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Autore: Maxximilian    29/08/2013    4 recensioni
In un continente sull'orlo della guerra oscure ombre si proiettano sul regno dell'Ovest. Alran, un giovane soldato del regno, ha l'incarico di indagare sulla malvagia Legione Nera in un viaggio tra la vendetta e il dovere.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Guerra


«Non è possibile che stia dormendo da una settimana! Non ha nessuna ferita grave. Non può essere solo normale stanchezza, io dico che c'è dell'altro. Capisco due o tre giorni, ma una settimana no. No! E' successo qualcos'altro durante lo scontro che noi non abbiamo visto. Ne sono certo...».

Un sussulto dietro di lui e Rakk si voltò di scatto rivolgendo il suo sguardo al letto in cui giaceva Alran da quasi una settimana.

Il ragazzo aveva finalmente riaperto gli occhi dopo tutto quel tempo. Rakk aveva passato molto tempo in quella stanza aspettando che il ragazzo si svegliasse. Era solo grazie a lui se era ancora vivo e lo stesso valeva anche per più dei nove decimi della valorosa guarnigione di Vina. Ormai provava un particolare affetto per quel giovane, così ordinario ma così speciale.

«Era ora Arlan! Stavo iniziando a pensare che ti avrei dovuto portare a Lisjask in spalle» disse cercando in tutti i modi di essere il più serio possibile. Era davvero contento che alla fine si fosse svegliato, ma lui era pur sempre un'autorità militare, un figura forte agli occhi di molte persone, integerrima e seria. Però avvolse le sue braccia possenti attorno al suo busto. Un solo abbraccio non avrebbe intaccato la sua reputazione, nessuno avrebbe avuto niente da ridire se Rakk avesse scambiato un gesto di riconoscenza con l'eroe del nord.

Oltre al capitano, molti altri uomini durante la settimana aveva passato un po' di tempo ad assistere Alran: chi per una breve visita di qualche minuto, chi per intere ore, alla fine tutta la guarnigione avevano reso omaggio al giovane.

Lo stesso Roxas, che pareva sempre così distaccato da tutto e tutti, era passato due volte a vedere come stava, nascondendo poi la sua delusione mentre usciva.


Ancora intontito dalla lunga dormita, il ragazzo provò a mettersi a sedere sul comodo materasso di piume, ma a causa del lungo tempo passato senza muoversi le sue articolazioni erano bloccate e ogni movimento era un'esplosione di dolore. Ci vollero quasi cinque minuti prima che riuscisse ad alzare la schiena con successo.

Provò a parlare, ma dalla sua bocca non emersero altro che sommessi mugolii. Le labbra, pur muovendosi, non emettevano alcun suono articolato.

Rakk se ne accorse e fece cenno ad Alran di non sforzarsi:

«Non ancora Arlan. Ti serve dell'acqua fresca, avrai la gola secca dopo una settimana del genere.»

Alle sue spalle comparve subito un attendente grassoccio con una caraffa e un boccale. Lasciò il tutto in mano al capitano e si dileguò lasciando soli il giovane e l'ufficiale. Rakk versò del liquido nel boccale e lo porse al ragazzo.

«Avrai sicuramente troppi pensieri per la testa... posso iniziare col raccontarti cosa è successo dopo che hai abbattuto il colosso».

Già, il colosso. Prima di cadere in quello stato incosciente ne aveva abbattuto uno. Il ricordo tornò vivido in lui: il gigante era apparso dal nulla, come uscito da una di quelle storie che si raccontavano ai bambini vivaci per spaventarli. Ma Alran con l'aiuto della sua spada l'aveva ucciso, l'aveva proprio fatto a pezzi. Forse era l'unico uomo vivente ad averne abbattuto uno nell'ultimo millennio. Molte ballate cantavano di eroi impavidi che avevano sconfitto signori dei demoni. C'era Forlon l'Incubo, che aveva ucciso centinaia di creature maligne quando l'Ovest aveva dichiarato guerra alla Terra Dimenticata per combattere i necromanti e le loro oscure pratiche. Anche Enka, la principessa guerriera di Yerenia, aveva ucciso un colosso solo con l'aiuto delle sue braccia.

