COME
SE NON FOSSE
AMORE
< It's in
the
stars
It's been written in the scars on our hearts
We're not broken just bent
And we can learn to love again. > Just give me a
reason, Pink
Edward,
Edward, Edward: sempre e solo lui.
Più mi
ostinavo a non pensarci, più la mia testa decideva di
ripresentarmelo.
Più
cercavo di evitarlo, più lui sembrava essere dotato del dono
dell’ubiquità, me
lo ritrovavo sempre davanti, e se prima il giardino era una mia via di
fuga,
adesso, per causa mia, neppure più quello lo era, dato che
lui non temeva più di
mostrarsi alla luce del sole. Sapevo di doverne essere contenta, che in
questo
modo avevo contribuito a rendere meno triste la sua vita, e lo ero, ma
rischiavo di diventare matta così.
Non
riuscivo a capire cosa gli passasse per la testa, sembrava intenzionato
a
mandarmi al manicomio più velocemente di quanto non avesse
provato a fare in
passato, e la cosa che mi faceva infuriare era che adesso i nostri
rapporti
erano ridotti al minimo, quindi lui non avrebbe dovuto avere tutto
questo
potere su di me.
Stavo
pulendo la camera degli ospiti quando sentii miagolare, e affacciandomi
dalla
finestra, vidi il mio amichetto peloso girovagare nel giardino in cerca
del suo
latte.
Dopo aver
riempito un piatto di plastica, andai fuori e mi crogiolai un
po’ al sole insieme
a lui.
“ Ciao
piccolino, hai fame, vero? ” Mentre lui leccava frenetico, io
lo accarezzavo
godendomi le sue fusa. Ad un tratto sentii la porta di casa
scricchiolare e non
so perché, seppi immediatamente che di lì a
qualche minuto Edward mi avrebbe raggiunto,
infatti poco dopo vidi la sua ombra sovrastarmi.
“ Se ti
fa piacere puoi anche tenerlo: la casa è grande, non
è un problema. ” Mi
propose gentile.
“ Grazie,
ma no. È un gattino randagio, abituato ad avere i suoi
spazi, a scorrazzare
ovunque; in casa si sentirebbe in gabbia, tenterebbe continuamente di
scappare.
” Gli spiegai, senza distogliere gli occhi da quella palla di
pelo che aveva
preso a morsicarmi il dito e a leccarlo tutto quasi fosse un
lecca-lecca.
“ Sei tu
l’esperta. ” Disse e allungò quanto
più possibile il braccio, così che potesse
accarezzare anche lui il gattino, e quando alzai gli occhi lo trovai
intento a
fissarmi, e per un attimo mi smarrii in quel verde tanto intenso che
erano le
sue iridi.
“ Come si
chiama? ”
“ Chi? ”
Chiesi come una scema, ancora inebetita dalla bellezza dei suoi occhi.
“ Il
gattino, a chi vuoi che mi riferisca. ” Rise, guardandomi
come se davanti a lui
ci fosse una ritardata.
“ Non ci
ho mai pensato. ”
“ Fallo
ora. Abbiamo tutto il tempo che vuoi. ”
Ci pensai
un po’ su, cercando un nome che si adattasse a quel
piccolino, che
rispecchiasse il suo carattere girovago e curioso.
“ Cloch.
”
“ Cloch?
” Ripeté interdetto Edward.
“ Un
diminutivo di clochard, in fondo è un senzatetto.
” Spiegai, arrossendo un po’
per quel nome parecchio strambo che gli avevo trovato.
“ Mi
piace, si addice a lui. ” Disse Edward sorridendo,
strizzandomi l’occhiolino.
“ Adesso
devo andare. ” Mi alzai, e riordinando le pieghe della gonna,
mi allontanai.
“ Bella,
aspetta. ” Mi richiamò lui.
