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Autore: kiara_star    05/07/2013    8 recensioni
[Ambientazione pre-THOR]
[a sort of Thorki; fem!Thor]
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Si narrava che in un tempo lontano, un tempo di cui nemmeno le Norne conoscevano le trame, in un luogo sospeso nello spazio, si consumò l'amore fra Nygis, colui che diede alla luce le stelle, e Sigyn, la più bella di tutte le sue creature...
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“Quando l'urlo riecheggiò nel palazzo reale, ogni orecchio si tese in ascolto. Era acuto, quasi provenisse dalla gola di un'aquila in volo, ma le aquile, si sa, non sanno parlare lingua comprensibile agli Aesir, e l'urlo che risuonò una seconda volta con furia, sorreggeva un nome, un nome noto, un nome che quasi non stupì nessuno.
«Il principe ne avrà combinata un'altra delle sue.»”
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La leggenda di Nygis'
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1° Capitolo Salve a tutti, questa storia è una Thorki atipica in quanto fondamentalmente HET, cosa possibile grazie al gentile avviso “Gender Bender”.
Perciò, se non è gradito, bye bye ^^
A voi che invece avete deciso di restare, chiedo il tempo della lettura di un paio di note:
- Ci saranno capitoli con scene erotiche che potrebbero andare contro il regolamento in quanto incest, per evitare quindi un’eventuale cancellazione, provvederò a postarle censurate.
- Siccome sono una capra assoluta in materia di comics e di mitologia norrena, tutti i riferimenti e le spiegazioni di vari argomenti saranno frutto della mia ignoranza fantasia.
- È una pre-Thor, molto pre, a dire il vero, talmente pre che non c’è ancora Heimdall. (Piccola paraculaggine necessaria altrimenti il “giochino” non funzionava u///u).
- Il titolo è preso da un verso della canzone “Il mondo dei sogni” di Marco Masini.


Bene, auguro una buona lettura a chiunque sia sopravvissuto a queste note soporifere. Purtroppo dovevo ^///^
Kiss Kiss Chiara.


Disclaimer: I personaggi e le immagini usate sono dei legittimi proprietari e non vanto su essi alcun diritto. Storia scritta e pubblicata senza scopo di lucro.


***









“La carezza di un'altra illusione”




I.

Era appena sorta l’aurora e tutta Asgard ancora dormiva cullata da sogni dorati, solo la servitù era sveglia, intenta ad eseguire ogni ordine impartitole.
Quando l’urlo riecheggiò nel palazzo reale, ogni orecchio si tese in ascolto. Era acuto, quasi provenisse dalla gola di un’aquila in volo, ma le aquile, si sa, non sanno parlare lingua comprensibile agli Aesir, e l’urlo che risuonò una seconda volta con furia, sorreggeva un nome, un nome noto, un nome che quasi non stupì nessuno.
«Il principe ne avrà combinata un’altra delle sue.»
La piccola Linn alzò la testa dalle sue braccia piegate sul tavolo, dove era caduta vittima del sonno del primo mattino.
«Spero non di nuovo ai danni della povera Lady Sif.»
Udì le due donne parlare ma non capì. Piegò la testolina e tornò a chiudere le palpebre.