Il ragazzo però non osava paragonarsi a loro, magari col tempo sarebbe entrato nelle leggende e forse, da qualche parte, c'era già un cantastorie che scriveva una canzone proprio in suo onore. Il pensiero lo divertì e si chiese come avrebbe suonato il suo nome accompagnato dal suono soave di un'arpa.

Stava ancora fantasticando quando Rakk iniziò il suo resoconto, così incrociò le gambe tra mille dolori e iniziò ad ascoltare.

« Dopo che hai sconfitto quel mostro sei svenuto e sei rimasto incosciente fino a poco fa. Comunque noi abbiamo continuato a dare la caccia a quelle creature, quegli exiles... ne abbiamo abbattuta qualche decina, gli ultimi ritardatari della retroguardia, per lo più esploratori credo. Roxas e la sua abilità come cacciatore ci sono stati utilissimi. E' incredibile quanto quel ragazzo sia veloce e preciso con l'arco. Ho deciso di promuoverlo a luogotenente, d'ora in poi sarà il mio secondo.»

L'espressione del capitano divenne cupa mentre si alzava in piedi.

«Queste piccole vittorie non sono servite a molto, da sud continuano a giungere cattive notizie. Crimson Claw continua ad avanzare con il suo esercito e, anche se ha perso Melgor, la sua forza rimane ancora enorme. In più, come se non bastasse, da Lisjask ci fanno sapere che anche il confine ad est è stato attaccato. E' una forza minore di quella che avanza da nord ma è formata interamente dalle forze della Repubblica.»

Non più con la gola secca, Alran si azzardò a dire qualcosa:

«Quindi l'Est... ha deciso... d'invaderci?»

«Esatto. Controllano i demoni e hanno attaccato Dalgonn sapendo che la notizia non sarebbe giunta a Lisjask prima di quattro giorni, saranno almeno dieci anni che nessun mago è di stanza alla fortezza. Avevano progettato il tutto da molto tempo.»

«Quindi in tutto questo cosa centra la Legione Nera?» domandò il ragazzo.

Rakk gli rivolse uno sguardo carico di comprensione e sospirò lievemente.

«La Legione ha fornito all'Est l'esercito di exiles, ha messo i propri evocatori al suo servizio e chissà quali altre stregonerie hanno in serbo...»

Alran ripensò alla figura scura sghignazzante oltre il rogo, quell'immagine che continuava a perseguitarlo a distanza di anni. La sua unica ragione di vita, una vita così tristemente legata alla Legione Nera. Ovunque lui andasse il passato non faceva altro che seguirlo, aveva cercato di lasciarsi tutto alle spalle, ma era tutto inutile: era la vendetta che voleva, non la pace.

«... per fortuna non sono ancora in possesso dell'Elmo Infernale, se questo dovesse accadere saremmo spacciati».

Ancora quel nome: l'Elmo Infernale o Heruh, come l'aveva chiamato Crimson Claw. Non ne aveva mai sentito parlare fino a quel momento, ma era pronto a scommettere che era la chiave di tutto.

«Capitano, ma cos'è esattamente questo elmo?».

L'espressione di Rakk si fece ancora una volta grave e cominciò a giocherellare con il pomolo della spada legata al fianco: «Ormai è inutile nasconderlo, è giusto che tu sappia cosa stiamo combattendo. L'Elmo Infernale è uno degli oggetti magici più potenti al mondo, se un demonologo lo indossasse potrebbe aprire le porte dell'inferno e riversare il suo contenuto in questa dimensione. Questo significherebbe non solo altri demoni, ma anche defunti, in men che non si dica potremmo ritrovarci a dover combattere niente meno che i nostri caduti. La prospettiva sarebbe terribile, siamo già in difficoltà così, senza bisogno che il nemico ingrossi ancora di più le proprie fila con i morti».

