Guerra
«Non
è possibile che stia dormendo da una settimana! Non ha nessuna
ferita grave. Non può essere solo normale stanchezza, io dico
che c'è dell'altro. Capisco due o tre giorni, ma una settimana
no. No! E' successo qualcos'altro durante lo scontro che noi non
abbiamo visto. Ne sono certo...».
Un
sussulto dietro di lui e Rakk si voltò di scatto rivolgendo il
suo sguardo al letto in cui giaceva Alran da quasi una settimana.
Il
ragazzo aveva finalmente riaperto gli occhi dopo tutto quel tempo.
Rakk aveva passato molto tempo in quella stanza aspettando che il
ragazzo si svegliasse. Era solo grazie a lui se era ancora vivo e lo
stesso valeva anche per più dei nove decimi della valorosa
guarnigione di Vina. Ormai provava un particolare affetto per quel
giovane, così ordinario ma così speciale.
«Era
ora Arlan! Stavo iniziando a pensare che ti avrei dovuto portare a
Lisjask in spalle» disse cercando in tutti i modi di essere il
più serio possibile. Era davvero contento che alla fine si
fosse svegliato, ma lui era pur sempre un'autorità militare,
un figura forte agli occhi di molte persone, integerrima e seria.
Però avvolse le sue braccia possenti attorno al suo busto. Un
solo abbraccio non avrebbe intaccato la sua reputazione, nessuno
avrebbe avuto niente da ridire se Rakk avesse scambiato un gesto di
riconoscenza con l'eroe del nord.
Oltre
al capitano, molti altri uomini durante la settimana aveva passato un
po' di tempo ad assistere Alran: chi per una breve visita di qualche
minuto, chi per intere ore, alla fine tutta la guarnigione avevano
reso omaggio al giovane.
Lo
stesso Roxas, che pareva sempre così distaccato da tutto e
tutti, era passato due volte a vedere come stava, nascondendo poi la
sua delusione mentre usciva.
Ancora
intontito dalla lunga dormita, il ragazzo provò a mettersi a
sedere sul comodo materasso di piume, ma a causa del lungo tempo
passato senza muoversi le sue articolazioni erano bloccate e ogni
movimento era un'esplosione di dolore. Ci vollero quasi cinque minuti
prima che riuscisse ad alzare la schiena con successo.
Provò
a parlare, ma dalla sua bocca non emersero altro che sommessi
mugolii. Le labbra, pur muovendosi, non emettevano alcun suono
articolato.
Rakk
se ne accorse e fece cenno ad Alran di non sforzarsi:
«Non
ancora Arlan. Ti serve dell'acqua fresca, avrai la gola secca dopo
una settimana del genere.»
Alle
sue spalle comparve subito un attendente grassoccio con una caraffa e
un boccale. Lasciò il tutto in mano al capitano e si dileguò
lasciando soli il giovane e l'ufficiale. Rakk versò del
liquido nel boccale e lo porse al ragazzo.
«Avrai
sicuramente troppi pensieri per la testa... posso iniziare col
raccontarti cosa è successo dopo che hai abbattuto il
colosso».
Già,
il colosso. Prima di cadere in quello stato incosciente ne aveva
abbattuto uno. Il ricordo tornò vivido in lui: il gigante era
apparso dal nulla, come uscito da una di quelle storie che si
raccontavano ai bambini vivaci per spaventarli. Ma Alran con l'aiuto
della sua spada l'aveva ucciso, l'aveva proprio fatto a pezzi. Forse
era l'unico uomo vivente ad averne abbattuto uno nell'ultimo
millennio. Molte ballate cantavano di eroi impavidi che avevano
sconfitto signori dei demoni. C'era Forlon l'Incubo, che aveva ucciso
centinaia di creature maligne quando l'Ovest aveva dichiarato guerra
alla Terra Dimenticata per combattere i necromanti e le loro oscure
pratiche. Anche Enka, la principessa guerriera di Yerenia, aveva
ucciso un colosso solo con l'aiuto delle sue braccia.