*


«LOKI!!!!!!»
Aprì un solo occhio e lo rivolse al bagliore fastidioso del sole.
«Accidenti» borbottò coprendosi la testa con la coperta. Troppa luce, troppo rumore, troppo sonno e lui voleva solo continuare a dormire.
La porta fu aperta con forza e sbatté contro il muro con un fracasso sgradevole.
Passi esagitati a cui Loki non volle dare ascolto.
«Loki, che cosa mi hai fatto?»
Continuò a dormire - a fingere di farlo.
Si sarebbe stancata e sarebbe andata via, al massimo, l’avrebbe fatta evaporare con due sole dita.
Non si disturba mai un dio che dorme, disturbare il dio degli inganni equivale a un suicidio.
«Maledetto, svegliati!» La coperta sparì e il suo piede sinistro venne colpito dalla gelida aria della balconata.
«Sif, sparisci, sto dormendo» sibilò pacato sistemandosi meglio sul cuscino.
«Non sono Sif, idiota!»
«Ahi!» Un pugno? Gli aveva dato un pugno su una coscia? Forse aveva deciso veramente di perdere tutta la testa questa volta.[1]
Si voltò con un gesto seccato del busto. I capelli scomposti e una luce omicida ad illuminare gli occhi.
Scrutò la figura che si stagliava davanti al suo letto con la sua coperta stretta nella mano destra ed un respiro affannato che avrebbe potuto essere quello di un lupo a caccia.
Una tunica esageratamente corta da cui scendevano gambe neanche troppo lunghe. Risalì con lo sguardo e lo portò al suo viso: vi trovò specchiata la sua stessa collera ma in iridi azzurre.
«Tu sei...?» Giusto per sapere il nome della donna a cui avrebbe tolto ogni possibilità di vita futura, ma lei lo guardò furente aggrottando la fronte e gli rifilò un altro pugno, o almeno ci provò, visto che riuscì a bloccarle il polso in tempo. «Donna, ti avviso che la mia pazienza ha un limite.»
«Anche la mia, fratello!» Il secondo che sprecò per decifrare l’ultima parola, gli costò una ginocchiata in pieno stomaco.
Non ebbe neanche il tempo per percepirne il dolore che si ritrovò due mani a scuotergli le spalle. «È uno scherzo orribile, Loki! Fammi tornare come prima! Subito!»
«Come osi?!» Le scostò entrambe con poca gentilezza e si massaggiò una scapola indolenzita.
Ormai il sonno era andato, ma ciò che aveva più importanza era che quella femmina rumorosa aveva chiaramente osato intrufolarsi nelle sue stanze ed aveva iniziato ad abbaiare irritanti demenze.
Si alzò e la fronteggiò abbassando lo sguardo sulla sua statura di poco più bassa. «Ti ordino di uscire da qui oppur-»
Ancora prima di concludere la sua minaccia si ritrovò nuovamente spalle al materasso ed una serie feroce di pugni a colpirlo in ogni dove.
Riuscì a fermarne alcuni prima di muovere le dita e lasciare che una leggera polvere verdastra cingesse il corpo di quell’essere molesto.
Subito dopo la donna iniziò a fluttuare per aria dove restò continuando a ringhiare insulti che sarebbero risultati sconvenienti anche sulla bocca di quel uomo mancato di Sif.
Loki fece affidamento a tutta la sua pazienza per non farla volare giù dalla balconata, perché se c’era una cosa che lo faceva imbestialire più dell’essere disturbato, era il non sapere il motivo di quel disturbo, giusto per calcolare correttamente il numero delle frustate che le sarebbero toccate come punizione.
Si mise a sedere sistemandosi alle meglio i capelli e, all’ennesima sfilza di maledizioni, tappò la bocca della ragazza con un semplice gesto della mano.
Alzò lo sguardo sull’ospite indesiderato che aveva deciso di gesticolare in aria per sopperire alla mancanza di voce. Il suo viso si tingeva sempre più di porpora per la foga con cui stava tentando invano di muovere le labbra.
Quegli occhi azzurri parevano volerlo fare in mille pezzi eppure... Sì, era come se li avesse già visti prima.
Scosse la testa e prese un respiro.
«Sei ugualmente molesta, donna. Smetti di muoverti, smetti di colpirmi e renderò il tuo castigo meno doloroso.» Non avrebbe mai mantenuto fede a quella parola, come ogni volta.
Aspettò qualche attimo prima che quella furia in gonnella si decidesse a collaborare.
Doveva essere una cortigiana che suo fratello si era portato in camera la sera prima, probabilmente un’altra con seri problemi mentali come quella che aveva gridato: “Frustami, dio del tuono”, per tutta una notte impedendogli di chiudere occhio.