Si alzò e cominciò a camminare nervosamente avanti e indietro. «C'è pure la questione di Lucius, non capisco dove abbia preso quegli uomini e per quale motivo. Almeno ha raggiunto Lisjask...».


«Capitano!». L'attendente li interruppe entrando di corsa tenendo un foglio tra le dita. Non erano notizie buone, intuì Alran.

«Che succede ancora?» chiese irritato Rakk.«Non ci sono già troppi problemi?».

«Mio signore, i nostri esploratori riferiscono che a sud sono comparsi altri colossi, almeno cinque. Ora stanno seguendo le ultime linee dell'esercito di Crimson Claw. I nostri uomini dicono anche di aver trovato la colonna dei profughi di Vina». L'uomo si fermò, in attesa del consenso dell'ufficiale per proseguire.

Il capitano Rakk si fece più attento.«E quindi?».

«Mi dispiace signore, non ci sono sopravvissuti».

Alran ebbe un tuffo al cuore. Ricordava benissimo l'anziano, che gli aveva affidato Yutaka, rivelatosi poi il padre di Rakk. Ricordava anche tutta quelle persone, donne e bambini indifesi che scappavano dalla guerra. “Alla fine la guerra li ha raggiunti comunque” pensò amaramente.

Se anche il capitano fosse scosso dalla notizia di certo non lo dava a vedere. Era già pronto a quella possibilità, sapeva che se il nemico avesse superato Vina alla fine avrebbe raggiunto quella, triste e lenta, sfilata di povere anime. Per lui era solo questione di tempo ricevere quel messaggio, quindi congedò mestamente l'attendente e rimase nuovamente solo col ragazzo.

«Mi dispiace per vostro padre, capitano» disse triste Alran dopo qualche minuto. «sono sicuro fosse un buon uomo».

«Questa è la guerra Alran... sono sempre gli innocenti a farne le spese, dovresti saperlo anche tu. La morte è sempre presente in un conflitto, potrebbe colpire il tuo nemico come uno dei tuoi cari. Prima lo impari meglio è...».

Un'altra interruzione. Questa volta però erano Roxas e altri due soldati.

Come al solito, aveva il fedele arco con sè e la casacca di cuoio nero lo faceva sembrare molto più alto. Odiava portare la cotta di maglia perché in battaglia limitava i suoi movimenti e la trovava pesante. «Un arciere deve essere libero di muoversi come vuole in mezzo ad una schermaglia» diceva sempre.

I due che lo seguivano, invece, erano in tenuta da guerra e le loro armature di acciaio risaltavano nella semi oscurità della stanza. I loro volti erano celati da elmi con pennacchi bianco latte. Entrambi portavano grosse spade a due mani serrate nei possenti guanti d'arme con la punta verso il pavimento. Se Alran non li avesse visti entrare con i propri occhi li avrebbe scambiati per due statue.

«Alran! Sei sveglio!» esclamò Roxas non appena vide il giovane seduto sul letto.

L'abbraccio del ragazzo quasi lo stritolò, ma anche lui era contento di vederlo.

Rakk lo riprese subito però: «Sei venuto qui solo per interrompere una conversazione interessante o magari hai anche qualcosa da riferire? Magari importante».

Fulminato, Roxas liberò immediatamente Alran dalla sua presa e assunse una posizione più consona.

«Ah si... chiedo perdono capitano. E' appena giunto un gruppo di soldati da Kinoos in rinforzo, come simbolo di lealtà da parte del principe Beon delle Isole di Ghiaccio».

L'uomo alla sua sinistra fece un passo in avanti e alzò la celata del suo elmo per farsi vedere dal capitano.

«Sono Drael, comandante dei Glaciali. Veniamo come rinforzo per fronteggiare l'invasione della Repubblica in virtù della secolare alleanza tra le Isole di Ghiaccio e l'Ovest».

Il capitano Rakk gli andò incontro.«E' un onore conoscere uno dei famosi Glaciali. Il mio nome è Ulter Rakk, capitano della guarnigione di Vina e protettore del nord». Prese un altro sorso d'acqua. «Comandante Drael, vi sono grato per l'aiuto, ora ne abbiamo proprio bisogno. Siamo isolati dal resto dell'Ovest, la steppa è in mano al nemico».

