Cap1
Eccomi a voi con il tanto agognato(?) sequel de “La
carezza di un'altra illusione”.
Sequel non direttissimo, nel senso che è ambientato post-The
Avengers.
La storia non terrà conto delle vicende che verranno narrate
in
Thor: The Dark World.
Questi primi capitoli potrebbero essere (leggasi "sono") alquanto
frenetici e caotici, è una scelta di gusto personale per
dare
più dinamicità all'intreccio.
Si alterneranno POV diversi e spero solo di non aver fatto un gran
minestrone, perché il rischio c'era.
Non ho mai trattato tanti personaggi tutti insieme e vi chiedo fin da
ora perdono se non riuscirò a render loro la giustizia che
meritano.
Ribadisco gli avvisi del prequel:
- non ho
conoscenza né di comics né di mitologia norrena,
per cui a parte qualche riferimento tutto sarà frutto della
mia
fantasia;
- ogni scena erotica incest, qualora presente, verrà postata
censurata per rispetto del regolamento.
La storia è totalmente plottata ma mi sono portata avanti
solo
di una manciata di capitoli. Cercherò di mantenere per
quanto mi
sarà possibile un ritmo di aggiornamento decente.
Mi sembra tutto.
Vi auguro una buona lettura e ringrazio chiunque abbia seguito
“La carezza di un'altra illusione” con affetto e
passione. È anche colpa vostra se questo sequel balordo ha
visto
la luce.
Kiss Kiss Chiara
Disclaimer:
I
personaggi Marvel sono dei legittimi proprietari. Eventuali original
characters presenti all'interno di questa storia sono di mia
proprietà e per tanto ne rivendico la paternità.
Storia scritta senza scopo di lucro.
L' ultima lacrima
I.
Aveva udito i passi avvicinarsi lenti e decisi.
Il rumore delle suole che colpivano le pozze d'acqua del pavimento in
pietra.
Li aveva contati tutti.
Non aveva mai ospiti, non amava averne.
Quando la figura comparve davanti a lui, non represse comunque un
sorriso. Le solite vesti di uno sfarzoso ceruleo, l'oro dei Vanir
al collo, alle dita delle mani, ai lobi delle orecchie.
L'arroganza dei Vanir a risplendere su ogni gemma.
«Sembri a tuo agio su quel trono, ragazzo.» La voce
era
roca e profonda come ricordava, i suoi occhi lame nere e affilate come
aveva imparato a temere.
Ma non era più un fanciullo, non bastava più
qualche trucchetto per impressionarlo.
«Cosa vuoi?» chiese annoiato passando le dita sul
bracciolo del suo seggio.
La figura sorrise. «Nulla di cui anche tu non possa godere,
Loki: un'alleanza.»
Dalla sua gola salì una risata di beffa e si
alzò scendendo i gradini impolverati della sala priva di
luce naturale.
Decine di vecchie torce adornavano i muri scarni, l'acqua
filtrava dalla volta di roccia come fosse un lungo e interminabile
pianto.
«Un'alleanza? Con te? Styrkárr, per favore, sii
serio.»
«Oh, mai stato più serio di così,
ragazzo
mio.» I suoi occhi neri si piegarono in due archi e le labbra
scoprirono i denti in sorriso mellifluo. «So che sei a corto
di
alleati, tuo fratello ti ha fatto terra bruciata intorno e nessuno ha
intenzione di ritrovarsi contro Thor Odinson. Mi sembra un
comportamento lecito, codardo forse, ma non neghiamo a nessuno la
libertà di scegliere da quale parte schierarsi.»
Loki annuì e girò lentamente attorno al suo
visitatore. «E tu vorresti stare dalla mia, giusto?»
«Sono sempre stato dalla tua.»
Quando lo fronteggiò ricambiò quel sorriso.
«E se io non volessi stare dalla tua,
Styrkárr?»
«Perderesti l'opportunità di avere ciò
che brami da sempre, Loki.»
Rise di nuovo. Styrkárr continuò a sorridere.
