando dentro di me senza più uscirne,
per nessun motivo.
Ville
mi guardò e, puntando l’indice contro la sedia
posta
davanti a lui, fece segno di sedermi. Mi avvicinai al tavolo e mi
sedetti davanti
a lui, saparati soltanto dal fumo lieve delle pietanze calde,
già nel piatto.
Consumammo
la cena in silenzio, senza proferire parola,
anche se le cose da dire erano tante, almeno lo erano da parte mia,
dato che la
mia mente continuava a duellare con il cuore in una lotta infinita,
facendo
affiorare mille pensieri, dubbi e domande che in quel momento non
volevo né
risolvere né pormi, anzi avrei davvero voluto passare una
serata tranquilla,
libera da qualsiasi preoccupazione o sorte futura, concentrandomi solo
nel
presente che, senza accorgermene, stava scivolando via dalla mie mani,
istante
dopo istante, perdendo ogni suo attimo.
Volevo con tutta me stessa che il cervello dimenticasse il
fatto che io
e Ville non stessimo più insieme e che ricordasse, come il
cuore stava facendo,
di quanto ero felice assieme a lui, come la leggerezza e la
spensieratezza
pervadevano il mio corpo, ogni volta che mi trovavo in sua compagnia;
ma
purtroppo la ragione era in grado di valutare solo gli eventi che
stavano
accadendo ora, in questo presente così tormentato e
invivibile, che mi
torturava senza nessuna pietà.
-Ary
… -esclamò Ville, poggiandosi allo schienale
della
sedia, allungando sotto il tavolo le sue gambe chilometriche.
Tirò fuori dalla
tasca dei pantaloni un pacchetto di sigarette, ne prese una e poi lo
poggio sul
tavolo. L’accese, aspirò un po’ di
nicotina e poi buttò fuori il fumo ,
storcendo leggermente la bocca.
-Basta
pensare, ti logorerai dentro e senza accorgertene,
stai uccidendo la tua anima a poco a poco, lasciandole pochi istanti da
vivere
–concluse portando nuovamente la sigaretta alla bocca. Si
alzò in piedi,
avvicinandosi al mobiletto in legno, dove teneva i liquori, e
tirò fuori due
bicchieri di vetro ed una bottiglia di Jack Daniel’s. Seguii
i suoi movimenti
con lo sguardo, ruotando leggermente il capo, per studiare al meglio le
sue
azioni.
-Come
fai a saperlo? –gli domandai torcendo leggermente la
schiena, appoggiando il braccio sopra lo schienale della sedia
–perché sei in
grado di percepire tutte queste cose? –proseguii.
Ville
non si voltò, intento a riempire i due bicchieri, ma
potevo avvertire un leggero sorriso, formatosi d’un tratto
sul suo viso
pallido.
-Lo
sai Ary, te l’ho già spiegato –rispose
venendo verso di
me, porgendomi il bicchiere pieno di liquore, tenendo sempre la
sigaretta,
sulla quale si era accumulata della cenere, in bocca. Si sedette
davanti a me,
poggiando il suo bicchiere sul tavolo, accavallò la gamba
destra e con l’indice
sinistro tolse la cenere della sigaretta, facendola cadere sul piatto
ormai
vuoto.
-Mi
appartieni, sei legata a me da un vincolo inviolabile e
del tutto inscindibile e che tu lo voglia o no, sono in grado di
percepire ogni
tua paura, pensiero e sensazione –disse sorseggiando un
po’ di liquore –solo io
posso rispondere alle migliaia di domande che il tuo cervello ti sta
ponendo
ininterrottamente, perciò ti consiglio di non dargli
più ascolto –proseguì
alzandosi in piedi, spegnendo la sigaretta dentro al piatto. Mi venne
vicino e
prese la mia mano. Mi attirò a sé, facendomi
cadere tra le sue braccia, con le
quali mi avvolse in un abbraccio infinito. Il suo profumo mi
stregò ancora una
volta, rendendomi schiava del suo volere, impedendomi di scegliere
qualsiasi
via di fuga si fosse presentata.
-Libera
la tua mente da ogni pensiero o dubbio, a comandarti
ora deve essere solamente il tuo cuore Ary, al quale hai dato poco
spazio,
cercando di trovare sempre una soluzione razionale a tutto quanto. Lui
solo sa
quanto grande è l’amore che provi per me, per cui
è giunto il momento che tu lo
ascolti –terminò il discorso, stringendomi di
più a sé, come se volessimo
diventare una cosa sola.
Odiavo
il suo essere così saccente, il suo fare da psicologo
mi faceva ribollire il sangue, ma la cosa che più detestavo
era il fatto che,
ancora una volta, avesse ragione. Troppe volte avevo provato a
sottomettere il
volere del mio cuore con quello della ragione tanto da ritrovarmi
continuamente
immischiata in una continua lotta senza fine, dove nessuno dei due
riusciva a
trovare un accordo pacifico e tanto più forte era
l’astio, tanto la mia anima
andava spegnendosi, perdendo giorno dopo giorno attimi vitali per la
mia
esistenza. Era davvero arrivato il momento di lasciare al cuore lo
spazio di
cui necessitava, senza più ostacolare il suo volere,
lasciando esprimere
completamente tutte le sue forme e sfumature. Solo lui sapeva quanto
fossi
innamorata di Ville, quanto avevo bisogno della sua presenza che mi
accompagnava nel percorso della vita. Lui era consapevole del fatto che
nessuna
fuga, nessuna soluzione razionale, sarebbe riuscita a placare
l’immenso amore
che provavo nei suoi confronti; sembrava davvero che i due avessero
escogitato
una sorta di piano per farmi ritornare, riuscendo a vincere sulla
ragione, che,
imperterrita, continuava a portarmi lontano dalla mia linfa vitale.
Eccomi di
nuovo qui cari lettori :)
Beh come potete vedere Mr. Valo non la smette di fare il filosofo,
simbolista, psicologo della gente. Sempre più misterioso e
sempre più contorto il nostro ragazzo.
E quella poveraccia lì, Ary, che si dimena cercando di
capirlo, già che che deve capire che diavolo di intenzioni
ha il finnico, in più ci si mette a fare pure i suoi
discorsetti, non ne esce più fuori (quando mai ne
è uscita?)
Ringrazio le persone che stanno seguendo questa vicenda ideata dalla
mia contorta testolina, spero non rimaniate delusi!
Un grazie particolare va a Heaven_Tonight, la mia Beta e l'ideatrice
della foto: Sei un tesoro <3
Vorrei anche ringraziare _TheDarkLadyV_ che mi da sempre sostegno
morale, grazie pischellì :)
Alla prossima gente :)
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