«Appena abbiamo saputo dell'invasione, il principe ha radunato velocemente i vessilli di guerra e ha provveduto ad inviare i Glaciali, con me al comando, in vostro aiuto» disse il cavaliere.

Le Isole di Ghiaccio erano le estese isole che si trovavano proprio nel bel mezzo dell'enorme Lago Bianco, molto più a oriente di Vina. Formato da tutte e dieci le grosse isole, le Isole di Ghiaccio erano uno dei più antichi alleati dell'Ovest. Non il più forte, ma di sicuro il più fedele. La capitale, Kinoos, sorgeva in mezzo al lago. Le sue fondamenta si ergevano direttamente dal fondale creando una maestosa città-fortezza praticamente inespugnabile. Il clima era duro come i suoi abitanti e, tra questi, spiccavano i Glaciali: i più forti soldati del regno. La loro forza era conosciuta in tutto il mondo, anche i soldati più esperti tremavano al solo pensiero di doverli affrontare.

«Non abbiamo inviato nessuna richiesta di soccorso a Kinoos, come avete fatto a sapere che eravamo in difficoltà?» domandò Rakk.

«E' colpa dei sogni del principe» rispose deciso Drael.

Il capitano era perplesso, anche Alran guardò l'uomo con aria interrogativa.

Il Glaciale, vedendo le loro facce, riprese a parlare: « Il principe Beon è stato benedetto dagli dei. Fin da piccolo sognava cosa sarebbe successo il giorno dopo o semplicemente cosa avrebbe mangiato a pranzo o cena. Col passare del tempo, il suo dono si è sviluppato ulteriormente e ora gli permette di vedere non solo il suo futuro, ma anche altri importanti avvenimenti che devono ancora accadere. Circa due settimane fa uno di questi sogni ha predetto l'assedio e la caduta di Dalgoon, così in men che non si dica abbiamo marciato in vostro aiuto.»

«Sembra assurdo, ma deve essere per forza la verità visto che nessun messaggio ha raggiunto le Isole di Ghiaccio, Prenderò quindi per buona la tua storia, comandante Drael.» disse Rakk. Poi diede le spalle all'uomo e riprese: «Passiamo alle cose importanti ora: hai detto di essere qui in qualità di rinforzo giusto? quanti uomini rechi con te e quando il grosso dell'esercito di Kinoos si unirà alle nostre forze?»

Drael si guardò intorno e chiese: «Capitano non sarebbe meglio parlarne in privato?».

«Non ho segreti con i miei uomini, specialmente con questi due». Con un segno del capo, indicò prima Alran poi Roxas.

Convinto, il Glaciale proseguì: «D'accordo... con me ora ci sono cinquanta glaciali, ma entro due settimane arriveranno altre cinque centurie. Il grosso dell'esercito delle isole arriverà più o meno nello stesso periodo e sarà il principe in persona a guidarlo. Duemila fanti si apprestano ad arrivare da Ackaos e altri mille anche da Kir ».

Continuarono a parlare fitto di numeri e strategie per molto tempo, cose così poco interessanti da rispedire Arlan, ancora una volta, nel mondo dei sogni. Di sicuro però, i suoi non avrebbero predetto un bel niente.


Doveva essere passato almeno un altro giorno quando si svegliò. Ora però era da solo e tutto era avvolto dalle tenebre. Si decise a mettersi in piedi,aspettandosi di cadere non appena i piedi avrebbero toccato il freddo pavimento. Invece, le sue gambe ressero e trovò che anche il resto del corpo si era completamente ristabilito, sembrava rinato.

La porta di legno sembrava particolarmente pesante, ma niente di insuperabile. All'esterno, l'accampamento era ancora pieno di vita, i fuochi ardevano vivaci e dall'edificio più grande provenivano urla e risate a volontà.

Mentre si faceva strada tra le case ancora in piedi di Vina, scorse poco distante alcune tende di un bianco pallido. Arlan intuì dovettero essere quelle dei Glaciali.