«Grazie dell'offerta, ma preferisco prendere da solo la
testa di mio fratello. Non ci sarebbe gusto a lasciarlo fare a qualcun
altro.» E con lenti passi tornò sul suo trono ma
una nuova
presenza lo obbligò a prestare nuovamente attenzione alle
sue
spalle.
«Ma Styrkárr non parlava della sua testa,
Loki.»
Quella voce la ricordava bene, l'aveva odiata troppo per poterla
dimenticare.
«Hai un bel coraggio a mostrati qui, Incantatrice.»
«Quanto ne hai tu a rifiutare la nostra offerta senza neanche
udirla.»
Si sedette con lentezza e scrutò a lungo i due visi, quello
sorridente di Styrkárr, quello insopportabile della donna al
suo
fianco.
Rivide vecchie immagini assolate. Risentì due voci all'ombra
di un ciliegio.
Udì il suono fastidioso di baci umidi. Carezze su una pelle
non sua.
Il male che mi hai fatto non sarà mai lavato via abbastanza,
fratello...
«Ascolta cosa abbiamo da proporti e poi deciderai di
conseguenza.
A noi serve il tuo aiuto, non nascondiamolo, altrimenti non saremmo
qui.»
«Ho sempre amato la tua schiettezza, Vanr»
sospirò passandosi un dito fra le labbra.
Styrkárr fece un cenno con il suo capo privo di capelli.
«E io la tua intelligenza, Loki, e so che quando sentirai
cosa
posso, anzi, possiamo offrirti, sarai più che lieto di stare
dalla nostra parte.»
Prese un respiro e annuì. «Avanti, allora, avete
la mia
attenzione. Sfruttatela al meglio e non vi ritroverete senza vita negli
attimi che seguiranno le vostre parole.»
Styrkárr rise e lei lo guardò con un ghigno che
gli fece prudere le mani.
*
«Allora, ti sembra uno scambio equo?»
Loki sorrise. «Quando iniziamo?»
Più di una risata risuonò nella cavernosa sala.
₪₪₪
La polvere dei calcinacci gli era entrata fin dentro alle narici.
Tossì un paio di volte e tornò a guardare la
situazione.
Non andava bene.
C'erano troppi civili e pochi uomini per contrastare l'attacco.
Martedì pomeriggio nel bel mezzo della città:
sarebbe stato un massacro.
«Stark?»
«Dimmi,
capitano.»
Coprì con il palmo della mano l'orecchio destro per riuscire
a sentire al meglio la sua voce.
«Cerca di allontanarli da qui, portali verso sud, lontano dal
quartiere.»
«Sarò
un'esca magnifica, vedrai.»
Un'altra scossa gli fece quasi perdere l'equilibrio.
«Stark? »
«Già
ti manco, Rogers?»
«Porta Thor con te, in due attirerete un numero
maggiore.»
Salì sul cofano di un'auto e poi su quello dell'auto
accanto.
«C'è
un piccolissimo problema, però.»
Raggiunse in breve di nuovo l'epicentro della battaglia da cui
era stato allontanato a causa di un colpo di quei dannati mostri
bianchi.
«Quale?»
Lo scudo volò dritto nello stomaco di uno di loro e lui lo
recuperò per poi farlo collidere contro il cranio di un
altro.
«Thor
è alquanto impegnato al momento. Credo stia facendo
un'altra predica da buon samaritano a suo fratello.»
Alle
sue spalle un esplosione fece crollare al suolo un gruppo di sette
sbiancati,
come li aveva rinominati Tony - per Thor quelli si
chiamavano Fruxer.
Alzò la testa e vide Iron Man volteggiare su di lui.
«Attento anche
alle chiappe, capitano.»
«Grazie per il consiglio, Stark, ora vai e porta questi
bastardi lontano da qui.»
«Agli ordini.»
Iron Man volò verso sud e Steve decise che era meglio
raggruppare tutti in un unico luogo ben circoscritto, anche se erano in
pochi avrebbero comunque evitato che facessero maggiori danni. Gli
agenti dello S.H.I.E.L.D. erano giunti in supporto, ma non aveva
intenzione di chiamarli nello scontro diretto.