Il
ragazzo però non osava paragonarsi a loro, magari col tempo
sarebbe entrato nelle leggende e forse, da qualche parte, c'era già
un cantastorie che scriveva una canzone proprio in suo onore. Il
pensiero lo divertì e si chiese come avrebbe suonato il suo
nome accompagnato dal suono soave di un'arpa.
Stava
ancora fantasticando quando Rakk iniziò il suo resoconto,
così incrociò le gambe tra mille dolori e iniziò
ad ascoltare.
«
Dopo che hai sconfitto quel mostro sei svenuto e sei rimasto
incosciente fino a poco fa. Comunque noi abbiamo continuato a dare la
caccia a quelle creature, quegli exiles... ne abbiamo abbattuta
qualche decina, gli ultimi ritardatari della retroguardia, per lo più
esploratori credo. Roxas e la sua abilità come cacciatore ci
sono stati utilissimi. E' incredibile quanto quel ragazzo sia veloce
e preciso con l'arco. Ho deciso di promuoverlo a luogotenente, d'ora
in poi sarà il mio secondo.»
L'espressione
del capitano divenne cupa mentre si alzava in piedi.
«Queste
piccole vittorie non sono servite a molto, da sud continuano a
giungere cattive notizie. Crimson Claw continua ad avanzare con il
suo esercito e, anche se ha perso Melgor, la sua forza rimane ancora
enorme. In più, come se non bastasse, da Lisjask ci fanno
sapere che anche il confine ad est è stato attaccato. E' una
forza minore di quella che avanza da nord ma è formata
interamente dalle forze della Repubblica.»
Non
più con la gola secca, Alran si azzardò a dire
qualcosa:
«Quindi
l'Est... ha deciso... d'invaderci?»
«Esatto.
Controllano i demoni e hanno attaccato Dalgonn sapendo che la notizia
non sarebbe giunta a Lisjask prima di quattro giorni, saranno almeno
dieci anni che nessun mago è di stanza alla fortezza. Avevano
progettato il tutto da molto tempo.»
«Quindi
in tutto questo cosa centra la Legione Nera?» domandò il
ragazzo.
Rakk
gli rivolse uno sguardo carico di comprensione e sospirò
lievemente.
«La
Legione ha fornito all'Est l'esercito di exiles, ha messo i propri
evocatori al suo servizio e chissà quali altre stregonerie
hanno in serbo...»
Alran
ripensò alla figura scura sghignazzante oltre il rogo,
quell'immagine che continuava a perseguitarlo a distanza di anni. La
sua unica ragione di vita, una vita così tristemente legata
alla Legione Nera. Ovunque lui andasse il passato non faceva altro
che seguirlo, aveva cercato di lasciarsi tutto alle spalle, ma era
tutto inutile: era la vendetta che voleva, non la pace.
«...
per fortuna non sono ancora in possesso dell'Elmo Infernale, se
questo dovesse accadere saremmo spacciati».
Ancora
quel nome: l'Elmo Infernale o Heruh, come l'aveva chiamato Crimson
Claw. Non ne aveva mai sentito parlare fino a quel momento, ma era
pronto a scommettere che era la chiave di tutto.
«Capitano,
ma cos'è esattamente questo elmo?».
L'espressione
di Rakk si fece ancora una volta grave e cominciò a
giocherellare con il pomolo della spada legata al fianco: «Ormai
è inutile nasconderlo, è giusto che tu sappia cosa
stiamo combattendo. L'Elmo Infernale è uno degli oggetti
magici più potenti al mondo, se un demonologo lo indossasse
potrebbe aprire le porte dell'inferno e riversare il suo contenuto in
questa dimensione. Questo significherebbe non solo altri demoni, ma
anche defunti, in men che non si dica potremmo ritrovarci a dover
combattere niente meno che i nostri caduti. La prospettiva sarebbe
terribile, siamo già in difficoltà così, senza
bisogno che il nemico ingrossi ancora di più le proprie fila
con i morti».
Si
alzò e cominciò a camminare nervosamente avanti e
indietro. «C'è pure la questione di Lucius, non capisco
dove abbia preso quegli uomini e per quale motivo. Almeno ha
raggiunto Lisjask...».
«Capitano!».
L'attendente li interruppe entrando di corsa tenendo un foglio tra le
dita. Non erano notizie buone, intuì Alran.