Che fossero dannati entrambi!
Ma questa aveva qualcosa di diverso. La studiò ancora senza però riuscire a capire cosa fosse.
I lunghi capelli biondi le avevano coperto una parte del viso che però poteva ancora notare furente.
Si lasciò sfuggire un sorriso divertito e la fece scendere fino a toccare con i piedi nudi il suolo. Tenne l’incantesimo di stasi però, perché quella lì aveva la mano pesante, nonostante la figura esile per nulla da guerriera. Forse era una valchiria. Forse.
Troppi dubbi. Voleva vederci chiaro e liberarsi di quel problema quanto prima.
«Ti consentirò di parlare ma appena la tua lingua pronuncerà una frase sgradevole, ti getterò da quel balcone senza esitazioni.» Le indicò la balconata aperta alle sue spalle con un ghigno che avrebbe dovuto spaventarla ma che ebbe come unico risultato quello di farle roteare gli occhi, poi lo fissò per qualche attimo ed annuì. «Sai chi sono, non temere che non mantenga fede a ciò che prometto.» E con quelle parole fece dissolvere la nebbiolina che le teneva bloccate labbra e gambe ed aspettò che facesse un passo falso.
Era certo che l’avrebbe fatto e in quel caso sarebbe stato più che felice di farle fare un bel volo.
La ragazza però restò ferma e in silenzio. Le spalle si alzarono ed abbassarono con un ritmo frenetico poi lentamente si stabilizzarono.
«Tu...» Ma il ritmo riprese quasi subito e Loki alzò un angolo delle labbra.
«Io, cosa?»
«Tu. Sei. MORTO!» Un attimo dopo il suo palmo si fermò ad un soffio dai seni di lei mentre tornava a bloccarla.
«No, tu lo sei.» Ecco cosa ci voleva per risollevare quella giornata iniziata nel peggiore dei modi.
«Provaci e giuro su nostro Padre che ti prendo a calci in quel tuo sedere ossuto!»
«Mi hai stancato, donna. Goditi l’aria mattutina dei giardini di Asgard.»
La fece sollevare di nuovo in aria.
Quel gioco era durato troppo.
«Sei tu che hai stancato con i tuoi scherzi infantili! Fammi tornare come prima!»
«Smettila con questa storia. Stai offendendo non uno, ma due principi con le tue parole ingiuriose ed ora allietami con la tua dipartita.»
Ma prima che potesse spedirla fra i rovi delle amate rose di sua madre, quella lo guardò dritto negli occhi ed urlò: «IO SONO THOR!»
Forse fu la convinzione con cui lo disse, forse voleva sapere perché una stupida cortigiana o chiunque ella fosse, stesse mettendo su un teatrino come quello.
«Non so se il tuo cervello sia sviluppato abbastanza, ma vorrei farti presente che per poter vantare una simile affermazione dovresti come minimo essere un uomo e, da quel che vedo, hai qualche mancanza e qualcosa di troppo per essere tale.» Portò divertito gli occhi su un seno che sbucava dalla tunica e poi di nuovo al suo viso arrossato.
«Sono stanco di giocare, Loki. Poni rimedio a questa stregoneria e non ti farò troppo male!»
Una risata salì dalla sua gola. «Sei coraggiosa, te ne do atto, però sei anche stupida per cui -»
«Ubbidisci e spezza questo incantesimo!»
«Io non ho fatto nessun incantesimo e di certo non avrei sprecato tempo ed energie per farlo su una come te, stupida femmina arrogante!» Perse un po’ di calma e decise che bastava così. «Ed ora sparisci!»
«Fratello, aspetta! Se non sei stato tu, allora chi è stato?» Per le Norne, perché continuava a darle ascolto?
«Io non sono tuo fratello» sospirò grattandosi un sopracciglio. Scoprì di avere più pazienza di quel che credeva.
«Sono io: Thor! Stamattina mi sono svegliato così! Ma sono io!» Aveva smesso di dimenarsi e lo fissava con una luce diversa che lo fece sospirare di nuovo: adesso pretendeva di impietosirlo?!
Se non avesse fatto una simile intrusione, l'avrebbe perfino trovata graziosa.
«Quindi tu sei mio fratello Thor e stamattina ti sei svegliato donna. È corretto?»
«Sì! Esatto! E se non è opera tua deve essere stato qualcun altro a osarmi un tale affronto.»
Le sue labbra si piegarono all’insù. «Quindi se adesso vado in camera sua non lo troverò addormentato come un pentapalmo gravido dopo un'abbuffata. È corretto anche questo?»
«Io non dormo come un pentapalmo!»
Riuscì perfino a strappargli un risolino.
