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Autore: AriCalipso    22/08/2013    6 recensioni
-Perché è stato già tutto prestabilito da entità talmente grandi e sconosciute a noi essere umani. Io e te siamo stati destinati e questo non può essere modificato da nessun’altra cosa al mondo, siamo legati da un vincolo inviolabile, un sigillo che non si aprirà, nemmeno dopo la morte –rispose sfiorando la mia bocca con le labbra. Un bacio leggero, delicato e del tutto inaspettato
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Slaves
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Capitolo 5

Delle enormi nuvole scure coprirono il sole, fino a spegnere la sua essenza, e delle gocce di pioggia martellante iniziarono a colpirci al punto tale da svegliarci da quella magia e farci rientrare in casa. Mi sedetti sul divano, con il bicchiere ancora mezzo pieno. Ville prese la sua chitarra e si sedette vicino a me, iniziando a strimpellare qualche verso delle sue composizioni.

-Ricordi quando ti ho insegnato a suonarla?- domandò accennando un leggero sorriso, continuando a suonare –Dio che disastro che eri, povere le mie orecchie e la mia chitarra- esclamò. Lo guardai con una smorfia, dandogli una spinta al braccio. Il ragazzo, per tutta risposta, scoppiò in una fragorosa risata, posando la chitarra vicino al bracciolo del divano, iniziando a farmi del solletico sui fianchi. Lo implorai di smettere, avevo le lacrime agli occhi e intanto pensavo a come il tempo fosse tornato indietro rapidamente, facendomi rivivere tutti i gli attimi passati con lui in un meraviglioso flashback. Tante erano le cose fatte insieme, che diventava quasi impossibile ricordarle tutte, ma soprattutto, dimenticarle. Ville aveva proprio ragione, qualcosa ci aveva destinati, legandoci insieme in un patto inviolabile, che nessuno mai avrebbe potuto scindere ed ora finalmente riuscivo a capire, perché vedevo ovunque i suoi occhi di ghiaccio, il motivo per cui, durante la notte, sentivo la sua voce sussurrarmi di ritornare a casa, mentre con le mani mi avvolgeva nella sua volontà.

Continuammo a stuzzicarci, a giocare come dei bimbi, con dei sorrisi stampati sui nostri volti, che mai nessuno sarebbe stato in grado di spegnerli. Ridendo, mi ritrovai stesa sul divano, con Ville sopra di me. Calò il silenzio, il ragazzo spostò una ciocca dei miei capelli ricci dietro l’orecchio e mi diede un delicato bacio sul naso. Riuscivo a sentire il battito del mio cuore, che, nervosamente, pulsava nel mio petto, come se volesse uscire ed esprimere tutta la sua forza ed essenza.

-È davvero incredibile come, nonostante gli anni passati insieme, ti emozioni sempre come la prima volta –sorrise poggiando il suo orecchio a contatto con il mio petto. Alzò il capo, sorridendo, mentre mi abbassava leggermente i pantaloni.

-Ho bisogno di viverti, adesso –sussurrò al mio orecchio, togliendosi la maglia.

In un istante eravamo già nudi sul divano, di nuovo uniti come la notte scorsa, avvolti dal vortice della passione, che solo in quel momento riusciva a manifestare tutta la sua verità. Fu meraviglioso poterlo sentire dentro me, il suo profumo che mi entrava nella testa e mandava in confusione ogni parte vitale, il suo corpo che si muoveva cautamente sopra di me, cercando sempre con estrema attenzione di non farmi male, regalandomi sempre attimi di piacere immensi, come aveva fatto anni prima.

Consumammo il nostro amore in quel divano, ritrovandomi con il capo poggiato sul petto di Ville, mentre lui fumava, coperti entrambi da un plaid rosso bordeaux, che emanava un soffice calore. Il ragazzo buttò fuori del fumo dalla bocca e poi posò il suo sguardo su di me, sorridendo.

-Baby perché non vai a farti una doccia mentre io preparo qualcosa per cena? –domandò portando una ciocca dei miei capelli dietro l’orecchio, carezzandomi dolcemente il volto. Feci cenno di sì con la testa, alzandomi dal divano, mentre Ville finiva la sua sigaretta. Entrai in doccia e lasciai che l’acqua mi entrasse dentro, con fare delicato, aiutandomi a capire tutto quello che stava succedendo. Mille domande mi frullavano in testa, domande che solo lui avrebbe saputo rispondere, ma non volli farlo … no, l’unica cosa di cui mi importasse ora, era poter rivivere tutto il mio passato in quelle due settimane, perché quando Jonna sarebbe tornata, tutto sarebbe andato a finire nel dimenticatoio della mia mente e, ancora una volta, avrei dovuto combattere tra me e me per cercare di non distruggermi.