«Che
succede ancora?» chiese irritato Rakk.«Non ci sono già
troppi problemi?».
«Mio
signore, i nostri esploratori riferiscono che a sud sono comparsi
altri colossi, almeno cinque. Ora stanno seguendo le ultime linee
dell'esercito di Crimson Claw. I nostri uomini dicono anche di aver
trovato la colonna dei profughi di Vina». L'uomo si fermò,
in attesa del consenso dell'ufficiale per proseguire.
Il
capitano Rakk si fece più attento.«E quindi?».
«Mi
dispiace signore, non ci sono sopravvissuti».
Alran
ebbe un tuffo al cuore. Ricordava benissimo l'anziano, che gli aveva
affidato Yutaka, rivelatosi poi il padre di Rakk. Ricordava anche
tutta quelle persone, donne e bambini indifesi che scappavano dalla
guerra. “Alla fine la guerra li ha raggiunti comunque”
pensò amaramente.
Se
anche il capitano fosse scosso dalla notizia di certo non lo dava a
vedere. Era già pronto a quella possibilità, sapeva
che se il nemico avesse superato Vina alla fine avrebbe raggiunto
quella, triste e lenta, sfilata di povere anime. Per lui era solo
questione di tempo ricevere quel messaggio, quindi congedò
mestamente l'attendente e rimase nuovamente solo col ragazzo.
«Mi
dispiace per vostro padre, capitano» disse triste Alran dopo
qualche minuto. «sono sicuro fosse un buon uomo».
«Questa
è la guerra Alran... sono sempre gli innocenti a farne le
spese, dovresti saperlo anche tu. La morte è sempre presente
in un conflitto, potrebbe colpire il tuo nemico come uno dei tuoi
cari. Prima lo impari meglio è...».
Un'altra
interruzione. Questa volta però erano Roxas e altri due
soldati.
Come
al solito, aveva il fedele arco con sè e la casacca di cuoio
nero lo faceva sembrare molto più alto. Odiava portare la
cotta di maglia perché in battaglia limitava i suoi movimenti
e la trovava pesante. «Un arciere deve essere libero di
muoversi come vuole in mezzo ad una schermaglia» diceva sempre.
I
due che lo seguivano, invece, erano in tenuta da guerra e le loro
armature di acciaio risaltavano nella semi oscurità della
stanza. I loro volti erano celati da elmi con pennacchi bianco latte.
Entrambi portavano grosse spade a due mani serrate nei possenti
guanti d'arme con la punta verso il pavimento. Se Alran non li avesse
visti entrare con i propri occhi li avrebbe scambiati per due statue.
«Alran!
Sei sveglio!» esclamò Roxas non appena vide il giovane
seduto sul letto.
L'abbraccio
del ragazzo quasi lo stritolò, ma anche lui era contento di
vederlo.
Rakk
lo riprese subito però: «Sei venuto qui solo per
interrompere una conversazione interessante o magari hai anche
qualcosa da riferire? Magari importante».
Fulminato,
Roxas liberò immediatamente Alran dalla sua presa e assunse
una posizione più consona.
«Ah
si... chiedo perdono capitano. E' appena giunto un gruppo di soldati
da Kinoos in rinforzo, come simbolo di lealtà da parte del
principe Beon delle Isole di Ghiaccio».
L'uomo
alla sua sinistra fece un passo in avanti e alzò la celata del
suo elmo per farsi vedere dal capitano.
«Sono
Drael, comandante dei Glaciali. Veniamo come rinforzo per
fronteggiare l'invasione della Repubblica in virtù della
secolare alleanza tra le Isole di Ghiaccio e l'Ovest».
Il
capitano Rakk gli andò incontro.«E' un onore conoscere
uno dei famosi Glaciali. Il mio nome è Ulter Rakk, capitano
della guarnigione di Vina e protettore del nord». Prese un
altro sorso d'acqua. «Comandante Drael, vi sono grato per
l'aiuto, ora ne abbiamo proprio bisogno. Siamo isolati dal resto
dell'Ovest, la steppa è in mano al nemico».