Erano solo uomini, e benché il loro coraggio ne aumentasse
il valore, rimanevano solo uomini.
Come me, si
diceva spesso.
Un siero, niente di più, per il resto era di carne e paura.
«Barton, come va?»
«Se ve ne
avanza qualcuno mandatelo da me, qui c'è davvero poco con
cui giocare.»
Bene, voleva dire che stavano avendo la meglio.
Con un paio di gomitate mise a tappeto un altro pugno di esseri.
«Thor?... Thor?»
«È
in pieno Central Park con Loki, capitano. Non ti darà retta.»
La voce di Natasha risuonò nel suo orecchio.
«Raggiungilo se puoi-» Udì un rantolo e
poi un tonfo. «Tutto bene, Romanoff?»
«Sì,
ho solo bisogno di una doccia, ma ho un po' di
compagnia adesso, non credo di liberarmi a breve.»
Altro rantolo,
altro tonfo.
«Va bene, andrò io.»
Steve guardò alla sua sinistra un gruppo di sbiancati che se
la
stavano prendendo con una cabina telefonica, all'interno
c'era un uomo che cercava di proteggersi con una
ventiquattrore nera.
Lo scudo viaggiò contro una testa, poi contro un'altra. Il
terzo lo abbatté con un calcio.
«Tutto intero?»
Lo tirò per un gomito aiutandolo a rimettersi in piedi.
«S-sì, sì. Grazie, capitano.»
Aveva gli occhiali rotti e un sorriso grato sulla faccia tonda.
«Cerca un posto dove nasconderti.» Gli
consigliò
indicandogli con un cenno del capo un edificio poco distante.
L'uomo annuì stringendo fra le dita la sua valigetta e lo
ringraziò per l'ennesima volta.
Steve guardò i corpi a terra dei nuovi amici di Loki e
sospirò.
C'era qualcosa che non andava, quell'attacco era stato strano da quando
era iniziato.
Un ringhio animalesco salì alle sue spalle, con una gomitata
lo fece tacere.
Decise che avrebbe lasciato le riflessioni a quando l'asfalto non fosse
diventato bianco.
*
Il fulmine tagliò verticalmente un albero e le fiamme
presero a salire alte.
«Richiama queste bestie, adesso!»
«Oh, e perché dovrei? Lascia che si divertano
anche loro.»
Thor strinse i denti e strinse l'impugnatura di Mjolnir. Il sorriso di
Loki si allargava secondo dopo secondo.
«Perché li hai condotti qui? Quale altro piano
insensato hai la presunzione di portare a termine?»
«Nessuno, a dire il vero. Mi stavo solo annoiando.»
Mjolnir volò verso di lui ma colpì solo il
terreno, Thor
lo richiamò giusto in tempo per proteggersi da un pugnale
che
stava per colpirlo alla schiena.
Si ritrovò comunque a terra e dovette rialzarsi velocemente
prima di finire sotto l'ennesimo colpo.
«Tu non ti annoi mai, fratello?» rise Loki mentre
tentava
di colpirlo ancora. Stavolta riuscì a frenare il suo polso.
«Smettila!»
Sorrise ancora e Thor sentì una scossa lungo il braccio che
gli fece lasciare la presa - no, non una scossa, un brivido.
«Non credo che lo farò.»
«È della vita di persone innocenti che stiamo
parlando,
Loki, non sono giocattoli. Non puoi pensare che io ti lasci continuare
questa o altre follie.»
Mjolnir riempì di nuovo la sua mano.
Loki lo fronteggiava sorridente.
Thor ancora non capiva.
Era un ciclo senza interruzione. Avrebbero continuato a lottare in
eterno.
Loki avrebbe attaccato impunemente la sua amata Terra e lui
l'avrebbe difesa allo stremo, poi lo avrebbe avuto in pugno e non
sarebbe riuscito a spezzare la catena.
Loki andava via e poi tornava.
Thor vinceva ogni scontro e poi si sentiva un perdente.
È mio
fratello, diceva, e nessuno dei suoi
compagni osava più contraddirlo, eppure lo pensavano tutti.