L’unico modo per sfuggire a questa situazione, era quella di allontanarsi da lui, ma il mio cuore premeva talmente tanto da far in modo che gli ubbidissi ogni cosa decidesse per me, senza dover ascoltare nessuno, perché sapeva benissimo che solo Ville era in grado di farmi raggiungere quella felicità tanto attesa. Uscii dalla doccia, coprendo i miei capelli con un asciugamano. Andai in cucina e vidi Ville dietro ai fornelli, intento a cucinare il suo piatto forte, anche perché era l’unico che gli riuscisse bene. Mi uscì un lieve sorriso ed il mio corpo fu pervaso da una tale spensieratezza e leggerezza che non avevo mai sentito prima d’ora. il ragazzo spense i fornelli, lasciando raffreddare un po’ il pasto. Come suo solito, si accese un’altra sigaretta, mentre si avvicinava alla porta finestra, osservando il suo giardino.

-Riavverti Paula, dille che, oltre alla cena, quella tua “amica” ti ha gentilmente invitato a passar lì la serata, come la volta scorsa –esclamò buttando fuori il fumo, addosso al vetro. Dal volto riflesso nel finestrone, potevo intravedere un bellissimo sorriso, che era in grado di ipnotizzarti in una maniera davvero assurda e sconosciuta, ma in fondo adoravo essere catturata da quel sorriso, anzi avrei voluto essere sua prigioniera per tutta la vita. Mi avvicinai al divano e cercai sotto il plaid i miei vestiti, sparsi qua e là. Trovai i pantaloni e, da dentro le tasche, presi il cellulare. Mandai un SMS a Paula, scrivendole appunto che non sarei tornata per la notte. Mentire a lei, che si era sempre fatta in quattro per aiutarmi a superare ogni difficoltà, che cercava in ogni istante di farmi uscire un sorriso nei momenti più bui della mia vita, mi addolorava molto. Aveva davvero il diritto di sapere la verità, anche se ero quasi certa che lei sapesse già tutto quanto. Non avevo più segreti per Paula, era come se fossi un libro aperto, di cui lei conosceva benissimo ogni capitolo, parola e virgola.

Posai il cellulare sul tavolinetto e raccolsi i miei vestiti. Ville mi si avvicinò e mi cinse i fianchi con le sue braccia, stringendomi in un soffice abbraccio.

-Prendi dei vestiti puliti dal mio armadio, i tuoi lasciali qui che li metto in lavatrice io –esclamò, dandomi un delicato bacio sulla guancia. Gli sorrisi, ricambiando il suo bacio, poi mi sciolsi da quell’abbraccio e mi diressi in camera sua. Feci cadere l’accappatoio lungo il mio corpo con fare delicato, come se mi accarezzasse, lasciandolo giacere sul letto matrimoniale. Strofinai i miei capelli contro l’asciugamano con cui li avevo avvolti, cercando di asciugarli velocemente, dato che non avevo nessuna intenzione di accendere il phon. Lo tolsi dalla testa e, accuratamente, lo ripiegai sempre sopra il letto. Mi avvicinai poi all’armadio, lo aprii ed iniziai a contemplare gli infiniti vestiti che Ville si ritrovava, peggio di una ragazza. Non riuscivo a sceglierne uno, li provai e riprovai per circa mezz’ora, tanta era la voglia di apparire impeccabile  come lui. Mi ero sempre chiesta come ci riuscisse, come sapesse dire la cosa giusta al momento giusto, in che modo fosse capace di comprendere al volo ogni mio pensiero, dubbio o sentimento, come risultasse estremamente perfetto in ogni suo gesto o modo di fare ed io, purtroppo, ero tremendamente innamorata di quella perfezione, di quell’uomo che, anni fa, mi rapì e non aveva più intenzione di lasciarmi andare o, forse non volevo andarmene io. Il mio cervello voleva imparare a cavarsela da solo, ma il cuore mi implorava di non allontanarmi, poiché aveva bisogno della sua presenza … quanto aveva ragione! Ogni istante in cui sentivo Ville lontano da me, divenivo pian piano sempre più debole, fino a ridurmi ad un essere inanimato che, solo per la forza di inerzia, continuava miseramente a vivere. Imploravo la mente di non farmi pensare al futuro, di non proiettarmi al giorno in cui Jonna sarebbe tornata, perché al solo pensiero iniziavo a logorarmi dentro, uccidendomi poco alla volta, consapevole del fatto che la persona in grado di salvarmi, non avrebbe potuto fare nulla, poiché non era più mio.