«Appena
abbiamo saputo dell'invasione, il principe ha radunato velocemente i
vessilli di guerra e ha provveduto ad inviare i Glaciali, con me al
comando, in vostro aiuto» disse il cavaliere.
Le
Isole di Ghiaccio erano le estese isole che si trovavano proprio nel
bel mezzo dell'enorme Lago Bianco, molto più a oriente di
Vina. Formato da tutte e dieci le grosse isole, le Isole di Ghiaccio
erano uno dei più antichi alleati dell'Ovest. Non il più
forte, ma di sicuro il più fedele. La capitale, Kinoos,
sorgeva in mezzo al lago. Le sue fondamenta si ergevano direttamente
dal fondale creando una maestosa città-fortezza praticamente
inespugnabile. Il clima era duro come i suoi abitanti e, tra questi,
spiccavano i Glaciali: i più forti soldati del regno. La loro
forza era conosciuta in tutto il mondo, anche i soldati più
esperti tremavano al solo pensiero di doverli affrontare.
«Non
abbiamo inviato nessuna richiesta di soccorso a Kinoos, come avete
fatto a sapere che eravamo in difficoltà?» domandò
Rakk.
«E'
colpa dei sogni del principe» rispose deciso Drael.
Il
capitano era perplesso, anche Alran guardò l'uomo con aria
interrogativa.
Il
Glaciale, vedendo le loro facce, riprese a parlare: « Il
principe Beon è stato benedetto dagli dei. Fin da piccolo
sognava cosa sarebbe successo il giorno dopo o semplicemente cosa
avrebbe mangiato a pranzo o cena. Col passare del tempo, il suo dono
si è sviluppato ulteriormente e ora gli permette di vedere non
solo il suo futuro, ma anche altri importanti avvenimenti che devono
ancora accadere. Circa due settimane fa uno di questi sogni ha
predetto l'assedio e la caduta di Dalgoon, così in men che non
si dica abbiamo marciato in vostro aiuto.»
«Sembra
assurdo, ma deve essere per forza la verità visto che nessun
messaggio ha raggiunto le Isole di Ghiaccio, Prenderò quindi
per buona la tua storia, comandante Drael.» disse Rakk. Poi
diede le spalle all'uomo e riprese: «Passiamo alle cose
importanti ora: hai detto di essere qui in qualità di rinforzo
giusto? quanti uomini rechi con te e quando il grosso dell'esercito
di Kinoos si unirà alle nostre forze?»
Drael
si guardò intorno e chiese: «Capitano non sarebbe meglio
parlarne in privato?».
«Non
ho segreti con i miei uomini, specialmente con questi due». Con
un segno del capo, indicò prima Alran poi Roxas.
Convinto,
il Glaciale proseguì: «D'accordo... con me ora ci sono
cinquanta glaciali, ma entro due settimane arriveranno altre cinque
centurie. Il grosso dell'esercito delle isole arriverà più
o meno nello stesso periodo e sarà il principe in persona a
guidarlo. Duemila fanti si apprestano ad arrivare da Ackaos e altri
mille anche da Kir ».
Continuarono
a parlare fitto di numeri e strategie per molto tempo, cose così
poco interessanti da rispedire Arlan, ancora una volta, nel mondo dei
sogni. Di sicuro però, i suoi non avrebbero predetto un bel
niente.
Doveva
essere passato almeno un altro giorno quando si svegliò. Ora
però era da solo e tutto era avvolto dalle tenebre. Si decise
a mettersi in piedi,aspettandosi di cadere non appena i piedi
avrebbero toccato il freddo pavimento. Invece, le sue gambe ressero e
trovò che anche il resto del corpo si era completamente
ristabilito, sembrava rinato.
La
porta di legno sembrava particolarmente pesante, ma niente di
insuperabile. All'esterno, l'accampamento era ancora pieno di vita, i
fuochi ardevano vivaci e dall'edificio più grande provenivano
urla e risate a volontà.
Mentre
si faceva strada tra le case ancora in piedi di Vina, scorse poco
distante alcune tende di un bianco pallido. Arlan intuì
dovettero essere quelle dei Glaciali.