“ Devo
andare signore, ho delle cose da sbrigare. ” Mi incamminai a
passo svelto,
quasi correndo, allontanandomi dalla tentazione che
quell’uomo rappresentava
per me.
Tornata
nella stanza che stavo pulendo, mi chiusi la porta alle spalle e tirai
un
sospiro di sollievo per essere riuscita a tenerlo a bada, per avergli
tenuto
testa, anche se alcune volte mi ero persa ad osservare quei due
smeraldi che si
ritrovava al posto degli occhi. Alzai gli occhi al cielo, seccata con
me stessa
per non stare mantenendo fede alla promessa di non pensare
più a lui in certi
modi, e quel movimento mi fece notare qualcosa poggiato sul comodino
che prima
non c’era; mi avvicinai curiosa, e presi quel bigliettino,
leggendo quello che
vi era scritto.
<
Nella
vita ci sono cose che
ti cerchi e altre che ti vengono a cercare. Non le hai scelte e nemmeno
le
vorresti, ma arrivano e dopo non sei più uguale. A quel
punto le soluzioni sono
due: o scappi cercando di lasciartele alle spalle o ti fermi e le
affronti.
Qualsiasi soluzione tu scelga ti cambia, e tu hai solo la
possibilità di
scegliere se in bene o in male.
Edward >
Rilessi
quel biglietto all’infinito, fin quasi ad impararlo a
memoria,
cercando di capire cosa volessero dire quelle parole. Si riferivano a
me o a
lui? Era lui che stava scappando da me, con i suoi sbalzi
d’umore, con il suo
allontanarmi non appena le cose diventavano più intime, o
io, con la mia
decisione di prendere le distanze da lui e ristabilire i confini
com’era giusto
che fosse? Era un modo per farmi capire che era cambiato, che adesso
era pronto
ad affrontarmi oppure che stava scappando definitivamente, capendo di
non poter
andare oltre quello che aveva già fatto?
Decisi di
lasciare perdere, in quel momento non volevo altre complicazioni, era
già
abbastanza difficile combattere con i miei sentimenti: ogni volta che
chiudevo
gli occhi sentivo nuovamente il calore delle sue braccia circondarmi,
mi
mancavano le nostre discussioni, i nostri momenti felici; sapevo che
tutto
questo era solo nella mia testa, che potevo amarlo solo la notte,
quando le mie
difese si abbassavano e mi permettevano di sognare un mondo nel quale
io e lui
saremmo potuti stare insieme, ma non appena sorgeva il sole le mie
fantasie
svanivano, era un amore a senso unico.
Sapevo di
dovermene andare al più presto, solo la lontananza e il
dimenticarlo potevano
impedire al mio cuore di amarlo più di quanto non stesse
già facendo ora, perché
un sentimento senza nutrimento muore, quindi speravo che allontanarmi
da lui
fosse la cosa giusta da fare per tornare a stare bene.
“ E’
andata bene la tua giornata oggi? ” Mi chiese Edward mentre
tagliava un pezzo
del suo arrosto.
“ Sì, una
normalissima giornata, non è accaduto nulla di particolare.
” Risposi schietta,
evitando accuratamente ogni riferimento al bigliettino.
“
Veramente qualcosa è accaduto. ”
Precisò, e io sentii subito il sangue
affluirmi alle guance e colorarmele di rosso: ero stata scoperta, ma
decisi di
fare la finta tonta.
“ E cosa?
” Balbettai.
“ Abbiamo
dato il nome a Cloch, no? ” Rispose come se niente fosse, ed
effettivamente non
era nulla, ma io avevo rischiato di morire d’infarto.
“ Oh, sì
certo. ” Farfugliai poco convinta, in quel momento mi ero
pure dimenticata del
mio amichetto peloso.
“
Isabella, ti senti bene? Hai le guance parecchio rosse. ”
“ Forse è
perché ho bevuto un po’ di vino durante la cena.
” Mentii, ma lui parve bersela
e non fece ulteriori domande, continuando a mangiare tranquillo.