“Non
è tuo fratello, è un mostro.
Non è tuo fratello, ha tentato di ucciderti decine di volte.
Non è tuo fratello, è un nemico.”
Alle volte Thor aveva timore che un giorno avrebbe creduto anche lui a
quelle voci e avrebbe smesso di sperare di veder ritornare il vecchio
Loki, il suo
Loki.
Quando lo chiamava “fratello” mentiva ogni volta,
perché Thor non riconosceva quegli occhi verdi, non
riconosceva
quel sorriso né la sua voce.
Chiunque fosse l'uomo con cui continuava a lottare, non era Loki. Non
voleva che lo fosse.
«Sai cosa ho promesso loro, Thor? Avanti, prova a
indovinare.»
«Non ho tempo per i giochi, ora richiama questi esseri
immondi e
tornatene da dove sei venuto e cerca di evitare di rimettere piede qui
finché la mia collera non sarà placata.»
Il suo viso serio si scontrò con una risata. «Oh,
accidenti, eri quasi convincente!»
Il pugnale passò da una mano all'altra. «Ho detto
che avrebbero potuto depredare e saccheggiare ogni cosa, che avrebbero
potuto far prigionieri e schiavi tutti i mortali che intrecciavano la
loro strada.»
Provò a muoversi ma sentì i piedi incollati al
suolo.
Loki iniziò a camminare lentamente verso di lui e Thor
capì tardi di essere caduto in un altro dei suoi inganni,
probabilmente un incantesimo di stasi o qualcosa di simile. Si
maledì per quanto riusciva a essere poco accorto quando si
trattava di lui.
Saettò con gli occhi al martello non riuscendo
però a sollevare la mano.
«I Fruxer, a differenza di ciò che si crede, amano
seviziare e torturare le loro vittime - e hanno molta fantasia,
credimi. Immagina cosa possono fare ai tuoi amati terrestri.»
La rabbia gli salì in gola acida eppure la sua lingua non
riuscì a pronunciare una sola parola.
«In questo sono molto simile a loro, lo sai?»
L'indice di Loki sfiorò la sua armatura e il suo viso si
deformò in un'espressione di puro sadismo. «Potrei
trascorrere i prossimi secoli a sentirti urlare e mi inebrierei del
sangue scarlatto che dipingerebbe il pavimento e le mura. Le tue urla
raggiungerebbero anche le orecchie della tua preziosa
Jane...» Il
cuore stava pompando forte eppure si sentiva sempre più
debole,
sempre più lontano da quel luogo.
Da quando aveva iniziato a udire quel fischio? Da quando le sue dita
avevano lasciato la presa di Mjolnir?
Non aveva sentito il tonfo, non
aveva avvertito le mani formicolare.
Le gambe... Le gambe stavano diventando troppo molli.
Cercò con gli occhi qualcosa, qualcuno - Chi? Steve? Steve
era
lì? - ma riusciva solo a vedere quelli di fronte a lui, quel
verde penetrante più della fitta vegetazione che li
circondava.
«Sarebbero secoli di pura gioia, ma alla fine, non mi
lascerebbero niente.» La sua mano aveva raggiunto il suo viso
ma
Thor non la sentiva sulla pelle, non sentiva nulla. «E io
voglio
tutto, e lo avrò, Thor, e tu non riuscirai a impedirmelo
stavolta.»
Poi anche gli occhi di Loki sparirono, anche la sensazione di debolezza
svanì.
La sua voce fu l'ultima cosa che udì.
«Addio, fratello.»
Poi fu solo buio.
*
«Signore,
l'energia è al 20%.»
«Grazie per l'informazione, Jarvis.»
«Dovrebbe
prendere in considerazione la possibilità che la
Mark non mantenga gli standard se dovesse scendere sotto la soglia del
15%.»
«Lo prenderò in considerazione.»
«È
sempre un piacere darle consigli che poi ignorerà totalmente.»
«Piacere tutto mio, Jarvis.»
Ormai aveva limitato l'attacco a un solo isolato, al di fuori del
perimetro non c'erano più sbiancati e con ogni
probabilità quelli che erano rimasti avrebbero fatto tutti
la
fine del topo e il formaggio.