Sì, aveva fatto un egregio lavoro, quell’uscita era proprio degna di suo fratello.
Buttò uno sguardo alla porta ancora aperta decidendo che poteva anche levarsi quella curiosità, in fondo la vendetta andava gustata lentamente.
La lasciò volteggiare in aria e si diresse verso le stanze che fronteggiavano le sue.
«Non andare scalzo, ci sono cocci rotti a terra!» Non sprecò tempo ad ascoltarla e continuò il suo percorso.
La porta era aperta. Entrò e-
«Ahi!» Qualcosa gli punse una pianta del piede. Abbassò gli occhi stizzito e vide frammenti di ceramica bianca sparsi un po’ in ogni dove.
Si tolse la scheggia con una smorfia infastidita e gli bastò passare le dita sulla ferita per farla richiudere all’istante.
«Bel tentativo, donna» sospirò fra sé mentre cercava suo fratello sul letto.
Era vuoto, sfatto e in disordine - come di prassi- ma lui non c’era.
«Thor?» lo chiamò avviandosi nelle stanze da bagno. «Fratello, sei qui?» Neanche stavolta ricevette risposta.
Thor non era mai stato un tipo mattiniero e si alzava di buonora solo se era giornata di caccia o era in programma qualche duello, perché in quel caso destinava la mattinata ad allenarsi strenuamente. Era sempre stato un tipo noiosamente prevedibile.
Cercò ancora nella stanza ma, al nulla che ebbe come risposta, tornò nelle sue, stavolta facendo attenzione a scansare i cocci a terra.
«Mi credi, ora?» Fu la frase che lo accolse quando rientrò nelle sue stanze. Chiuse la porta senza dire nulla e le si avvicino. «Allora?»
Con un gesto della mano sciolse l’incantesimo che la teneva legata facendola cadere crudelmente a terra da un'altezza di sei piedi circa.
Al tonfo che ne seguì represse un altro sospiro annoiato.
«Potevi essere più delicato!?» brontolò la ragazza sollevandosi in modo così rozzo che a Loki venne il dubbio che quella non fosse davvero una donna.
«Dov’è mio fratello?» domandò serio con una nota di irritazione appena accennata.
«Ma vuoi capirlo che sono io tuo fratello?!» In pochi passi gli fu di fronte con quei fastidiosi occhi azzurri incollati ai suoi. «Come devo convincertene?»
La situazione iniziava ad essere davvero irritante e lui non aveva ancora fatto colazione né aveva avuto modo di rilassarsi nell’abbraccio di un caldo bagno, per cui "irritante" era un aggettivo limitativo.
«Se non sei stato tu allora devi aiutarmi a capire chi è stato!»
«Chi è stato a fare cosa?» chiese solo per indispettirla, sapendo bene che avrebbe continuato con quella farsa.
«A farmi questo!» rispose prevedibile allargando le braccia.
Loki percorse con uno sguardo nuovamente il suo corpo e sorrise.
«Fossi in te non mi lamenterei. Con un po’ di grazia e di buone maniere saresti anche una donna passabile.»
«Smettila di scherzare, Loki!» Ma quando le sue mani gli agguantarono le braccia la fulminò con un’occhiataccia. «Aiutami... Sono io, devi credermi... Ti prego, fratello.» Quella supplica gli fece passare spazientito due dita sulla fronte.
Una pazza che lo svegliava urlandogli nelle orecchie e millantando storie assurde su incantesimi che lui avrebbe lanciato ma soprattutto sull’essere suo fratello Thor: un inizio di giornata troppo impegnativo anche per lui.
«Chiedimi qualsiasi cosa, qualcosa che posso sapere solo io!»
Ghignò scuotendo la testa e si allontanò verso il balcone. «Che stupidaggine...» alitò divertito.
«Quando eravamo bambini dormivamo sempre insieme nel tuo letto.»
«Tutti i fratelli lo fanno. Ritenta.» La guardò superbo e lei serrò la mascella.
«Nostra madre ci raccontava leggende dei Nove Regni ma io mi addormentavo sempre prima di ascoltare la fine.» Il sorriso sul suo viso sfumò gradualmente mentre assottigliava lo sguardo sul suo viso. Quel particolare non poteva davvero saperlo. «E la mattina ti tormentavo perché mi dicessi come terminava la storia.»
«Ed io cosa rispondevo?» Cercò un’ultima conferma.
«“La prossima volta resta sveglio”... Ti avrei preso a pugni.»
Sorrise. «Lo facevi.» Per la prima volta vide un sorriso anche sul suo viso e non poté più avere dubbi.
Annuì quasi più a se stesso.
Quel babbeo si era cacciato in un altro casino e stavolta sarebbe toccato a lui tirarlo fuori.
Quale ironia.

