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Autore: kiara_star    07/07/2013    5 recensioni
[Ambientazione pre-THOR]
[a sort of Thorki; fem!Thor]
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Si narrava che in un tempo lontano, un tempo di cui nemmeno le Norne conoscevano le trame, in un luogo sospeso nello spazio, si consumò l'amore fra Nygis, colui che diede alla luce le stelle, e Sigyn, la più bella di tutte le sue creature...
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“Quando l'urlo riecheggiò nel palazzo reale, ogni orecchio si tese in ascolto. Era acuto, quasi provenisse dalla gola di un'aquila in volo, ma le aquile, si sa, non sanno parlare lingua comprensibile agli Aesir, e l'urlo che risuonò una seconda volta con furia, sorreggeva un nome, un nome noto, un nome che quasi non stupì nessuno.
«Il principe ne avrà combinata un'altra delle sue.»”
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La leggenda di Nygis'
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2 capitolo

“La carezza di un'altra illusione”




II.

«Dove stai andando?» Gunhild fermò la piccola domestica prima che potesse uscire dalla cucina.
«Porto la colazione al principe Loki» rispose la bambina guardandola con due enormi occhi azzurri.
«Chi ti ha dato quest’ordine?» Solitamente erano Knut e Stian gli incaricati di tale compito e il principe non amava che ci fosse un via vai di facce diverse nelle sue stanze. Più di una schiena era stata marchiata dalla carezza di una frusta per aver contraddetto a quell’ordine.
«È stato il principe. Stavo lucidando le anfore nel corridoio del Drago e mi ha chiesto di portare la colazione nelle sue stanze. Ha detto di andare sola. “Lascia tutto sul tavolo e non alzare gli occhi su altro che non sia la porta.” Se disobbedirò ha promesso che me li farà cavare.» Gunhild sospirò. La sua lingua non si fermava neanche davanti ad una bambina.
«Fa’ come ti è stato detto.» Le poggiò il vassoio fra le piccole mani e la guardò con sguardo severo. «Qualsiasi cosa tu veda o senta, dimenticala non appena avrai varcato la soglia di quella stanza. Sono stata chiara, Linn?» La testolina incorniciata da tanti boccoli ramati annuì più volte.
Gunhild pregò per tutto il tempo in cui la bambina sparì dalla cucina. Pregò per non dover udire le urla di un innocente che non dovrebbe ancora conoscere il dolore.
Quando la vide riapparire sperò che le Norne le avessero dato ascolto.
«Lady Gunhild?» Si abbassò verso il suo viso. «Ho dimenticato quello che ho visto.»
«Brava.» Le accarezzò la testolina e non volle neanche chiedersi cosa fosse, ma da quel piccolo sorriso, forse nulla di spaventoso.


*


«Una battuta di caccia? Thor non sarebbe mai andato da solo.»
«È ciò che ha detto Loki. Non vedo perché non dovremmo credergli.»
Odino respirò a fondo scuotendo il bicchiere ancora pieno fra le dita stanche. «Perché conosco la sua passione per le menzogne, mia adorata, e perché so che sarebbe in grado di disegnare una vite su un muro e di convincere Thor a raccoglierne le pigne.»
La mano di Frigga si posò sulla sua. «Prova a fidarti per una volta, non aspettarti che ti deluda sempre.»
«È ciò che ha fatto finora.» Odino mandò giù tutto il boccale e Frigga lo guardò silente. «Vorrei che non fosse così infido.»
«È solo insicuro. Non scambiare la sua richiesta di attenzioni per malvagità, rischierai di perderlo.»
«Non credo sia mai stato mio.»
In quel sospiro tutta una storia mai raccontata ad alta voce.
«Lo sarà sempre e tu lo sai. Ora metti giù quel bicchiere e va’ da lui - e cerca di non mostrargli la tua diffidenza. Quell’unico occhio riesce a ferirlo per due.» Il sorriso di Frigga lo fece sospirare ancora.
Le strinse la mano e poi la baciò con delicatezza. «Come desideri, mia regina.»