Nessuno
lo degnò di uno sguardo, erano tutti troppo indaffarati o
ubriachi per badare a lui. Soltanto le guardie poste all'entrata
dell'edificio, da cui provenivano i suoni della festa, si accorsero
della sua presenza e lo salutarono con riverenza.
Quando
entrò venne investito dalla luce e dalle grida di baldoria dei
soldati. Quattro lunghi tavoli di legno, pieni zeppi di uomini, erano
stati disposti nell'ampio salone per il lungo mentre un altro in
fondo ospitava Rakk, Roxas, Drael e tutti gli altri ufficiali.
Regnava
il caos totale: chi beveva, chi mangiava, chi cantava, chi ballava,
tutti però urlavano e ridevano.
Nel
tavolo in fondo, Rakk e Drael sembravano immersi in una gara di
bevute. Da quel poco che Alran capì, sembrava che il Glaciale
fosse in vantaggio. Roxas, invece, raccontava chissà cosa ad
un gruppo di soldati riuniti attorno.
Non
appena si accorsero di lui, tutti dimenticarono cosa stessero facendo
e inneggiarono a lui alzando i boccali.
L'enorme
sala fu pervasa di «Alran!» a non finire, «Lunga
vita al Flagello di Melgor!», «Eroe del Nord!» e
tanti altri complimenti.
Mentre
tutti gridavano, il capitano Rakk, dal suo posto al tavolo d'onore,
fece segno al ragazzo di avvicinarsi e prendere posto accanto a lui.
Tutte
quelle persone e le loro odi lo fecero ben presto arrossire come una
donnicciola mentre si faceva strada tra i due tavoli centrali. Il
gradevole aroma di selvaggina arrosto, invece, ricordò lui
che era tanto tempo che non mangiava qualcosa. Anche il suo stomaco
glielo fece notare.
Rakk
lo fece accomodare accanto a lui, così il giovane si ritrovò
tra il capitano e Roxas. Un servitore si affrettò a servirgli
un pollo arrosto intero e un paio di cosce di coniglio. Dopo una
settimana di digiuno, Alran non chiedeva di meglio.
«Come
ti senti ragazzo?» chiese Rakk. Il suo tono di voce tradiva
qualche calice di vino di troppo.
«Molto
meglio capitano, credo di essermi ripreso completamente».
«Sono
contento di sentirtelo dire! Domani è un gran giorno, ci
sposteremo alla possente Dalgonn» disse l'allegro Rakk mentre
beveva un altro sorso di vino.«Rimane sempre una fortezza
possente e con l'aiuto dei Glaciali potremmo anche rimetterla in
sesto. La faremo tornare come era un tempo, il possente baluardo del
Nord» .
Alran
ripensò alla sua visita alle rovine di Dalgonn e l'appetito
svanì di colpo: i corpi mutilati, i corvi e gli exiles non
erano proprio i pensieri adatti con cui accompagnare le pietanze.
«Si!
Si! La renderemo ancora più possente!» continuò
l'ubriaco Rakk non notando la faccia disgustata del giovane.
«Possente! Non trovi sia una parola magnifica? Anche Melgor era
possente vero?». Non attese nemmeno la risposta di Alran, che
si girò verso Drael, anch'egli non in condizioni migliori.
“Il
capitano è proprio andato” constatò Alran
“Chissà se domani mattina riuscirà a guidare
gli uomini a Dalgonn. Sarà tanto se riuscirà a
svegliarsi”.
Facendosi
coraggio, si costrinse a mangiare almeno le cosce di coniglio.
Il
banchetto andò avanti fino a metà della notte e quando
Alran ritornò nel suo alloggio crollò letteralmente sul
letto, ma non riuscì a chiudere occhio. Anche lui si era
lasciato andare a qualche coppa di vino con la speranza di riuscire
ad assopirsi con più facilità, ma fu tutto inutile.
Quel che aveva visto a Dalgonn tornò a perseguitarlo, simili
orrori non andavano presto dimenticati e, forse, non lo sarebbero
stati mai. Ripensò anche alla battaglia di Vina, al volto
sfregiato di Crimson Claw e agli occhi furenti del colosso. Poi, come
sempre, la sua mente fu invasa dall'uomo in nero e dalle fiamme che
avvolgevano tutto, rendendo ogni altra cosa banale.