«Ero con Fandral e gli altri alla taverna di Burgdt. Abbiamo bevuto e abbiamo riso. Null’altro.»
La solita serata di spessore condita dai rutti di Volstagg... «Stamattina mi sono svegliato ed ecco cosa ho trovato.» La faccia di Thor era un misto fra il disperato e l’iracondo, la sua fra il divertito e il divertito. Sì, la situazione, ora che era chiara, era tremendamente divertente.
Suo fratello continuava a grattarsi la testa - neanche avesse un esercito di pulci - e continuava ad essere incurante dei suoi seni al vento che si intravedevano dal taglio centrale della tunica.
Fece un piccolo gesto con l’indice e due legacci chiusero la sconveniente apertura.
Thor si guardò addosso e poi guardò lui.
«Se come uomo sei classificabile sotto la definizione "grezzo", come donna non sei proprio classificabile.»
«Di’ piuttosto che ti cadeva l’occhio, fratello.»
Rise di gusto. «I miei occhi sono caduti su ben altre bellezze, credimi.»
Thor gli restituì la risata. «Permettimi di dubitarne.»
«Lo vuoi il mio aiuto?» lo ammonì subito, infastidito da una tale allusione.
Solo perché non andava in giro a sbandierare le sue conquiste come quel pavone di Fandral, non voleva dire che non ne avesse avute.
Di nessuno si curava ma quando era Thor a farsi beffa di lui, non poteva mai impedire ad una piccola lama di tagliuzzargli l’orgoglio - e il cuore.
«Non puoi semplicemente annullarlo?»
«Non funziona così, Thor» sospirò sedendosi sul letto. «Un incantesimo può essere annullato solo dal suo autore o, a limite, dovresti conoscere la matrice mistica da cui è stato creato.» E dalla sua faccia capì che non aveva compreso nulla. Non gli andava di spiegargli altro che quella sua testaccia avrebbe fatto fatica anche solo ad ascoltare. «Dobbiamo trovare chi lo ha lanciato - ammesso che sia un incantesimo e non altro.»
«Altro?» Avrebbe passato tutta la giornata solo ad illustrargli due semplici concetti e no, non aveva voglia ma soprattutto, Thor avrebbe continuato a non capire.
A lui non era mai interessato nulla di ciò che non implicasse una spada o qualsiasi altra arma. A Thor non interessavano i suoi passatempi, non interessava sapere quanto quel suo disinteresse in realtà lo ferisse.
«Ora non preoccupiamoci di questo.» Si alzò dal letto e i suoi occhi lo seguirono finché non raggiunse il tavolo. Poi si voltò e si poggiò contro il legno intarsiato incrociando le braccia.
Thor restava a fissarlo seduto sgraziatamente sul suo letto ancora sfatto.
«Raccontami ciò che è accaduto ieri sera. Chi hai visto, con chi hai parlato, cosa hai bevuto e con chi. Se hai giaciuto con qualcuna devi dirmi il suo nome e- »
«Eravamo io, Fandral, Hogun e Volstagg. Sif è rimasta all’arena ad allenarsi con Brunilde. Idromele e cinghiale. Tutto qui. Nessuna donna. Ora fai funzionare il tuo bel cervello e liberami da questo sortilegio!» Come sempre, Thor perdeva la calma con un niente.
Lui stava solo cercando di avere ogni elemento utile per capire se almeno esistesse una soluzione, perché, come aveva preferito non rivelargli, c’era anche la possibilità che quel cambiamento non potesse essere invertito.