*


Loki sistemò le vesti su una seggiola di velluto e gettò un occhio a Thor che si stava abbuffando al tavolo senza riuscire a contenere neanche i suoni che salivano dal suo stomaco.
Chi aveva fatto quell’incantesimo non era stato molto accurato: quella non poteva proprio definirsi una donna.
«Che stai facendo?» la sentì brontolare quando si avvicinò per legarle i capelli.
«Faccio in modo che tu non divori anche questi, sottospecie di troll.» La risposta che ricevette fu un elegantissimo rutto. «Ecco, come volevasi dimostrare.» Raccolse le ciocche bionde in una coda alta e le legò sentendola mugugnare infastidita.
«Mi stai facendo male.»
«E tu saresti colui che solleverà Mjolnir?!» Guardò il suo lavoro e sorrise sghembo. «Al massimo solleverai la spazzola per pettinarti, e non sarebbe un’idea malvagia.»
«Taci!»
Continuò a guardarla mangiare chiedendosi se la piccola serva avesse osservato i suoi comandi. L’avrebbe verificato non appena l’avesse avuta di fronte. Le labbra possono mentire, ma gli occhi raccontano sempre la verità.
«Dobbiamo tornare in quella taverna» valutò a voce alta. Bisognava partire da lì per iniziare e poi studiare un piano consequenziale.
Thor si pulì la bocca con un braccio ed annuì. «Andiamo» sbottò avviandosi verso la porta.
Loki la raggiunse prima che potesse aprirla.
«Cosa pensi di fare? Ti sei guardata?» A quello sbattere di palpebre serrò la mascella irato e la trascinò verso la sedia con i vestiti. «Indossa questi, e poi andremo stasera.»
«Perché stasera? Loki, io voglio uscire da questo corpo il prima possibile. Non puoi immaginare come sia scomodo andare in bagno.»
«Ti prego, risparmiami i racconti delle tue esplorazioni anatomiche.»
«Questo come si indossa?»
«È un corsetto e si indossa - smettila di rigirarlo!» Glielo strappò dalle mani e si chiese perché non l’avesse fatta volare dal balcone quella mattina. Si sarebbe risparmiato parecchi grattacapi.
«Io sono bravo a toglierli, non ad indossarli.» Thor sbuffò e si sedette sulla sedia, ovviamente sopra le vesti che aveva richiesto e che ora si rifiutava di indossare. «Perché stasera?» chiese seria.
Loki si versò del vino e ne prese un sorso.
«Perché sei indecente, sgraziata, volgare e di certo non passeresti inosservata.» Poggiò poi il bicchiere sul tavolo su cui governava il caos del dopo colazione di suo fratello.
«Non usare il femminile! Mi innervosisce.»
«Oh, non sai quanto innervosisca me avere a che fare con la versione femminile di te. E dovrai farci l’abitudine. Continuerò ad usarlo finché non risolveremo la faccenda.»
«Ma perché?»
«Questione di morfologia.»
Thor aggrottò la fronte sbattendo le lunghe ciglia. «Morfo-che? Andiamo, Loki, sono sempre io!»
«E dovremo trovarti un nome diverso. Non posso rischiare di chiamarti con il tuo se c’è qualcuno nei paraggi.»
«Non mi stai ascoltando: io non voglio-» Loki le tappò la bocca con una mano e guardò verso la porta.
«Sta venendo qualcuno.» Aveva udito perfettamente il rumore di passi. Avrebbe dovuto celare Thor con l’ausilio del seiðr così da evitare ogni rischio. Sentì brontolare contro il suo palmo qualcosa che gli era sembrato un chi è ? «Non lo so.» Ma subito dopo vide i suoi occhi chiari sgranarsi quando qualcuno parlò dall’altra parte della porta.
«Loki, apri.» Era suo padre, di certo venuto a chiedere delucidazioni sulla partenza improvvisa e non annunciata di Thor. Si ritrovò a guardare quel viso ora delicato senza riuscire a reprimere un forte rancore. Scacciò ogni pensiero e si preoccupò di dove nasconderla dato che Odino avrebbe avvertito l’uso del seiðr. «Figliolo, apri.»