Però...
Ogni volta che Loki faceva loro "gradite" visite, si portava sempre
dietro qualche mostro uscito dai peggiori videogiochi giapponesi, ma di
solito per quanto brutti e disgustosi e vestiti male potessero essere,
avevano sempre un loro scopo, per lo meno nell'ottica contorta e
bacata di quell'asgardiano.
Questi sbiancati invece sembravano hooligan ubriachi di camomilla
scaduta. Generavano caos, facevano un gran macello - Dio solo sapeva
quante ne avrebbero sentite lui e gli altri per i danni a tutta la
città - ma erano fondamentalmente degli inutili
mostriciattoli
albini, e pure parecchio stupidi, visto che si erano lasciati
raggruppare facilmente come delle pecore. Giusto, pecore! Ecco cosa gli
avevano ricordato a prima vista.
Perché li hai portati qui, brutto schizzato?
Non perse troppo tempo a cercare una risposta.
«Jarvis?» Volò sopra il recinto
immaginario che
aveva realizzato e si fermò al centro. «Che ne
dici di un
mega barbecue?»
«Dico che non
è una buona idea, signore.»
Tony sorrise da sotto al casco allungando entrambe le mani in avanti.
«Lo immaginavo.» Un attimo dopo aveva iniziato a
colpire
con facilità tutti gli sbiancati - Frustor? Fucer? Come li
aveva chiamati, Thor? Fruben?
«Ehi, falco, dovresti sentire che profumino si sente da
queste parti.»
«E tu dovresti
sentire come mi sto gelando il culo dalle mie. Mi hai lasciato su
questo tetto da ore, Stark!»
Tony rise e abbrustolì l'ultimo Fruxer - se l'era ricordato
alla fine.
«Hai finito le frecce, Robin?»
«No, ho finito
i bersagli, perciò vieni a recuperarmi ché mi
sono divertito poco oggi.»
Ormai non c'era più ombra di sbiancati o Fruxer o pecore
in giro. Dovevano solo andare a prendere a calci quel rompiscatole e
sperare che stavolta Thor decidesse di fargliene dare qualcuno anche a
lui.
Volò in direzione del palazzo dove intravide facilmente la
sagoma di Clint.
Anche Tony si era divertito poco quel giorno, e un barbecue non bastava
di certo.
«Sono da te fra cinque secondi. Lanciati.»
«Cosa? Senti,
Stark, non sono in-»
«4, 3, 2...»
«Oh, DANNAZIONE!»
Quando sentì il peso di Clint colpirlo sulla schiena
sentì anche quello di un paio di pugni. «Pazzo
bastardo!»
Per fortuna la Mark non era permalosa.
*
Aveva capito che c'era qualcosa che non andava ma avrebbe dovuto
capirlo prima di ritrovarsi con le spalle contro il tronco di un albero
e con il corpo bloccato da cerchi di energia - luce? Magia? Qualsiasi
cosa fossero non riusciva a muovere un muscolo.
«Mi dispiacerebbe farti del male, soldato, ma non posso
lasciarti
ficcare il naso. Non costringermi a segnare quel tuo bel
viso.»
La donna di fronte a lui teneva una mano tesa davanti a sé e
Steve era certo che fosse una specie di maga o roba simile, di certo
un'alleata di Loki.
Era in momenti come quello che si sentiva davvero solo un ragazzotto
del '40.
Guardò oltre le spalle della donna, di nuovo verso Thor che
sembrava immobile quanto lui, ma decisamente in una posizione peggiore,
visto che la persona che gli si stava avvicinando era quel folle di suo
fratello.
«Lasciami andare, chiunque tu sia.»
Provò a
divincolarsi senza successo. Loki nel frattempo lo aveva raggiunto.
«Thor?» lo chiamò ma non
sembrò sentirlo.
«THOR?»
«È inutile, bel soldato, non può
sentirti.»
«Chi sei? Cosa vuole Loki stavolta?»
La donna sorrise da sotto una cascata di capelli così chiari
da
sembrare d'argento, e fece qualche passo verso di lui.