Scrollai la testa e mi resi conto che, tra un pensiero e l’altro, era passata circa un’ora ed io ero ancora indecisa sul cosa mettermi. Tra i vari indumenti che avevo sparso sopra il letto, decisi di indossare una semplice maglia nera, che mi faceva quasi da vestito, considerando che Ville in confronto a me era un gigante. Mi specchiai più e più volte, per vedere come mi stava. Cercai di dare una sistemata ai miei ricci selvaggi, che si rifiutavano in tutto e per tutto di avere un senso. Presi una matita nera e la misi nella rima inferiori degli occhi e valorizzai le ciglia con un po’ di mascara, misi le mie vans old skool nere e sistemai dentro l’armadio i vestiti che avevo tirato fuori. Non volevo uscire dalla stanza, mi sentivo ancora troppo imperfetta per mostrarmi al suo cospetto, controllai la mia figura allo specchio non so quante altre volte, cercando di raggiungere almeno un briciolo della perfezione che caratterizzava quell’uomo. L’avevo sempre pensato che in lui c’era qualcosa di disumano, una sorta di divinità si rincarnava in lui, conferendogli quella bellezza eterea e regale, del tutto inimitabile. Mai in tutta la mia vita avevo conosciuto un uomo così e ancora mi chiedo perché il mio cuore aveva deciso di innamorarsi di lui, condannandomi in questo modo, lasciandosi imprigionare dalla sua volontà, rendendomi un essere incompleto senza di lui … sì, in sua assenza, era come un vegetale privo di vita, bisognoso della sua presenza, che mi faceva bene e male allo stesso tempo.

Decisi, però, che non potevo passare l’intera serata dentro la camera da letto, anche perché Ville sarebbe venuto sicuramente a cercarmi. Feci un bel respiro ed aprii la porta. Lo raggiunsi in sala da pranzo e lo vidi seduto di fronte alla tavola apparecchiata, i gomiti sopra al tavolo, le dita incrociate creavano una sorta di appoggio al mento, che si poggiava delicatamente sopra di esse. Era davvero la perfezione rincarnata in un solo uomo. Vestito rigorosamente di nero, dei pantaloni stretti mettevano in evidenza la magrezza delle sue gambe, indossava una camicia a maniche lunghe, che rimaneva leggermente larga sulle spalle. Ai piedi aveva le sue solite converse nere, mezze rovinate a causa dello scorrere del tempo. Tutto il suo abbigliamento andava in contrasto col pallore e la candidezza del suo volto, caratterizzato da dei lineamenti a dir poco meravigliosi. Ciò che spiccava in quel viso, era il rossore delle sue labbra, morbide e carnose, che avrei voluto sulla mia pelle, marcandomi per tutta la vita, impadronendosi di me. La cosa che più mi stregava di lui erano i suoi occhi di ghiaccio, che mi avevano sempre perseguitata, anche quei due anni in cui ero lontana da loro, cercando di dimenticarli in tutti i modi, ma è stato del tutto inutile, poiché ormai mi avevano segnata, entrando dentro di me senza più uscirne, per nessun motivo.

Ville mi guardò e, puntando l’indice contro la sedia posta davanti a lui, fece segno di sedermi. Mi avvicinai al tavolo e mi sedetti davanti a lui, saparati soltanto dal fumo lieve delle pietanze calde, già nel piatto.

Consumammo la cena in silenzio, senza proferire parola, anche se le cose da dire erano tante, almeno lo erano da parte mia, dato che la mia mente continuava a duellare con il cuore in una lotta infinita, facendo affiorare mille pensieri, dubbi e domande che in quel momento non volevo né risolvere né pormi, anzi avrei davvero voluto passare una serata tranquilla, libera da qualsiasi preoccupazione o sorte futura, concentrandomi solo nel presente che, senza accorgermene, stava scivolando via dalla mie mani, istante dopo istante, perdendo ogni suo attimo.  Volevo con tutta me stessa che il cervello dimenticasse il fatto che io e Ville non stessimo più insieme e che ricordasse, come il cuore stava facendo, di quanto ero felice assieme a lui, come la leggerezza e la spensieratezza pervadevano il mio corpo, ogni volta che mi trovavo in sua compagnia; ma purtroppo la ragione era in grado di valutare solo gli eventi che stavano accadendo ora, in questo presente così tormentato e invivibile, che mi torturava senza nessuna pietà.

-Ary … -esclamò Ville, poggiandosi allo schienale della sedia, allungando sotto il tavolo le sue gambe chilometriche. Tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un pacchetto di sigarette, ne prese una e poi lo poggio sul tavolo. L’accese, aspirò un po’ di nicotina e poi buttò fuori il fumo , storcendo leggermente la bocca.