«
Elyna... io ti vendicherò!» sussurrò
nell'oscurità. «O morirò provandoci...»
La
mattina seguente, nonostante la festa fosse durata fino a poche ore
prima, tutto l'accampamento si svegliò di buon ora. Il
capitano Rakk sembrava essersi ripreso alla perfezione a differenza
di Roxas al suo fianco che pareva ancora intontito dagli eccessi
della sera precedente.
Drael
e i Glaciali erano già in marcia da più di un ora,
avevano il compito di rendere sicura la strada prima dell'avanzare
del grosso delle truppe.
Anche
Alran era già in piedi e pronto come gli altri a marciare
verso la scarlatta fortezza. Però qualcosa non andava, si
sentiva nudo, come se mancasse qualcosa. “Ma certo! Yutaka!”
comprese infine.
Era
da quando aveva affrontato il colosso che non la vedeva, ma
d'altronde, mentre dormiva avrebbe potuto vedere davvero ben poche
cose. Quando poi aveva finalmente riaperto gli occhi, i troppi
quesiti l'avevano distratto da tutto il resto.
Ora
però, era tempo di riunirsi con la sua spada, quello strumento
di morte così spietato. Quindi, decise di andare a chiedere
dove fosse a Rakk.
Trovò
il capitano intento ad esaminare la colonna degli approvvigionamenti,
mentre un muscoloso fabbro si lamentava della carenza di legna.
«Ti
ripeto che senza legna non posso forgiare l'acciaio» si
lamentava l'artigiano. « E tu sai cosa si fa con l'acciaio,
vero?».
Rakk
era esasperato, doveva essere molto tempo che ascoltava le polemiche
dell'armaiolo e sembrava sul punto di perdere la pazienza.
«Ma
qui attorno è pieno di alberi! Prendi un ascia e vai a
tagliarne qualcuno.»
«E
chi lavora alle forgia? Lascio il cane a badare alle tue dannate
armature? »
«Rimarranno
con te altri otto uomini, sono abbastanza?» rispose il capitano
stremato.
La
faccia del fabbro si fece immediatamente più radiosa. «Ecco,
ora si che si ragiona».
Risolta
la questione con l'uomo l'attenzione di Rakk si concentrò su
Alran:
«Ah
giusto te Alran... Ti stavo per mandare a chiamare. Il tuo cavallo è
già pronto nelle stalle e anche Roxas deve essere ormai
pronto.»
Il
giovane non capiva di cosa stesse parlando. «Pronto per cosa?».
«Come
per cosa... per la tua visita a Kinoos. Nisuth è un ottimo
plasmatore di elementi. E' l'unica persona in grado di aiutarti.»
rispose Rakk con naturalezza.
«Ma
i plasmatori servono solo per creare o riparare oggetti magici, io
non ho...». La consapevolezza lo colpì come una lama
rovente, tutto divenne chiaro: ecco dov'era finita Yutaka, il motivo
per cui non era insieme a lui.
Quando
fu chiaro che Arlan aveva compreso, Rakk spiegò:
«L'abbiamo
trovata vicino al corpo di Melgor dopo che tu sei svenuto, era
spezzata in due perfettamente, dalla punta all'elsa. Non sapevo come
dirtelo, ma quando Drael mi ha parlato di Nisuth ho riacquistato
speranza, quindi ti mando a fargli visita. Oltre ad essere un'arma
potentissima, in fondo anche io nutro dei sentimenti per quella
spada: E' l'unico ricordo che mi rimane di mio padre.»
«Non
può mandare qualcun altro? Io sono pur sempre un soldato,
posso aiutarvi a difendere Dalgonn!» protestò Alran.
Rakk
non volle sentir ragioni. «Si dice che ogni soldato abbia
un'arma prediletta, con cui si senta invincibile. Credo che per la
maggior parte degli uomini non sia così dopotutto, in tanti
muoiono pur combattendo con le loro fedelissime compagnie. Ma per te
non è così...». Voltò le spalle ad Alran e
si allontanò aggiungendo: «senza Yutaka sei perduto».
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