Attesi
che finisse di cenare per fargli la domanda che mi frullava nel
cervello da un
paio di giorni ma che non avevo ancora trovato il coraggio di fare.
“ Signore,
volevo chiederle, se dovessi imbucare delle lettere, devo scendere fino
in
città? ”
“ Perché? A chi devi scrivere? Puoi usare il mio
computer se vuoi sentire
qualcuno, è più semplice. ” Mi
offrì gentilmente il suo aiuto, stupendosi per
quella mia particolare richiesta, al giorno d’oggi non era
molto usuale che
qualcuno scrivesse delle lettere.
“ Se per lei va bene dovrei inviare dei curricula ad un paio
di famiglie… ” Quasi
sussurrai, perché ero sicura che quello che avevo in mente
di fare non sarebbe
stato molto gradito da lui.
“ Quindi sei intenzionata ad andartene... ”
Puntualizzò con un tono di voce
secco, completamente diverso da quello affabile che aveva usato poco
prima offrendomi
il suo aiuto.
“ Sì, credo sia la scelta migliore. ”
Precisai.
“ Fa come vuoi Isabella, ma in questo caso dovrai andare fino
al paese più
vicino per imbucare le tue lettere e potrai farlo solo nel tuo giorno
libero,
non ti concederò alcun permesso, dovrai aspettare altri 5
giorni. Non ti
aiuterò a scappare. ” Si girò di
scatto, con talmente tanta furia da sbattere
contro il tavolo e far tremare le bottiglie, che per poco non caddero,
e io
feci un passo indietro spaventata, non volevo si arrivasse ad uno
scontro del
genere.
“ Io non sto scappando! ” Ribattei, guardandolo
dritta negli occhi, senza
lasciarmi intimidire dalla rabbia che animava i suoi.
“ Invece mi sembra che tu stia facendo proprio questo.
”
“ Si sbaglia, io voglio solo riavere un po' di
serenità. ” Urlai in risposta,
frustrata per la scenata che mi stava facendo. Lui si
avvicinò rapido a me, e
io indietreggiai fino a trovarmi con le spalle al muro, così
da risultare
incastrata tra la parete e la sua sedia a rotelle, con lui che era
proteso in
avanti, e non potei non notare quanto risultasse attraente nonostante
avesse i
lineamenti stravolti dalla furia.
“ E pensi che cambiando casa e famiglia potrai dimenticare
tutto quello che è
accaduto qui? ” Sussurrò, con la voce pregna di
rabbia.
“ Lo spero. ” Ammisi.
“ Mi sono sbagliato su di te, non pensavo fossi
così. ” Parlò con un tono
malinconico, quasi triste, come se finalmente avesse accettato la
sconfitta.
“ Anche io ho sbagliato, mi ero illusa fossi una persona
migliore. ” Gli diedi
nuovamente del tu e lui se ne accorse subito, lo vidi dai suoi occhi
che si
spalancarono e nello stesso tempo si velarono di dolore, e mi pentii di
aver
detto quelle parole. Sbatté un pugno al muro, facendomi
sussultare dallo
spavento, per poi liberarmi dalla sua stretta; si allontanò senza dire una sola parola,
lasciandomi lì,
con il fiato corto e la testa frastornata da mille domande che non
avrebbero
mai trovato risposte molto probabilmente.
Presi un
respiro profondo, ricacciando indietro le lacrime che minacciavano di
uscire, e
rimisi a posto la tavola, volevo fare qualcosa che mi riportasse alla
normalità, lavorando meccanicamente così da non
dover pensare. Ma quando
afferrai il suo piatto, trovai un altro bigliettino ripiegato, e
sapendo già
cosa aspettarmi, lo presi con mani tremanti, mentre il cuore sembrava
volermi
uscire dal petto.