-Basta pensare, ti logorerai dentro e senza accorgertene, stai uccidendo la tua anima a poco a poco, lasciandole pochi istanti da vivere –concluse portando nuovamente la sigaretta alla bocca. Si alzò in piedi, avvicinandosi al mobiletto in legno, dove teneva i liquori, e tirò fuori due bicchieri di vetro ed una bottiglia di Jack Daniel’s. Seguii i suoi movimenti con lo sguardo, ruotando leggermente il capo, per studiare al meglio le sue azioni.

-Come fai a saperlo? –gli domandai torcendo leggermente la schiena, appoggiando il braccio sopra lo schienale della sedia –perché sei in grado di percepire tutte queste cose? –proseguii.

Ville non si voltò, intento a riempire i due bicchieri, ma potevo avvertire un leggero sorriso, formatosi d’un tratto sul suo viso pallido.

-Lo sai Ary, te l’ho già spiegato –rispose venendo verso di me, porgendomi il bicchiere pieno di liquore, tenendo sempre la sigaretta, sulla quale si era accumulata della cenere, in bocca. Si sedette davanti a me, poggiando il suo bicchiere sul tavolo, accavallò la gamba destra e con l’indice sinistro tolse la cenere della sigaretta, facendola cadere sul piatto ormai vuoto.

-Mi appartieni, sei legata a me da un vincolo inviolabile e del tutto inscindibile e che tu lo voglia o no, sono in grado di percepire ogni tua paura, pensiero e sensazione –disse sorseggiando un po’ di liquore –solo io posso rispondere alle migliaia di domande che il tuo cervello ti sta ponendo ininterrottamente, perciò ti consiglio di non dargli più ascolto –proseguì alzandosi in piedi, spegnendo la sigaretta dentro al piatto. Mi venne vicino e prese la mia mano. Mi attirò a sé, facendomi cadere tra le sue braccia, con le quali mi avvolse in un abbraccio infinito. Il suo profumo mi stregò ancora una volta, rendendomi schiava del suo volere, impedendomi di scegliere qualsiasi via di fuga si fosse presentata.

-Libera la tua mente da ogni pensiero o dubbio, a comandarti ora deve essere solamente il tuo cuore Ary, al quale hai dato poco spazio, cercando di trovare sempre una soluzione razionale a tutto quanto. Lui solo sa quanto grande è l’amore che provi per me, per cui è giunto il momento che tu lo ascolti –terminò il discorso, stringendomi di più a sé, come se volessimo diventare una cosa sola.

Odiavo il suo essere così saccente, il suo fare da psicologo mi faceva ribollire il sangue, ma la cosa che più detestavo era il fatto che, ancora una volta, avesse ragione. Troppe volte avevo provato a sottomettere il volere del mio cuore con quello della ragione tanto da ritrovarmi continuamente immischiata in una continua lotta senza fine, dove nessuno dei due riusciva a trovare un accordo pacifico e tanto più forte era l’astio, tanto la mia anima andava spegnendosi, perdendo giorno dopo giorno attimi vitali per la mia esistenza. Era davvero arrivato il momento di lasciare al cuore lo spazio di cui necessitava, senza più ostacolare il suo volere, lasciando esprimere completamente tutte le sue forme e sfumature. Solo lui sapeva quanto fossi innamorata di Ville, quanto avevo bisogno della sua presenza che mi accompagnava nel percorso della vita. Lui era consapevole del fatto che nessuna fuga, nessuna soluzione razionale, sarebbe riuscita a placare l’immenso amore che provavo nei suoi confronti; sembrava davvero che i due avessero escogitato una sorta di piano per farmi ritornare, riuscendo a vincere sulla ragione, che, imperterrita, continuava a portarmi lontano dalla mia linfa vitale.

 

Eccomi di nuovo qui cari lettori :)
Beh come potete vedere Mr. Valo non la smette di fare il filosofo, simbolista, psicologo della gente. Sempre più misterioso e sempre più contorto il nostro ragazzo.
E quella poveraccia lì, Ary, che si dimena cercando di capirlo, già che che deve capire che diavolo di intenzioni ha il finnico, in più ci si mette a fare pure i suoi discorsetti, non ne esce più fuori (quando mai ne è uscita?)
Ringrazio le persone che stanno seguendo questa vicenda ideata dalla mia contorta testolina, spero non rimaniate delusi!
Un grazie particolare va a Heaven_Tonight, la mia Beta e l'ideatrice della foto: Sei un tesoro <3
Vorrei anche ringraziare _TheDarkLadyV_ che mi da sempre sostegno morale, grazie pischellì :)
Alla prossima gente :)
  
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