«Un attimo, Padre» rispose togliendo lentamente la mano dalla sua bocca. «Vai nei bagni, stai ferma e fai silenzio.»
«Loki-»
«Shhh. Fa’ come ti ho detto. Vai!» Thor buttò un occhio alla porta poi annuì e si avviò verso la stanza alla sua destra.
Loki prese un respiro e andò ad aprire.
«Scusami per aver tardato.» Odino varcò la soglia senza dire nulla e subito il suo occhio scrutò l’intera camera. «Volevi parlarmi, Padre?» Provò a recuperare la sua attenzione riuscendo nel suo intento. «Immagino tu voglia ragguagli circa la partenza di Thor.»
«No.» Rimase interdetto dalla sua risposta ma riuscì a nasconderlo. «Volevo solo discorrere un po’ con te. Se ne avessi voglia e non fossi impegnato.» Un’ondata di calore gli si versò nello stomaco che neanche fece caso al nuovo scrutare di suo padre.
Solitamente Odino non trascorreva molto tempo con lui e neanche con Thor, se doveva essere onesto. Ma a differenza di suo fratello, Loki sentiva la mancanza di quei pomeriggi passati fra la biblioteca e la sala delle reliquie, in cui la voce di suo padre era un viaggio fra leggende e storia, fra un futuro che l’avrebbe visto re, un giorno, ed un destino che avrebbe ricordato il suo nome.
«Padre, mi farebbe davvero pi- » Un fracasso inquietante spezzò ricordi e parole e l’attenzione di Odino fu rapita dalla porta che dava alla sala bagno.
Brutto imbranato! Chissà che diamine aveva combinato.
«Hai ospiti, figlio?»
«No!» Rispose frettolosamente e capì che era stato uno sbaglio grossolano poiché aveva palesato la sua menzogna. «Padre!» Ma Odino si era già avviato verso la porta. «Sarebbe sconveniente, credimi.»
«Cosa nascondi, Loki? Un altro dei tuoi inganni? Ai danni di chi stavolta?»
«Lascia che ti spieghi-»
«Non insultarmi con le tue menzogne. Abbi la decenza di tacere.»
Ingoiò un nodo e rimase silente davanti al suo sguardo severo, ammonitore... deluso.
Quante volte l’aveva visto? Quante di quelle se l’era davvero meritato?
Era vero che avrebbe mentito, ma l’avrebbe fatto per una buona ragione stavolta, l’avrebbe fatto per salvare il suo figlio prediletto, colui che aveva sempre avuto il suo rispetto, a cui non erano mai state regalate simili occhiate.
Stava per scusarsi per l’ennesima volta, stava per buttare giù un’altra sorsata di veleno quando la porta del bagno si aprì.
«Vostra Maestà, i miei ossequi.» Thor abbassò il capo intrecciando le dita davanti al corto taglio di quella tunica inappropriata.
Non riuscì neanche ad aprire bocca, per la prima volta in vita sua, suo fratello gli aveva rubato ogni parola.
Odino non mostrò alcun turbamento davanti a quella giovane svestita. Si limitò a guardarla severo e poi parlò: «Dimmi fanciulla, perché ti nascondevi?»
Loki pregò che Thor non dicesse nulla perché con ogni probabilità, sarebbe stata la cosa sbagliata da dire, ma le sue labbra si mossero. Lo sguardo sempre fisso al pavimento.
«Pensavo fosse sconveniente farmi trovare in compagnia del principe. Mi dispiace se vi ho mancato di rispetto.»
Quello non poteva essere davvero suo fratello. Suo fratello non sarebbe stato così sagace, doveva essere un effetto collaterale di tutta quella storia. O forse Thor aveva vissuto quel momento imbarazzante altre volte, ovviamente stando dall’altra parte della barricata.