Steve tornò a guardare ciò che accadeva a qualche
decina di metri.
«Cosa vuole? Quello che vuole da sempre.»
«Di che parli?»
Era bella, anche troppo, di una bellezza che chiaramente aveva poco a
che vedere con l'essere umana. Ormai aveva imparato a farsi poche
domande perché tutte le risposte erano di difficile
comprensione
- di impossibile accettazione. E in guerra se perdi un secondo di
troppo a pensare, puoi beccarti un proiettile, se sei fortunato.
«Ti basti sapere questo: se Loki otterrà quello
che vuole,
non dovrete più preoccuparvi di lui. Non è una
buona
notizia, bel soldato?»
Respirò sempre più a fondo ma quando vide Thor
accasciarsi al suolo tentò nuovamente di liberarsi.
«Thor? - Maledetta, lasciami andare!»
La donna gli diede le spalle e con un gesto della mano fece svanire i
cerchi di luce. Steve si ritrovò in ginocchio ma si mise
velocemente in piedi.
«Cercate di andare d'accordo, ho sentito dire che ha un
carattere difficile.»
Non capì le sue parole ché la vide letteralmente
sparire.
«Thor?» Da lontano il corpo non sembrava si
muovesse.
Cercò Loki: non c'era.
Iniziò a correre.
*
«Nat, che ti è successo?» Clint la
osservò
mentre si toglieva qualcosa dai capelli e ghignò divertito.
«Non sono brandelli di carne, vero?»
«No, è un fermaglio all'ultimo grido»
sospirò lei pulendosi le mani addosso. «E tu che
hai? Mi
sembri alquanto pallido.»
«Un pessimo volo, tutto qui.»
«Servizio di prima classe, però. Diamo onore al
merito.»
Iron man atterrò accanto a loro e Clint gli
lanciò un'occhiataccia appuntita come i suoi dardi.
«“Merito” un corno, Stark!»
«La prossima volta prendi l'ascensore.»
«Oh, lo farò, non dubitarne.»
«Signore,
calmatevi. Allora, sono finiti?» chiese Natasha e Clint
annuì. Sì, erano finiti, purtroppo.
Non era stata una battaglia epica, aveva avuto appena il tempo di
scaldare le dita. Quei così si facevano colpire come se
fossero
nati per essere infilzati dalle sue frecce.
Un lavoro ordinario, troppo ordinario.
Prese a regolare l'arco mentre sentiva nelle orecchie la voce di Steve.
«Ragazzi?»
«Capitano, tu hai ancora qualche culo pallido da far
fuori?» chiese sorridendo a Nat, ma la voce di Steve gli
rispose
con troppa agitazione.
«Thor... Non
lo so, credo stia male!»
Aveva già afferrato una spalla di Iron Man.
«Arriviamo.»
Nat si appropriò dell'altra.
«Cerca di non vomitarmi addosso, Barton, d'accordo?»
Strine il metallo e sospirò.
Forse no, non era per nulla un lavoro ordinario.
*
Quando era arrivata la chiamata, Bruce era nel suo laboratorio.
“Un attacco al centro di New York.” Aveva tuonato
Fury da uno schermo.
“Chi?” Aveva chiesto Steve.
“Loki e qualche amico.”
Tutti avevano sbuffato. Thor non aveva detto una sola parola.
“Se abbiamo bisogno...”
“Fatemi un fischio.”
E poi erano tutti scesi in campo.
Bruce no, Bruce non scendeva in campo se poteva evitarlo. Bruce non
poteva permettere che l'altro facesse più casini di quelli
che doveva aiutare a sistemare.
Non aveva neanche acceso la tivù, non gli piaceva vederli e
non
essere lì, non gli piaceva sentirsi in qualche modo in
colpa.
È per il loro bene, si diceva.
Quando avranno bisogno di me, mi chiameranno. Dio, fa' che non abbiano
bisogno di me.
Stava digitando qualcosa al pc quando aveva udito l'ennesima
esplosione.
Ignorarla era difficile e non aiutava, ma nessuno lo aveva chiamato.