Nessuno lo degnò di uno sguardo, erano tutti troppo indaffarati o ubriachi per badare a lui. Soltanto le guardie poste all'entrata dell'edificio, da cui provenivano i suoni della festa, si accorsero della sua presenza e lo salutarono con riverenza.

Quando entrò venne investito dalla luce e dalle grida di baldoria dei soldati. Quattro lunghi tavoli di legno, pieni zeppi di uomini, erano stati disposti nell'ampio salone per il lungo mentre un altro in fondo ospitava Rakk, Roxas, Drael e tutti gli altri ufficiali.

Regnava il caos totale: chi beveva, chi mangiava, chi cantava, chi ballava, tutti però urlavano e ridevano.

Nel tavolo in fondo, Rakk e Drael sembravano immersi in una gara di bevute. Da quel poco che Alran capì, sembrava che il Glaciale fosse in vantaggio. Roxas, invece, raccontava chissà cosa ad un gruppo di soldati riuniti attorno.

Non appena si accorsero di lui, tutti dimenticarono cosa stessero facendo e inneggiarono a lui alzando i boccali.

L'enorme sala fu pervasa di «Alran!» a non finire, «Lunga vita al Flagello di Melgor!», «Eroe del Nord!» e tanti altri complimenti.

Mentre tutti gridavano, il capitano Rakk, dal suo posto al tavolo d'onore, fece segno al ragazzo di avvicinarsi e prendere posto accanto a lui.

Tutte quelle persone e le loro odi lo fecero ben presto arrossire come una donnicciola mentre si faceva strada tra i due tavoli centrali. Il gradevole aroma di selvaggina arrosto, invece, ricordò lui che era tanto tempo che non mangiava qualcosa. Anche il suo stomaco glielo fece notare.

Rakk lo fece accomodare accanto a lui, così il giovane si ritrovò tra il capitano e Roxas. Un servitore si affrettò a servirgli un pollo arrosto intero e un paio di cosce di coniglio. Dopo una settimana di digiuno, Alran non chiedeva di meglio.

«Come ti senti ragazzo?» chiese Rakk. Il suo tono di voce tradiva qualche calice di vino di troppo.

«Molto meglio capitano, credo di essermi ripreso completamente».

«Sono contento di sentirtelo dire! Domani è un gran giorno, ci sposteremo alla possente Dalgonn» disse l'allegro Rakk mentre beveva un altro sorso di vino.«Rimane sempre una fortezza possente e con l'aiuto dei Glaciali potremmo anche rimetterla in sesto. La faremo tornare come era un tempo, il possente baluardo del Nord» .

Alran ripensò alla sua visita alle rovine di Dalgonn e l'appetito svanì di colpo: i corpi mutilati, i corvi e gli exiles non erano proprio i pensieri adatti con cui accompagnare le pietanze.

«Si! Si! La renderemo ancora più possente!» continuò l'ubriaco Rakk non notando la faccia disgustata del giovane. «Possente! Non trovi sia una parola magnifica? Anche Melgor era possente vero?». Non attese nemmeno la risposta di Alran, che si girò verso Drael, anch'egli non in condizioni migliori.

Il capitano è proprio andato” constatò Alran “Chissà se domani mattina riuscirà a guidare gli uomini a Dalgonn. Sarà tanto se riuscirà a svegliarsi”.

Facendosi coraggio, si costrinse a mangiare almeno le cosce di coniglio.


Il banchetto andò avanti fino a metà della notte e quando Alran ritornò nel suo alloggio crollò letteralmente sul letto, ma non riuscì a chiudere occhio. Anche lui si era lasciato andare a qualche coppa di vino con la speranza di riuscire ad assopirsi con più facilità, ma fu tutto inutile. Quel che aveva visto a Dalgonn tornò a perseguitarlo, simili orrori non andavano presto dimenticati e, forse, non lo sarebbero stati mai. Ripensò anche alla battaglia di Vina, al volto sfregiato di Crimson Claw e agli occhi furenti del colosso. Poi, come sempre, la sua mente fu invasa dall'uomo in nero e dalle fiamme che avvolgevano tutto, rendendo ogni altra cosa banale.