<
Qualcuno ha detto
che nel momento in cui ti soffermi
a pensare se ami o no una persona, hai già la risposta
>
Stavolta
rimasi completamente sconvolta, ma decidi di non lasciar perdere, avevo
bisogno
di chiarimenti dopo questa sua ultima confessione così
esplicita, e li avrei
ottenuti. Andai a cercarlo nel suo studio, ma era deserto,
così salii in camera
sua e dopo aver bussato, non ottenendo alcuna risposta, spalancai la
porta ma
anche lì non c’era anima viva; a quel punto capii
che si era rifugiato al piano
di sopra, quello che mi era interdetto. Mi sedetti sul suo letto,
sperando che
non rimanesse lì tutta la notte; quando sentii il cigolio
della sedia a rotelle
e l’apparecchio che lo aiutava a scendere le scale, mettersi
in moto, il cuore
cominciò a battere come un forsennato, sembrava quasi
volesse uscirmi dal
petto, perché temevo che non sarebbe stato felice di vedermi
lì ad attenderlo.
“ Cosa ci
fai qui? ” Chiese con un tono sorpreso non appena i nostri
sguardi si
incrociarono.
“ Non ti
trovavo e ho deciso di aspettarti qui. ”
“ Salgo
su quando ho bisogno di pensare e di stare da solo. ”
Sussurrò, entrando nella
stanza e chiudendo la porta, forse per avere maggiore privacy.
“ Se vuoi
vado via, ma avrei bisogno di parlarti. ” Mantenni anche io
un basso tono di voce,
quasi non volessi spezzare quel fragile equilibrio che si era creato.
“ Ora mi
dai nuovamente del tu? ”
“ Edward,
sei stato tu a costringermi a fare marcia indietro nel nostro rapporto,
sei tu
che rischi di farmi impazzire. ”
“
Isabella non ho le forze di portare avanti una nuova discussione,
quindi dimmi
cosa vuoi e poi lasciami solo. ”
“ Cosa
significano questi bigliettini? ” Visto che aveva fretta di
rimanere da solo,
andai dritta al punto. Vidi Edward prendere fiato e poi accasciarsi
nella carrozzella
come se portasse addosso tutto il peso del mondo.
“ Quello
che c’è scritto. ”
“ E cosa
vogliono dire? ”
“ Ho
sentito la tua discussione con William di qualche giorno fa, volevo
aiutarti a
prendere delle decisioni che avrebbero cambiato la tua vita ma a quanto
pare ho
fallito. ” Sembrava triste, come se realmente avesse perso
una battaglia.
“ Edward
vuoi che rimanga qui? ”
“ Io non
voglio niente, io non imporrei mai la mia presenza a nessuno,
né tantomeno
tratterrei qualcuno contro la sua volontà, quindi va per la
tua strada
Isabella. ”
“ Perché
non riesci mai a darmi una risposta precisa? Usi questi giri di parole
che non
fanno altro che confondermi e farmi esasperare. ” Lo
attaccai, infischiandomene
del fatto che lui non volesse più litigare per quella sera.
“ Vuoi
che parli chiaro e tondo? Perfetto, vattene se hai la
possibilità, io non ti
tratterrò o ti legherò per convincerti a restare.
Sono stato abbastanza chiaro
adesso? ” Sputò minaccioso.
“ Sì,
adesso sì. ” Lasciai la stanza senza aggiungere
altro, chiudendomi la porta
alle spalle.
Avevo
sentito quello di cui avevo bisogno per rendere definitiva la mia
scelta di
andare via: lui non mi voleva.
E' stato
strano riaprire word e efp dopo tutto questo tempo, ma eccomi. Scusate
l'enorme ritardo, ma di questi tempi io e la scrittura, causa parecchi
impegni, non andiamo molto d'accordo.
Le
frasi tra le virgolette sono, rispettivamente, di Giorgio Faletti e di
Carlo Ruiz Zafòn.
Alla
prossima, spero di non farvi aspettare tanto, Paola
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