Odino continuò a studiare la ragazza e Loki finalmente riuscì a ritrovare il governo della sua lingua. C’era sempre il rischio che quella bocca potesse dire qualche stupidaggine.
«Padre, non avevo intenzione di mentirti, ma temevo il tuo giudizio.» Odino abbandonò la ragazza e raggiunse la porta, Loki lo seguì gettando uno sguardo a Thor che aveva deciso di rimanere in quella posizione remissiva.
«Figlio mio, la prossima volta invece di nascondere una fanciulla come fosse un oggetto scomodo, faresti meglio a farla rivestire e a presentarla. Non è da gentiluomini un simile comportamento.»
«Hai ragione, Padre. Mi scuserò con lei.» L’occhio di Odino viaggiò oltre le sue spalle e Loki sapeva stava guardando quella che in realtà era suo figlio.
«Parleremo un’altra volta. Torna pure dalla tua dama... È molto graziosa.»
Loki annuì ingoiando dell’imbarazzo e chiuse la porta alle spalle di suo padre.
Se quella storia non l’avesse ucciso ci sarebbe andata vicino.
Si voltò verso Thor e con poche veloci falcate le fu di fronte. L’afferrò per le spalle e la sbatté contro il muro con forza.
«Quale parte del “stai ferma e zitta” non ti era chiara? Lo sai che abbiamo rischiato?»
«È andata bene, però. Padre non ha capito-»
«Questo solo perché la parte della puttana ti riesce stranamente bene!» Thor serrò la mascella e Loki le lasciò andare le spalle. «Dovevi lasciar fare a me.»
«La prossima volta che Padre ti attaccherà me ne starò al mio posto.»
«Non è quello che hai sempre fatto?» sibilò con un sorriso velenoso.
Thor non rispose, si spostò dal muro dandogli una spallata e si diresse verso gli abiti che ancora giacevano sulla sedia.
«Non ho mai capito tutto questo rancore che covi dentro, fratello. A volte ho come la sensazione che tu mi odi.»
«Purtroppo la parte della vittima non ti riesce altrettanto bene, Thor.» Si voltò ma trovò solo la sua schiena.
«La lascio volentieri a te.»
La tunica fu gettata malamente a terra mentre Thor tentava inutilmente di indossare quello che era un bolero ma che ai suoi occhi doveva essere sembrato un paio di pantaloni.
Loki sorrise divertito e restò silente a godersi la scena mentre suo fratello - sarebbe stato più opportuno dire sorella - provava con scarsi risultati ad infilare un piede in una manica.
«Dannazione!» Anche il bolero andò a fare compagnia alla tunica.
«Sembra che necessiti di aiuto.»
«No! Sono capace di vestirmi! Se solo mi avessi preso degli abiti normali.» Thor si voltò senza mostrare imbarazzo per la sua nudità. «Perché non mi hai preso dei pantaloni? Sif indossa pantaloni!»
Fu uno spillo sotto le unghie.
«Allora chiedi aiuto alla tua cara Sif. Io mi tiro fuori.» Le lasciò un ghigno serafico e si avviò verso la porta.
«Cos- Loki? Non puoi abbandonarmi!»
«L’ho appena fatto.»
Chiuse il legno alle spalle e si avviò nel corridoio.
L’avrebbe fatta cuocere un po’ nel suo brodo. Quando sarebbe rientrato gli avrebbe chiesto scusa e l’avrebbe implorato in ginocchio di aiutarla e lui avrebbe avuto la sua rivincita. In quelle condizioni era innocua e soprattutto non avrebbe avuto il coraggio di uscire fuori da quella stanza.
Scese nel salone centrale e si diresse verso i giardini. Aveva bisogno di un po’ di pausa da tutta quella confusione.
Doveva dimenticare lo sguardo di suo padre e la sensazione orribile di sentirsi ancora una volta indegno davanti ai suoi occhi. Doveva dimenticarsi di Thor e dei suoi problemi, e lasciare che fosse la quiete ed il silenzio a circondarlo. In fondo la solitudine era sempre stata una buona amica, l’unica.