Le cose non erano così drammatiche.
Non era la prima volta, sarebbe andata bene anche quel giorno.
Poi Jarvis aveva parlato e lui aveva poggiato gli occhiali sulla
scrivania.
«Dottore, il
signor Stark chiede di lei.»
La sua armatura la indossava sempre senza alcun orgoglio.
«Dove sono, Jarvis?»
«In soggiorno,
dottore.»
Guardò inconsciamente verso l'alto come volesse chiedere
alla A.I. di Tony di leggergli nella mente.
In soggiorno?
«Stanno tutti
bene ma chiedono di lei.»
Prima o poi avrebbe dovuto domandargli come diavolo l'avesse
programmato.
*
Il ghiaccio tintinnò nel bicchiere e dopo fu lo scrosciare
del whisky a risuonare nella stanza.
«Qualcuno ne vuole uno?» Nessuno gli
rispose e Steve gli
aveva appena tirato un destro micidiale con una sola occhiata
– e
lui non indossava più la Mark. «Ok, come non
detto.»
Poggiò la bottiglia sul bancone e raggiunse gli altri che
continuavano a guardare il divano come se vi fosse adagiata la Sacra
Sindone.
Avevano cercato Bruce per avere qualcuno che riuscisse a capire cosa
diavolo fosse successo a Thor e invece il buon dottore aveva solo
sgranato gli occhi e detto un balbettante “C-che?!”
Molto, molto scientifico.
«Beh, respira, è già un fatto
positivo»
sospirò bevendo un sorso generoso di alcol. Solo Clint lo
guardò mentre gli altri erano ancora troppo occupati a non
dire
nulla.
«È stato Loki, questo mi pare ovvio.» La
verità uscì dalla bocca di Bruce.
«Speravamo in qualcosa di più preciso, dottore.
Sei tu l'esperto.»
«Esperto? No, no, io sono un dottore in fisica, non in
anatomia - ho dato solo quattro esami in medicina, per la cronaca -e
mi sembra chiaro che qui la questione sia un tantino
anatomica.»
«Molto anatomica, direi.» Ah, Clint, meno male che
c'era lui. Tony gli lanciò un sorriso obliquo che Barton
ricambiò solo in parte avvertendo addosso come aghi aguzzi
gli
occhi di Steve.
«Siamo sicuri almeno che sia Thor?» chiese ancora
Bruce.
«Sì, l'ho visto io accasciarsi al suolo ed era...
era Thor, ma quando l'ho raggiunto...»
«Hai trovato Aurora[1].
Chiaro, Cap.» Finì
il suo
whisky e decise che era meglio farsene un altro, almeno prima di
parlare con Fury. Non credeva avrebbe preso positivamente la notizia
che uno dei suoi campioni, come amava definirli il fu Thor, fosse
stato
convertito in una coniglietta di Playboy - da quel poco che lasciava
intravedere l'armatura adesso troppo larga, le curve erano tutte a loro
posto.
«Perché Loki ha trasformato Thor in una donna?
Poteva
ucciderlo, ne ha avuto l'occasione.» Steve parlò
ancora continuando a tenere lo sguardo fisso sulla donna che sembrava
dormire profondamente.
«Perché è uno psicopatico con manie di
grandezza e sessualmente confuso?» suggerì Clint.
«O perché gli era utile.» La risposta di
Natasha era molto simile a quella che si era dato lui.
Ormai era chiaro che l'attacco di quei pecoroni era stato solo un
modo per tenerli occupati e permettere a Loki di portare a termine quel
suo bizzarro piano.
«Utile per cosa?»
Un brontolio però non permise a Bruce di avere risposta.
Tony buttò giù in un solo sorso il nuovo shot e
si
poggiò con i gomiti allo schienale del divano guardando due
palpebre che si sollevavano.
Sapeva che Steve non l'avrebbe presa bene ma, al diavolo, lo avrebbe
fatto lo stesso.
Sorrise e... «Buongiorno, principessa.»
***
Note:
[1] Aurora
è il nome della Bella
Addormentata nell'omonima fiaba.
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