« Elyna... io ti vendicherò!» sussurrò nell'oscurità. «O morirò provandoci...»


La mattina seguente, nonostante la festa fosse durata fino a poche ore prima, tutto l'accampamento si svegliò di buon ora. Il capitano Rakk sembrava essersi ripreso alla perfezione a differenza di Roxas al suo fianco che pareva ancora intontito dagli eccessi della sera precedente.

Drael e i Glaciali erano già in marcia da più di un ora, avevano il compito di rendere sicura la strada prima dell'avanzare del grosso delle truppe.

Anche Alran era già in piedi e pronto come gli altri a marciare verso la scarlatta fortezza. Però qualcosa non andava, si sentiva nudo, come se mancasse qualcosa. “Ma certo! Yutaka!” comprese infine.

Era da quando aveva affrontato il colosso che non la vedeva, ma d'altronde, mentre dormiva avrebbe potuto vedere davvero ben poche cose. Quando poi aveva finalmente riaperto gli occhi, i troppi quesiti l'avevano distratto da tutto il resto.

Ora però, era tempo di riunirsi con la sua spada, quello strumento di morte così spietato. Quindi, decise di andare a chiedere dove fosse a Rakk.

Trovò il capitano intento ad esaminare la colonna degli approvvigionamenti, mentre un muscoloso fabbro si lamentava della carenza di legna.

«Ti ripeto che senza legna non posso forgiare l'acciaio» si lamentava l'artigiano. « E tu sai cosa si fa con l'acciaio, vero?».

Rakk era esasperato, doveva essere molto tempo che ascoltava le polemiche dell'armaiolo e sembrava sul punto di perdere la pazienza.

«Ma qui attorno è pieno di alberi! Prendi un ascia e vai a tagliarne qualcuno.»

«E chi lavora alle forgia? Lascio il cane a badare alle tue dannate armature? »

«Rimarranno con te altri otto uomini, sono abbastanza?» rispose il capitano stremato.

La faccia del fabbro si fece immediatamente più radiosa. «Ecco, ora si che si ragiona».

Risolta la questione con l'uomo l'attenzione di Rakk si concentrò su Alran:

«Ah giusto te Alran... Ti stavo per mandare a chiamare. Il tuo cavallo è già pronto nelle stalle e anche Roxas deve essere ormai pronto.»

Il giovane non capiva di cosa stesse parlando. «Pronto per cosa?».

«Come per cosa... per la tua visita a Kinoos. Nisuth è un ottimo plasmatore di elementi. E' l'unica persona in grado di aiutarti.» rispose Rakk con naturalezza.

«Ma i plasmatori servono solo per creare o riparare oggetti magici, io non ho...». La consapevolezza lo colpì come una lama rovente, tutto divenne chiaro: ecco dov'era finita Yutaka, il motivo per cui non era insieme a lui.

Quando fu chiaro che Arlan aveva compreso, Rakk spiegò:

«L'abbiamo trovata vicino al corpo di Melgor dopo che tu sei svenuto, era spezzata in due perfettamente, dalla punta all'elsa. Non sapevo come dirtelo, ma quando Drael mi ha parlato di Nisuth ho riacquistato speranza, quindi ti mando a fargli visita. Oltre ad essere un'arma potentissima, in fondo anche io nutro dei sentimenti per quella spada: E' l'unico ricordo che mi rimane di mio padre.»

«Non può mandare qualcun altro? Io sono pur sempre un soldato, posso aiutarvi a difendere Dalgonn!» protestò Alran.

Rakk non volle sentir ragioni. «Si dice che ogni soldato abbia un'arma prediletta, con cui si senta invincibile. Credo che per la maggior parte degli uomini non sia così dopotutto, in tanti muoiono pur combattendo con le loro fedelissime compagnie. Ma per te non è così...». Voltò le spalle ad Alran e si allontanò aggiungendo: «senza Yutaka sei perduto».


   
 
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