Si era seduto sulla panca di marmo dirimpetto alla fontana che raffigurava Sigyn.
Da bambino aveva sentito i sospiri delle ancelle che si fermavano di fronte ai fiotti d’acqua e si chiedevano se avrebbero mai avuto lo stesso destino della bella Sigyn, per il cui amore, Nygis aveva creato l’intero firmamento.
Era una leggenda tramandata da millenni.
Si narrava che in un tempo lontano, un tempo di cui nemmeno le Norne conoscevano le trame, in un luogo sospeso nello spazio, si consumò l’amore fra Nygis, colui che diede alla luce le stelle, e Sigyn, la più bella di tutte le sue creature.
Nygis era un essere senza tempo e senza storia. Era sempre esistito ancora prima dell’avvento degli dèi. Era padrone del cosmo e ne governava le leggi, ma era anche solo, perso nel buio senza fine.
Un giorno, la sua tristezza crebbe al tal punto che Nygis pianse per la prima volta e da quell'unica lacrima nacque Sigyn, la prima stella. Nygis l’amò dal primo momento e Sigyn amò chi le aveva dato la luce.
Il loro amore durò a lungo, ma a differenza di Nygis, Sigyn era destinata a spegnersi, in quanto nata come stella. Nygis provò ad impedire che ciò avvenisse, provò a plasmare nuovamente le leggi del cosmo alla sua volontà, ma alla fine Sigyn si spense e lui tornò nell’oscurità.
Ma ormai Nygis, che aveva conosciuto cosa fosse l’amore, non poteva più vivere senza e così iniziò a piangere sperando di rivederla, ma ogni lacrima partoriva una stella diversa e nessuna di esse era mai la sua Sigyn.
Ancora oggi Nygis riempie il cielo di stelle continuando a piangere per il suo unico amore, nella speranza che un dì ella possa tornare da lui.
Era una storia che poteva colpire solo le ragazzine.
Non esisteva un amore così, nessuno avrebbe mai potuto amare così a lungo ciò che era solo un sogno fugace.
«Guardi la bella Sigyn?»
Sorrise a quella voce e si alzò dalla panca.
«Ricordavo quando mi raccontavi di lei.» Posò un bacio su una guancia di sua madre. Frigga annuì dolcemente e Loki le porse il braccio. «Passeggiamo?»
«Volentieri.»
A differenza di suo padre, Loki sapeva di possedere un legame speciale con sua madre, un legame che forse neanche Thor poteva vantare.
Frigga sapeva leggere nei suoi silenzi e nelle sue stesse bugie. Frigga gli parlava con un semplice tocco e sapeva ascoltare i suoi. Eppure, paradossalmente, Loki indossava le sue maschere più belle in sua presenza, quasi temesse che sua madre potesse rendersi conto di ciò che celava realmente nel suo cuore.
Neanche lui voleva saperlo, a dire il vero, perché le semplici sporadiche ombre che aveva avvertito, riuscivano quasi a spaventarlo.
Temeva che la verità fosse sempre giaciuta in quell’occhio deluso, forse suo padre aveva sempre avuto ragione.
«Giornata incantevole.»
«È la tua compagnia a renderla tale, Madre.» La sentì ridere e sorrise di riflesso.
«È migliore di quella della fanciulla dai capelli d’oro?» Il passo si arrestò e Loki si costrinse a tenere quel sorriso.
«Non si ripeterà più un simile episodio.» Dannato Thor e la sua imbranataggine!
Frigga gli accarezzò il viso e fece riprendere il passo tenendosi stretta attorno al braccio di suo figlio.
«Non c’è motivo per cui debba scusarti, Loki. Sono debolezze degli uomini.» Annuì mentre incrociava lo sguardo di qualche ancella.
Nonostante non potesse vantare una bellezza simile a quella di Thor, aveva sempre riscosso l’interesse di qualche fanciulla, ma solitamente nessuna riusciva a riscuotere il suo di interesse. Forse cercava qualcosa che in realtà non potevano dargli, forse non sapeva neanche lui cosa cercasse.
Un corpo caldo nel quale svuotarsi, l’aveva sempre trovato con facilità. Qualcuna che sapesse toccarlo davvero, non credeva esistesse.
«Forse è stato un po’ scortese nasconderla. In fondo neanche quel tipo di fanciulla merita mancanza di rispetto.» Ed ora anche sua madre aveva dato a Thor della poco di buono. In fondo per come si era presentata non avevano nessun torto.
«Non è una donna di quei costumi, Madre.» Il viso barbuto di suo fratello gli sbucò fra i pensieri e non riuscì a reprimere un sorriso divertito.
«Ah, capisco.» Ma sua madre doveva averlo frainteso.
«No, Madre, ciò che intendevo-»
«Loki, non servono cornici di parole in questi casi, per quanto tu ami usarne.» Un’altra carezza e lo sguardo dolce di sua madre lo obbligò al silenzio. «Posso sapere almeno il suo nome?»
Sorrise forzatamente mentre si rendeva conto che quella situazione doveva essere risolta quanto prima. Appena avesse trovato il responsabile di ciò lo avrebbe scuoiato!
Ma adesso un nome, serviva un nome.
La sua mente viaggiò frenetica finché le labbra non si mossero da sole: «Sigyn.»
«Ora capisco perché eri fermo davanti alla fontana. La tua lady indossa un nome importante.»
«È solo un’amica, Madre.» Le prese la mano e la strinse fra le sue. «Ha bisogno del mio aiuto ed io intendo aiutarla.» E poi strangolarla.
«Un’amica, Loki?... Bugia poco riuscita, figlio mio.» E quando sua madre faceva quello sguardo era meglio non contraddirla.
Si limitò ad annuire addolcendo il viso e si comandò di trattenere l’istinto omicida non appena avesse messo piede nella sua stanza.

Attraversò il corridoio con passi veloci.
No, non poteva aspettare oltre, prima sistemava quel problema, prima avrebbe potuto prendere suo fratello a pugni suo quel suo ghigno virile!
Spalancò la porta e la richiuse subito dopo.
«Dove sei?» Il letto era stato messo in ordine e il tavolo pulito. Sulla seggiola non c’era più alcun vestito.
Brutto presentimento.
«Thor?» Raggiunse il bagno ma anche lì non trovò nessuno.
A quel punto uscì fuori al balcone ma, come aveva immaginato, era vuoto.
«Maledizione» ringhiò fra i denti.
Ed ora dove era andata a cacciarsi? Non aveva intenzione di vagare per la reggia rischiando di incrociare uno di quei palloni gonfiati dei suoi compagni, o peggio, di nuovo loro padre?
Non gli restava che andarla a cercare e sperare di arrivare prima che potesse commettere un errore che sarebbe costato caro ad entrambi.











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