Prese un profondo respiro mentre suo fratello borbottava qualcosa a denti stretti continuando a spostarsi i capelli da una spalla all’altra.
Sul suo viso riusciva a trovare con facilità linee e luci che ricordavano quello di sua madre. Quelle linee e quelle luci che invece non aveva mai scorto sul proprio.
In Thor convivendo la forza e l’impetuosità di Odino e la bellezza eterea di Frigga.
Loki si era chiesto spesso cosa avesse ereditato lui.
L’intelligenza del Grande Padre, la grazia e l’eleganza di Vostra Madre”, gli aveva risposto una delle sue balie quando era ancora fanciullo. Si era aggrappato a quelle parole con tutta la sua forza ed ancora lo faceva quando quel senso di inadeguatezza si impossessava della sua anima ed Asgard non sembrava più così dorata.
«Resterai nelle mie stanze finché non avrò deciso il da farsi. Dirò a Madre e Padre che sei partito per una battuta di caccia.» Lo vide, o meglio la vide annuire con un velo di rabbia repressa malamente celato e sogghignò. «Non essere così corrucciata, non si addice al viso di una principessa.» Il cuscino non gli arrivò imprevisto e lo evitò facilmente spostando la testa da un lato. «Hai perso velocità, sorellina.»
«Smettila!» Stavolta se la ritrovò addosso ma non gli servì neanche la magia per bloccare ogni tentativo di colpirlo. L’afferrò per un polso sottile e la gettò con facilità sul pavimento.
«Lo sai, potrei abituarmi ad essere l’unico Odinson.» Ma il sorriso beffardo sul suo viso sfumò appena quando vide il corpo a terra tremare visibilmente.
«Se Padre sapesse, se mi vedesse in questo stato... Non mi riterrebbe più degno di essere suo figlio.» Quella trasformazione gli aveva portato via tutto ciò che lo rendeva Thor, il più forte, il più agile, il più perfetto e valoroso dei guerrieri di Asgard, colui che un giorno avrebbe ricevuto Mjolnir.
Gli aveva portato via tutto ciò che lo rendeva migliore, agli occhi di Loki, agli occhi di Odino stesso.
Essere l’unico Odinson.
Per un solo istante Loki ebbe la sensazione che non fosse solo una battuta, ma un desiderio che aveva covato nel suo cuore quasi senza accorgersene.
Allungò una mano ma Thor la ignorò e si alzò da solo - sola?
«Ho fame. Fammi portare da mangiare ed anche un abito che possa indossare senza urtare la tua sensibilità.» Si gettò sul letto dandogli le spalle e cercando di tirarsi quanto più giù possibile la tunica ma senza risultati soddisfacenti.
Loki sospirò con un sorriso e si avvicinò.
«Torno presto, fratello.» Coprì le sue gambe con un lenzuolo e si avviò alla porta.
Era meglio cercare di porre rimedio alla cosa quanto prima, anche se non poteva ignorare quella brama nera che lo aveva sfiorato pocanzi.
«Grazie.» Era stato poco più di un sospiro ma riuscì comunque ad udirlo.









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[1] Il riferimento è al famoso episodio in cui Loki taglia la bionda chioma di Sif.


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